Street Art. Una parola che divide tra detrattori, spesso caricati di pregiudizi anche ideologici, e sostenitori di una forma creativa nuova in grado di riqualificare spazi urbani.
Anche in Italia questo fenomeno è recentemente esploso, tanto che le nostre città sono diventate campo di sperimentazione per nuove forme di comunicazione visiva su muro, specie nelle periferie. Ne sono prova i lavori eseguiti nel quartiere romano di San Basilio oppure i piloni della Sopraelevata, nel cuore di Genova, ma anche opere comparse in cittadine di provincia trasformate in musei a cielo aperto. La vera capitale della Street Art italiana è, però, Milano che, specie negli ultimi anni, ha visto fiorire moltissimi progetti di decorazione di muri liberi altrimenti in preda al degrado o addirittura di centraline dei semafori che hanno dato un tocco di vita e di colore a incroci apparentemente anonimi.
Milano non poteva essere la sede migliore per ospitare una mostra dedicata a uno dei padri della Street Art mondiale, Banksy. Dal 21 novembre 2018 al 14 aprile 2019, il MUDEC di Milano ospita questa grande esposizione, curata da Gianni Mercurio, che intende presentarsi come un percorso per immagini all’interno del pensiero artistico dell’artista: sono, infatti, esposte circa ottanta opere, tra dipinti e prints numerati, insieme a circa sessanta copertine di vinili e CD, oltre a una quarantina di memorabilia dell’artista.
Di Banksy si sa pochissimo, o meglio, quasi nulla, visto che nessuno è mai riuscito a svelare la sua vera identità. Potrebbe essere un artista, potrebbe trattarsi di un collettivo o di una crew, ma nessuno sa dire chi, in realtà, sia Banksy. Di certo esiste la sua fama mondiale, accresciuta, sicuramente, da questo volersi nascondere e dal non voler rivelare la propria identità, ma ciò fa parte del suo gioco artistico e della sua filosofia creativa, mirante a far prevalere il concetto sulla personalizzazione, il “cosa faccio” e il “come lo comunico” sul “chi sono” e “quanto sono quotato dal mercato”. Banksy è uno Street Artist, uno dei padri di questa forma creativa contemporanea, ma il suo raggio d’azione va oltre l’Arte. Con le immagini, si rivela un filosofo contemporaneo, un saggio che parte dalla strada per farci capire tante cose sul Mondo di oggi, ma anche un politologo che non parla nei talk show televisivi urlati, ma che comunica per immagini semplici e iconiche. Del resto, la sua massima più significativa è “A wall is a very big weapon” (Un muro è una grandissima arma), che testimonia come il suo modo di fare Arte sia, più che pura prassi creativa, protesta visuale, un tumulto iconografico mirante a farci scoprire le contraddizioni della nostra epoca e i cambiamenti del Mondo. Questa protesta parte dal graffitisimo di New York degli anni ’80 e ’90 e dall’Arte di Jean-Michel Basquiat, che l’artista ignoto ammira per la semplicità comunicativa, per i colori sgargianti e per il primitivismo. Banksy, però, va oltre. Arricchisce qualcosa di puramente fine a se stesso, seppur di rottura, con una voglia di denuncia e di critica sociale che esca dal solito circuito delle gallerie e dei collezionisti, rendendo questo intento visibile a tutta la cittadinanza e trasformandola in pura democrazia visuale. La tecnica scelta è stata quella dello stencil, ovvero l’uso di immagini stampate su carta adesiva, da attaccare su muri liberi. In questo modo, Banksy si è rivelato come il più illusionistico e scenografico tra gli Street Artists, proponendo veri e propri effetti ottici tipici del trompe-l-oeil.
Per Banksy, l’opera acquisisce significato se ha una valenza di critica politica e sociale. In primis se critica e combatte senza armi le ingiustizie del Mondo, affrontandole in maniera diretta. Migrazioni, Terzo Mondo e guerre sono suo argomento privilegiato. Notorio è il pacifismo dell’artista, che ha sempre realizzato opere con cui ha manifestato la propria opposizione a qualsiasi conflitto, da lui sempre ritenuto ingiusto. Sul tema bellico, Banksy ha realizzato uno dei suoi capolavori sul muro che separa Israele dai Territori Palestinesi, con l’obiettivo di denunciare le difficili condizioni degli abitanti della Cisgiordania in seguito alla creazione della barriera da parte dello Stato ebraico. Da sagace osservatore della realtà e suo feroce critico, Banksy ha arricchito lo spunto politico con quello, forse, più significativo: la satira. Bansky è un comico che non fa ridere con le battute da cabaret ma con curiosi stencil che raffigurano episodi al limite del surreale e, proprio sul muro arabo-israeliano, abbiamo prova di tutto ciò, con giocosi effetti ottici che aprono, oltre la barriera, panorami marini o montani o con una bambina palestinese che, con ironico rovesciamento, perquisisce un militare di Gerusalemme. La sua opera più suggestiva in terra palestinese, però, è la fantastica bambina che, attaccandosi al filo di un palloncino che si staglia verso il cielo, si libra in volo a superare quell’orribile barriera tra due popoli e due Stati, mandando un messaggio molto chiaro: la Politica divide e costruisce muri, l’Arte unisce e li abbatte. In mostra c’è un’intera sezione dedicata alle opere di Betlemme e al Walled Off Hotel, l’albergo aperto da lui stesso a Betlemme, davanti al muro, per attirare l’attenzione sulle sue opere e sulla situazione del conflitto tra Israele e Palestina.
