Non cessano le collaborazioni che la stilista italo-haitiana Stella Jean firma con i brand nostrani.
Proprio una settimana fa vi raccontavamo del contributo che Stella darà al noto marchio di moda ed intimo United Colors of Benetton (leggi la notizia cliccando qui).
Nelle ultime ore è stata confermata una nuova partecipazione della designer e stavolta per il marchio Marina Rinaldi.
Il brand dedicato esclusivamente alle donne curvy ha chiesto ed ottenuto una collaborazione di Stella Jean che molto probabilmente interverrà sulle stampe dando vivacità ai capi di Marina Rinaldi, sempre molto garbati e seriosi.
La capsule collection primavera/estate 2017 di cui ancora non si hanno le specifiche, verrà presentata in anteprima il 23 settembre in occasione della Milano Fashion Week.
Fashion editor, icona di stile, talent scout e musa di stilisti: Isabella Blow è stata una delle figure più influenti del fashion biz. La definirono “la cappellaia matta”, per quella sua passione per i cappellini. Uno stile stravagante, il suo, a tratti dark e a tratti fiabesco, ed una sensibilità forse rara nel mondo della moda, che divenne il suo tallone d’Achille, conducendola ad un destino tragico.
Scopritrice di talenti del calibro di Philip Treacy e Alexander McQueen e talent scout delle modelle Sophie Dahl e Stella Tennant, anima creativa, per Isabella Blow la moda era un mezzo di autodeterminazione ed espressione di sé: “Se sei bella, non hai bisogno di vestiti. Se sei brutta, come me, sei come una casa senza fondamenta; hai bisogno di qualcosa per costruirti”.
Indimenticabile il suo caschetto nero, su cui facevano capolino i cappelli scultorei, che caratterizzavano il suo stile. Si è appena conclusa a Sydney “Isabella Blow: A Fashionable Life”, una mostra dedicata alla sua vita. A ricordare la sua figura anche un film in prossima uscita (clicca qui per saperne di più), dedicato alla sua amicizia con McQueen, di cui fu musa e pigmalione. Fu proprio lei infatti a fiutarne per prima l’incommensurabile talento. Ad unirli sarà la stessa tragica sorte.
Isabella Blow (all’anagrafe Isabella Delves Broughton) nacque a Londra il 19 novembre 1958 e crebbe in una famiglia aristocratica: era infatti la primogenita di Sir Evelyn Delves Broughton (dodicesimo baronetto Broughton, nonché figlio di Jock Delves Broughton, celebre protagonista del film “Misfatto bianco”) e dell’avvocatessa Helen Mary Shore. Ma l’idillio della sua infanzia, immersa nel verde della campagna inglese, venne presto drammaticamente turbato dal divorzio dei genitori e soprattutto dalla tragica morte del fratellino John, che muore annegato in piscina a soli due anni. La versione raccontata dalla stessa Isabella, che all’epoca aveva solo cinque anni, vuole che la madre si sia allontanata per un momento dai quattro figli per andare a mettersi il rossetto. La morte del fratello sconvolge profondamente il suo animo, già fragile.
Isabella studia alla Heathfield School (l’attuale St Mary’s School) e inizia a lavorare come segretaria. Dopo il diploma, nel 1979 si trasferisce a New York per studiare Arte cinese alla Columbia University. Nella Grande Mela divide l’appartamento con l’attrice Catherine Oxenberg. Un anno dopo lascia l’università per trasferirsi in Texas, dove lavora con Guy Laroche. Nel 1981 convola a nozze con Nicholas Taylor, dal quale divorzierà due anni dopo. Inoltre in questo periodo inizia la sua carriera nel fashion biz. Viene infatti presentata alla direttrice dell’edizione americana di Vogue, Anna Wintour. Isabella viene dapprima assunta come sua assistente e più tardi diviene l’assistente di Andre Leon Talley, redattore capo di Vogue. Mentre lavora a New York spiccano tra le sue frequentazioni Andy Warhol e Jean-Michel Basquiat.
Tantissimi sono i lavori precari che Isabella si trova a svolgere, dopo essere stata diseredata dalla famiglia d’origine. La fashion editor lavora anche in una lavanderia. Nel 1986 Isabella torna a Londra: qui inizia una collaborazione con Michael Roberts, direttore del Tatler e del Sunday Times Style, incarico da lei assunto nello stesso anno. Isabella tiene una sua rubrica di stile sul Sunday Times Style e un suo spazio dedicato alla moda su Vogue UK. Nel 1989 sposa il suo secondo marito, il mercante d’arte Detmar Blow. Il primo incontro tra i due aveva avuto luogo durante un matrimonio. Blow le disse che amava il cappellino che lei indossava per l’occasione. Solo sedici giorni dopo arrivò il fidanzamento ufficiale. Indimenticabili le foto del loro matrimonio in stile medievale, celebrato nella cattedrale di Gloucester: la fashion editor sfoggiava un’acconciatura di Philip Treacy. Con lo stilista nacque un sodalizio artistico tra i più prolifici della storia della moda: un’amicizia autentica legava i due. Isabella, che amava indossare estrosi cappellini a corredare ogni suo outfit, offrì a Treacy ospitalità nel suo appartamento londinese, permettendogli di mettere a punto la sua collezione e divenendo sua musa. Isabella indosserà per tutto il corso della sua vita i cappellini disegnati da Treacy.
Innumerevoli le creazioni al limite del surrealismo indossate dalla fashion editor, dal celebre Lobster Hat, con tanto di aragosta, al reticolato di Swarovski, dalla maschera di pizzo, che ricorda un’armatura, all’elmo di piume nere, dal copricapo da folletto decorato con pon pon nero fino al copricapo nuziale, dalle suggestioni altere, che ricordavano quasi Lady Macbeth. Per lei, interprete del più autentico stile british, il cappello rappresentava quasi una parte di sé e non un mero ornamento. Quando, durante un’intervista del 2002, le venne chiesto come mai indossasse sempre i suoi bizzarri copricapi, lei rispose così: “Per tenere tutti lontano da me. Dicono: posso baciarti? E io rispondo: No, grazie mille. Ecco perché indosso il cappello. Arrivederci. Non voglio essere baciata da chiunque. Voglio essere baciata solo dalle persone che amo.”
