Due occhi da cerbiatto verde smeraldo, la pelle ambrata, l’ovale perfetto; una bellezza naturale, ritratta acqua e sapone su spiagge assolate o nel sole di location esotiche, capace di trasformarsi un attimo dopo in una diva dall’allure sofisticata, tra abiti haute couture e party esclusivi: Marisa Berenson è stata una delle modelle più pagate al mondo e ha alle spalle una lunga e prolifica carriera cinematografica, in cui spiccano i film di Visconti e Kubrick.
Definita da Yves Saint Laurent “the girl of the Seventies”, Marisa Berenson ha incarnato la quintessenza del glamour a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta. Presenza fissa dell’International Best Dressed List, impossibile dimenticare le foto di Slim Aarons che la immortalano a Capri in turbante anni Venti, bella e carismatica, o con i suoi celebri look boho-chic, ritratta dall’amico di una vita, Andy Warhol. Non solo attrice e modella, ma anche icona di stile e protagonista assoluta del jet set internazionale e delle riviste patinate, testimone di una New York fatta di glamour ed eccessi.
Nata a New York il 15 febbraio 1947, Marisa Berenson discende da una famiglia blasonata: il padre è Robert Lawrence Berenson, diplomatico americano di origini ebraiche e lituane, che si era distinto per aver diretto i cantieri navali di Onassis, e che sotto la presidenza Kennedy divenne ministro per i paesi in via di sviluppo. Berenson era nipote del grande esperto d’arte Bernard Berenson, bisnonno di Marisa. Il cognome originario della famiglia era Valvrojenski. La madre di Marisa è la contessa Maria Luisa Yvonne Radha de Wendt de Kerlor, meglio conosciuta come Gogo Schiaparelli, socialite di origini italiane, svizzere, francesi, polacche ed egiziane, figlia della celebre stilista Elsa Schiaparelli, storica rivale di Chanel.
Se tua nonna si chiamava Elsa Schiaparelli lo stile non può che far parte del tuo DNA. È così che la piccola Marisa finisce sulla cover di Vogue America che è ancora in fasce, mentre ad appena cinque anni viene immortalata sulla cover di Elle, insieme alla sorella Berry. Tanti sono gli aneddoti raccontati dall’icona di stile in cui viene fuori un ritratto di Elsa Schiaparelli, da lei affettuosamente chiamata “nonna Schiap”: dai viaggi insieme a Venezia alle amicizie negli ambienti della Parigi intellettuale, dove la piccola Marisa conobbe Salvador Dalí e Alberto Giacometti.
Ma non finisce qui: il nonno di Marisa è il conte Wilhelm de Wendt de Kerlor, teosofo e medium, mentre il bisnonno era Giovanni Schiaparelli, astronomo scopritore dei canali di Marte. La sorella minore di Marisa, Berinthia Berenson, detta Berry, diventerà anche lei modella, attrice e fotografa, e morirà nei tragici attentati dell’11 settembre 2001 al World Trade Center.
Nonostante le prime cover risalgano alla sua infanzia, la lunga e prolifica carriera di modella di Marisa Berenson inizia ufficialmente nei primi anni Sessanta. È Diana Vreeland, celebre fashion editor di Harper’s Bazaar e direttrice di Vogue America, ad intuire per prima l’impressionante fotogenia di quel volto. Venerata da fotografi e stilisti, Marisa Berenson posa per i più grandi, da Richard Avedon a Patrick Lichfield, da Irving Penn a Bert Stern fino a Robert Mapplethorpe e Henry Clarke, che la immortala in foto dal fascino esotico, esaltandone lo spirito gipsy e il carisma. In pochissimo tempo Marisa Berenson ottiene fama internazionale e diviene la modella più pagata al mondo, come lei stessa dichiara in un’intervista al New York Times. Il suo fisico incarna perfettamente gli anni Sessanta: è un’epoca ricca di ribellione. “Noi modelle ci truccavamo da sole. Giravo con un borsone enorme pieno di toupet e cianfrusaglie”, ricorderà più avanti la modella. La consacrazione avviene nel luglio del 1970, quando ottiene la cover di Vogue, e nel dicembre 1975, quando è sulla copertina del Time.
SFOGLIA LA GALLERY:
Marisa Berenson in un caftano Tina Leser. Foto di Henry Clarke Condé Nast Archive/Corbis, 1967
Marisa Berenson ritratta da Bert Stern, Vogue, marzo 1970
Su Vogue, 15 settembre 1966, foto di Bert Stern
Vogue America, dicembre 1969, foto di Irving Penn
Borse Pucci, Vogue 1965, foto di Bert Stern
Marisa Berenson in uno scatto di Slim Aarons, 1968
Gennaio 1968, foto di Gianni Penati
In Sardegna per Vogue 1967, foto di Henry Clarke
Foto di Bert Stern, 1966
Su Vogue in un caftano laminato Chanel, 1 gennaio 1969, foto di Gianni Penati
Marisa Berenson in André Courrèges, foto di Andre Carrara, 1967
In Bill Blass, gennaio 1966, foto Bert Stern
Foto di Henry Clarke, Condé Nast Archive/Corbis, 1969
Marisa Berenson in Giorgio di Sant’Angelo, Vogue 1967, foto di Bert Stern
Ritratta da Patrick Lichfield, 13 giugno 1964, foto Getty Images
In Emilio Pucci, Sardegna, 1970, foto Nello di Salvo
Foto di Bert Stern
Foto di Arnaud de Rosnay, 1968
In Dior Haute Couture, Vogue UK Archive, foto David Bailey, 1965
Marisa Berenson in giacca Halston e cintura Elsa Peretti, foto di Hiro, Harper’s Bazaar, maggio 1972
Marisa Berenson nel 1972, foto di Jeanloup Sieff
Vogue 1967, foto di Gianni Penati
Marisa Berenson per Vogue America, Settembre 1967, abito Yves Saint Laurent e scarpe Roger Vivier, foto di Irving Penn
Vogue America, 15 settembre 1967, foto di Arnaud de Rosnay
Con Benedetta Barzini nell’appartamento romano di Cy Wombly, abito Valentino, foto di Henry Clarke, Condé Nast Archive/Corbis, 1968
Vogue aprile 1970, foto di Irving Penn
Foto di Richard Avedon, gennaio 1966
Ritratta da Cecil Beaton per Vogue, 1966
Marisa Berenson su W Magazine
Foto di Gian Paolo Barbieri, Vogue 1 aprile 1969
In Sardegna, foto di Henry Clarke, 1967
Ancora in Sardegna, abito Emilio Pucci, foto Henry Clarke
Foto di Henry Clarke
Marisa Berenson in Chanel, foto di Arnaud de Rosnay, 1969
In Valentino, foto di Henry Clarke per Vogue, 1968, Condé Nast Archive
In Jack Sarnoff, foto di Gianni Penati, 1968
Foto di Gianni Penati, 1968
In seguito la modella si avvicina alla recitazione. A lanciarla nel cinema non è uno qualsiasi ma Luchino Visconti, che la vuole nel suo Morte a Venezia, nel 1971, dove Marisa interpreta il ruolo della moglie di Gustav von Aschenbach. L’anno successivo recita in Cabaret, nel ruolo di Natalia Landauer, interpretazione che le vale una nomination ai BAFTA e due nomination ai Golden Globe. Impossibile dimenticare la sua interpretazione di Lady Lyndon nel celebre film Barry Lyndon, del 1975. Tra crinoline settecentesche ed estenuanti ore di trucco, è la consacrazione come attrice. Per incoraggiarla, il regista della pellicola, Stanley Kubrick, le dice: “Nessuno, in tutta la tua vita, ti raffigurerà così bella”.
