Pia Lanciotti – Diva

Interview by Miriam De Nicolò

Photography Peppe Tortora
Styling Gianluca Cococcia
Publicist MPunto Comunicazione

Diva

Siamo così abituati a “leggere” un attore in base al personaggio che interpreta, che talvolta ci dimentichiamo della sua vera natura.
Pia Lanciotti, attrice che ha raggiunto la fama internazionale con “Mare Fuori”, la serie televisiva distribuita in più di venti paesi del mondo dove interpreta Donna Wanda, boss di un clan camorrista, si spoglia dell’arroganza del personaggio, e veste i panni di se stessa, sul set, un elegante palazzo milanese in stile Liberty.

Del dialetto napoletano nemmeno l’ombra, Pia Lanciotti ha una dizione perfetta, d’altronde arriva dalla Scuola di Teatro fondata da Giorgio Strehler, uno dei più grandi teatranti del ‘900; si muove come una ballerina e, quando posa davanti all’obiettivo, sembra entrare dentro ogni gesto, ogni sguardo, impersonando chissà quale animale, un cigno, o quale entità; sembra aria, leggera, eppure potentissima.

I contorni del viso netti, gli zigomi altissimi, un girovita da far invidia alla Principessa Sissi, che ha dedicato la sua esistenza a ridurlo al limite; un collo del piede che forse solo Dita Von Teese ha sottolineato nei suoi spettacoli di burlesque, e un côté civettuolo nel chiedere le cose, un po’ Lolita, un po’ bambina.

Se Pia Lanciotti è di quelle attrici che si paragonano ad un foglio bianco, capaci cioè di entrare in ogni ruolo con grande facilità, difficile è invece dimenticarsi del suo modo bonario e affabile, quando concede foto ai fan che incontriamo sul set, quando parla con un cane che cerchiamo di far posare per un’immagine, quando stremata dalla mancanza dei taxi persi in mezzo al traffico di Milano, decide di prendere i mezzi come una liceale pronta per lo shopping con le amiche, ironica e divertita. Stringe la cintura del cappotto malva in vita, sistema i grandi occhiali da sole per coprire quegli occhi verdi, penetranti ed umidi, e saluta tutto il team con un divismo inconsapevole, mentre di spalle scende le scale di un metrò, come in un film di Truffaut dove la protagonista lascia il suo amato con fare affettato “Ti lascio perchè ti amo”.

Cosa dobbiamo aspettarci dalla prossima stagione di Mare Fuori?
Il finale di quest’ultima stagione non è stato un amore incompiuto ma un cambio di rotta dell’universo, la delusione feroce di tanto pubblico chiede un risarcimento per questa fitta dolorosissima. Quindi mi piace pensare che gli sceneggiatori che stanno componendo il destino di tutti i personaggi stiano disegnando traiettorie sorprendenti.
Anch’io non ne so ancora nulla.

Donna Wanda è visto come il personaggio cattivo della serie, io invece leggo una donna che ama e vuole proteggere il proprio figlio, è così?
Non ho mai pensato fosse una donna cattiva. Ho sempre tentato di raccontare un dolore incapace di respirare nell’amore che prova. Nella quarta stagione si vede qualche frammento del rapporto dolcissimo che avevano Wanda e Carmine. La vita poi scrive addosso alle persone; gli eventi, le scelte ci definiscono e possono anche farci fare un giro larghissimo prima di ricongiungerci a noi stessi. In uno degli ultimi episodi Wanda urla a suo figlio la sua verità profonda : “Sono diventata una bestia per non farti diventare come quelli che hanno cresciuto me“. Ma lui intercetta appena questa confessione e le infligge il colpo di grazia lasciandola a se stessa e al suo buio.

Il tuo personaggio preferito della serie?
Adoro Pino: la sua incontenibile purezza e il suo incendiarsi di vita, sempre: per il suo amico, per la sua Kubra, per sua madre, per i cani, per i suoi sogni e anche per le ingiustizie.

