Happy Birthday, Twiggy!

È la modella che ha rivoluzionato il concetto di bellezza. La più fotografata e la più amata in assoluto. Dopo aver segnato un’epoca col suo volto, Twiggy spegne 66 candeline. Una carriera sfavillante, iniziata per caso, fino a divenire icona quasi mitologica degli anni Sessanta. Figlia di quella Swinging London che ne ha forgiato lo stile, Twiggy ha incarnato lo spirito di quegli anni.

Nata a Neasden, un sobborgo di Londra, il 19 settembre del 1949, Lesley Hornby -questo il suo vero nome- è una ragazza gracile e dai lineamenti fanciulleschi. Assai diversa dallo standard allora vigente, che identifica la bellezza in donne dal fisico meno acerbo, l’appena sedicenne Lesley viene notata dal fotografo di moda Justin de Villeneuve, mentre lavora in un parrucchiere.

Tra i due nasce un rapporto sentimentale e lavorativo: Villeneuve ha fiuto e intuisce subito che quel viso così grazioso ha una marcia in più. Dopo esserne diventato il manager, è lui stesso a lanciare la ragazza e a scegliere per lei il soprannome di Twiggy, letteralmente “grissino”, un esplicito riferimento alla sua magrezza adolescenziale.

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Twiggy ha incarnato lo stile della Londra anni Sessanta
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Twiggy su Vogue, 1967
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Nata a Neasden, un sobborgo di Londra, la modella è stata scoperta all’età di sedici anni
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Tipico look anni Sessanta per Twiggy
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La modella è stata testimonial di Mary Quant, che con la sua minigonna ha rivoluzionato la moda
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Entusiasmo fanciullesco per la modella grissino
Sugli autoscontri al Bertram Mills Circus, Londra, 1967
Sugli autoscontri al Bertram Mills Circus, Londra, 1967

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Foto di Bert Stern, New York, 1967


Basta fare circolare qualche foto della ragazza e tutto ha inizio: quel volto così particolare ben si addice al fermento rivoluzionario della Londra di quegli anni. Grandi occhi da cerbiatto, sguardo innocente e sorriso spontaneo su gambe nervose, Twiggy emana una freschezza che incanta tanto la gente comune quanto gli addetti ai lavori della moda. In appena un anno la modella grissino diviene una star. Le ciglia finte e il make up disegnato ad esaltare gli immensi occhioni, gli abitini a trapezio e le minigonne: il suo stile incarna l’anima più swing degli anni Sessanta. Idolatrata, imitata e ambita dai designer inglesi e non, viene nominata dal Daily Express “Il volto del ’66”.

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Foto di Ronald Traeger
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Un altro scatto di Ronald Traeger

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Twiggy fotografata davanti ad un dipinto di Bridget Riley, tuta di Gene Shelly, Vogue, 1967, foto di Bert Stern


Successivamente diventa il volto di brand del calibro di Biba e Mary Quant, che la sceglie come testimonial della sua celebre minigonna. Una rivoluzione dentro la rivoluzione: sullo sfondo della liberazione dei costumi si consuma un altro epocale cambiamento, per cui il concetto standard di bellezza e femminilità vigente viene completamente stravolto dal candore della nuova icona: Twiggy è la prima modella a rappresentare una nuova donna, giovane e gioiosa.

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Uno scatto per Vogue, maggio 1967, foto di Ronald Traeger
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Mood spaziale in uno scatto di Bert Stern, 1967
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Twiggy Lawson per Sangeran, 1970, foto di Bert Stern

Twiggy in un celebre scatto di Richard Avedon, acconciatura di Ara Gallant, Parigi, gennaio 1968


Compiuti i diciotto anni, Twiggy rompe la relazione sentimentale con Villeneuve. La sua fama è ormai mondiale, tutti la acclamano e nuove occasioni si profilano presto all’orizzonte. Parallelamente al lavoro di modella, Twiggy compare in alcuni film, come “Il Boyfriend”, di Ken Russell (1971). Per il suo ruolo vince due Golden Globe. Nello stesso tempo inizia ad incidere dei cd, con un discreto successo: tra i generi prediletti dalla nuova pop star troviamo il rock, il pop, la musica disco e country. Ormai divenuta un personaggio, posa accanto a David Bowie per la copertina del suo album “Pin Ups”, nel 1973. Dal celebre film “The Blues Brothers” fino ad un cameo all’interno del Muppet Show, il volto di Twiggy diviene emblema di un secolo.