SFOGLIA LA GALLERY:
Isabella Blow con Alexander McQueen, 2004
La Blow con uno dei suoi celebri cappellini
Isabella Blow ritratta da Rankin, 2000
Isabella Blow in una foto di Gauthier Hallet, Self Service #17
Isabella Blow in una foto di Ezra Petronio per Self Service #20
Isabella Blow in una foto di Arthur Elgort
Isabella Blow alla settimana della moda parigina
La celebre fashion editor nel suo ufficio
Isabella Blow alla Paris Fashion Week, foto di Bill Cunningham, anni Novanta
Isabella Blow su Vogue Russia, 2002
Isabella Blow immortalata da Tim Walker per Vanity Fair 2007
Una foto della fashion editor
Isabella Blow con cappellino Philip Treacy (Foto Chris Moore)
Ma Philip Treacy non fu il solo ad essere scoperto dalla fashion editor: correva l’anno 1992 quando Isabella Blow fiutò uno dei talenti più geniali della moda. Durante la cerimonia di chiusura della Saint Martins School of Art, in una sala sovraffollata, la fashion editor viene folgorata dalla collezione di un esordiente: trattasi di Alexander McQueen. Entusiasta, Isabella acquista tutti i pezzi della collezione del giovane designer al costo di 5,000 sterline. Sono tutti i risparmi che possiede. Ma lei è imperturbabile, sicura del suo intuito, e paga quella cifra in rate settimanali da 100 dollari. È l’inizio di un’amicizia che durerà una vita intera, ma anche di un legame lavorativo che toccherà vette stilistiche inusitate. Tante le foto che immortalano Isabella al fianco di McQueen, come lo shooting per Vanity Fair, firmato da David LaChapelle nel marzo 1997. Fu grazie all’operato di Isabella Blow se nella Londra anni Novanta emerse un nuovo fermento artistico: mentre il genio di McQueen si affermava prepotentemente (“God save McQueen” diviene il motto dell’epoca), Isabella scopre Sophie Dahl e le blasonate Stella Tennant e Honor Fraser. Della Dahl, forme burrose su un viso da bambola, dirà: “È una grande bambola con il cervello”. Le sue aristo-modelle si imposero immediatamente come i volti rivelazione del decennio, e grazie a lei la nobiltà inglese e i salotti chic sbarcarono sulle passerelle, in un connubio quantomai riuscito.
Nel 1993 posa per il fotografo Steven Meisel, affascinato dal suo stile e dal suo viso austero. Tante le collaborazioni con numerosi brand, da DuPont Lycra a Lacoste fino a Swarowski, che grazie a lei vive una nuova stagione. Le dedicarono delle creazioni Alexander McQueen, Hussein Chalayan, Julien MacDonald e molti altri. Nel 2002 le venne dedicata una mostra, intitolata “When Philip met Isabella”. Nel 2004 fece un cameo nel film Le avventure acquatiche di Steve Zissou. Nel 2005 collaborò con l’artista Matthieu Laurette per un progetto commissionato dalla Frieze Project 2005, che consisteva nella creazione di una guida giornaliera alla Frieze Art Fair diretta dalla stessa Blow e da esperti di moda del calibro di Peter Saville, Kira Joliffe e Bay Garnett. Poco prima della morte curò lo styling di una serie di libri sulla bellezza nel mondo arabo prodotti dall’imprenditore Sheikh Majed al-Sabah, ma venne improvvisamente esclusa dal progetto per ragioni sconosciute.
Per lei fu l’inizio della fine. Isabella, dotata di una sensibilità rara, divenne preda del fashion biz: quello stesso sistema che prima l’aveva amata ed idolatrata, sembrava ora chiuderle le porte, stringendola in una morsa fatale. Nonostante gli innumerevoli successi collezionati nel corso della sua carriera, Isabella cade in depressione. Preda del male oscuro, si chiude nella sua solitudine perdendo anche gli amici di una vita. Secondo Daphne Guinness, celebre icona di stile e sua intima amica, anche i rapporti con McQueen si erano fatti tesi dopo che quest’ultimo cedette il suo marchio a Gucci, senza renderla partecipe. Lo schiaffo fu troppo forte per lei, che era stata la prima a negoziare il contratto con cui Gucci avrebbe acquistato il brand. A trattative ultimate, Isabella fu la sola a non avere un contratto. Il suo brillante operato veniva ora salutato con il dono di un vestito, ennesima beffa di un sistema al quale si sentiva ormai sempre più estranea. Inoltre dovette fare i conti con i crescenti problemi economici e con la sterilità. Isabella e il marito tentarono per ben otto volte la fecondazione in vitro, ma senza successo. Nel 2004, dopo che il matrimonio naufragò, le venne diagnosticato un disturbo bipolare e fu sottoposta a delle sedute di elettroshock. Dopo diciotto mesi di separazione lei e Detmar si riavvicinano, ma alla fashion editor viene diagnosticato un cancro alle ovaie. In preda alla depressione, la donna tenta diverse volte il suicidio, dapprima assumendo dei barbiturici e poi gettandosi dall’Hammersmith Flyover, dove si salva ma riporta fratture ad entrambe le caviglie. Infine, dopo altri tentativi falliti, riesce a togliersi la vita e muore a Gloucester il 7 maggio 2007, dopo aver assunto un pesticida. La cerimonia funebre è struggente: sei cavalli neri precedono il feretro, ricoperto da una corona di fiori bianchi su cui spicca il cappello-galeone che Philip Treacy aveva creato apposta per lei. Se ne andava così una delle figure più autorevoli e fragili della moda, seguita solo tre anni dopo dal suo pupillo ed amico Alexander McQueen.