Aneddoti dal set di “Mare Fuori”.
Mi ricordo il mio primo giorno: avevo il terrore si scoprisse che non fossi napoletana. Mi venne incontro Milos (Antonio) e gli chiesi di pronunciare le mie battute per essere sicura che non suonassi proprio come una schiappa. E poi ricordo il penultimo giorno di questa stagione con Maria (la scena del regalo): due soli take e divertimento sublime.

Il tuo rapporto con la città di Napoli.
Napoli resta per me misteriosa, gloriosa. Non mi oriento fra le sue strade eppure non mi perdo mai. E’ lontanissima da me ma mi sento a casa. E poi parla la lingua più prodigiosa: il napoletano scolpisce l’invisibile.

Teatro e Cinema, le differenze.
Da spettatrice o da spettattrice? Sono cresciuta con le storie. Il cinema mi ha incantato sin da bambina, mi ha letteralmente dato una forma. Ha forgiato il mio cuore, i miei sogni, e le storie continuano a cambiarmi la vita. Non faccio differenza, da spettatrice, tra cinema e teatro: è sempre lo stupore che mi abita, al buio di una sala cinematografica o nell’oscurità di un teatro. Sempre che la storia e coloro che me la raccontano siano magici.
Da attrice, data la mia giovane esperienza dietro la macchina da presa, posso solo dire che il tempo che ci è dato nella costruzione di uno spettacolo teatrale è un’avventura potente di trasformazione inimmaginabile che passa dall’analisi di un testo, al comporsi di relazioni fra personaggi, attori, spiriti, anima, ombre e battiti di mani.
A teatro l’anima si lancia in una cavalcata con gli dèi.

Dress Chiara Boni
Shoes Casadei

Si può realmente entrare e uscire da un personaggio? Non c’è il rischio di ritrovarsi “confusi” sulla propria identità?
Più che “confusa” nell’accezione peggiorativa del termine direi che la propria identità può invece correre il felice rischio di essere ‘circonfusa’ da altra luce. L’incontro con un personaggio può aggiungere nuova conoscenza di sé, nuove risonanze, insperati risvegli. Studiare, avvicinare, assumere, ospitare, danzare con un nuovo personaggio, soprattutto con quelli apparentemente più distanti; ci rende più capienti proprio grazie anche agli inevitabili attriti e inciampi durante il percorso. Possiamo solo incontrare ciò che ci somiglia ma quando questo accade noi non lo sappiamo. Solo alla fine, forse, potremmo averne una qualche consapevolezza. Ma la maggior parte di noi penserà sempre di aver avuto a che fare con qualcosa fuori di noi.

Potessi scrivere, dirigere e interpretare contemporaneamente, quale film/personaggio vorresti essere?
Di quelli che ho visto, tantissimi. Posso dirti quello che mi è appena venuto in mente… il personaggio di Daniel Day Lewis in “Phantom Thread” di Paul Thomas Anderson. “La pazza gioia” di Virzì e il personaggio di Valeria Bruni Tedeschi. E mille altri. Mi piacerebbe scrivere di Marlene Dietrich, il suo rapporto con la maternità, la costruzione “necessaria“ della sua androginia, il suo essere soldato, Lola, la sua voce libera e la tragica decomposizione della sua mitica Beltà in un letto di Parigi divenuto una specie di discarica di ricordi e telefonate deliranti.

Le difficoltà del mestiere di attrice?
Quelle della vita: la paura del fallimento, il mancato riconoscimento, la volgarità violenta del mercato.

Cosa rappresenta per te il Teatro?
Il Teatro è la Terra dei Maghi.

Fiction e Reality sono i macrotemi del prossimo numero di SNOB. Cosa è finzione e cosa realtà nel cinema?
Se ti dicessi che sono solo apparentemente due cose tremendamente differenti?! Ma questa è un’altra storia.