Negli anni Settanta la Berenson diviene famosa grazie ad un nuovo soprannome: “The Queen of the Scene”. Un po’ come il prezzemolo, la Berenson è ovunque, sempre nel posto giusto e al momento giusto, regina della vita notturna e dei nightclub, onnipresente in ogni occasione mondana, seguita da uno stuolo di corteggiatori. Ma non ci sono solo lustrini e paillettes nella sua vita: dietro agli abiti da sera e alle ciglia finte c’è una profonda introspezione. La meditazione cambia la sua vita, come lei stessa dichiara. Si avvicina alla spiritualità nel 1968, quando i viaggi in India divennero l’ultimo fashion trend per celebrities annoiate: dai Beatles a Mia Farrow fino ai Beach Boys, il viaggio in India era l’ultima moda dei protagonisti del jet set. E Marisa Berenson non poteva certo mancare. Di quel viaggio alle pendici dell’Himalaya la diva ricorderà la sua amicizia con George Harrison e Ringo Starr, con i quali trascorreva le giornate in meditazione e le notti seduti per terra a suonare la chitarra.
La vita privata di Marisa Berenson è ricca di liaison e corteggiamenti da film: nei primi anni Settanta fu la compagna del barone David René de Rothschild. Celebre la sua relazione con il collega, il bellissimo ed efebico attore Helmut Berger. Lei ed Helmut sono la coppia ideale: bellissimi e fotogenici. Luchino Visconti li incitava a sposarsi, come lei stessa racconta nell’autobiografia Momenti intimi, pubblicata nel 2010 da Barbès editore.
Il suo primo marito fu James Randall, detto Jim, sposato a Beverly Hills nel 1976, da cui divorziò due anni più tardi. Il matrimonio fu regale, l’abito era firmato Valentino e lo stesso stilista si aggirava per casa per dare gli ultimi colpi di ferro da stiro al vestito mentre l’altro inseparabile amico Andy Warhol era intento a fotografare i preparativi delle nozze. Dal matrimonio nel 1977 nacque una figlia, Starlite Melody Randall. Il secondo matrimonio nasconde retroscena dal sapore cinematografico: se in genere le donne ricevono rose rosse, Marisa Berenson ricevette dall’avvocato Aaron Richard Golub due immensi camion per traslocare da Los Angeles a New York, dove lui abitava. Il matrimonio tra i due venne celebrato nel 1982, mentre nel 1987 i due divorziarono.
A New York Marisa Berenson diviene musa ed intima amica di Andy Warhol e Truman Capote, collega di Liza Minelli, con la quale recita in Cabaret, cognata di Anthony Perkins, che sposa sua sorella Berry. Dopo un breve periodo lontano dai riflettori, riprende a recitare: la ritroviamo nell’indimenticabile spaccato di vita mondana Via Montenapoleone, ma anche in pellicole impegnate, diretta da maestri del calibro di Clint Eastwood. Nel 2001 il debutto a Broadway, mentre tra i suoi ultimi film spicca Io sono l’amore, di Luca Guadagnino, e Matrimoni e altri disastri.
La sua vita ha visto anche momenti molto difficili, come l’incidente automobilistico avvenuto in Brasile in cui la diva è rimasta coinvolta, che le ha sfregiato la parte sinistra del viso. Ma quello che poteva essere un dramma irreparabile, per Marisa Berenson, ha visto invece un lieto fine: l’ex top model è stata infatti una peziente di Ivo Pitanguy, pioniere della chirurgia estetica, che le ha ridato la bellezza. Un’altra tragedia invece ha scosso la sua vita, stavolta senza il lieto fine: l’amata sorella Berry ha perso la vita l’11 settembre 2001, a bordo dell’aereo che da Boston si è schiantato contro la Torre Nord. Lei stessa invece si trovava in volo da Parigi a New York. Una perdita che l’ha aiutata a riscoprire la fede, come raccontato dalla stessa Berenson nella sua autobiografia. Un anello appartenuto a Berry verrà ritrovato a Ground Zero un anno dopo la tragedia.
(Foto cover Irving Penn per Vogue, settembre 1967)
È il re del cachemire, leader assoluto dell’artigianato italiano amato anche all’estero: ora Brunello Cucinelli si rende protagonista di una lodevole iniziativa. I dipendenti dell’azienda italiana sono infatti i fortunati destinatari di un bonus cultura: da oggi le spese per libri, cinema, teatro e gite al museo verranno infatti interamente rimborsate dall’azienda. Trattasi di un’iniziativa che premia la cultura del Bel Paese ed auspica la riscoperta dell’immenso patrimonio culturale ed artistico italiano.
“Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”: i celebri versi danteschi fanno capolino sul sito web della maison italiana leader del cachemire, summa della filosofia imprenditoriale di Brunello Cucinelli, da sempre in prima linea nel valorizzare la cultura italiana. Non solo un’estetica fondata sulla tradizione classica ma anche un’etica incentrata sul rispetto dei dipendenti: l’imprenditore-filosofo umbro, fautore di una nuova strategia di marketing di tipo “umanistico”, che pone al centro di tutto l’individuo, nel borgo trecentesco di Solomeo ha creato non solo un’azienda ormai quotata in Borsa ed apprezzata a livello internazionale, ma ha anche istituito un teatro, a Solomeo, la cui stagione teatrale viene direttamente finanziata dalla fondazione.
Un’eleganza unica, che unisce la magia dei filati pregiati italiani con un gusto sofisticato ed evergreen, che viene esportato con successo anche all’estero: Brunello Cucinelli punta ancora una volta sulla cultura, con l’istituzione di un fondo interamente pensato per i suoi dipendenti.
Il bonus prevede un fondo di 500 euro per i single e 1000 euro per chi ha famiglia. Per usufruirne basterà portare in azienda lo scontrino e tutte le spese inerenti attività culturali verranno interamente rimborsate. Un’idea geniale, che, dopo la quotazione in Borsa del marchio, avvenuta lo scorso dicembre, pone l’accento sull’importanza della cultura. Brunello Cucinelli non è nuovo ad iniziative che coccolano i suoi dipendenti: lo scorso Natale li ha infatti premiati distribuendo 6385 euro a testa.
È l’evento più atteso ed esclusivo del Principato di Monaco: occhi puntati sul Ballo della Rosa, giunto quest’anno alla 62esima edizione. L’evento mondano voluto dalla principessa Grace quest’anno si tinge di atmosfere caraibiche e di colori accesi: il tema scelto è infatti Cuba, con la sua allegria e la sua musica.
I look delle padrone di casa non hanno deluso le aspettative neanche quest’edizione: ingresso trionfale per Beatrice Borromeo, neo sposa di Pierre Casiraghi, che ha monopolizzato l’attenzione grazie ad uno sfarzoso abito firmato Giambattista Valli Haute Couture. Rosso passione e strati di tulle per un abito principesco. Dieci e lode.
Beatrice Borromeo riesce così a rubare la scena all’altra bellissima di Montecarlo, Charlotte Casiraghi, che per quest’anno ha optato per una mise più sobria ma non meno elegante, firmata Chanel Haute Couture. Arrivata al fianco del nuovo fidanzato, il regista italiano Lamberto Sanfelice, la bella Charlotte ha sfoggiato una jumpsuit in satin con mantello di tulle color madreperla. Anche la madre, la sempreverde Carolina, ha optato per un abito in tinta nude firmato Chanel Haute Couture.