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Twiggy in completo maschile, 1968
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Twiggy indossa scarpe di George Cleverley in una foto di Justin de Villeneuve, anni Settanta
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Uno scatto tratto da Vogue, 1967
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Twiggy ritratta da Bert Stern, New York, 1967
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Con cappellino Snoopy, foto di Bert Stern, novembre 1967
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Twiggy indossa un cappotto di Emeric Partos dipinto a fiorellini da Giorgio di Sant’ Angelo, foto di Richard Avedon per Vogue, New York, 14 Aprile 1967
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Ritratta da Richard Avedon, 1967

Ritratta da Cecil Beaton per Vogue, 1967
Ritratta da Cecil Beaton per Vogue, 1967


La sua carriera, variegata e in continua evoluzione, la vede presentatrice televisiva negli anni Novanta, con un suo show, “Twiggy’s People”, dove intervista personalità del calibro di Dustin Hoffman, Lauren Bacall e Tom Jones. Nel 2005 torna a posare come modella e diviene il volto di Marks & Spencer. Inoltre è stata giudice di America’s Next Top Model dalla quinta alla nona stagione, celebre show televisivo condotto da Tyra Banks.
Tanti auguri ad un mito vivente.

Ritratta da Bert Stern per Vogue, 15 marzo 1967
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Vogue 1867, foto di Bert Stern
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Suggestioni Roarin’ Twenties nello scatto di Terry Fincher, Londra 1966

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Twiggy Lawson, all’anagrafe Lesley Hornby, è nata a Londra il 19 settembre 1949



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Ossie Clark, il vintage che incanta

Biba: lo stile di un’epoca

Il nome di Biba rappresenta un tassello fondamentale nella moda, dagli anni Sessanta fino ai nostri giorni. Simbolo di uno stile unico, portavoce di una rivoluzione che dalla Swinging London si è allargata a macchia d’olio fino ad entrare nei libri di storia, Biba è stato crocevia di tendenze e fucina artistica.

Biba è Barbara Hulanicki, brillante designer nata a Varsavia nel 1936, acuta osservatrice della realtà circostante. Barbara avverte il fermento culturale della Londra anni Sessanta, e in quest’ambito rientra un nuovo modo di approcciarsi alla moda. Biba nasce come un piccolo negozietto di moda, senza pretese, che viene inaugurato nel settembre 1964 ad Abingdon Road, Kensington, nel cuore di Londra. Da Biba si vendono capi a basso costo che le clienti possono prenotare tramite posta. Sembrerebbe un negozio ordinario, nulla inizialmente lascia supporre che quel brand entrerà invece nella storia della moda, attraversando indenne mezzo secolo.

Un primo traguardo è l’apparizione di un capo Biba sul Daily Mirror: è un abito rosa a quadretti vichy, molto simile ad un modello indossato in quel periodo da Brigitte Bardot. Ma il giorno dopo l’articolo, quello stesso capo riceve oltre 4.000 ordini, e complessivamente saranno venduti oltre 17.000 pezzi dello stesso.

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Biba è il marchio di Barbara Hulanicki, celebre negozio londinese che ha caratterizzato gli anni Sessanta
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Lo stile di Biba: lunghe gambe, stampe e colori scuri
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Dalla Swinging London ai giorni nostri, Biba è un evergreen della moda

 

Barbara Hulanicki
Barbara Hulanicki


Il primo incontro tra la proprietaria dello store e le clienti vede una coincidenza fortuita: incuriosite da un abito in gessato marrone, un gruppetto di ragazze si affolla davanti agli scatoloni che propongono quel modello ed abiti simili. In realtà il capo si trova lì dentro casualmente, solo perché quegli scatoloni non entrano più nell’abitazione della designer e del marito, Stephen Fitz-Simon. Innamorate di quel vestito, semplicemente perfetto per lo stile anni Sessanta, le clienti si affollano in attesa di un nuovo arrivo dello stesso modello. La prima rivoluzione Biba avviene quindi grazie allo stile della sua fondatrice: la lungimiranza della Hulanicki fece sì che un modello visto in tv il venerdì sera era già disponibile da Biba il sabato mattina. Una moda fruibile e a portata di mano, che andava a rivoluzionare il concetto elitario di stile, fino a quel momento vigente.