I tuoi lati nascosti.
Tutto ciò che ancora è nascosto è perché anch’io non ne sono ancora al corrente. Tutto di me è visibile all’occhio che sa guardare.

Chi è Pia Lanciotti fuori dal set?
Tutto quello che non può essere sul set per esigenze di copione più quello che è sul set.

Pregi e difetti.
Mi piace studiare il ‘funzionamento’ di noi umani: come amiamo, come ci ammaliamo, come guariamo, come inventiamo, come sogniamo, come manipoliamo, come attraversiamo i mondi.
Sono troppo impaziente talvolta, discuto con gli déi se qualcosa non mi va.

Come sarebbe il tuo mondo ideale? Il tuo Paradiso?
Una danza felice con il mondo, con il mare, con il fuoco, senza paura della paura, dove la parola ARMA compare solo nell’inizio della parola armonia. E basta.
Il mio Paradiso: il mio uliveto, i miei gatti, il mio Amato, Champagne e zabaione caldo.

L’AI influenzerà anche il mondo del cinema? In che modo?
Influenza già tutto, occupando i nostri pensieri. Comprometterà tutto. Diminuirà il potere umano pur essendo il suo frutto più prodigioso. Ma la hybris non ha mai portato bene. Ac-COR-gersi (per me, prendere coscienza con il cuore) di quanto DIVINI possiamo scoprirci da semplici umani sarebbe un cammino di gran lunga più entusiasmante.

Quanto sei SNOB?
Nella vostra accezione sono SNOBbeRRRRRRrrima…ah! Ah! Ah!

(Foto in copertina Total look Hermès, Jewels Pianegonda)

Forte e Chiara, lo spettacolo di Chiara Francini al Teatro Manzoni

di Giulia Perin


“Forte e Chiara” nasce come titolo della rubrica di Chiara Francini per La Stampa, diventa romanzo autobiografico nel 2023, e approda finalmente con il medesimo titolo al teatro Manzoni di Milano dal 1 a 4 febbraio 2024 interpretato da Francini stessa e con la regia di Alessandro Federico. Leziosa, sopra le righe ma anche vulnerabile, Chiara Francini ci porta con simpatia e leggerezza attraverso la storia della sua vita: dalla bambina povera e affamata di attenzioni, all’attrice di successo “arricchita” ed eccessiva che confessa al pubblico di non sapere rinunciare alle lucine dell’albero di Natale accese in casa tutto l’anno, anche a Ferragosto. 

Una vita al contempo straordinaria ma anche semplice, fatta di recite scolastiche a cui i genitori lavoratori facevano fatica ad assistere, di modeste vacanze sull’Adriatico (“il mare dei poveri” in confronto al più vicino Tirreno) e della sfrenata voglia di una sedicenne di ballare vorticosamente sotto la piramide del Cocoricò di Riccione. Poi gli studi, la carriera da attrice, e la corsa al successo, il cui culmine viene esemplificato in scena ricreando l’emozione genuina per l’invito ricevuto da Amadeus e il debutto scintillante come conduttrice al festival di Sanremo nel 2023. 

Non mancano anche note più amare, soprattutto all’avvicinarsi della fine dello spettacolo, quando Francini svela l’odio violento verso l’uomo “filo-leniniano” che ha provato a privarla della sua libertà, per poi scivolare in una sfacciata critica sociale che, pur sempre con ironia, colpisce un po’ tutti a destra e manca, o, come dice lei, “sinistri e mancini.” Lo spettacolo si chiude con una riflessione intima e sentita sulla maternità: messa da parte, desiderata, mancata, rimpianta, Francini mostra il dilemma che ha vissuto, e che continua a vivere, fra realizzazione personale e desiderio di essere madre – nodo cruciale che sussiste nella vita di tutte le donne.