Spicca la giovanissima Alexandra di Hannover, la figlia più giovane di Carolina ed Ernst di Hannover, anche lei in Chanel. Belli e fotografatissimi anche Andrea Casiraghi e Tatiana Santo Domingo, in una mise fucsia en pendant con il mood della serata. Ospite d’onore dell’evento Karl Lagerfeld. Grande assente Charlene Wittstock, rimasta a casa a prendersi cura della figlia Gabriella, ammalata.
È la regina indiscussa della moda mondiale, la più famosa in assoluto tra le fashion blogger, l’icona di stile forse più copiata in assoluto nel fashion biz. Chiara Ferragni non ha termini di paragone: un fenomeno di costume vivente, trendsetter nel più autentico significato del termine, è stato il suo blog, The Blonde Salad, ad inaugurare la più sconvolgente rivoluzione che ha investito la moda negli ultimi anni, spodestando i vecchi creativi e conferendo nuova autorità alle fashion blogger.
Ma Chiara Ferragni ha saputo gestire l’incredibile successo che l’ha travolta in maniera eccellente, tanto da imporsi all’attenzione dei media internazionali come un’icona di stile imitatissima. Bionda, bella, famosa, ormai la blogger brilla di luce propria nell’universo del fashion: acclamata come una star nelle fashion week di tutto il mondo, immortalata come una diva nelle cover dei magazine patinati e celebrata come il personaggio più influente del fashion biz.
Dopo aver sbaragliato ancora una volta la concorrenza confermandosi in testa alle classifiche dei blog più famosi ed influenti, solo pochi giorni fa, grazie al suo The Blonde Salad, Chiara è da poco diventata, assieme alla sorella Valentina, ambasciatrice internazionale di Pantene.
Nata a Cremona il 7 maggio 1987, la bionda Chiara eredita dalla madre la passione per la moda e la fotografia. Appena adolescente diviene già popolare in rete per i look che condivide. Poco tempo dopo il lancio del suo blog, TheBlondeSalad.com: è il 2009 e fino a quel momento i fashion blog sono una realtà pressoché sconosciuta. Pioniera di quello che si imporrà di lì a breve come uno degli strumenti più rivoluzionari della Rete, in pochi anni Chiara Ferragni diviene famosa a livello internazionale. Una popolarità ottenuta grazie al consenso popolare, grazie ai milioni di followers che quotidianamente attingono dal suo blog consigli di stile e perle di saggezza per amanti della moda.
L’ascesa da quel lontano 2009 è stata inarrestabile: appena l’anno successivo la giovane bocconiana veniva indicata dalla rivista New York come la nuova star dello street style. Nel 2011 era la Bibbia della moda, Vogue, ad incoronarla Blogger del momento, grazie alle esorbitanti cifre di visitatori ottenute quotidianamente dal suo blog. Nel 2013 per The Blonde Salad si attesta la cifra storica di 1,6 milioni di followers solo su Instagram, che oggi è cresciuta in modo esponenziale fino a superare i 3 milioni.
The Blonde Salad si è imposto sempre più come una vera Bibbia dello stile, inesauribile fonte di ispirazione per milioni di persone in tutto il mondo. Forse il segreto dell’inarrestabile successo di Chiara Ferragni sta tutto qui, nella capacità di farci sognare, nel farci ancora credere che una ragazza comune possa realizzare un grande sogno grazie ad un blog. È grazie a The Blonde Salad che la fashion blogger riesce ad imporsi nel mondo dell’imprenditoria. Una sfida che la giovanissima Chiara ha vinto, annoverando nel suo curriculum collaborazioni con le case di moda più prestigiose al mondo, da Christian Dior a Louis Vuitton, da Max Mara a Chanel e Tommy Hilfiger. Inoltre la Ferragni ha anche firmato una sua linea di scarpe interamente prodotta in Italia, che ha riscosso notevole successo.
It-girl per antonomasia, uno stuolo di followers nei principali social network, Chiara Ferragni a dispetto della giovane età è ormai un’imprenditrice di successo, tanto che nel 2015 è stata annoverata da Forbes nella classifica dei 30 Under 30 più influenti al mondo, dopo aver firmato anche un libro in cui racconta il segreto del suo successo.
Ma, ancora più eloquenti di ogni altro commento sulla fenomenologia di un successo senza precedenti, sono i look con cui la bella blogger continua ad impressionare ad ogni fashion week. Uno stile versatile e colorato, che fiuta le tendenze del momento e le interpreta secondo i propri canoni. Sofisticata ed eccentrica, ma anche romantica e glamour: i look di Chiara Ferragni mettono d’accordo tutti. Dalle mise più colorate ai lunghi abiti da diva, con cui la vediamo presenziare agli eventi più esclusivi, fino ai dettagli più ricercati, il suo stile le permette di passare con disinvoltura da outfit casual a mise estremamente ricercate. Protagonista indiscussa delle fashion week, l’abbiamo vista qualche settimana fa a Parigi stupire tutti con una pelliccia dalle proporzioni over firmata Philosophy di Lorenzo Serafini. Come una nuvola, come lei stessa ha commentato il suo outfit dalle pagine di The Blonde Salad, la protagonista della settimana della moda parigina è stata ancora una volta lei.
Bellissima e fotogenica, Chiara non ha nulla da invidiare alle modelle professioniste quando la vediamo posare come una diva consumata per i servizi fotografici delle principali riviste di moda. La ritroviamo ora anche in tv nella nuova veste di ambasciatrice internazionale di Pantene. Una carriera in continua ascesa ed un successo tutto da vivere. Astenersi detrattori.
Suggestioni surrealiste, visioni oniriche che ricordano l’arte dei più grandi, da Picasso a Salvador Dalí, si uniscono a dettagli pop art, per creazioni moderne, futuriste e sofisticate: Delfina Delettrez non ha certo bisogno di presentazioni. Artista apprezzata a livello internazionale, la giovane rampolla di casa Fendi ha già alle spalle tanti successi.
Personalità esplosiva e rara sensibilità artistica, Delfina è l’ultima erede della dinastia Fendi, di cui rappresenta la quarta generazione. La ragazza ha carattere da vendere, e rifiutare un posto nell’azienda di famiglia per inseguire la propria strada è solo fisiologico sbocco di un’esigenza naturale che si impone attraverso la spontanea e dirompente creatività dell’artista. È il 2007 quando Delfina esordisce come designer, presentando la sua prima collezione da Colette, a Parigi, tempio dello stile. Le sue creazioni catturano immediatamente l’attenzione, grazie ad un’estetica nuova, caratterizzata fin dagli esordi da un vasto uso di iconografie surrealiste e naturaliste: mani, occhi, bocche fanno capolino da collane e monili pregiati, insieme ad api ed elementi naturali.
Gioielli dal fascino ieratico, quasi degli amuleti declinati in chiave rock, talismani dal sapore vittoriano e dal design futurista; scenografici e al tempo stesso intimisti, a volte ermetici, più spesso ironici, i gioielli firmati Delfina Delettrez si caratterizzano per un appeal originale e per il forte impatto visivo, in un continuo gioco di rimandi e citazioni. Grandi occhi scuri dall’espressività struggente, Delfina ci porta nel suo immaginario, tra teschi e mani scheletriche, che sembrano indagare l’Unheimlich, il perturbante, il lato oscuro che alberga in ognuno di noi.
