L’ultra-fast fashion che nuoce gravemente alla salute: Shein ancora nei guai
Negli ultimi anni, il settore dell’abbigliamento è andato popolandosi di nuovi brand, promuovendo abitudini di consumo estremizzate, che hanno ormai superato il concetto di fast-fashion.
Il modello di business schizofrenico promosso da brand come Shein, Boohoo, Romwe o Fashion Nova, per citarne alcuni, ha ormai superato la velocità del fast-fashion, tanto che si è arrivati a parlare di ultra-fast fashion, secondo un approccio in cui le tendenze vengono rapidamente trasformate in nuovi design disponibili per l’acquisto, mantenendo il ritmo con i continui cambiamenti guidati dai social media e dalle microtendenze.
Questo settore ha un impatto ambientale significativo, che supera di gran lunga quello di brand come H&M o di Zara e del gruppo Inditex (considerati fast fahion). E se secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, l’industria della moda è responsabile di circa il 10% delle emissioni globali di CO2, brand come Shein stanno finalmene risentendo di anni di pratiche illecite in quanto a sostenibilità, etica, diritti dei lavoratori e salute dei consumatori.
Quando il fast fashion non basta più: l’ultra-fast fashion di Shein
Valutata a 100 miliardi nel 2022, Shein è tuttora principalmente di proprietà del suo founder Chris Xu, pur avendo ricevuto significativi investimenti esterni da vari fondi di venture capital e investitori privati, che hanno aiutato a sostenere la sua rapida espansione a livello globale. Si stima che ogni mese Shein rilasci fino a 10mila nuovi articoli per soddisfare un bisogno consumistico estremo, con revenue che sono passate dai 10 miliardi di dollari del 2020 ai 24 miliardi nel 2022, seguendo un tasso di crescita annuale del 54.9%.
Questo malgrado la crescente cattiva reputazione del brand in termini di qualità e sostenbilità, con sempre più istituzioni per i diritti dei consumatori che esaminano in laboratorio i prodotti del brand e riportano la presenza di sostanze tossiche, pericolose per la salute dei consumatori di tutte le fasce d’età.
Da Greenpeace, al governo di Seul, fino a Öko-Test: i J’accuse contro Shein
Solo lo scorso Agosto è stato il turno del J’accuse di Öko-Test, rivista tedesca specializzata nel testare e valutare la qualità e la sicurezza di un’ampia gamma di prodotti di consumo.
L’indagine di Öko-Test ha preso in esame 21 capi di abbigliamento destinati a diverse fasce d’età: cinque per le donne, e quattro per uomini, adolescenti e neonati, oltre che un paio di scarpe per ogni categoria. Il risultato? La maggior parte dei prodotti Shein non ha superato il test, risultando contaminata da sostanze chimiche, come antimonio, dimetilformammide, piombo, cadmio, ftalati vietati, naftalene e idrocarburi policiclici aromatici in livelli così alti da risultare preoccupanti per la salute dei consumatori.
Già lo scorso Maggio, le autorità competenti di Seul, Corea del Sud, avevano richiesto al colosso con sede a Singapore di ritirare dal mercato diversi prodotti perché raggiungevano livelli di ftalati superiori a quelli consentiti. Facendo un passo ancora più indietro, nel 2022 un report di Greenpeace Germania aveva denunciato la presenza di ftalati, formaldeide e nichel, in quantità superiori ai livelli consentiti dalle leggi europee e quindi, illegali a tutti gli effetti. Il tutto senza considerare l’aspetto del prodotto, che Öko-Test dichiara essere “terribilmente scadente”.
Ma al di là dell’estetica e della qualità, quali sono i rischi per la salute? Secondo i risultati dei test di laboratorio di Öko-Test, i residui chimici di antimonio, ftalati e dimetilformammide rinvenuti nei capi di Shein possono essere facilmente assorbiti attraverso la pelle e risultano gravemente tossici e, in alcuni casi, persino pericolosi per la fertilità, rischiando anche di danneggiare la salute del feto.
A loro volta, i livelli di piombo e cadmio, il primo considerato neurotossico, il secondo dannoso per ossa e apparato renale, superavano ampiamente i valori soglia stabiliti dal regolamento europeo, così come nel caso degli idrocarburi policiclici aromatici, sostanze che possono causare il cancro, in livelli fino a 22 volte superiori ai valori limite europei.
In risposta a queste accuse, Shein ha fatto sapere, attraverso una nota, che stanno lavorando “a stretto contatto con agenzie di analisi internazionali di terze parti, come Intertek, Sgs, Bv e Tuv, per effettuare regolarmente test che garantiscano la conformità dei fornitori ai nostri standard di sicurezza dei prodotti. Nell’ultimo anno, abbiamo condotto più di 400.000 test di sicurezza chimica con queste agenzie. I nostri fornitori sono tenuti a rispettare i controlli e gli standard che abbiamo messo in atto, nonché le leggi e i regolamenti sulla sicurezza dei prodotti nei Paesi in cui operiamo. Shein si impegna a lavorare a stretto contatto con le agenzie locali per la sicurezza dei prodotti, monitorando i cambiamenti e gli sviluppi delle leggi e delle normative sulla sicurezza e investendo nella continua ottimizzazione dei processi di conformità dei prodotti. Quando veniamo a conoscenza di un reclamo, per prudenza rimuoviamo immediatamente il prodotto o i prodotti dal nostro sito web, mentre svolgiamo le adeguate indagini. Se viene poi verificata la non conformità, non esiteremo a intraprendere le opportune azioni di controllo con il fornitore del prodotto”.
Insomma, per ogni reclamo il brand dichiara di rimuovere immediatamente il prodotto dal sito, rilasciandone altre centinaia nello stesso esatto momento, in un circolo vizioso ultra-fast da miliardi di dollari che nuoce gravemente alla salute dei consumatori.