Bene le musiche che tele-trasportano gli spettatori attraverso anni e luoghi diversi, e che aiutano a tenere alto il ritmo dello spettacolo insieme all’energia travolgente della protagonista.
Per una serata a teatro leggera ma con qualche sorpresa. Brava.

Chiara Francini



Geppi Cucciari in “Perfetta”

Da pochi mesi ci ha lasciati Mattia Torre, drammaturgo romano, famoso per molteplici produzioni teatrali e televisive. Ricordiamo con particolare affetto il grande successo di Boris.

Geppi Cucciari approda a teatro con “Perfetta”, un monologo scritto dallo sceneggiatore da poco scomparso. Lo spettacolo, oltre ad essere un’importante omaggio a questa triste perdita, vuole essere una dedica al complesso e affascinante mondo femminile.

“Alla  donna si chiede un doppio sforzo, quello di agire con un’energia maschile e poi ritrovare quella femminile per essere sé stessa e dare spazio alla sua natura”.

Un monologo che ripercorre il mese di vita di una donna, scadenzato dalle quattro fasi del ciclo femminile. La visione di una giornata tipo, vista dagli occhi di una moglie, mamma e impiegata costretta ad affrontare i piccoli drammi di una vita ordinaria, vissuti in maniera più o meno disordinata a causa dell’alternasi del ciclo.

Geppi Cucciari interpreta magistralmente il ruolo di una donna in preda a sentimenti drammatici e al contempo esilaranti, ripercorrendo i diversi stati d’animo vissuti tra lavoro, famiglia e rapporti umani. Affronta così il tabù del ciclo mestruale, argomento che trova impreparato gran parte del pubblico maschile.

Quattro giornate identiche, eppure diverse tra loro, vengono raccontate dalla bravura e dalla pungente ironia dell’attrice sarda. Critica sferrata verso il mondo maschile e sincera autoironia femminile sono gli elementi chiave di uno spettacolo che tra risate e momenti di riflessione, conducono lo spettatore lungo scenari comuni che tutti, in maniera diretta e non, viviamo.

Il titolo di quest’opera diventa, infine, l’accettazione di una realtà che affrontiamo in maniera personale, unica e spesso altalenante. La constatazione di non perfezione, ci conduce verso la consapevolezza di essere perfetti così come siamo.

 

Geppi Cucciari

TOURNEE

Gennaio 2020

dal 10 al 12 – Roma, Teatro Brancaccio

15 – Modena, Teatro Storci

16 – Faenza (RA), Teatro Masini

17 – Cascina (PI), La Città del Teatro

22 – Asti (AT), Teatro Alfieri

23 – Savigliano (CN), Teatro Milanollo

24 – Varese, Openjobmetis

27 – Napoli, Teatro Diana

Febbraio

dal 6 al 9 – Bari, Teatro Piccinni

12 – Barletta, Teatro Curci

13 – Brindisi, Nuovo Teatro Comunale Giuseppe Verdi

14 – Taranto, Teatro Orfeo

Addio, Paolo Poli

Istrionico. Artista complesso e versatile. L’Italia s’inchina dinanzi a Paolo Poli, l’attore fiorentino che avrebbe compiuto 87 anni il prossimo 23 maggio, spirato a Roma dopo una malattia che non gli ha permesso di vivere ancora.

Ha riempito le platee, entusiasmando con la sua comicità disarmante. Era omosessuale e non ebbe remore  ad annunciare la sua inclinazione sessuale. Si diceva favorevole al matrimonio tra gay ma contrario al proprio contratto matrimoniale.

Acuto e diretto nell’esprimere la sua opinione, perfino quando toccava tematiche come la cristianità: “Se Gesù anziché finire in croce veniva impalato, adesso ai santi dove comparivano le stigmate?

Figlio di un carabiniere e di una maestra, dopo la laurea in Letteratura francese con una tesi su Henry Beque, esordisce in un teatro di Genova con <<La borsa di Arlecchino>>.