Alla base della ricerca stilistica della giovane designer vi è un sapiente connubio di antiche tecniche orafe ed una costante ricerca attraverso l’uso di materiali innovativi. Sperimentazione sembra essere la parola chiave delle ultime collezioni, che vedono la pietra preziosa tornare alla ribalta, protagonista assoluta di collezioni che ancora una volta si ispirano ad un surrealismo indagato in chiave cyber, attraverso un audace gioco di illusioni ottiche, per gioielli che sembrano sospesi sul corpo, grazie ad appositi cantoni fantasma. L’antica tradizione artigianale italiana si sposa ad una visione post atomica, senza rinunciare alla cura per il dettaglio realizzato a mano. Creazioni cinetiche dal fascino atemporale e dalle suggestioni post-apocalittiche, come i bracciali e gli anelli “Tourbillon”, costituiti da centri concentrici in metallo prezioso che roteano in maniera autonoma l’uno dall’altro, ma anche bracciali e collane estendibili, che inaugurano una nuova visione del gioiello, che ora è possibile manipolare e trasformare a seconda dell’occasione. Via del Governo Vecchio, a Roma, è la sede dell’atelier di Delfina, una fucina di idee e progetti sempre nuovi, per una carriera in continua ascesa.
Tanti sono i riconoscimenti che la giovane è riuscita ad ottenere, affermandosi come una dei più promettenti designer della nuova generazione. Sicura di sé, forte di una personalità dirompente, nel 2010 le creazioni di Delfina Delettrez sono entrate a far parte della collezione permanente del Museo delle Arti decorative del Louvre di Parigi. Innumerevoli le personali dedicate alla sua opera, tra installazioni futuriste e tocchi vintage, nel segno dell’antica tradizione orafa italiana. I suoi gioielli sono tra i più amati dalle celebrities, a partire da Madonna, Anna Dello Russo e molte altre. Elegante ed impeccabile, Delfina non sbaglia un colpo e con i suoi look si è imposta anche come icona di stile, mentre una sua boutique è stata inaugurata a Mayfair, Londra. Le sue creazioni sono online sul sito www.delfinadelettrez.com.
Parigi, la capitale della moda, da sempre crocevia di artisti e fucina di talenti provenienti da tutto il mondo; Parigi con il suo charme ed una storia di couturier che hanno reso la moda francese unica nel mondo. Eccomi qui, ad assaporare le intrinseche contraddizioni dello stile parisien, attraverso le sfilate del pret-à-porter, nostalgica di tempi d’oro forse ormai andati.
È una giornata uggiosa, con una pioggerellina che non vuole saperne di smettere, la settimana della moda si è appena conclusa e progetto un nuovo tour de force alla scoperta di atelier che sappiano ancora stupirmi. A Parigi può anche capitare di restare chiusi fuori di casa, ritrovandosi ad osservare la realtà circostante con occhi nuovi e curiosi, ripercorrendo gli itinerari delle foto di Doisneau o perdendosi dentro i bouquinistes, sfiorando la carta invecchiata di antiche stampe e volumi a due passi dalla Senna.
La incontro così, in una via tipicamente parigina, tra il profumo di una boulangerie e il romanticismo dei tetti bianchi delle case: il viso pulito, lunghi capelli castani e il passo svelto di chi nella Ville Lumière a neanche 30 anni ha già costruito un proprio business, partendo dallo studio e da una severa disciplina. Io, notoriamente appassionata di vintage, probabilmente avrei fatto carte false per scoprire le sue creazioni, le velette dall’aria retrò, i cappellini in stile deliziosamente Fifties, l’allure misteriosa e sofisticata che profuma di antiche tradizioni sartoriali, di laboratori e retrobottega nascosti in mezzo al lusso delle strade parigine. Piccole fucine in cui anziane modiste francesi tramandano ancora oggi le loro tecniche segrete, perse dietro manichini e stoffe da confezionare.
Dietro Krasnova e le sue collezioni accattivanti c’è l’estro creativo di una giovane ragazza: si chiama Evgeniya Guilhot Fomina e viene da lontano. Nata a Soči, nel sud della Russia, trasferitasi a Parigi nel 2007, appena terminati gli studi, da sempre appassionata della cultura francese in toto, con il suo savoir-vivre, l’arte e la moda. Evgeniya si specializza presso la scuola privata di moda e design Creapole, situata nel cuore di Parigi. Qui studia per 5 anni Art Design: la sua formazione comprende scenografia, bozzetti di moda, interior design, scultura e altri progetti. Solo al quarto anno del corso si rende conto che il suo cuore batte per gli accessori, in particolare i cappellini, i cosiddetti couvre-chef, meglio se dalle forme bizzarre e particolari.
Dopo due stage presso i brand di bijoux haute couture Coralie de Seynes e Garnazelle, Evgeniya capisce che Parigi le può offrire una preparazione invidiabile, se solo andrà alla riscoperta delle tradizioni sartoriali più antiche. Inizia pertanto a prendere lezioni da una vecchia modista francese, maestra nella confezione di cappellini. Sempre più innamorata di quell’arte antica eppure quantomai attuale, frequenta un tirocinio presso l’Opéra Garnier: qui si respira magia allo stato puro, tra lo sfarzo dei costumi e le costruzioni ardite e scenografiche dei copricapi che le sarte e le modiste confezionano per i balletti e le opere liriche. Sicura di sé e della propria formazione, Evgeniya si sente ormai matura per creare il proprio brand: nasce così Krasnova, la linea con cui la modista cerca un proprio posto nel mondo del fashion biz, riportando in auge il fascino della creazione artigianale e le tecniche sartoriali della tradizione francese. Dopo vendite private ed eventi esclusivi con una clientela già entusiasta per quei cappellini così chic, la giovane creativa si sente finalmente pronta per mostrare ad un pubblico più vasto le proprie creazioni, che comprendono cappelli dall’appeal contemporaneo, fedora, borsalino in feltro di lana dai dettagli realizzati interamente a mano, come ricami e passamanerie preziose, e lavorazioni artigianali.
Nel dicembre 2015 il lancio della prima capsule collection per l’Inverno 2016. Di impronta fortemente parisienne, lo stile Krasnova è personalissimo e ricco di suggestioni: lo charme del glorioso passato si sposa mirabilmente a dettagli attuali e ispirazioni urban, per una donna sofisticata. Nappine e gioielli scendono giù dai cappelli fedora, ad impreziosire linee classiche con dettagli moderni che tradiscono una grande ricerca stilistica. Ricami realizzati interamente a mano e grande cura per la scelta dei materiali usati, provenienti dalla Francia, con forme in legno realizzate da scultori e feltro di pelo di coniglio proveniente da allevamenti francesi.
Accanto ai modelli per il giorno, ecco il coup de théâtre di deliziosi couvre-chef di ispirazione vintage, hatinator e velette che, come un déjà-vu, ci riportano indietro nel tempo, ad una Parigi imperiale ricca di sfarzo rococò. Tutti i processi di creazione si rifanno ad antiche tradizioni, palpabile è la precisione e la massima cura per il dettaglio, per un lusso contemporaneo ed un’eleganza evergreen. Sta per uscire la collezione Primavera/Estate 2016, che sarà caratterizzata da un mood più romantico, tra motivi floreali e leggerezza. Intanto per acquistare i capi su misura Krasnova basta ordinarli. Per veri hatlovers.
I fashion trends per la Primavera/Estate 2016 prevedono una full immersion nelle atmosfere coloniali di un viaggio nel deserto. Le tendenze per la stagione primaverile del 2016 parlano chiaro: il viaggio diviene ispirazione centrale per uno stile esotico e ricco di suggestioni. Il mistero di tradizioni millenarie, il fascino dei tramonti, i colori della sabbia, per un tè nel deserto da sorseggiare in un’oasi di lusso, nella comodità di sete preziose: la donna protagonista delle passerelle per la Primavera/Estate 2016 sembra uscita dall’omonimo film di Bernardo Bertolucci. La luce del deserto, così particolare, viene traslata su capi dalle suggestioni coloniali.
