L’esotismo metropolitano di Riccardo Tisci per Burberry
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Alla sua quarta prova come direttore creativo di Burberry, Riccardo Tisci inanella un altro formidabile successo fondendo la sua matrice multiculturale e prettamente indiana con la tradizione british di un marchio inossidabile. E il risultato è inebriante. Tisci si conferma, con la sfilata autunno-inverno 2020 del brand, uno degli interpreti di maggior talento della scena fashion globale e sicuramente uno dei pochissimi creativi al mondo (lui e JW Anderson in testa) in grado di giocare in modo credibile e assolutamente moderno con i codici di un marchio che è legato più di altri all’identità della Perfida Albione.
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In una location scenografica in cui giganteggia una lettera H cubitale e dove si sono un tempo esibiti i Primal Scream e i Chemical Brothers, Tisci manda in pedana un en plein scandito dalle note live di due colossali pianoforti a coda. Il check iconico della maison si coniuga, fino a diluirsi, con i motivi madras dei seducenti abiti drappeggiati come sari moderni palesemente ispirati all’India e alle sue suggestioni, puntando su un paese che è anche un mercato chiave oggi per l’Inghilterra della Brexit.
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Lo stilista dà il meglio di sé attraverso una carrellata di magnifici capispalla zippati e spesso cerati, di trench che occultano sorprese lievissime e soavi in chiffon tagliato a vivo quando non aderiscono al corpo in una vertigine di drappeggi, di montoni assolutamente imprevedibili perché spesso inside out e declinati anch’essi nel check maison, di dress accostati al corpo che fasciano la figura con una profusione di piegoline e arricciature di grande effetto.
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Tisci infonde nella sartorialità britannica di Burberry un flair dolcemente italiano e un’allure molto glamourous che lo definisce agli occhi di chi scrive come l’erede legittimo di Gianni Versace. E questo si coglie nei tagli assolutamente inconsueti, nelle linee flessuose ma svettanti, nell’uso di materiali piacevoli e innovativi dal sapore rustico ma classy, nell’impiego di colori tenui virati in una versione molto hot eppure portabile. Come quando una cappa a uovo circonda senza stringerla una giacca classica, come quando la maglia da rugby solcata da macro bande diventa un poncho, o quando il montgomery si veste di velluto o la robe da sera total black svela gentili maniche di chiffon plissettato.
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Le silhouette sono affusolate, i trench si ammorbidiscono senza enfasi sulle spalle e con tagli godet, il duffle coat per lui si tinge di rosa, le camicie si portano assemblate e giustapposte in una unica over shirt, la palette alterna lampi di rosso lacca al color cammello e al cappuccino per poi virare verso il verde acido e l’argento assoluto per la sera più siderale e scenografica in cui la maglia metallica flirta con decorazioni di micro borchie, piercing couture e fluttuanti frange di cristalli. Mai estremo ma visionario, Tisci declina la sua maestria, applaudita da Cate Blanchett, Mahmood, l’icona nineties Kristen McMenamy e la ‘pantera’ Naomi Campbell, anche negli accessori come la nuova borsa Olimpia, capiente e sbarazzina, la duffle bag in tessuto plaid, la purse metallica da nottambula tempestata di borchie, e la sneaker ibrida fra maschile e femminile come prevede la nuova fluidità al potere che però il talentuoso Tisci pare assecondare a modo suo. Chapeau!