La donna di Biba è una donna bambola, dalle lunghe gambe sottili e gli occhi rotondi e dalle lunghe ciglia. D’altronde la donna dell’epoca è appena uscita dalla guerra, è spesso denutrita ma non meno affascinante agli occhi di una designer quale è Barbara Hulanicki. Perfetta testimonial del brand sarà Twiggy, che diventerà nel decennio successivo il volto di Biba. La clientela del negozio comprende teenager e ragazze poco più che ventenni, tra cui spicca una giovanissima Anna Wintour, futura direttrice di Vogue America.

Lo stile di Biba è cupo, quasi funereo, secondo le parole della stessa Barbara Hulanicki: i colori sono scuri, dai contrasti forti. Capo principe è la minigonna, ogni settimana più corta, ad indicare il nuovo trend. Niente è lasciato al caso: il negozio è arredato come un piccolo bazar delle meraviglie, dall’atmosfera particolare ed accattivante. Persino il logo viene studiato dalla Hulanicki, sapiente esperta di marketing, per attrarre: oro e nero si mixano mirabilmente nel progetto di Anthony Little.

Outfit optical di Biba, foto di Ron Falloon, 1965
Foto di Ron Falloon, 1965
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Madeleine Smith nel primo catalogo Biba, foto di Donald Silberstein
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Le clienti di Biba: principalmente adolescenti e ventenni
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La donna Biba ricorda una bambola dalle lunghe gambe

Catalogo Biba, modella Stephanie Farrow, foto di Hans Feurer
Catalogo Biba, modella Stephanie Farrow, foto di Hans Feurer


Il secondo negozio di Biba apre nel 1965 al numero 19-21 di Kensington Church Street ed è seguito dalla creazione di cataloghi che permettono di ordinare i capi anche senza dover necessariamente recarsi a Londra. Possiamo definire Biba antesignana dello shopping via posta. Il successivo trasloco avviene nel 1969: Biba si sposta a Kensington High Street, in uno spazio precedentemente adibito alla vendita di tappeti. Lo store è già un piccolo capolavoro stilistico: un mix di Art Nouveau e di decadentismo Rock & Roll, con suggestioni glam e un tocco orientale. Biba continua ad ottenere consensi, e non ferma la sua clientela nemmeno un attentato ad opera del gruppo dell’Angry Brigade che si consuma proprio fuori dal negozio, il primo maggio 1971.

Nel 1974 Biba si sposta nuovamente all’interno del department store di Derry & Toms. La nuova sede diviene in breve tempo meta turistica di richiamo mondiale e tappa obbligata per chiunque visiti Londra. Anche questo locale si distingue per lo stile, con un interior design ispirato all’Art Deco che ricorda molto la Golden Age di Hollywood. Biba si estende ora su una superficie immensa e comprende il Biba Food Hall, con omaggi a Warhol, e il Rainbow Restaurant.

Il volto di Biba Ingrid Boulting fotografata da David Bailey, 1974
Il volto di Biba Ingrid Boulting fotografata da David Bailey, 1974
Ingrid Boulting in Biba, Vogue dicembre 1969, foto di Barry Lategan
Ingrid Boulting in Biba, Vogue dicembre 1969, foto di Barry Lategan
Ingrid Boulting in Biba, foto di Sarah Moon
Ingrid Boulting in Biba, foto di Sarah Moon
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I negozi Biba sono arredati in Art Nouveau con suggestioni etniche e glam
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Sapore di Oriente negli store Biba

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Come piccoli bazar, i punti vendita Biba ricordano la Hollywood della Golden Age


Tuttavia la gestione dell’impero Biba diviene ogni giorno più difficoltosa per Barbara Hulanicki e il marito, che riescono a malapena a districarsi tra le difficoltà economiche. Alla fine il marchio viene acquistato per il 75% da Dorothy Perkins e Dennis Day. Nasce in questo contesto Biba Ltd, compagnia che unisce i vecchi e i nuovi proprietari. Ma la Hulanicki non è soddisfatta della gestione del brand e lascia la compagnia poco dopo. Ciò determina la chiusura di Biba, nel 1975. Il marchio viene poi acquistato da un consorzio che non ha alcun legame con la designer: viene aperto un nuovo negozio a Londra, a Mayfair, il 27 novembre 1978. Ma il successo stenta ad arrivare e lo store chiude dopo soli due anni di attività.