Un viaggio in Africa, partendo da Tangeri, alla scoperta delle popolazioni tuareg e di culti arcaici e tradizioni pagane: la donna immaginata dagli stilisti è un’indomita esploratrice, curiosa, proiettata verso l’altro, il diverso, di cui abbraccia i riti, in un dialogo che si traduce in rispetto e vera fratellanza universale. Non una semplice turista ma una studiosa, alla scoperta delle meraviglie del deserto del Sahara, la viaggiatrice di lusso predilige il comfort di capi semplici ma ricchi di fascino.
I caftani dominano le tendenze, stampati o in colori neutri: tanti sono i designer le cui collezioni hanno visto una riscoperta di questo antichissimo capo, che ora diviene passepartout: da Valentino ad Alberta Ferretti il caftano acquista nuova vita per divenire uno dei must have incontrastati di stagione, da indossare sia in colori caldi e scuri, sia in stampe coloratissime, come visto sulla passerella di Dolce & Gabbana e Stella Jean.
Altro capo basic che diviene fashion trend di stagione è la sahariana: anche questo è un capo dalla storia antica e dalle suggestioni coloniali. Sahariane di lusso hanno caratterizzato la passerella di Versace, Barbara Bui e molti altri designer, come Ralph Lauren, che propone una viaggiatrice minimal-chic nei toni di un bianco splendente.
Mood tribale per Balmain, che propone un look per una regina del deserto, tra suggestioni oniriche che rimandano a sacrifici propiziatori e riti vodoo. Inserti e decorazioni tribali anche da Valentino, tra piume e rappresentazioni dei culti dei popoli locali. Elisabetta Franchi porta in passerella una dea indigena in armature con listini e sandali da gladiatore. Stampe afro viste anche da Cividini e, ancora una volta, da Valentino.
SFOGLIA LA GALLERY:
Alberta Ferretti (Foto Vogue.it)
Balmain (Foto Vogue.it)
Barbara Bui (Foto Vogue.it)
Cividini (Foto Vogue.it)
Salvatore Ferragamo (Foto Vogue.it)
Hermes (Foto Vogue.it)
Elisabetta Franchi (Foto Vogue.it)
Erika Cavallini (Foto Vogue.it)
Balmain (Foto Vogue.it)
Fausto Puglisi (Foto Vogue.it)
Paul Smith (Foto Vogue.it)
Philosophy di Lorenzo Serafini (Foto Vogue.it)
Alberta Ferretti (Foto Vogue.it)
Valentino (Foto Vogue.it)
Versace (Foto Vogue.it)
Blugirl (Foto Vogue.it)
Barbara Bui (Foto Vogue.it)
Trussardi (Foto Vogue.it)
Kenzo (Foto Vogue.it)
Etro (Foto Vogue.it)
Isabel Marant (Foto Vogue.it)
Michael Kors (Foto Vogue.it)
Etro (Foto Vogue.it)
Antonio Marras (Foto Vogue.it)
Stella Jean (Foto Vogue.it)
Dolce & Gabbana (Foto Vogue.it)
Trussardi (Foto Vogue.it)
Alberta Ferretti (Foto Vogue.it)
Ralph Lauren (Foto Vogue.it)
Valentino (Foto Vogue.it)
Blugirl (Foto Vogue.it)
Etro (Foto Vogue.it)
Valentino (Foto Vogue.it)
Fay (Foto Vogue.it)
Jonathan Saunders (Foto Vogue.it)
Maison Rabih Kayrouz (Foto Vogue.it)
Alexander McQueen (Foto Vogue.it)
Salvatore Ferragamo (Foto Vogue.it)
Michael Kors (Foto Vogue.it)
Alexander McQueen (Foto Vogue.it)
Versace (Foto Vogue.it)
Trussardi (Foto Vogue.it)
Il deserto del Mojave immortalato su Vogue Australia
Raquel Zimmermann ritratta da Mikael Jansson per Vogue Paris, aprile 2006
Nadja Bender in ‘La Rosa Del Desierto’, Vogue Spain, marzo 2015
Stella Tennant ritratta da Tom Craig per Vogue UK, maggio 2009
Salvatore Ferragamo punta sulla leggerezza di maxigonne che uniscono comfort e stile, per una viaggiatrice che non teme la propria femminilità. Stesse atmosfere viste anche da Hermès, con sontuosi rimandi al Vicino Oriente. Da Blugirl ispirazioni coloniali declinate in chiave iperfemminile, tra maxigonne e sahariane. Stesse atmosfere sulla passerella di Erika Cavallini. La Primavera/Estate 2016 di Trussardi è un tripudio di suggestioni orientali: la via della seta sembra rivivere in una collezione che trae spunto dal Milione di Marco Polo, tra capi dalle proporzioni over e la magia di stoffe pregiate che profumano di popoli e culture lontane. Piglio più moderno da Michael Kors, la cui donna non teme il piglio aggressive di capi in pelle dalle suggestioni tribal.
Da Etro la delicatezza di kimono dalle stampe floreali si mixa al piglio etnico di caftani colorati, che spiccano in una stagione in cui la palette cromatica generale sembra prediligere i toni scuri e le sfumature che vanno dal sabbia all’ocra al bordò. L’Oriente è protagonista delle sfilate di Kenzo e Isabel Marant, declinato nell’eleganza minimale tipica del Sol Levante, mentre da Maison Rabih Kayrouz si attinge ad ardite decostruzioni. Kimono di lusso visti da Jonathan Saunders, mentre la passerella di Alexander McQueen è ricca di giochi altamente scenografici, che rimandano a riti ancestrali e misteriosi.
Si è appena conclusa la notte più glamour per antonomasia, con la cerimonia della consegna degli Oscar 2016. Occhi puntati sui look che attrici e celebrities hanno sfoggiato sul red carpet. E se tanti sono stati gli outfit da sogno, non sono mancati gli scivoloni in fatto di stile.
Ma partiamo dalle promosse a pieni voti: bellissima Charlize Theron, che ha indossato un lungo abito rosso a sirena di Dior Couture, con una scollatura mozzafiato. La diva sudafricana non ha avuto rivali e si è aggiudicata il primato di bellezza e sex appeal. Dieci e lode. Un’altra bellissima è Jennifer Lawrence, anche lei in Dior. Il suo abito è stato uno dei più apprezzati della serata: tripudio di pizzo e piume per un nude look di grande effetto. Il look dell’attrice è uno dei più azzeccati e si merita un 9. Clamoroso scivolone di stile per Kate Winslet, che non convince assolutamente nella mise scelta per la serata più importante dell’anno: l’abito Ralph Lauren penalizza la sua silhouette, non valorizzando assolutamente il punto vita dell’attrice. Voto: 4.
Promossa a pieni voti la bionda Margot Robbie, che ha sfoggiato sul red carpet un abito dorato: mood sparkling per l’attrice australiana, che ha brillato nella sua mise in oro, firmata Diane von Fürstenberg. Scollatura profonda e maniche lunghe per la Golden Girl di Hollywood, che appare raggiante e sofisticata in una mise difficile da indossare. Ma la sua bellezza vince sull’effetto cioccolatino, possibile rischio del pitone dorato. Ci piace tanto. Voto 8.
