La notizia si era diffusa qualche giorno fa: le hostess Air France si sono ribellate alla richiesta della compagnia di indossare il velo una volta atterrate in Iran. La discussione è sorta in seguito all’imminente riapertura della tratta Parigi – Teheran della compagnia aerea Air France, una delle conseguenze dell’accordo sul nucleare e della soppressione delle sanzioni internazionali all’Iran. L’accordo tra lo Stato mediorientale e le Nazioni occidentali apre importanti possibilità economiche che la Francia sembra voler sfruttare: verranno ripristinati tre voli settimanali verso l’aeroporto di Teheran-Imam Khomeini. Dopo l’annuncio della riapertura della tratta (interrotta nel 2008), la compagnia ha diramato al personale una nota con le direttive. Alle hostess Air France e alle donne pilota è stato chiesto di indossare pantaloni larghi e una giacca lunga che copra i fianchi e, soprattutto, di coprire il capo con il foulard della compagnia una volta atterrate. A quel punto un gran numero di dipendenti ha opposto un fermo rifiuto, rivolgendosi ai sindacati.
Dalla rivoluzione islamica del 1979, in Iran le donne devono portare il velo per legge in tutti i luoghi pubblici. “Come per tutti i visitatori stranieri – si legge in un comunicato della compagnia – anche gli equipaggi dei nostri aerei sono tenuti a rispettare le regole in vigore nei Paesi dove si ritrovano”. Le hostess Air France hanno allora mobilitato i sindacati nella speranza di giungere ad un accordo. “Non vogliamo mettere in causa le leggi e i costumi dell’Iran – ha sottolineato Christophe Pillet, segretario generale del sindacato di categoria -. Chiediamo solo di instaurare il principio di volontariato, per salvaguardare le libertà individuali”. Una richiesta limitata all’uniforme di lavoro delle hostess Air France e non al loro abbigliamento personale per le strade di Teheran. Le due parti sembrano aver finalmente raggiunto un punto di incontro: ogni dipendente di Air France sceglierà volontariamente se rendersi disponibile per la tratta Parigi – Teheran, accettandone le norme di abbigliamento. In caso contrario, non riceverà alcuna ripercussione né sulla carriera né sullo stipendio, elemento che i sindacati hanno richiesto a gran voce.
La polemica sul velo delle hostess di Air France si inserisce in una più ampia serie di discussioni sull’abbigliamento delle donne musulmane che ha infiammato Parigi nelle ultime settimane. Diversi marchi di moda, come Marks&Spencer, Dolce&Gabbana, Uniqlo e presto anche H&M, hanno lanciato delle capsule collection dedicate alla moda araba, comprendenti il velo per coprire il capo. Prevedibilmente, la decisione ha scatenato parecchia confusione e indignazione nei confronti dell’imposizione del velo alle donne, da molti giudicata una barbara rappresentazione della sottomissione femminile.
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Dolce & Gabbana si aprono all’Islam con Abaya
Ci hanno ormai abituati a colpi di scena ed eventi teatrali. Da sempre innovatori, trendsetter e geni del marketing, Dolce & Gabbana non si smentiscono neanche stavolta. Il duo di stilisti ha presentato Abaya, la prima collezione interamente dedicata alle donne musulmane.
Se pensavate che i pizzi e merletti tipici delle loro collezioni fossero ad esclusivo appannaggio della moda occidentale, dovrete ricredervi: la collezione pensata per la donna musulmana riesce a coniugare la sobrietà imposta dal codice di modestia islamico con le stampe e lo stile tipico del brand, da sempre illustre rappresentante della donna mediterranea. La palette cromatica predilige il nero e il beige, per abiti con tanto di velo hijabs, ma anche accessori come occhiali da sole, gioielli e persino cosmetici.
La collezione, presentata su Style.com/Arabia, è denominata “Abaya”, dal nome della caratteristica tunica in tessuto leggero che copre tutto il corpo della donna, ad eccezione della testa, delle mani e dei piedi. Immancabile il pizzo nero, che qui viene rivisitato in linea con i trend della cosiddetta “modest fashion”, ma anche applicazioni di fiori e arabeschi insieme a pattern barocchi e a stampe che inneggiano allo stile mediterraneo, come limoni, margherite, pois. Largo a tuniche in georgette di seta semitrasparente e in satin impreziosite da ricami e pizzi. Bianco e nero predominano, ma non mancano gli inserti stampati. Accessori in primo piano, tra cui spiccano zeppe e tacchi vertiginosi, ma anche le borse della collezione e gli occhiali.
Da sempre tra i marchi prediletti dalle donne mediorientali, Dolce & Gabbana si confermano maestri delle logiche di marketing ed acuti osservatori delle tendenze in continua evoluzione. Con un giro d’affari di oltre 300 miliardi di dollari, il mercato che si rivolge alle donne islamiche è in continua crescita, tanto che già numerosi brand hanno dedicato delle collezioni a tema, tra cui Tommy Hilfiger, DKNY, ma anche brand low-cost come H&M, Mango e Zara.
La Sicilia, terra prediletta dal duo di stilisti, diviene spartiacque per il lancio di una nuova immagine di donna, e il Mediterraneo diviene terra di confine tra Oriente e Occidente: la nuova donna Dolce & Gabbana è velata, rispetta il Corano e le sue tradizioni ma rivendica per sé l’inalienabile diritto allo stile, meglio se italiano. La collezione Abaya e la conseguente apertura al mondo musulmano da parte di Domenico Dolce e Stefano Gabbana ha aperto numerosi dibattiti, considerato anche il delicato momento storico fino ai più recenti fatti di cronaca. La linea, già disponibile negli Emirati Arabi, arriverà presto anche nei negozi di tutto il mondo. Per una moda interreligiosa.