Bansky ha sempre assimilato gli uomini a topi e scimmie, animali vittime di cupidigia, potere e consumismo, disposti a farsi la guerra pur di affermarsi l’uno sull’altro: la prova sono le sue immagini, in mostra, di topi che disegnano cuori o scimmie che denunciano, con cartelli ironici, i cambiamenti climatici. Non manca nemmeno il senso di oppressione che caratterizza la realtà di oggi, ossessionata dalla sicurezza e dalla paura: la prova migliore è l’opera raffigurante, tramite stencil, Judy Garland, nel Mago di Oz, affiancata da un poliziotto antisommossa che le controlla la borsa, ma anche il tipico bobby londinese che mostra il dito medio allude a questa situazione di disagio umano, da cui Bansky ne esce sempre con l’arma comica dell’ironia. E’ ancora la guerra, però, a farla da padrona: l’artista è rimasto impressionato dalle manifestazioni che invasero il centro di Londra contro la Seconda Guerra del Golfo e la politica bellica di Tony Blair, tanto da realizzare, in questa occasione, i famosissimi Smiley copper, immagini di poliziotti dei reparti antisommossa, con casco e fucile per lacrimogeni, ma con curiose ali e, al posto del volto, uno smiley simile a quello che tutti noi ci scambiamo su Whatsapp e Messenger. Allo stesso evento fa riferimento anche il famoso Flower Thrower, manifestante col volto coperto che, al posto di gettare una molotov, lancia un mazzo di fiori: una versione contemporanea di quel motto delle manifestazioni degli anni ’60 in cui si cantava “metteremo fiori nei vostri cannoni”. Attraverso l’ironia, Bansky entra nel mondo del punk e della sua cultura, simbolo, totally British, di rottura con il sistema: Winston Churchill con la cresta verde sembra Johnny Rotten dei Sex Pistols, così come la denuncia dell’alcolismo a Londra è condotta attraverso le parole dei Clash, “I fought the Law, and the Law won” (Ho combattuto la Legge, e la Legge ha vinto”). Ovviamente sono irrisi i simboli della monarchia inglese, con la regina Elisabetta trasformata in scimmia che ride beffarda davanti all’entrata in guerra dell’Inghilterra a fianco degli Stati Uniti contro l’Iraq di Saddam Hussein e Queen Victoria, simbolo da sempre di pruderie moraleggiante (e moralista), che diviene, con un simpatico fotomontaggio, icona hard mentre ha un rapporto saffico con una ragazza e siede, in autoreggenti e reggicalze, sul suo volto.
La logica conclusione è la vena pop di Bansky, con Kate Moss ritratta come la Marilyn di Warhol, accanto alla scena comica di John Travolta in Pulp Fiction, mentre spara con una banana al posto della pistola, insieme alla sua vena creativa come autore di copertine di album musicali, come Think Tank dei Blur.
Appendice alla mostra, secondo lo stile tipico delle mostre del MUDEC, è una sala immersiva in cui sono proiettate le immagini in video delle sue opere su muro, da quelle in Palestina a quelle che ha realizzato in Inghilterra, tra cui spicca il recente murale di Dover in cui, sul muro di un palazzo popolare, un uomo su una scala stacca una stella dalla bandiera dell’Unione Europea, con palese riferimento alla Brexit e alla disaffezione verso l’Europa in un Vecchio Continente su cui, ormai, soffiano i venti del sovranismo e del nazionalismo.
A visual protest. The Art of Banksy
MUDEC, Via Tortona 56, 20144 Milano
Orari: lunedì 14.30 – 19.30; martedì – mercoledì – venerdì – 09.30 – 19.30; giovedì – sabato – domenica – 09.30 – 22.30
Biglietti: Intero € 14,00, ridotto € 12,00
Informazioni: www.ticket24ore.it; www.mudec.it | Tel. +39 0254917