L’allure cinetica di Bottega Veneta
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Daniel Lee è senza dubbio uno degli interpreti più stimolanti della scena fashion odierna. Per la collezione autunno-inverno 2020-21 presentata al Palazzo del Ghiaccio rivisitato da scenografie palladiane, il giovane designer (che per chi non lo sapesse è da circa due anni il nuovo direttore creativo del brand ed ha già vinto i British Fashion Awards) esprime una visione ancora più netta e inoppugnabile della sua estetica: il suo mantra di stagione è il dinamismo mutuato dalle coreografie di Pina Bausch. Le frange danzanti degli abiti e coat femminili, motivo conduttore di questa collezione, catturano in prima fila l’attenzione di un cineasta rigoroso ma romantico come Luca Guadagnino che, dopo la sfilata, ha dichiarato: “Mi piace, ha una visione precisa e la persegue con determinazione e caparbietà, ottimo lavoro”.
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Daniel Lee, nuovo golden boy del gruppo Kering, non ha mezzi termini, sa quello che vuole ed è straight to the point: qualche critico per definire il suo stile ha usato il pomposo termine ‘brutalismo’. Non sappiamo sinceramente se questa definizione possa attagliarsi alle sue proposte ma di sicuro la sua filosofia così nitida e senza fronzoli fa pensare a una rimonta di quel minimalismo anni’90 che ha segnato un intero decennio. I colori sono fluo, accesi, vividi, quasi accecanti: rosso carminio, giallo lime, verde fluo, viola ametista. Gli abiti a volte sembrano paracadute tanto sono drappeggiati e arricciati, altre volte si portano lunghi fino ai piedi seguendo verticalismi briosi. I suit evocano lo stile degli anni’90: Kaia Gerber spunta in pedana con un severo outfit da manager amburghese ma illuminato da colli verde kiwi che sarebbe piaciuto alla Sharon Stone di ‘Sliver’. Il casting maschile è spiazzante: ragazzi efebici, giovanissimi e assolutamente glabri ma con personalità, in linea con il rigore asburgico di certi cappotti a ricordare quasi Helmut Berger in ‘La caduta degli dei’ di Luchino Visconti ma senza indulgere troppo nel dandismo d’antan.
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Tutto è solenne ma anche no, pronto a sdrammatizzarsi. Frange anche sui lunghi cappotti di ecofur bicolori mentre le borse lievitano sui fianchi: ampie, capienti come bisacce, voluminose e ludiche, nota ironica e sferzante nei look austeri, ascetici, della sfilata che piacerebbero a un monaco stilita in odore di beatificazione. Si comprende subito che molti capi servono essenzialmente per enfatizzare gli accessori, forza trainante del marchio: ne è passato di tempo da quando la bellissima Lauren Hutton incontrava Richard Gere in ‘American gigolò’ portando la sua inseparabile borsa dalla texture intrecciata firmata Bottega Veneta. Un motivo decorativo che oggi rivive ingigantito in versione 3D, formula insolita a cui dovremo, volenti o nolenti, fare l’abitudine. Un frisson erotico trapela dalla camicia nera per lui ma molto agender completamente see-through secondo un effetto ragnatela disegnato dal crochet.
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I pantaloni sono per lo più dritti e a vita altissima e qualche giacca succinta assume un taglio volitivo ma civettuolo ‘à la Robespierre’ alternandosi a giacconi di pelo. Interessante questa operazione di restyling chirurgico e a tutto tondo ordita dall’enfant gaté di Bottega Veneta: il glamour asciutto delle sue collezioni è sprigionato perfino dalle campagne pubblicitarie di Tyrone Lebon dove le allusioni a una carnalità tutt’altro che algida risultano palesi, quasi occhieggiando a un mood fetish sulla falsariga di Helmut Newton. Perché come si dice: ‘sex sells’. La sensualità si stempera nel rigore, il vitalismo cromatico nel design più epurato: tutto è molto incisivo e pregnante, poche parole, lasciamo parlare i fatti. E allora via libera alle micro purse verde prato da portare con la tunica ampia da vestale discoglam 4.0 scintillante di cristalli all over, alla enorme borsa oversize da portare a spalla in nappa bianco ottico con macro intreccio, alle scarpe dalla punta quadrata (grande ritorno nineties) e ai tocchi di eleganza sporty ma anche un po’ gipsy come la borsa fluffy in pelle intrecciata tutta ondeggiante di frange, ai piedi stivali marziali o babbucce fluo. Una collezione coraggiosa e assertiva che sembra un drink galvanizzante ad alto tasso etilico: è inebriante per i sensi e la sorbisci tutta d’un fiato.
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