(In copertina: Isabella Blow con cappello Philip Treacy per Alexander McQueen. Foto: Richard Saker/Rex Features)
Bionda, giovanissima e già sulla cresta dell’onda: Valentina Ferragni, sorella minore della più famosa Chiara, è la it girl del momento. Un cognome importante ed un’eredità difficile da raccogliere, per la piccola di casa Ferragni: ma la sua bellezza acqua e sapone ed un fisico atletico l’hanno resa la nuova icona di stile copiatissima dalle teenager.
Con in tasca un contratto come testimonial di Pantene, insieme alla sorella Chiara, ed un milione di follower su Instagram, per la bella Valentina si sono aperte le porte del fashion biz. La giovane è già apparsa sui magazine più prestigiosi del mondo e si è imposta come presenza fissa nei front row delle sfilate.
Da New York a Londra, da Milano a Parigi, Valentina Ferragni monopolizza l’attenzione dello street style con i suoi outfit. Il suo stile alterna con grande nonchalance look casual a capi luxury.
SFOGLIA LA GALLERY:
Fisico atletico per Valentina Ferragni
Un outfit della bionda Valentina
Foto: Melty.it
Valentina Ferragni è diventata una it girl amatissima
Foto: Gioia
Foto: Gioia
Foto: Harper’s Bazaar
Foto Backstagetales.it
Valentina Ferragni
Chiara e Valentina Ferragni in uno scatto di Nima Benati per The Blonde Salad
Un outfit sfoggiato dalla bella Valentina
Lunghi capelli biondi e sorriso perfetto, Valentina Ferragni posa spesso accanto alla sorella Chiara sfoggiando grande disinvoltura. Nelle sue foto la ritroviamo tra bikini mozzafiato e capi dalle suggestioni haute couture. Se è vero che il suo cognome è ormai garanzia di successo, di certo la piccola di casa Ferragni non perderà tempo nell’affermarsi come trendsetter, al pari della sorella, fondatrice del celebre blog The Blonde Salad.
Un fidanzato blogger, Luca Vezil, e una laurea in Linguaggi dei Media, per Valentina Ferragni: neanche a farlo apposta, la giovane it girl ha discusso una tesi sull’influenza esercitata dai blogger nella società di oggi. Sul suo profilo Instagram (@valentinaferragni) la vediamo postare scorci di vita di una ragazza normale, se non fosse per il numero impressionante di follower e gli outfit sfoggiati. I brand più famosi se la contendono, mentre lei, sulle orme della sorella, si appresta a diventare un’icona di stile apprezzata a livello internazionale.
È morta all’alba di stamane, all’età di 86 anni, Sonia Rykiel, celebre stilista francese fondatrice dell’omonima maison. Con lei se ne va un tassello fondamentale della storia del costume. Soprannominata “la regina del tricot”, fashion trend che consacrò nelle sue collezioni, a lei si deve anche la coniazione del termine “démodé”: correva l’anno 1976 e lei incarnava fedelmente il più autentico stile francese. A dare la notizia della dipartita della designer la primogenita Nathalie: Sonia Rykiel è morta stamattina alle 5 nella sua abitazione di Parigi, a causa delle conseguenze del morbo di Parkinson, da cui era affetta da tanti anni.
Sonia Rykiel (all’anagrafe Sonia Flis), era nata a Parigi il 25 maggio 1930 da padre francese e madre romena. La sua carriera nella moda inizia all’età di 17 anni, come vetrinista in un laboratorio tessile parigino. Ma il suo cuore batte per il design: è il 1962 quando comincia a disegnare i suoi celebri bozzetti. La stilista, all’epoca in dolce attesa, non riusciva a trovare abiti comodi e decise pertanto di disegnarseli da sola.
Il marchio che porta il suo nome fu fondato nel maggio 1968, grazie al sostegno economico del marito Sam Rykiel, sposato nel 1953. I coniugi Rykiel, proprietari di una boutique sita nel quattordicesimo arrondissement, intuirono fin da subito l’immenso potenziale della lana, materiale fino ad allora sottovalutato dalla moda. La prima boutique di Sonia Rykiel venne inaugurata a Rue de Grenelle, nelle Galéries Lafayette. In breve la stilista divenne protagonista indiscussa della Rive Gauche.
Indimenticabile il suo stile, intriso di suggestioni marinière e righe: proprio queste ultime divennero la sua cifra stilistica. Largo anche a volumi oversize e maglie morbide, capaci di esaltare le linee e la femminilità di ogni donna, insieme a pantaloni dal taglio maschile e capi fluidi. L’immancabile basco alla marsigliese, i capelli ricci: androgina e misteriosa, la donna Sonia Rykiel reca in sé l’identità e il carisma della designer.
SFOGLIA LA GALLERY:
Sonia Rykiel ritratta da Brigitte Lacombe per Town & Country, 1994
Uno scatto della campagna pubblicitaria del 2015
Due modelli del 1972
L’inconfondibile stile Sonia Rykiel in uno scatto del 1973
La stilista in una polaroid di Andy Warhol
Christy Turlington in passerella per Sonia Rykiel, 1994
Un modello Sonia Rykiel, foto di Arthur Elgort, Vogue, 1984
Françoise Hardy in Sonia Rykiel, Elle, 1963
Helena Christensen in passerella per Sonia Rykiel, Autunno/Inverno 1994
Sonia Rykiel in uno scatto di Jean-Marie Pèrier, 1998
Karen Alexander in Sonia Rykiel, foto di Oliviero Toscani, Elle, 1987
Helena Christensen per Sonia Rykiel, foto di Peter Lindbergh, Primavera/Estate 1992
Rosemary McGrotha in Sonia Rykiel, foto di Eric Boman per Marie Claire, 1982
Un bozzetto firmato Sonia Rykiel, 2006
Abbey Lee Kershaw in passerella per Sonia Rykiel, 2010
Il celebre basco alla marsigliese, tipico dello stile Sonia Rykiel
Yasmeen Ghauri per Sonia Rykiel, foto di Peter Lindbergh, 1991
Folta chioma rosso fuoco e grinta da vendere, in breve Sonia Rykiel conquista la fama mondiale, dopo che la rivista Elle le dedica la prima di una serie infinita di copertine: posa per Andy Warhol, produce linee per uomo e bambino, accessori, profumi e cosmetici, mentre sfilano e posano per lei le top model più famose. La donna che calca la sua passerella non è la fredda mannequin impassibile a cui la moda ci aveva abituati, ma una donna viva, che sorride, partecipa e vive il défilé. “È la donna che anima l’abito. Non può essere il contrario. La provocazione è la donna, mai quello che indossa”, questa la filosofia della stilista. I suoi capi hanno incantato per decenni. Irriverente, carismatica, la ritroviamo nei primi anni Novanta nel celebre film di Robert Altman “Prêt-à-Porter”, dove la stilista interpreta se stessa.
