Il ritorno all’ordine di Versace
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La sensualità è una categoria del mondo contemporaneo che per Versace è
la cifra dell’avanguardia, la chiave per leggere il dinamico e mutevole
mondo che ci circonda. L’abito corporeizzato, frutto della rivoluzione
sessuale degli anni’70, diventa nell’epoca dei social media il principio di
una vita dilatata che amplifica il senso del desiderio in una dimensione di
carnalità virtuale. E così la moda incontra la tecnologia e ancora una volta
si avvera quel sincretismo che per Donatella Versace si traduce in una
osmosi fra maschile e femminile, una concordia d’intenti che è sintesi di
opposti, una indifferenziata comunione di interessi e valori che nello show
di Versace non sembra più una mera utopia.
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Per la prima volta dopo anni la maison sceglie di presentare nuovamente il menswear unitamente alla collezione femminile, proprio come negli anni’80 quando Gianni Versace anticipando la tendenza coed, tratteggiava il nuovo orizzonte del rapporto simbiotico fra i sessi, immaginando l’alba di una nuova galanteria intesa come l’anticamera dell’ibridazione in cui attualmente viviamo. Una ibridazione che in questa nuova collezione assume un timbro marziale.
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L’estetica del marchio in omaggio a una normalizzazione imperante,
predica una sobrietà calvinista che non è affatto estranea all’identità della
maison, celebrando la supremazia del nero più assoluto, drammatico e
misterioso, che sigla l’incipit della sfilata ricordando le spy story degli
anni’80 ma anche la femminilità assertiva di Charlize Theron in ‘Atomica
bionda’ e di Jennifer Lawrence in ‘Red Sparrow’.
Il tema dell’uniforme glamourizzata da Donatella Versace torna alla ribalta. Gli anni’80 di Gianni Versace tornano rimodulati in forme e proporzioni più asciutte e attuali ma non meno conturbanti: i berretti simili alle bustine di astrakan dell’autunno-inverno 1986-87, la collezione della Perestroika e dell’arte cinetica, si sposano con i completi e i cappotti che rileggono la magicaantinomia di bianchi e neri resi vibranti nei print zebrati più anni’90 e nelle nuove versioni del logo reinterpretato in divertissement grafici.
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Il sexy tailoring della nuova collezione nella sua nuova accezione aristo-army gioca con i codici dell’austerità sdrammatizzandoli perché essere Versac significa scombinare le carte per spezzare la trita prevedibilità borghese: tailleur e cappotti adottano uno stile sofisticato ma dégagé dove i pattern più moderni si modificano geneticamente in un originale foliage grafico che rielabora stilizzandolo l’iconico motivo barocco convertito in un paisley davvero inedito. Lo stesso logo, la V dorata che campeggia sulle
borse Virtus, le nuove it-bag del brand virate perfino in macro principe di
Galles oppure in pied de poule, viene riprodotto in nuove versioni sugli
abiti da sera ricamati e sulle giacche gioiello da uomo dai volumi generosi.
Rosso e nero si alternano in pedana insieme al verde sommato al blu. Le
super top di oggi, le star di Instagram, dalle sorelle Gigi e Bella Hadid passando per Vittoria Ceretti e Kendall Jenner, fino a Kaia Gerber, Irina
Shaik e Adut Akech, esibiscono piccanti tuniche succinte stampate e
ricamatissime come i nuovi feticci di una carnalità inattingibile, il nuovo
edonismo dell’era digitale più visivo che tattile, in una dimensione di
austerità sanitaria. Le proporzioni appunto.
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Per lui i pantaloni larghi in cui si infilano le maglie a tre colori, fanno da contrappunto alle giacche poggiate in vita e ai giubbotti con colli in maglia a coste con cappuccio, connotate da un’attitudine sport couture. La forma è bodyconscious per la donna, atletica e scostata dal corpo per il menswear che spesso condividono colori e fantasie, in un perenne gioco di ruoli. Per lei e per lui ecco calcare la passerella stivali di gomma e tacchi massicci con
carrarmato sulla suola per lei. La linea a clessidra definisce silhouette femminili scultoree traslate in tailleur da executive woman con spalle importanti e falde a bauletto oppure in abiti rigorosi ma sensuali dalla
gonna svasata, corti o longuette. Interessanti le fessure tracciate sul corpo
attraverso fenditure create da clips che sostituiscono nella funzione i safety
pins del 1994.
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La pelle, che nel lessico di Versace ha sempre assolto anche
negli anni’80 una funzione semiotica di protezione, diventa ora un terreno
di sperimentazione inesauribile: i blouson dall’impostazione mannish abbinano alle gonne in nappa al ginocchio che terminano con ampiezze
godet a ingentilirne il rigore, mentre giubbini e pantaloni sono impreziositi
da patchwork di strisce verticali di pitone di vari colori, dal verde menta al
senape fino al nero e al testa di moro. Per brillare di notte torna la maglia
metallica più siderale ma in versione very hot per i miniabiti disco-glam da
falena galattica sfoggiati da Kendall Jenner in silver e da Bella Hadid in
color lime, mentre lui esibisce il tuxedo sartoriale maledetto dall’attitudine
rock. Per una nuova Versace experience.