Tra le dive che hanno calcato il red carpet spicca in eleganza e charme Charlotte Rampling. L’attrice britannica, divenuta celebre con pellicole come Il portiere di notte, apparirebbe splendida in qualsiasi mise: la personalità fa la differenza, e lei ne ha da vendere. Voto 10. Non convince invece l’abito scelto dall’esplosiva Sofia Vergara: un Marchesa blu ricoperto di decorazioni. Ma l’effetto prom dress non si addice ad una serata tanto glamour. Voto 4. Rimandata a settembre anche Alicia Wikander: l’abito bustier giallo canarino firmato Louis Vuitton non esalta le forme adolescenziali dell’attrice. Voto 4. Pagella negativa anche per Brie Larson in Gucci, che appare quasi timorosa di osare, nella sua mise blu con cinturone gioiello. Voto 5. Splendida invece Rooney Mara in Givenchy Haute Couture con oblò frontale e maniche lunghe. Elegante e sofisticata come poche, l’eclettica attrice non sbaglia un colpo. Merita un 9. Bellissima anche Saoirse Ronan in un abito Calvin Klein verde smeraldo interamente ricoperto di paillettes dalla scollatura audace. Voto 9.
SFOGLIA LA GALLERY:
Charlotte Rampling
Saoirse Ronan in Calvin Klein (Foto di Jordan Strauss/Invision/AP)
Naomi Watts in Armani Privé
Olivia Wilde in Valentino Haute Couture
Sofia Vergara in Marchesa
Reese Whiterspoon in Oscar de la Renta
Alicia Vikander in Louis Vuitton
Rooney Mara in Givenchy Haute Couture by Riccardo Tisci
Jennifer Jason Leigh in Marchesa
Cate Blanchett in Armani Privé (foto di Jordan Strauss/Invision/AP)
Rachel McAdams in August Getty Atelier e sandali Stuart Weitzman. (Photo by Lester Cohen/WireImage)
Brie Larson in Gucci (Foto Getty / Jason Merritt)
Heidi Klum in Marchesa
Rachel McAdams non convince: la splendida attrice ha optato per un abito August Getty Atelier nei toni del verde, con scollatura dalle suggestioni Nineties e sandali Stuart Weitzman. Ma la mise non emoziona. Bocciata. Raggiante come sempre Cate Blanchett in Armani Privé: per l’occasione la diva ha indossato un abito ricoperto di petali dal mood delicato e poetico. Armani Privé ha vestito anche Naomi Watts, che ha brillato in un lungo abito paillettato effetto sirena. Il blu si aggiudica il primato del colore preferito dalle dive: anche Reese Whiterspoon sceglie un abito blu a sirena, firmata Oscar de la Renta. Promossa a pieni voti. Bella come sempre Olivia Wilde, che ha incantato tutti con una audace mise firmata Valentino Haute Couture caratterizzata da un’ampia scollatura.
Bocciata Jennifer Jason Leigh in un abito rosa Marchesa. L’attrice appare un po’ rigida nel mood bucolico suggerito dalla mise, impreziosita da fiori. Effetto matrona romana per Heidi Klum, anche lei in Marchesa: l’abito non rende giustizia al fisico statuario della splendida top model tedesca.
Ci sono donne la cui eleganza ha attraversato indenne i secoli, arrivando fino ai nostri giorni. Una straordinaria bellezza, una vita avventurosa e uno stile inimitabile sono gli ingredienti che hanno reso la contessa Mona von Bismarck un’autentica leggenda. La sua prodigiosa scalata sociale la portò a sposare uomini facoltosi e a condurre un’esistenza lussuosa, mentre la sua bellezza e la naturale eleganza la resero intramontabile icona di stile.
Presenza fissa dell’International Best Dressed List, musa di fotografi e pittori, socialite e protagonista del jet set internazionale, la vita patinata di Margaret Edmona Travis Strader Schlesinger Bush Williams von Bismarck-Schönhausen de Martini fu il vero capolavoro stilistico forgiato da lei stessa, caparbia e all’occorrenza spietata virago, che creò dal nulla un’immagine capace di attraversare i secoli.
Nata a Louisville, in Kentucky, il 5 febbraio 1897, Mona Travis Strader era di umili origini. Suo padre, Robert Sims Strader, era uno stalliere presso la fattoria Fairland, a Lexington, di proprietà di Henry James Schlesinger. L’infanzia della piccola Mona fu segnata dal divorzio dei suoi genitori, nel 1902. Lei e il fratello Robert andarono a vivere dapprima con la nonna materna e successivamente con la nonna paterna. Non furono giorni facili per i due fratellini: la nonna materna fu dichiarata pazza e mandata in manicomio, come anche un altro congiunto. Uno zio di Mona sparò ad una prostituta prima di suicidarsi, ed un altro morì durante una battuta di caccia.
Ma Mona cresceva come una donna estremamente affascinante e coltivava in cuor suo un profondo senso di rivalsa. Tanto si è scritto sulla sua bellezza, quasi idolatrata da coloro che la ritrassero: dall’amico di una vita Cecil Beaton a Horst P. Horst, da Edward Steichen a George Platt Lynes, da Salvador Dalí fino a Leonor Fini e Bernard Boutet de Monvel. Si dice che nessun quadro e nessuno scatto riuscì mai a rendere giustizia alla bellezza dei suoi occhi di zaffiro e dei suoi capelli d’argento.
Appena diciottenne la fanciulla riuscì a far capitolare Henry James Schlesinger, il signore di Fairland, la fattoria in cui il padre di Mona lavorava come stalliere.
Sfidando le convenzioni sociali, nel 1917 la giovane convolò a nozze con Schlesinger, che aveva vent’anni più di lei ed era considerato all’epoca l’uomo più ricco del Wisconsin. Dalle stalle alle stelle, si potrebbe dire. Ma per Mona quello fu solo l’inizio di una clamorosa scalata sociale.
La coppia si divideva tra la tenuta a Milwaukee, il Wisconsin e Fairland. Ma il matrimonio fu breve: dopo soli tre anni, nel 1920, i due divorziarono. Mona, che da quell’unione partorì il figlio Robert Henry, rinunciò alla custodia di quest’ultimo in cambio dell’esorbitante cifra di mezzo milione di dollari. Non certo una madre esemplare, ma forse anche in quella mantide religiosa senza scrupoli qualche rimpianto per quel figlio mai amato deve pur esserci stato. Il piccolo Robert Henry sposerà poi Frederica Barker, sorella maggiore dell’attore Lex Barker.
Dopo il divorzio Mona si trasferì a New York. Non ci volle molto perché quella bellissima ragazza dagli occhi di ghiaccio trovasse un nuovo marito. Solo l’anno seguente, nel 1921, Mona convolò a nozze con il banchiere James Irving Bush, che aveva 14 anni più di lei ed era considerato all’unanimità uno degli uomini più attraenti del Paese. Ma il matrimonio durò appena tre anni e nel 1924 Mona ottenne il divorzio a Parigi.
Nel 1926 la futura icona di stile si getta in una nuova avventura, aprendo un negozio di abbigliamento nella Grande Mela, insieme alla sua amica Laura Merriam Curtis, figlia di William Rush “Spooky” Merriam, un vecchio Governatore del Minnesota. Laura era stata fidanzata con Harrison Williams, considerato l’uomo più ricco d’America, con una fortuna stimata intorno ai 680 milioni di dollari, equivalenti agli attuali 8 miliardi di dollari. Scaltra e consapevole del proprio fascino, Mona fiuta subito la succulenta occasione ed inizia a tessere una tela attorno a Williams. Lui, 24 anni di più, non può resistere: è così che il 2 luglio 1926 i due convolano a nozze. Per la luna di miele i novelli sposi si regalano una crociera sullo yacht di Williams, considerato la barca più costosa e più grande del mondo, dal nome quantomai appropriato: “Warrior”, il guerriero.