Nel 2001 la direzione creativa del brand passa alla figlia Nathalie, che ha alle spalle un passato da mannequin. Viene inoltre inaugurata una linea di gioielli e nel 2003 è la volta dei sex toys, venduti da Woman, a Parigi: è così che il brand infrange anche l’ultimo dei tabù. Sempre negli anni Duemila arriva la conquista del mercato americano.
Dopo aver scritto due libri sul mondo della moda (“Et je la voudrais nue…” e “Paris Sur le pas de Sonia Rykiel”) ed una raccolta di favole per bambini (“Tatiana Acacia”, dedicata alla nipote Tatiana), nel 2012 la stilista dichiarò ai media di essere affetta dal morbo di Parkinson da oltre 15 anni. Arrivò quindi un libro autobiografico dal titolo “N’oubliez pas que je joue” (Non dimenticate che è un gioco), in cui la designer trattava a cuore aperto la tematica della sua malattia, non tralasciando anche i particolari più intimi sulla sua sofferenza. Una donna forte e moderna, Sonia Rykiel, perfetta incarnazione della Parigi bohémienne: poliedrica anche nella sua carriera, che l’ha portata ad abbracciare numerose cause, come la collaborazione al piano di restauro dell’Hotel Crillon e anche un’inedita incursione nel mondo della musica, insieme al cantante Malcolm McLaren. Nel 1985 le viene conferita la Legione d’onore. Lei, che considerava la moda alla stregua di un’amante, è stata ricordata oggi dal Presidente francese François Hollande come «una donna libera, una pioniera che ha saputo tracciare il suo percorso».
Se qualche chilo di troppo rappresenta per voi fonte di imbarazzo, preparate a ricredervi. Le curve non sono mai state tanto di moda: anche il colosso svedese dell’abbigliamento low cost H&M ha scelto una bellezza curvy come nuova testimonial. Dopo Caitlyn Jenner come nuovo volto della campagna sport 2016, H&M si affida alla bellezza curvy di Ashley Graham per la linea H&M Studio per l’Inverno 2016, che sarà disponibile nei negozi dal prossimo 8 settembre.
Volto perfetto e fisico burroso, la bella Ashley è già apparsa sulla copertina di Sports Illustrated Swim e ha anche lanciato una sua linea di lingerie. Nata in Nebraska nel 1987, la sua carriera come modella è iniziata 16 anni fa, quando essere curvy non era ancora così richiesto. «Non esiste una definizione standard di bellezza né la taglia perfetta»: queste le parole rilasciate dalla modella in una recente intervista.
Un segnale forte, in tempi in cui essere formose è ancora vissuto come un’onta sociale. Ma la bella Ashley rivendica il diritto ad una bellezza autentica, che vada al di là della taglia, e mostra con orgoglio il suo fisico prorompente, che l’ha resa un’icona di bellezza.
Sovrana storica ed incontrastata icona di stile, Elisabetta II ha da poco spento 90 candeline (qui un pezzo sull’importante compleanno festeggiato lo scorso aprile). Ora ad essere celebrato è anche il suo stile, con tre grandi esposizioni del suo guardaroba reale. I mitici cappellini, i cappotti bon ton ma anche gli abiti indossati nelle occasioni ufficiali e nelle serate mondane: “Fashioning a Reign: 90 Years of Style from The Queen’s Wardrobe” è un evento a dir poco esclusivo. La più grande mostra mai realizzata sul guardaroba di Sua Maestà è stata inaugurata ad Edimburgo lo scorso 21 aprile (compleanno della sovrana), per poi far tappa a Londra e concludersi a Windsor.
La moda secondo Her Majesty: in mostra ben 150 vestiti indossati dalla regina nel corso del suo lungo regno, dal sontuoso abito indossato nel giorno dell’incoronazione ed immortalato da Cecil Beaton in foto storiche fino al celebre vestito da sposa. Un’occasione unica in cui appassionati di storia del costume e amanti della moda possono avvicinarsi allo stile di Elisabetta II attraverso tre mostre esclusive. La curatrice della Royal Collection, Caroline de Guitaut, commenta così l’evento: «In tutto 150 abiti, la più vasta esposizione del guardaroba della sovrana mai allestita». Uno stile evergreen, quello di Elisabetta II: «La regina trascende la moda: fa sì che i suoi abiti riflettano la moda, senza seguirla».
Una full immersion nello stile personalissimo della sovrana più longeva del Regno Unito, in un excursus degno di nota: ognuna delle tappe, che non a caso vengono esposte nelle tre residenze ufficiali della monarca inglese, è dedicata a tre aspetti diversi dello stile della Regina. Ad Holyrood Palace sono stati infatti esposti gli abiti dell’infanzia e della gioventù fino all’incoronazione; a Buckingham Palace si potranno ammirare i preziosi outfit indossati dalla Regina durante gli eventi ufficiali e infine nel castello di Windsor saranno esposte le mise informali sfoggiate da Elisabetta. Molti dei vestiti in esposizione sono stati realizzati da couturier come Norman Hartnell, Hardy Amies e Ian Thomas, fino ad Angela Kelly.
