Cosa accade se nel panorama dell’haute couture parigina sfila una voce fuori dal coro? La personalità non è mai un difetto ma può anche accadere che un designer si perda in ispirazioni multiformi che lo allontanano dalla sua identità originaria: è questo il caso di Antonio Ortega. Il couturier messicano sembra aver fatto un passo indietro con la sua collezione PE2017, che ha sfilato nel calendario dell’haute couture parigina. Rispetto alla collezione AI2016-17, presentata lo scorso luglio sempre a Parigi, la nuova collezione lascia l’amaro in bocca: l’estetica predominante non lascia dubbi sull’identità dello stilista. Anche stavolta abbondano i colori e i tagli sono caratterizzati da grande originalità, come anche gli inediti patchwork di tessuti e stampe. Ma l’uso di materiali grezzi e la mancanza di costruttivismo dei pezzi che sfilano sulla passerella segna un passo indietro nel percorso del couturier. I capi sembrano essere stati realizzati in un’improvvisata fucina domestica più che in un atelier: Ortega, unico designer latinoamericano presente alla settimana dell’alta moda parigina, si è sempre contraddistinto per la sua carica ribelle e per una personalità fuori dalle righe. Ambizioso e controcorrente, aveva preannunciato così la collezione che ha sfilato pochi giorni fa a Parigi: “Non ci sono dittatori nella moda”. Ortega, residente a Montreal, aveva affermato con orgoglio che la perseveranza era stata la chiave del successo che lo aveva spinto fino ad arrivare alla settimana dell’alta moda parigina. Il colore, da sempre cifra stilistica del suo brand, si unisce a suggestioni escatologiche, in una collezione che intende rappresentare il martirio della bellezza. L’icona di riferimento è Gesu Cristo, come si evince dall’acconciatura delle mannequin, che ricorda la corona di spine del martirio. Un tema particolarmente impegnativo, trattato però in chiave ottimista, tra colori vivaci e capi tagliati al laser. Tuttavia l’ispirazione primigenia avrebbe forse meritato ulteriori approfondimenti: non colpiscono i capi che coniugano inedite note sportswear accanto a rouches e balze. Non affascina la sua couture, privata di fatto di quella che è forse la caratteristica principale e la ragion d’essere dell’alta moda, ossia l’intrinseca e quantomai necessaria capacità di fare ancora sognare. Lo stilista, fervido difensore del multiculturalismo, è vissuto sempre in bilico tra tre culture, quella messicana, quella francese e quella canadese. Formatosi in Messico, nel 2001 Ortega si trasferisce a Parigi, dove studia disegno presso la scuola Chardon Savard. La sua moda politicamente impegnata, che si era contraddistinta per un’impronta di natura culturale, sembra aver subito un passo indietro con una collezione che non fa sognare. E in tempi come questi, sognare è diventata un’esigenza. Toglieteci tutto ma non la couture.