 

L'attore Paolo Poli in un suo travestimento in "I Sillabari"
L’attore Paolo Poli in un suo travestimento in “I Sillabari”

 

 

Un inizio che prelude il futuro artistico di Paolo Poli che negli anni sessanta lavora in RAI leggendo favole per bambini estrapolate da Esopo.

Diventa sceneggiatore per la RAI lavorando allo sceneggiato “I tre moschettieri “ assieme alla sorella Lucia Poli, Milena Vukotic e Marco Messeri.

Rifiuta una parte in di Federico Fellini e intraprende una carriera trasversale come cantante, pubblicando anche diversi album.

Superbo appare il suo approccio artistico e le sue interpretazioni sempre convincenti, hanno fatto vivere mondi paralleli ai suoi spettatori. Non possiamo esimerci dal ricordare le sue performances “Il mondo d’acqua” di Aldo Nicolaj e “I Sillabari” tratto dall’opera di Goffredo Parise, per il teatro.

Per il cinema, interpretò svariate pellicole come” La piazza vuota” di Beppe Recchia e “Le due orfanelle” di Giacomo Gentilomo.

 

«In fondo dobbiamo alla Chiesa anche Dante, che pure era antipapista. Se la Chiesa non avesse inventato il Purgatorio giusto qualche anno prima, non avremmo avuto la cantica più bella. Non amo l’Inferno: una scopiazzatura di Guinizzelli. Preferisco il Paradiso: la poesia d’amore applicata al tomismo; e la donna amata personifica la religione.>> Paolo Poli.

 

 

Fonte Cover giacomobaldoni.altervista.com

 

 

L’ingannevole mondo dei Social Network debutta a teatro

I Social Network sono ormai entrati così a fondo nelle vite di tutti che quasi non si fa più caso: non ci si sofferma più ad ammirare un tramonto perché si è troppo impegnati a fotografarlo, ed ancora si può conoscere a fondo un illustre sconosciuto, dai connotati fisici e carattere ai gusti di ogni specie, fino ai dettagli più intimi della vita privata e lavorativa, solo seguendone gli aggiornamenti di status.


Il carattere iperbolico e narcisistico dei social crea spesso un senso di inadeguatezza: ciò che è esposto è una realtà enfatizzata, camuffata, avvolta dall’ingannevole patina dei filtri di Instagram e il risultato è sentirsi esclusi da tutto ciò, non provando reale immedesimazione e condivisione.

Eppure è sempre più frequente non distinguere quella linea sottile, quasi impercettibile, che però separa nettamente il mondo social dalla realtà tangibile.


L’ingannevole mondo dei Social Network debutta a teatro


A moltissimi è capitato, almeno una volta, di provare un sentimento di esclusione, accedendo a Facebook al termine di una giornata storta e, di fronte al tripudio di allegri selfie, ritrovarsi a pensare: ‘qui sono tutti felici tranne me’! E ci si vorrebbe omologare a quello stato di felicità apparente, a quella perfezione che dal di fuori sembra non appartenerci fino in fondo. Di questo sentito senso di esclusione ne discutono già le più influenti università del mondo.


Ma è un sentimento che accomuna un po’ tutti, dando vita a molte reazioni, a volte anche di tipo artistico: sensazione condivisa quella da cui è scaturita anche una riflessione teatrale nella nuova commedia scritta, diretta e interpretata da Maurizio Canforini, che in seguito all’entusiasmo del pubblico, già dopo il primo ciclo di repliche, e anche per la nuova stagione, torna in scena al teatro L’Aura, dal 29 ottobre all’8 novembre.


“Tutti felici, tranne me…”, è infatti la prima commedia teatrale dedicata all’ingannevole mondo dei Social Network, si presenta come indagine dai toni leggeri ma anche riflessivi, fra le relazioni sentimentali 2.0 in cui ‘realtà’ e ‘mondo virtuale’ si sovrappongono senza però mai coincidere.