Uno stile personalissimo e spesso assai lontano dai fashion trends, quello di Elisabetta II. La regina, pur non seguendo la moda, è riuscita a fare lei stessa moda, dettando spesso tendenza, a partire dagli ormai celebri cappellini, cifra stilistica del suo guardaroba. Nelle tre mostre che ne celebrano lo stile non mancano i capi più iconici, dal vestitino in pizzo indossato dalla piccola Elisabetta nel giorno del battesimo, nel 1926, fino al sontuoso abito indossato nel giorno dell’ascesa al trono, nel giugno 1953: per l’occasione fu Norman Hartnell, suo stilista prediletto, a disegnare per lei un abito in duchesse di seta color avorio, impreziosito da decorazioni di fili d’oro e d’argento raffiguranti i simboli dell’Impero britannico e della Corona. Nascosto tra le sete della gonna un piccolo quadrifoglio portafortuna. Hartnell aveva già disegnato l’abito da sposa di Elisabetta II nel lontano 1947.
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Summer opening dresses
C’è l’intera storia del Regno di Elisabetta, iniziato alla morte del padre, Giorgio VI, nel 1952, ma anche la storia del costume, con i suoi cambiamenti, dalle proporzioni Fifties alle stampe anni Settanta fino alle spalline tipiche degli anni Ottanta. Una sezione della mostra è dedicata gli immancabili cappellini, declinati in ogni colore e forma. Un’altra sezione riguarda invece le 267 visite ufficiali all’estero: Elisabetta II ha visitato ben 116 Paesi diversi, cercando di scegliere il capo giusto nel rispetto delle tradizioni locali. Ogni abito della mostra è accompagnato da una gigantografia della Regina, immortalata mentre indossa quello stesso outfit.
“Fashioning a Reign: 90 years of style from the Queen’s wardrobe” ha aperto i battenti lo scorso 23 luglio e sarà aperta fino al 2 ottobre 2016 a Buckingham Palace, Londra (questo il sito ufficiale della mostra: www.royalcollection.org.uk).
Bionda, bellissima ed elegante come poche: Blake Lively non è solo uno dei volti più famosi del cinema. Negli ultimi anni la protagonista di Gossip Girl è riuscita ad imporsi anche come icona di stile. Divenuta famosa grazie al ruolo di Serena van der Woodsen nella serie cult Gossip Girl, l’attrice ha in seguito collaborato con registi quali Ben Affleck ed Oliver Stone fino a Woody Allen.
Altezza svettante su un fisico da modella, Blake Lively incarna la tipica bellezza americana. Nata a Los Angeles, in California, proviene da una famiglia di attori. Ex cheerleader, il debutto nel cinema ad appena undici anni, in un film diretto dal padre Ernie. Nel 2007 arriva il successo mondiale con Gossip Girl. Nel 2010 l’incontro col collega Ryan Reynolds sul set di Lanterna Verde. Tra i due nasce una relazione che culmina in un matrimonio celebratosi nel 2012. L’attrice ha avuto dall’attore due figli.
Blake Lively ha alle spalle numerose collaborazioni con il mondo della moda. Nel 2011 Christian Louboutin le dedica un paio di scarpe; nel marzo dello stesso anno viene nominata ambasciatrice di Chanel. Nel 2012 viene scelta da Gucci come testimonial della fragranza Gucci Première e nell’ottobre dell’anno successivo diviene nuovo volto L’Orèal Paris.
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Il suo è uno stile ricercato e fresco: largo ai colori, che la giovane attrice e modella sfoggia in ogni occasione. Una palette cromatica vitaminica per outfit sempre accattivanti e copiatissimi dalle tantissime fan sparse per il mondo. Vera fashion icon, Blake Lively incarna al meglio l’American style, complice anche l’aria acqua e sapone. Largo a capispalla importanti ma anche abiti da gran soirée che l’attrice indossa nelle occasioni ufficiali e sul red carpet. Proprio come Serena van der Woodsen, il personaggio a cui deve la sua popolarità, la bionda attrice ama vestirsi in modo chic e sofisticato. Tanta femminilità e attenzione certosina per i dettagli, l’attrice è sempre impeccabile, anche quando ha sfoggiato il pancione.
Avrebbe compiuto oggi 80 anni Yves Saint Laurent, indimenticabile genio della moda. Innumerevoli le sue rivoluzioni, dal nude look al tuxedo per le donne fino dalla sahariana. Avanti anni luce rispetto alla moda dei suoi tempi, la sua carriera iniziò da Christian Dior. Enfant prodige della moda internazionale dalla sensibilità rara e delicata e dall’aspetto etereo, quasi da elfo, con gli occhiali un po’ nerd, l’indole trasgressiva e nevrotica lo contraddistinse: in perenne bilico tra provocazione e genialità, Yves Saint Laurent ha regnato per quasi mezzo secolo, lasciando impresso un segno indelebile nella storia del costume e non trovando ancora oggi erede valido.
Yves Henri Donat Matthieu-Saint-Laurent nacque ad Orano, nell’Algeria francese, il primo agosto 1936 da Charles e Lucienne Andrée Mathieu-Saint-Laurent. Cresciuto insieme alle sorelle Michelle e Brigitte in una villa che si affacciava sul Mediterraneo, fin da piccolo Yves mostra un talento naturale per la moda: crea bambole di carta e disegna vestiti per la madre e le sorelle. Appena diciottenne si trasferisce a Parigi e viene ammesso alla Chambre Syndicale de la Haute Couture (Camera Sindacale dell’Alta Moda), dove i suoi disegni attirano l’attenzione dei docenti. Michel De Brunhoff, editor di Vogue Paris, sarà deus ex machina dell’incontro che segnerà il debutto di Saint Laurent nella moda: egli infatti lo presenta al celebre couturier Christian Dior. Dior sarà suo mentore e inciderà profondamente nel suo stile.