Il primo negozio Biba ad Abingdon Road nei pressi di Kensington High St.
Il primo negozio Biba ad Abingdon Road nei pressi di Kensington High St.
Donna Mitchell e Ingemari Johanson per BIBA, foto di Helmut Newton
Donna Mitchell e Ingemari Johanson per BIBA, foto di Helmut Newton
Negozio Biba in Kensington Street
Negozio Biba in Kensington Street
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Il celebre logo di Biba
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Scatto all’interno di Biba
La fondatrice di Biba Barbara Hulanicki col marito nella loro casa, 1975
La fondatrice di Biba Barbara Hulanicki col marito nella loro casa, 1975

Twiggy per Biba
Twiggy per Biba


Numerosi sono stati i tentativi di riportare in auge lo storico brand, a partire da quello ad opera di Monica Zipper, nella metà degli anni Novanta, fino all’ultimo, nel 2006, ad opera della designer Bella Freud. Tutti tentativi che nulla avevano a che fare con la Hulanicki, spesso all’oscuro di tutto. La prima collezione della Freud sfila nell’ambito della London Fashion Week per la stagione P/E 2007 ma viene aspramente criticata perché, secondo gli addetti ai lavori, di Biba c’è ben poco. Allontanandosi dallo stile originario del brand, che proponeva una moda democratica, la collezione disegnata dalla Freud sembra indirizzata ad un pubblico molto elitario. Biba -così come la conoscevano ed apprezzavano milioni di ragazze- sembra non esistere più e ciò porta ad un nuovo insuccesso: la Freud lascia la compagnia dopo appena due stagioni.

Foto di Brian Duffy, 1973
Foto di Brian Duffy, 1973
Foto di Sarah Moon, 1971
Foto di Sarah Moon, 1971
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Le boutique Biba erano vere e proprie fucine artistiche
Twiggy nella Rainbow Room da Biba, foto di Justin de Villeneuve
Twiggy nella Rainbow Room da Biba, foto di Justin de Villeneuve

Twiggy in Biba, foto di Justin de Villeneuve, 1972
Twiggy in Biba, foto di Justin de Villeneuve, 1972


Nel 2009 è la volta di House of Fraser, che tenta di rilanciare il brand in grande stile, scegliendo come testimonial la modella britannica Daisy Lowe. Per tutta risposta la Hulanicki nello stesso anno disegna una linea per Topshop, marchio rivale. La designer si dice ancora una volta amareggiata per la politica scelta per il rilancio del suo storico brand, che si allontana nuovamente dal concetto primigenio che auspicava una moda democratica. Ma House of Fraser intuisce il segreto per far funzionare il marchio: Biba non può vivere senza la sua creatrice, forse l’unica nel corso degli anni e delle innumerevoli vicissitudini attraversate dal marchio, ad aver saputo conferirirgli un’identità forte e uno stile intramontabile.

Finalmente nel 2014 la Hulanicki torna a casa, in veste di consulente per House of Fraser. Il successo è clamoroso: ritornano le citazioni anni Sessanta nelle stampe, nelle linee e nella scelta dei tessuti. Cromie optical e suggestioni glam nei maxi dress per la sera. Nei pezzi di arredamento ritorna il mood boho-chic che ricorda da vicino i leggendari store di Biba, arredati come bazar in Art Nouveau. Una favola a lieto fine.

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Un ritratto di Barbara Hulanicki: la designer è nata a Varsavia nel 1936
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Un modello Biba
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La celebre Twiggy è stata il volto di Biba nei primi anni Settanta
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Ancora Twiggy per Biba
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Mood decadente per Twiggy testimonial Biba
Foto di Helmut Newton, 1968
Foto di Helmut Newton, 1968

Penelope Tree: icona della Swinging London

Un viso dai lineamenti particolarissimi, una bellezza che ridisegnò i canoni allora vigenti: Penelope Tree è stata una modella unica nel suo genere.

It girl della Swinging London e musa di fotografi del calibro di Diane Arbus e David Bailey (che fu anche suo compagno di vita per 6 anni), Penelope Tree ha un volto che non si dimentica facilmente.