Mona sembra avere finalmente trovato la felicità: Williams la ricopre di regali costosi e di attenzioni. Durante la loro luna di miele la coppia fa scalo in numerosi porti tra Cina, Giappone e i Mari del Sud. Si ritiene che durante questo viaggio Williams acquistò per Mona il famigerato zaffiro, passato alla storia come lo zaffiro Bismarck, e poi donato dalla futura contessa alla Smithsonian Institution: pare che l’acquisto sia avvenuto nel porto di Colombo, in Sri Lanka. Inoltre i coniugi acquistarono molte perle nei Mari del Sud, e anche queste costituiscono oggi parte dell’eredità della socialite.
Durante quella crociera l’attenzione di Mona si concentrò su una dimora a picco sul mare che capeggiava la Marina Grande di Capri. La villa giaceva in stato di abbandono ma il fascino di quel rudere aveva radici assai lontane: nel 27 a.C. l’imperatore romano Tiberio aveva fatto costruire nel golfo di Capri 12 ville, ognuna dedicata a una divinità dell’Olimpo. Dove un tempo sorgeva una di queste ville si trova oggi Il Fortino: la villa, acquistata da Mona von Bismarck nel 1938, deve il suo nome al periodo dell’occupazione francese dell’isola di Capri, quando, sotto Gioacchino Murat, venne costruito un fortino di avvistamento. Originariamente costruito sulle rovine del palazzo imperiale di Cesare Augusto, poi ristrutturato sotto Tiberio e poi edificato dal pittore ungherese Hahn nel corso dell’800, il Fortino ha una vista mozzafiato sulla scogliera e un parco che si staglia su due livelli. Su tutto l’edificio si erge una torre medievale merlata. Costituita da quattro case indipendenti (Casina dei Fiori, la Palazzina degli Ospiti, la Palazzina dei Camerieri e Villa Mona), oggi la villa è considerata una tra le residenze più esclusive al mondo, meta del turismo più elitario.
Rientrati a New York, i coniugi acquistarono la residenza in stile georgiano sulla 94esima Strada e l’appartamento sulla Quinta Strada con l’interior design di Syrie Maugham. Inoltre possedevano una proprietà a Long Island chiamata Oak Point con interior design di Delano & Aldrich e una casa a Palm Beach, oltre alla villa di Capri, dove Mona si dilettava col giardinaggio, una tra le sue più grandi passioni.
L’ossessione di Mona per l’haute couture inizia durante il suo matrimonio con Harrison Williams. Il suo amore per il bello la portava a collezionare mobili risalenti al 18esimo secolo, mentre l’immensa disponibilità economica del marito le poteva finalmente garantire il tenore di vita che aveva sempre sognato. Anche dopo aver perso la maggior parte dei suoi investimenti durante il crollo del 1929, Williams resta un uomo ricchissimo e può offrire alla sua splendida consorte una vita da favola.
Per Mona è la consacrazione ufficiale: accanto a Wlliams riesce finalmente a brillare. I due formano una coppia da copertina e lei è ricercatissima dalle riviste patinate, che se la contendono: appare diverse volte su Vogue e su Harper’s Bazaar, immortalata come la nuova dea del jet set statunitense. Bellissima, riesce a rendere sexy la sua canizie precoce; ha lineamenti aristocratici e il portamento è altero, ma l’espressione austera cede talvolta il posto al più amichevole dei sorrisi, specialmente quando Mona brilla in società. Nel circolo dei suoi amici figurano membri dell’aristocrazia europea e teste coronate, statisti, politici, artisti, designer, attori, scrittori e molto altro.
Nel 1933 Mona viene nominata “La donna meglio vestita del mondo” da una giuria che comprendeva couturier del calibro di Chanel, Molyneux, Vionnet, Lelong, e Lanvin. È la prima volta che un’americana ottiene questo prestigioso riconoscimento, seguita l’anno successivo dalla duchessa di Windsor e nel 1935 da Elsie de Wolfe. Inoltre nel 1958 Mona von Bismarck compare sulla Hall of Fame della International Best Dressed List.
Il suo stile prediligeva Chanel, Mainbocher, Lanvin, Vionnet, Molyneaux, Lelong, e soprattutto Balenciaga, di cui fu cliente storica e musa per ben trent’anni. La contessa trovò in Cristóbal Balenciaga un autentico mentore che la iniziò alle magie della moda. Tra i due nacque un vero e proprio sodalizio stilistico: lei musa e lui geniale interprete di creazioni che ancora oggi trovano spazio nei musei. Ma la decisione da parte del couturier di chiudere il suo atelier, nel 1968, getta Mona nella più nera disperazione. Si dice che l’icona di stile si chiuse nella sua camera, nella villa di Capri, per tre giorni, rifiutando di vedere anima viva. Diana Vreeland commentò la reazione della contessa con queste parole: “Voglio dire, era pur sempre la fine di una parte della sua vita!”. Per lei era davvero la fine di un’epoca. Dopo aver superato in spese folli l’ereditiera Barbara Button, acquistando ben 150 capi di Balenciaga dopo che un treno che trainava il suo guardaroba era deragliato, alla fine si consolò con Hubert de Givenchy.
“Cosa mi importa se la signora Harrison Williams è la meglio vestita in città?”: cantava Cole Porter nel 1936 in Ridin’ High, mentre Truman Capote modellò a immagine e somiglianza della contessa il personaggio di Kate McCloud nel suo romanzo Preghiere esaudite, uscito postumo nel 1987. Nel 1943 Mona viene ritratta da Salvador Dalí. Il quadro desta scalpore in quanto la futura contessa viene dapprima ritratta nuda. Mona resta scandalizzata da cotanta audacia e si rifiuta di pagare l’artista finché non vengano aggiunti dei vestiti. Dopotutto era stata la donna meglio vestita al mondo per undici anni di fila! Alla fine lei fu una dei pochi estimatori di quel ritratto. Numerose le sue apparizioni su Vogue, la contessa viene ritratta soprattutto da Cecil Beaton, che trovò in lei la sua modella preferita ed una vera e propria musa: si tramanda che nelle sessioni fotografiche che la riguardavano, non vi era foto da scartare, data l’impressionante fotogenia della contessa. Eccentrica e sopra le righe, Mona von Bismarck aveva una vera e propria mania per i colori en pendant, e pretendeva che i suoi valletti indossassero uniformi blu quando la accompagnavano agli eventi mondani con la sua Rolls Royce blu.
Hubert de Givenchy disse di lei: “Era splendida, proprio come nel ritratto di Dalí, e aveva sedotto 5 mariti. Andava matta per le perle e ne comprò a chili durante la crociera nei mari del Sud. Nel suo appartamento di New York aveva due ascensori regolati a velocità diverse, il più veloce dei quali era riservato ai domestici, affinché potessero sempre precederla e aprire la porta al suo ingresso.
L’eccesso faceva parte di lei, mentre il suo stile può essere definito come un dandismo al femminile. Emily M. Banis, brillante studentessa presso il Fashion Institute of Technology di New York, ha dedicato alla celebre icona la sua tesi di laurea, intitolata “Mona: Portrait of a Female Dandy.” Mona era una dandy in gonnella, che modellò un’intera esistenza sul bello e su questo effimero ma potente ideale fondò il suo look e il suo lifestyle. Mona creò se stessa, sopravvivendo ad un’infanzia infelice. È vero, i detrattori sottolineano che, nonostante i suoi numerosi viaggi e le sue dimore principesche tra Parigi e Capri, non si preoccupò mai di imparare l’italiano né il francese, che non era solita leggere, e che le sue lettere probabilmente non sono un capolavoro di retorica. Ma sapeva scegliere con cura gli arredamenti, curava personalmente giardini lussureggianti, organizzava cene superbe e indossava abiti perfetti. La contessa amava nuotare, ricamare, coltivare tulipani e dedicarsi ai suoi amati cagnolini, tra i quali spicca Mickey, un bastardello che Mona adorava e che fu immortalato al suo fianco in alcuni scatti realizzati da Cecil Beaton.