Yves sotto la sua guida maturò notevolmente e alla morte dello stilista, nel 1957, sarà lui a prendere le redini della maison, sebbene a causa di un esaurimento nervoso sarà sostituito qualche anno dopo da Marc Bohan. Sotto di lui la storica casa di moda vive uno dei periodi più fulgidi della sua storia: indimenticabile l’abito indossato da Dovima nella foto che la ritrae accanto agli elefanti. Nel 1958 la prima collezione, denominata “Trapezio” e presentata nei sontuosi saloni di Avenue Montaigne, è accolta con incredibile entusiasmo: una rottura netta col passato per lo stilista, che fin da subito appare eclettico, rivoluzionario ed irriverente. Le linee sono moderne e il piglio è apertamente politically incorrect. Si intravede già la portata rivoluzionaria del suo stile, che come pochi ha trasformato e modernizzato la moda femminile.
Nel 1960, nel pieno del suo successo, Yves Saint Laurent è costretto ad arruolarsi nell’esercito francese a causa della guerra d’indipendenza in Algeria. Ma dopo appena 20 giorni viene ricoverato nell’ospedale militare, dove riceve la notizia del suo licenziamento da casa Dior. La notizia gli causa un fortissimo shock e viene ricoverato pertanto nell’ospedale militare di Val-de-Grâce, dove viene sottoposto a cure psichiatriche e persino all’elettroshock. Tale dolorosa esperienza verrà sempre ricordata dallo stilista come l’origine dei suoi problemi nervosi e della sua dipendenza da sostanze stupefacenti. Dimesso dall’ospedale nel novembre 1960 cita in giudizio Dior per non aver rispettato i termini contrattuali. Saint Laurent vince la causa e dopo un periodo di convalescenza apre la casa di moda che porta il suo nome, insieme al compagno e socio Pierre Bergé.
SFOGLIA LA GALLERY:
Yves Saint Laurent P/E 1962, foto di Pierre Boulat
Yves Saint Laurent nel 1977
Yves Saint Laurent, Vogue, febbraio 1975, foto di Deborah Turbeville
Yves Saint Laurent nel 1961, foto di Pierre Boulat
Yves Saint Laurent nella sartoria di Christian Dior
Lo stilista a New York, 1983, foto di Roxanne Lowit
Lo stilista durante un fitting
Yves Saint Laurent in uno scatto di Jeanloup Sieff, 1971
Shalom Harlow in Yves Saint Laurent Haute couture, P/E 1993, foto di Roxanne Lowit
Yves Saint Laurent, P/E 1982
Yves Saint Laurent P/E 1081, foto di Roxanne Lowit
Yves Saint Laurent, P/E 1988, foto di Gian Paolo Barbieri
Lo stilista a Marrakech, Vogue, agosto 1980, foto di Horst P. Horst
Yves Saint Laurent da Dior,Parigi, 1958. Foto Horst P. Horst
Abito Yves Saint Laurent, foto di Bert Stern, 1969
Lo stilista a Marrakech, Vogue, agosto 1980, foto di Horst P. Horst
Yves Saint Laurent, collezione A/I 1984, foto di Roxanne Lowit
Linda Evangelista in Yves Saint Laurent, foto di Irving Penn, Vogue 1990
Yves Saint Laurent e Carla Bruni, 1998
Yves Saint Laurent, sfilata Autunno/Inverno 1984, foto di Roxanne Lowit
Gli anni Sessanta e Settanta sono quelli della fama mondiale: innumerevoli i successi, dalla sahariana, sdoganata da Veruschka in foto storiche firmate Franco Rubartelli, allo smoking, dal trench al tailleur pantalone, fino agli omaggi all’arte e alla pittura del Novevento, dall’abito Mondrian alle stampe che ricordano la Pop Art di Andy Warhol, fino ai quadri di Matisse, Braque e molti altri, inaugurando il filone moda-arte. Venerato come il nuovo genio della moda, nessuno come lui è riuscito ad imprimere un segno così forte nella moda del Novecento: i suoi tailleur vengono giudicati i migliori dai tempi di Chanel, mentre anche le sue fragranze ottengono successo, come il celebre Opium.
Dopo aver inaugurato la sua boutique sulla Rive Gauche e aver ottenuto tutti i riconoscimenti possibili, nel 1966 firma i costumi del celebre film “Bella di giorno”, dove veste colei che sarà sua musa storica, Catherine Deneuve. Intanto nel 1971 posa nudo per Jeanloup Sieff per il lancio della sua fragranza maschile e si innamora perdutamente di Marrakech, dove trascorrerà numerosi anni nel suo buen retiro tra i giardini di Majorelle.
Nel 1980 Yves Saint Laurent sarà il primo creatore di moda vivente a godere di una grande retrospettiva del suo lavoro al Metropolitan Museum di New York. Tante le collezioni ispirate dai suoi viaggi, in un tripudio di suggestioni etniche e omaggi al folclore di terre e popoli lontani: ad ispirarlo l’Africa, la Spagna, l’India, il Marocco e la Russia. Tante le sue muse, da Betty Catroux a Loulou de la Falaise fino a Laetitia Casta.
Nel 2002 il ritiro dalle scene: “Mi dico che ho creato il guardaroba della donna contemporanea, che ho partecipato alla trasformazione della mia epoca. Mi si perdonerà di farmene un vanto, perché ho creduto da sempre che la moda non servisse solo a rendere più belle le donne, ma anche a rassicurarle, a dar loro fiducia, a permettere loro di essere consapevoli”, queste le parole che accompagnano il suo commiato.
Il 1º giugno 2008 lo stilista muore nella sua casa parigina, all’età di 72 anni, a causa di un tumore al cervello. Il suo corpo è stato cremato e le sue ceneri sono conservate nei giardini Majorelle di Marrakech, in Marocco, nella villa appartenuta al celebre artista francese Jacques Majorelle e in seguito acquistata e ristrutturata da Saint Laurent e Bergé. Tanti i riconoscimenti al re di Parigi, che ci ha lasciato innumerevoli lezioni di stile. “Non dobbiamo mai confondere l’eleganza con l’essere snob”, diceva monsieur Yves, genio ancora oggi insuperato.