Due occhi enormi dallo sguardo curioso e vivace, tratti fanciulleschi che la rendono simile ad un folletto ed una personalità sfolgorante ne hanno fatta un’indimenticabile icona.

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Viso dai lineamenti particolari ed occhi enormi, Penelope Tree ridisegnò i canoni di bellezza


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Icona della Swinging London e musa di David Bailey


Innumerevoli gli scatti pubblicati su Vogue, fotografie piene di pathos e poesia, interpretate da una icona geniale della moda mondiale.

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Penelope Tree nacque il 2 dicembre 1949


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La sua carriera nella moda venne inizialmente ostacolata dai genitori


Classe 1949, Penelope è nata a New York in una ricca famiglia di origine inglese dell’Upper East Side. Il padre Ronald è un politico e giornalista e la madre un’attivista e una socialite. Il conservatorismo della famiglia ostacola la carriera di Penelope nella moda, tanto che il padre, quando la vede ritratta per la prima volta in uno scatto di Diane Arbus, minaccia di portarla in tribunale.

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Look gipsy per Penelope Tree
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La modella fu fotografata da Diane Arbus, Cecil Beaton e David Bailey, di cui fu compagna nella vita

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Foto di Patrick Liechfield, 1969


Il debutto in società di Penelope avvenne durante il Ballo Bianco e Nero di Truman Capote: all’evento erano presenti oltre cinquecento persone, tutto il jet set newyorkese, personalità come Marella e Gianni Agnelli, Mia Farrow e Frank Sinatra e la madre di Penelope, la socialite Marietta Peabody Tree. Il dress code della serata imponeva outfit optical rigorosamente in bianco e nero, in linea con le tendenze dei Sixties. Protagonista indiscussa della serata fu la allora diciassettenne Penelope, la cui eterea bellezza incantò gli ospiti.

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Il compagno David Bailey definì Penelope Tree “un grillo parlante”
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Penelope Tree in Yves Saint Laurent

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La bellezza fuori dagli schemi di Penelope Tree


Poco dopo la ragazza, lottando contro il volere dei genitori, decise di trasferirsi a Londra, dove iniziò a lavorare come modella. Posò, tra gli altri, per Cecil Beaton, Richard Avedon e David Bailey. Dopo aver iniziato una relazione sentimentale con quest’ultimo, nel 1967 si trasferì nel suo appartamento a Primrose Hill. La genialità di David Bailey, che la definì “un grillo parlante”, contribuì a trasformare la sua bizzarra bellezza in un mito.

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Foto di David Bailey, 1968


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Scatto di David Bailey


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La comparsa di un’acne tardiva pose fine alla carriera di Penelope Tree nei primissimi anni Settanta


Il suo clamore negli anni Sessanta fu tale che venne spesso paragonata ai Beatles. Celebri, a questo proposito, le tre semplici parole con cui John Lennon la descriveva: “Hot hot hot, Smart Smart Smart”. Intelligente e sexy, Penelope lo era davvero, come testimonia la sua carriera nella moda, breve ma sfolgorante.

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Penelope Tree in uno scatto di John Cowan per Vogue, novembre 1969


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Look boho-chic tipico degli anni Sessanta


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La Tree era figlia di un giornalista ex deputato e di una socialite di origine inglese


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Ancora uno scatto di David Bailey


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Penelope Tree fotografata da David Bailey per Vogue 1969


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Foto di David Bailey, Vogue 1 agosto 1968


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Penelope Tree in India, foto di David Bailey, Vogue UK, gennaio 1968


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Vogue UK ottobre 1968, foto di David Bailey


Negli anni Settanta dovette abbandonare la sua attività a causa di un’acne tardiva. Fu il crollo di un mito. Passata in breve dagli albori delle cronache al dimenticatoio, nel 1972 fu arrestata per possesso di cocaina e due anni più tardi, nel 1974, si trasferì a Sydney dopo la fine della sua storia con Bailey.

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Uno scatto per Vogue, 1969


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Foto di David Bailey per Vogue, 1 gennaio 1969


Pochi anni dopo convolò a nozze con il musicista sudafricano Ricky Fataar, già membro di gruppi storici degli anni Settanta/Ottanta, come The Flames e i Beach Boys, da cui ebbe una figlia di nome Paloma. Dalla relazione con uno psichiatra australiano, Stuart MacFerlane, ebbe invece un figlio di nome Micheal.

