Tre film celebrano il genio di Alexander McQueen

A sette anni dalla sua prematura scomparsa, il genio di Alexander McQueen sarà ricordato con tre film: lo stilista inglese, morto suicida nel febbraio 2010, sarà infatti protagonista di un documentario diretto dal registra francese Ian Bonhote. L’opera, intitolata semplicemente McQueen, si aggiunge ad altri due progetti dedicati alla memoria del designer britannico, la cui uscita è prevista per quest’anno: The ripper, incentrato sulla sua relazione di stima e amicizia con Isabella Blow, e un biopic diretto da Andrew Haigh con protagonista Jack O’Connell, il cui titolo è ancora top secret. Lee Alexander McQueen era nato a Londra il 17 marzo 1969, figlio di un tassista. All’età do 16 anni il giovane lascia la scuola ed entra nel mondo del lavoro, dapprima prestando servizio da Savile Row, Gieves & Hawkes e poi per i celebri costumisti teatrali Angels e Bermans. All’età di 20 anni Lee Alexander si trasferisce a Milano, dove lavora per Romeo Gigli. Nel 1992 torna a Londra per completare la propria formazione presso la prestigiosa Saint Martin’s School of Art. Nel 1996 la sua carriera subisce una svolta: McQueen viene assunto alla direzione creativa di Givenchy al posto di John Galliano. Lo stilista resterà da Givenchy fino al 2001, quando abbandonerà la maison dichiarando di voler essere libero di esprimere pienamente la propria creatività. Così McQueen inizia a far conoscere il proprio stile attraverso sfilate trasgressive ed anarchiche, che irrompono prepotentemente sulla scena dell’haute couture rendendo il suo nome famoso a livello internazionale: lo stilista viene definito “l’hooligan della moda” per le sue provocazioni: nel 1999 fece sfilare a Londra la modella Aimee Mullins, amputata alle gambe, con delle protesi in legno, mentre sullo sfondo dei robot per la verniciature delle auto spruzzavano colori su abiti bianchi. Nel 2001 lo stilista entra nel gruppo Gucci. Nel 2003 collabora con Puma per una linea di scarpe da ginnastica. Genio visionario e ribelle, il suo stile iconico è entrato di diritto nella storia del costume: suggestioni gotiche e teatralità di sfilate mai banali hanno reso McQueen una delle voci più autorevoli del fashion biz. La sua estetica è legata da vicino al concetto di morte, tra note punk e suggestioni vittoriane, che lo stilista riesce a traslitterare in show spettacolari, tra note tailoring e abiti da red carpet. Indimenticabile il sodalizio artistico con Isabella Blow, morta suicida nel 2007: fu la fashion editor il primo pigmalione che permise a McQueen, ancora studente presso la Central Saint Martins, di iniziare la sua carriera. Celebre anche la collaborazione con il fotografo Nick Knight. Tantissimi i riconoscimenti ottenuti: per ben quattro volte McQueen è nominato “stilista inglese dell’anno”, dal 1996 al 2003. Sempre nel 2003 il consiglio Fashion Designer Awards lo nomina “stilista dell’anno”. Nel 2010 l’ultima collezione, intitolata Plato’s Atlantis. L’11 febbraio dello stesso anno, Alexander McQueen viene ritrovato senza vita nella sua abitazione londinese. Lo stilista aveva quarant’anni.

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Lo stilista è stato trovato impiccato nella sua abitazione londinese l’11 febbraio 2010