(Foto cover: Yves Saint Laurent in uno scatto di Jeanloup Sieff, 1971)
Si è spenta oggi, all’età di 85 anni, Marta Marzotto. Regina incontrastata della mondanità, ex modella, stilista ed indimenticabile icona di stile, la contessa Marta Marzotto ha vissuto una vita romanzesca, ricca di eccessi, amori tormentati e talvolta scandalosi, come la relazione con il pittore Renato Guttuso, di cui fu musa. La sua è la parabola di una giovane cenerentola che dalle risaie diviene regina del jet set internazionale. Una leggenda, un’istituzione: con lei se ne va un pezzo di storia.
L’annuncio della sua scomparsa è stato dato su Twitter dalla nipote Beatrice Borromeo. «Ciao nonita mia», queste le parole della nipote, che accompagnavano la foto di una giovane e sorridente Marta Marzotto. I figli e i nipoti la ricordano come una donna allegra e generosa fino alla fine.
All’anagrafe Marta Vacondio, era nata a Reggio Emilia il 24 febbraio 1931 in una famiglia umile: il padre è un casellante delle ferrovie, la madre una mondina. I primi anni della sua vita la bella Marta li trascorre in Lomellina: è qui che, ancora giovanissima, inizia a lavorare anche lei come mondina, proprio come Silvana Mangano in “Riso amaro”. Una giovinezza difficile, che Marta Marzotto non ha mai dimenticato, restando sempre umile malgrado il successo e andando sempre fiera delle proprie origini. «Mi fasciavo le gambe con le pezze per proteggermi dalle foglie taglienti del riso e dalle punture di zanzare. Le bisce d’acqua e i topi mi sgusciavano tra i piedi nudi affondati nella melma, ero terrorizzata», così ricorderà più avanti quel periodo della sua vita.
Successivamente lavora come apprendista sarta e all’inizio degli anni Cinquanta debutta come mannequin, dapprima presso la sartoria delle sorelle Aguzzi, a Milano, prima di creare una propria griffe grazie ad un senso senso innato per lo stile. E sarà proprio grazie alla moda che la bella Marta nei primi anni Cinquanta conoscerà il conte Umberto Marzotto, vicentino di Valdagno, industriale laniero e tessile. Dopo due anni di fidanzamento i due convolano a nozze il 18 dicembre 1954. Dalla loro unione, durata 15 anni, nasceranno cinque figli: Paola (nata nel 1955, madre di Beatrice e Carlo Borromeo), Annalisa (nata nel 1957 e morta nel 1989 a causa della fibrosi cistica), Vittorio Emanuele (nato nel 1960), Maria Diamante (nata nel 1963) e Matteo (nato nel 1966).
Ma Marta è uno spirito libero; ribelle per natura, ripudia le convenzioni e non riesce a restare fedele al marito. L’incontro con Renato Guttuso sarà la miccia che farà esplodere il suo matrimonio. I due si incontrano nel salotto dei Marchi, a Milano. Tra lei e il pittore nasce una passione fortissima; Marta ne diviene la musa prediletta e viene ritratta in molte delle sue opere, come nella celebre serie delle Cartoline, 37 disegni che immortalano una donna seducente. L’amore tra i due durerà 20 anni. Poi arriverà Lucio Magri, all’epoca segretario del Partito di unità proletaria per il comunismo: la relazione tra i due durò 10 anni e lei lo definì «un rivoluzionario da salotto».
Anche dopo aver divorziato dal conte Umberto Marzotto, Marta continua ad usare il cognome dell’ex marito. Intanto è divenuta una vera leggenda. Incarnazione emblematica dello stile gypset, animatrice di salotti, donna di mondo ed imprenditrice, e ancora stilista e disegnatrice di gioielli, Marta Marzotto è stata una delle più copiate icone di stile. Irriverente come nessuna, amante della vita, il suo stile prediligeva i caftani, capo simbolo del suo guardaroba: dall’animalier alle stampe floreali, la sua eleganza rispecchiava la sua vita e la sua passione per i viaggi, come il suo gusto per l’avventura.
Dopo aver lavorato a lungo come mannequin Marta Marzotto creò diverse linee di abbigliamento ed accessori che portavano il suo nome. Abiti e accessori unici, per un’eleganza sontuosa e un po’ zingara, caratterizzata da un riuscito mix di elementi chic e popolari. E così era anche il suo stile, ricco di contraddizioni, caleidoscopici caftani tribali che lei mixava magistralmente a zibellini e gioielli importanti: croci, cammei e bracciali dal sapore etnico impreziosivano il caftano, passepartout declinato in chiave extra lusso ma anche casual, il suo capo preferito in assoluto, che le valse l’appellativo di “regina dei caftani”. Gioielli come monili preziosi per uno stile gipsy che, grazie a Marta Marzotto, si è imposto nel mondo.