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Ancora uno shoot ambientato in India, foto di David Bailey


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Mood bohémien


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Foto di David Bailey


Impegnata nel sociale e sul fronte umanitario, oggi l’ex modella è presidentessa di Lotus Outreach, un’organizzazione che si batte per il diritto allo studio delle ragazze della Cambogia. Il mito Penelope Tree è tornato a posare nel 2012 per il genio di Tim Walker, che ne ha colto l’essenza più intima. Inoltre ha preso parte ad un video di Mario Testino ed è stata testimonial per Barneys New York.

Essere fashion editor: Grace Coddington

Fashion editor: nell’industria della moda oggi ricoprono un ruolo fondamentale ed insostituibile.

Personaggi chiave del fashion biz nonché del giornalismo di moda, idolatrate e temute, trend setter ed icone di stile: sono le fashion editor. Mediatrici tra le idee dei designer e la carta stampata, tutto gravita intorno a loro, nuove guru dallo stile impeccabile.

Uno dei nomi più famosi è sicuramente quello di Grace Coddington, direttrice creativa di Vogue America.

Pamela Rosalind Grace Coddington nasce ad Anglesey, in Galles, nell’aprile del 1941. I genitori, Janie e William, gestiscono un piccolo hotel nell’isola, il Tre-Arddur Bay Hotel. Il padre muore di cancro quando Grace ha appena undici anni, nel 1952.

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Grace Coddington negli anni Settanta
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La fashion editor in gioventù ha lavorato a lungo come modella
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Nata in Galles, arrivata a Londra ha debuttato come modella per Vogue
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Grace Coddington posa per David Bailey, Vogue UK, 15 settembre 1966
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Come modella, Grace Coddington ha posato per fotografi del calibro di Norman Parkinson e Frank Horvat
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Vogue UK, settembre 1962
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Uno scatto degli anni Settanta
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Scatto del 1973
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Grace Coddington in Jean Muir, Vogue UK settembre 1973
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Viso sbarazzino e lunghi capelli fulvi
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Grace Coddington posa per Willie Christie, Vogue, 1977

 

La giovane avverte sempre più il bisogno di evadere da quella realtà angusta e provinciale e, compiuti i diciotto anni, cerca fortuna a Londra. Sono gli anni della rivoluzione culturale più sconvolgente, che inizia proprio nella Swinging London. Qui Grace lavora come cameriera e frequenta un corso serale di portamento alla Cherry Marshall Modeling School.

Grace Coddington ha lavorato a lungo come modella prima di diventare una giornalista. Appassionata collezionista di Vogue, fin dall’adolescenza non perde un numero della celebre rivista. Ed è proprio grazie ad un concorso bandito dalla “Bibbia della moda” che la giovanissima Grace inizia la sua carriera di modella, vincendolo nel 1959.

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Ancora in posa per Willie Christie, Vogue 1977

 

Grandi occhi da gatta e lunghi capelli fulvi, diviene in breve tempo una delle modelle più gettonate degli anni Sessanta e posa per fotografi del calibro di Frank Horvat, Norman Parkinson e Don Honeyman. Ma all’età di ventisei anni la sua carriera subisce un brusco stop a causa di un grave incidente automobilistico che la lascia sfigurata. La Coddington dovrà subire diversi interventi chirurgici per tornare quella di un tempo. Due anni dopo l’incidente, all’età di ventotto anni, fu intervistata dall’editrice di Vogue Beatrix Miller, e successivamente assunta come junior fashion editor.

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Foto di Helmut Newton
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Grace ritratta da Helmut Newton, 1973

 

La Coddington è brillante nel suo nuovo ruolo: gli anni trascorsi a posare come modella hanno infatti fortemente influenzato il suo stile e l’hanno resa capace di capire ed anticipare le tendenze.

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Vogue US, dicembre 2004, foto di Annie Leibovitz, stylist Grace Coddington
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Natalia Vodianova come Alice in Wonderland, foto di Annie Leibovitz
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Amy Adams & Tim Burton, Vogue dicembre 2014, foto di Annie Leibovitz
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Suggestioni oniriche e outfit teatrali negli shoot di Grace Coddington

 

La sua carriera prosegue con l’incarico di Photo Editor per Vogue UK, ruolo che ricopre per ben diciannove anni, prima di trasferirsi a New York. Qui inizia a lavorare nel 1987 per Calvin Klein come design director. Nel luglio 1988 approda alla redazione di Vogue America, al fianco di Anna Wintour, che ha appena succeduto, come editor-in-chief, a Diana Vreeland. Nel 1995 viene nominata direttore creativo della rivista.

