27 Gennaio in Gran Bretagna, 3 Febbraio in America.
Queste le date di uscita dell’attesissimo sequel di Trainspotting, film del 1996 diretto da Danny Boyle e tratto dal romanzo omonimo di Irvine Welsh.
Il sequel, la cui uscita in Italia è prevista per 2 marzo 2017, è prodotto da TriStar Pictures e diretto nuovamente da Danny Boyle.
Lo stesso cast del film originale torna in scena con una nuova dipendenza: la pornografia.
Il secondo film è un adattamento del romanzo “Porno” di Irvine Welsh, autore del romanzo che ha ispirato Trainspotting.
Così il monologo critico di Mark cambia e si adatta ai consumi di oggi:
“Scegli la vita. Scegli Facebook, Twitter, Instagram e spera che, da qualche parte, esista qualcuno cui tutto questo interessi. Scegli di contattare una vecchia fiamma e di trovarti a pensare che avresti dovuto comportarti diversamente. Scegli di guardare la storia ripetersi“.
Ma Trainspotting è un’altra storia.
Erano gli anni di una forte critica cinematografica costruita attraverso le pellicole di Pulp Fiction, poco prima di Traispotting, e Fight Club, poco dopo.
La ribellione, l’angoscia, la paura, la forza, la violenza, la critica feroce tra i temi più disparati, erano il simbolo di una controcultura che aveva come obiettivo la fine del cinema di massa.
“C’è di meglio dell’ago Renton, scegli la vita” (Sick Boy)
Mark Renton, assieme all’amico Spud del quale si dice subito sia un amante di Sean Connery, è in fuga da poliziotti che lo inseguono.
La voce fuori campo slitta tra la corsa di Mark e la sua posizione sulla vita alla quale ha scelto di rinunciare, lo esplica attraverso un discorso ambiguo su quello al quale tenderebbe una vita medio-borghese e al quale difficilmente si vorrebbe assomigliare, almeno elencato così:
“Scegliete la vita; scegliete un lavoro; scegliete una carriera; scegliete la famiglia; scegliete un maxitelevisore del cazzo; scegliete lavatrici, macchine, lettori CD e apriscatole elettrici. Scegliete la buona salute, il colesterolo basso e la polizza vita; scegliete un mutuo a interessi fissi; scegliete una prima casa; scegliete gli amici; scegliete una moda casual e le valigie in tinta; scegliete un salotto di tre pezzi a rate e ricopritelo con una stoffa del cazzo; scegliete il fai da te e chiedetevi chi cacchio siete la domenica mattina; scegliete di sedervi sul divano a spappolarvi il cervello e lo spirito con i quiz mentre vi ingozzate di schifezze da mangiare. Alla fine scegliete di marcire, di tirare le cuoia in uno squallido ospizio ridotti a motivo di imbarazzo per gli stronzetti viziati ed egoisti che avete figliato per rimpiazzarvi; scegliete un futuro; scegliete la vita. Ma perché dovrei fare una cosa così? Io ho scelto di non scegliere la vita: ho scelto qualcos’altro. Le ragioni? Non ci sono ragioni. Chi ha bisogno di ragioni quando ha l’eroina?“.
La tensione all’autodistruzione, al pericolo che crea piacere come sottile pulsione alla morte che genera godimento, è il frutto di una sottile linea di contatto tra i due film, attesissimo ormai nelle sale.
Impossibile dimenticare Mark Renton nel suo iniettarsi con sottofondo “Perfect Day” di Lou Reed, in un’armonia dei sensi e del tempo impassibile, quasi fosse fermo in un momento in cui è davvero un “giorno perfetto”.
“La gente pensa che si tratti di miseria, disperazione, morte, merdate del genere, che pure non vanno ignorate. Ma, quello che la gente dimentica è quanto sia piacevole, sennò noi non lo faremmo. In fondo non siamo mica stupidi! Almeno non fino a questo punto, e che cazzo! Prendete l’orgasmo più forte che avete mai provato. Moltiplicatelo per mille. Neanche allora ci siete vicini“. (Mark)