SFOGLIA LA GALLERY:
Marta con Matteo Marzotto – Vogue Italia, dicembre 1970. Foto di Elisabetta Catalano
Marta Marzotto su Vogue Italia, 1967, foto di Elisabetta Catalano
Marta Marzotto in una foto del 1969
Modella, stilista e protagonista del jet-set internazionale
Una vita piena di passione, quella di Marta Marzotto
Marta Marzotto negli anni Settanta
Un altro caftano indossato da Marta Marzotto
La contessa era conosciuta come “la regina dei caftani”
Uno scatto di Marta Marzotto
Marta Marzotto con colbacco e gioielli etnici
Lo stile etnico prediletto da Marta Marzotto
La contessa Marta Marzotto
Marta Marzotto (Foto: Getty Images)
La contessa in uno dei suoi amati caftani
Marta Marzotto da giovane
Marta Marzotto ritratta da Helmut Newton nel suo giardino accanto al ritratto realizzato da Renato Guttuso, Roma, 1986
Marta Marzotto in uno scatto di Marco Glaviano
Marta Marzotto (Foto: Marieclaire)
Marta Marzotto (Foto: Vogue.it)
Marta Marzotto (Foto: Vogue.it)
Marta Marzotto (Foto: Vogue.it)
Marta Marzotto (Foto: Vogue.it)
Marta Marzotto (Foto: Vogue.it)
Marta Marzotto su Vogue Italia, marzo 1973
Marta Marzotto (Foto: Vogue.it)
Marta Marzotto (Foto: Vogue.it)
Marta Marzotto al matrimonio della nipote Beatrice Borromeo
Marta Marzotto
La contessa con uno dei suoi amati caftani
Un ritratto di Marta Marzotto
Marta Marzotto, Giorgio Pavone e Gioconda Crivelli, Vogue Italia, settembre 1967, foto di Giacomo Alexis
Donna bellissima e dalla personalità scoppiettante, conquistò centinaia di copertine e fu immortalata anche da Helmut Newton. Dal suo salotto romano con vista su Piazza di Spagna passarono intellettuali e politici, tra cui Moravia, Dario Bellezza, Sandro Penna, Alberto Arbasino. E la Città Eterna la salvò dalla depressione, dopo la morte della figlia Annalisa, scomparsa prematuramente a cause della fibrosi cistica.
Nella vita patinata di Marta Marzotto c’è stata anche una diatriba giudiziaria: la contessa venne infatti condannata in primo grado dal Tribunale di Varese a otto anni di carcere con il beneficio della condizionale per aver riprodotto alcuni quadri che la ritraevano e alcune serigrafie di Renato Guttuso, senza averne titolo. Tuttavia nel 2011 venne assolta con formula piena dalla Corte d’Appello di Milano.
Contraria alla chirurgia plastica, Marta Marzotto andava fiera delle proprie rughe e definiva orgogliosamente il proprio viso “una faccia da squaw”. Indimenticabili i suoi party esclusivi tra Roma, Cortina e Milano. Eccentrica eppure democratica, sorridente e genuina, indimenticabile fu la festa a cui invitò nel suo yacht in Costa Smeralda i vu’ cumprà della costa, che si presentarono dopo aver ricevuto regolare invito indossando i loro costumi tradizionali. Di Marta Marzotto ricorderemo la simpatia e l’umiltà di chi, al di là del lifestyle e della vita lussuosa, è sempre rimasta una donna semplice e genuina.
Per quale motivo rinunciare alla propria femminilità, con la scusa del “tanto sono a casa, chi vuoi che mi veda?!”
E se dovessi avere un malore? Vuoi che ti colgano impreparata, in disordine, senza trucco, con i capelli arruffati e con un terribile bisogno di fare tappa dall’estetista? Ricordatevi bene cosa diceva Marilyn Monroe: ”
“Che vergogna quando arrivò l’idraulico. Io lì, tutta nuda nella vasca… e non avevo lo smalto sulle unghie!”
Ecco quindi 3 outfit da indossare in casa, per le freelance, per le casalinghe, per chi semplicemente passa molto tempo tra le mura domestiche ma non vuole rinunciare allo stile.
Evitiamo vi prego babbucce o simili o pantofole De Fonseca con pelo, no ai maglioni logori dal tempo, con buchi sui gomiti, quelli che “non lo butto, lo uso per casa!” – optiamo per qualcosa di comodo, ma con dettagli sexy, che insomma ci ricordi che siamo donne e non sacchi di patate!
Sicuramente nell’armadio tutte avrete una t-shirt bianca e un pantalone tinta unita morbido, magari quello della tuta, un total white perfetto, facile e senza investimenti di denaro.
Per le femme fatale, feline anche a casa e con il desiderio di sentirsi libere, consiglio un body abbinato a maglione large – meglio se di una taglia in più, perfetto se maschile, – caldo, morbido che faccia quasi da vestito e lasci libere le gambe. Per le più freddolose dei calzettoni e si è subito Kim Basinger in “Nove settimane e mezzo“.
Uscite dal letto, volete coprirvi ma non avete sottovesti a portata di mano? Semplice, avete il permesso di rubare la camicia al vostro lui! E’ un indumento sexy, pratico e che vi lascerà il suo profumo addosso.
Unica regola: i capelli devono essere sciolti e ribelli, proprio come dopo una notte d’amore …
(foto David Bellemere – immagini dei capi @Trendfortrend)
(foto Helmut Newton – immagini dei capi @Trendfortrend)
(foto David Bellemere – immagini dei capi @Trendfortrend)
Cambio di look in casa Louis Vuitton: la maison francese ha appena presentato il nuovo packaging che dal prossimo 16 agosto troveremo nelle boutique di tutto il mondo. Ritorno al passato per lo storico brand, che rispolvera uno dei passepartout dei suoi archivi: il colore scelto per il nuovo packaging è infatti il fatidico Imperial Saffron, una particolare sfumatura di ocra che nel lontano 1923 veniva scelta da André Citroen per equipaggiare le automobili che avrebbero partecipato alla Crosière Noire, con un esclusivo set di 150 bauli firmati Gaston Vuitton declinati nella medesima nuance.
La storia ci tramanda di un viaggio avventuroso che, dall’Algeria, sarebbe poi giunto in Madagascar nel 1925: cinque veicoli a bordo dei quali vi erano ricercatori, medici e professionisti, mentre i bauli col logo della maison contenevano farmaci, munizioni e generi di prima necessità.
Il nuovo packaging in Imperial Saffron sarà contraddistinto da dettagli blu elettrico: anche qui la maison fa un tuffo nel suo glorioso passato, riportando in auge gli storici motivi che accompagnavano un modello di Cabin Trunk risalente al 1928, anch’esso nella medesima tonalità di giallo, contraddistinto da un’elegante banda blu elettrico. Eleganza allo stato puro per uno dei marchi storici tra i più amati di sempre per borse e bagagli.