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Vogue US dicembre 2008, Coco Rocha per Annie Leibovitz
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Coco Rocha e Roberto Bolle, Vogue US dicembre 2008
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Coco Rocha e Roberto Bolle come Romeo e Giulietta, foto di Annie Leibovitz

 

Stylist dal gusto iper femminile e dalle suggestioni vagamente retrò, i suoi editoriali sono onirici e sontuosi, veri e propri capolavori. Grace Coddington ha lavorato al fianco di fotografi del calibro di Mario Testino, Anne Leibovitz, Helmut Newton, Irving Penn, Patrick Demarchielier, Steven Meisel, Peter Lindberg, Bruce Weber, Arthur Elgort.

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‘Wild Irish Rose’, Vogue US settembre 2013, foto di Annie Leibovitz
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Daria Werbowy per Annie Leibovitz
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Atmosfere vittoriane per l’editoriale ideato da Grace Coddington per Vogue US settembre 2013

 

Citazioni letterarie, come lo shooting shakespeariano con un Roberto Bolle nei panni di un novello Romeo Montecchi, o rimandi all’arte pre-raffaellita. Alcuni shooting curati da lei sono entrati di diritto a far parte del patrimonio fotografico dei nostri giorni, come il servizio ambientato nella sua Inghilterra, con una Daria Werbowy struggente, o ancora il remake fotografico del celebre film di Hitchcock “La finestra sul cortile”, con una sofisticata Carolyn Murphy nei panni che furono di Grace Kelly. Uno styling improntato ad un gusto intramontabile: frequente l’uso di gonne a ruota, omaggio ai Fifties, per una femminilità che viene esaltata in modo superbo.

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Natalia Vodianova protagonista di un editoriale struggente
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Puff Daddy & Natalia Vodianova per Annie Leibovitz
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Un amore vissuto in viaggio: ritorna il romanticismo di Grace Coddington

 

Altro capolavoro lo shooting dedicato agli anni Venti ed apparso nel numero di settembre del 2007, così come quello in cui una giovanissima Natalia Vodianova posa come novella Alice in Wonderland per l’obiettivo di Anne Leibovitz, nel dicembre del 2003. Scatti dal gusto fiabesco e dalle suggestioni oniriche, ma non privi di un certo humour tipicamente inglese, come possiamo notare nell’idea -geniale- di trasformare Tom Ford nel Bianconiglio, Marc Jacobs nel Brucaliffo.

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Shoot ispirato alla “Finestra sul cortile” di Alfred Hitchcock
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Carolyn Murphy come Grace Kelly, Vogue US, Aprile 2013
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Carolyn Murphy e Tobey Maguire come Grace Kelly e James Stewart, foto di Peter Lindbergh

 

Editoriali che parlano, che raccontano delle storie. Protagonista è spesso l’amore, intriso di un romanticismo d’altri tempi, come nel servizio con Natalia Vodianova e il rapper Puff Daddy, uscito nel febbraio 2010. Lo shooting, ispirato al film Breve incontro prodotto da David Lean nel 1945, rappresenta la passione di due innamorati, consumata a bordo delle sontuose carrozze di un lussuoso Orient Express.

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Lara Stone in look retro per Mert Alas & Marcus Piggott
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Styling ispirato agli anni Cinquanta
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I Roarin’ Twenties visti da Grace Coddington
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Styling iper femminile curato da Grace Coddington

 

Grande amante dei gatti, Grace Coddington è divenuta celebre presso il grande pubblico nel 2009, in seguito al documentario “The September Issue”, che tratta l’uscita del numero di settembre 2007 di Vogue. Nel 2002 è uscito il libro fotografico “Grace: Thirty Years of Fashion at Vogue”, scritto dal suo fidato collaboratore Jay Fielden.

Zandra Rhodes, la principessa del punk

Nel panorama degli anni Sessanta-Settanta diversi furono i personaggi che maggiormente hanno contribuito a rivoluzionare il costume e la moda. Protagonista assoluta, nella Swinging London di quegli anni, fu Zandra Rhodes.

Nata nel Kent nel 1940, fu iniziata alla magia della moda dalla madre, lettrice presso il Medway College of Art, scuola frequentata da Zandra, che decide di specializzarsi nello studio delle stampe tessili. Le sue prime stampe vennero però considerate troppo ardimentose per l’epoca. Fu così che la giovane Zandra decise di creare un proprio marchio, divenendo leader indiscussa nella creazione di capi stampati.

Tra il 1966 e il 1967, insieme a Sylvia Ayton, un’amica conosciuta al college, Zandra aprì a Londra il suo primo negozio, The Fulham Road Clothes Shop. Protagonista assoluto di questo piccolo gioiello nel cuore della Swinging London era il colore, declinato in ogni tipo di stampa.

Un modello Zandra Rhodes
Un modello Zandra Rhodes


Le particolari stampe,  tipiche del brand
Le particolari stampe, tipiche del brand



Omaggio alla designer
Omaggio alla designer


Le stampe simbolo di un'epoca
Le stampe simbolo di un’epoca


Stampe da tutte le culture del mondo
Stampe da tutte le culture del mondo



Grande conoscitrice di svariate culture ed etnie, Zandra traeva ispirazione dall’Africa, per le stampe batik, dal Messico, dal Giappone e dall’Estremo Oriente. In poco tempo il suo negozio divenne punto di riferimento per un sottobosco di giovani che volevano ribellarsi alla cultura dominante e che cercavano anche attraverso la moda un mezzo di riscatto per affermare la propria libertà.


Rivoluzione dei favolosi Swinging Sixties
Rivoluzione dei favolosi Swinging Sixties


Uno stile unico
Uno stile unico



Nel 1969 portò la propria collezione a New York, dove conquistò Diana Vreeland che la recensì su Vogue US. Nel 1977 fu la prima designer a creare una collezione punk.


Un ritratto della designer, icona dello stile punk
Un ritratto della designer, icona dello stile punk


Foto degli anni Settanta
Foto degli anni Settanta


Un altro scatto sempre risalente ai primi anni Settanta
Un altro scatto sempre risalente ai primi anni Settanta


Lei stessa divenne un simbolo: capelli rosa shocking, trucco pesante, spille da balia cucite in ogni outfit, Zandra Rhodes ottenne presto l’appellativo di “Principessa del Punk”.

L'attrice Natalie Wood indossa una creazione di Zandra Rhodes, foto di Gianni Penati
L’attrice Natalie Wood indossa una creazione di Zandra Rhodes, foto di Gianni Penati


Anjelica Huston in Zandra Rhodes per Vogue UK, settembre 1971, foto di David Bailey


Penelope Tree in Zandra Rhodes
Penelope Tree in Zandra Rhodes


Pat Cleveland in Zandra Rhodes
Pat Cleveland in Zandra Rhodes


Inizia il clamore, posano indossando le sue creazioni Bianca Jagger, Anjelica Huston, Penelope Tree. Crea nuovi capi appositamente per Freddie Mercury e i Queen, per Debbie Harry, Kylie Minogue, Jackie Onassis, Lady Diana, Liz Taylor, e ancora Sarah Jessica Parker e Paris Hilton.

Bianca Jagger in Zandra Rhodes per il Sunday Times Magazine, 1972
Bianca Jagger in Zandra Rhodes per il Sunday Times Magazine, 1972


Bianca Jagger in Zandra Rhodes per il Sunday Times Magazine, 1972
Bianca Jagger in Zandra Rhodes per il Sunday Times Magazine, 1972


Ancora la Jagger per il Sunday Times Magazine, 1972
Ancora la Jagger per il Sunday Times Magazine, 1972


Harper's Bazaar Maggio 1976
Harper’s Bazaar Maggio 1976


Oggi Zandra Rhodes è curatrice del Fashion and Textile Museum di Londra. Nel 1997 è stata insignita del titolo di Commander of British Empire. Nel 2005 la galleria Carla Sozzani le ha dedicato una retrospettiva sul suo lavoro. Attualmente la Rhodes si dedica alla creazione di gioielli e di una linea di make up.

Uno scatto recente delle collezioni Zandra Rhodes
Uno scatto recente delle collezioni Zandra Rhodes


Il mito continua fino ad oggi
Il mito continua fino ad oggi