Il matrimonio di Mona ed Harrison Williams durò ben 27 anni, fino alla morte di quest’ultimo, avvenuta nel 1953. All’indomani della dipartita di Williams, il New York Times recitava così: “L’unica ragione per cui gli Harrison Williams non vivevano come principi è che i principi non potevano permettersi di vivere come loro”.
Se i primi tre mariti le diedero il denaro, è col quarto che Mona ottiene anche il titolo nobiliare a cui anelava da sempre. Nel gennaio 1955 Mona sposa il suo amico di vecchia data e confidente Albrecht Edward Heinrich Karl, conte di Bismarck-Schönhausen, un decoratore di interni di discendenza aristocratica, figlio di Herbert von Bismarck e nipote del cancelliere tedesco Otto von Bismarck. I rumours dicono che Edward sia gay. Sebbene gli sia stato diagnosticato un cancro allo stomaco, il conte vive per altri 16 anni. Il matrimonio venne celebrato con rito civile nel New Jersey e poi con rito religioso a Roma, nel febbraio 1956. I coniugi Bismarck vissero per la maggior parte a Parigi, nel famoso appartamento presso l’Hôtel Lambert, e nelle residenze di Mona, tra New York e Capri. La vediamo ritratta dal fedele Cecil Beaton nel 1955 nel sontuoso abito Balenciaga, regale tra i mobili rococò del suo hôtel particulier e i capelli pettinati in stile Pompadour.
Nel 1970 il conte Edward von Bismarck muore. Alla vigilia dei 74 anni Mona è di nuovo vedova. L’anno seguente, nel 1971, sposa il fisico di Bismarck, Umberto de Martini, a cui ella stessa dona un titolo nobiliare ottenuto dal re Umberto II di Savoia. Lei, che aveva sempre prediletto uomini molto più grandi, ora si legava a un uomo più giovane di 14 anni, destando nuovamente scandalo. Credeva che Umberto avrebbe badato a lei, ma lui aveva un’amante in Inghilterra e non era animato da sentimenti onesti: de Martini prosciugò l’eredità di Mona, inventando clamorose bugie, come la prossima apertura di una clinica, alibi per depositare ben tre milioni di dollari in una banca svizzera. Dei 90 milioni di dollari ereditati da Mona alla morte di Williams ne restavano ora solo 25. Nel 1979 Umberto muore prematuramente a seguito di un incidente automobilistico. È in quel momento che Mona realizza che de Martini l’aveva sposata solo per interesse, esattamente come lei aveva fatto con Schlesinger, Bush e Williams. A quel punto torna ad usare il cognome di Bismarck. Ormai delusa e sfiorita, vive altri 4 anni, morendo a New York il 10 luglio 1983, all’età di 86 anni. Viene sepolta a Long Island, vestita con un abito Givenchy, accanto ai due mariti Harrison Williams ed Edward von Bismarck.
L’amico storico Cecil Beaton andò a trovarla a Capri durante la vecchiaia e restò spiazzato: in lei non vi era più traccia della proverbiale bellezza che da sempre era stato il suo segno distintivo. I capelli ora erano tinti di un banale castano, la figura appesantita, lo sguardo spento. “È un relitto”, commentò a malincuore Beaton. “Ha dipinta in volto una grottesca maschera che copre ciò che resta dei suoi lineamenti nobili. Le labbra sono ingrandite come quelle di un clown, le sopracciglia disegnate con un tratto sottile di nero”, descrisse Beaton, fino ad ammettere, commosso: “Il mio cuore piange per lei”. Era il tramonto di una stella. Ora toccava scendere dalla giostra, ora toccava fare il bilancio di una vita non sempre vissuta secondo la morale comune. Ma, certamente, vissuta al massimo.
Poco prima della morte, Mona aveva fondato il Mona Bismarck American Center for Art and Culture, con sede a Parigi, istituito allo scopo di promuovere le relazioni culturali tra Francia e Stati Uniti. La fondazione a suo nome registrata a New York ha ancora oggi un centro culturale a Parigi e uno spazio espositivo sito di fronte alla Torre Eiffel. Nata allo scopo di promuovere attività artistiche, scientifiche, letterarie ed educative, la fondazione negli ultimi venti anni ha organizzato più di 70 mostre, aperte al pubblico e gratuite.
Ma alla morte della contessa, il figlio Robert Henry rivendica i suoi diritti sull’eredità della madre, di quella stessa madre rea di averlo abbandonato ancora bambino, barattandolo con una cospicua buonuscita. La villa di Capri dovette quindi essere venduta, per far fronte all’eredità ora contesa.
Inoltre la contessa aveva donato nel 1976 le sue foto e parte dei suoi scritti alla Filson Historical Society. Le lettere di Mona Strader Bismarck sono datate 1916-1994 e sono costituite perlopiù dalla corrispondenza personale della contessa, e includono missive della Duchessa di Windsor, di Diana Vreeland, Gore Vidal, Randolph Churchill, Constantin Alajalov, l’illustrazione di copertina per il New Yorker e il Saturday Evening Post, e, ancora, lettere a Jean Schlumberger, Hubert de Givenchy, Cecil Beaton e molti altri. Una lettera di Constantin Alajalov era indirizzata a Mickey, che era stato anche ritratto da Alajalov. Mona amava i suoi cagnolini e ne ebbe numerosi nel corso della sua vita. Alla morte di Mickey ricevette tante lettere di condoglianze quante ne riceverà per la dipartita del terzo marito, Harrison Williams. Le lettere offrono uno sguardo intimo sulla moda e sulla società dell’epoca, come anche sulle posizioni inglesi ed europee rispetto al secondo conflitto mondiale. Bettina Bergery è destinataria e mittente di molte delle missive: costei era la modella preferita di Givenchy e moglie di Gaston Bergery, ambasciatore del governo di Vichy nell’Unione Sovietica e in Turchia.
La Collezione Fotografica di Mona Strader Bismarck copre gli anni dal 1860 al 1979 e include i bellissimi scatti di Cecil Beaton, le foto di famiglia, dei numerosi mariti, degli amici e della contessa immortalata nel suo giardino a Capri e nel suo appartamento all’Hôtel Lambert a Parigi. Nel 1967 Mona von Bismarck aveva inoltre donato al Museo di Storia Naturale della Smithsonian Institution la collana con pendente che incorporava lo zaffiro blu dello Sri Lanka di 98.6 carati. L’istituzione rinominò in suo onore il gioiello come “La collana con zaffiro Bismarck”. Nel maggio 1986 la parte della sua eredità che comprendeva altri gioielli di valore fu battuta all’asta presso Sotheby’s a Ginevra: faceva parte di questa una sua famosa collana a due strati di perle, che fu venduta a più del doppio rispetto alla stima iniziale, per 410.000 dollari.
Nonostante gli scandali e gli eccessi, la bellezza e la vita glamour di Mona von Bismarck non sembrano essere sopravvissute alla morte di quest’ultima. Pochi scrivono di lei, sebbene sia stata una figura fondamentale in termini di stile ed eleganza; manca una biografia completa e l’unico testo degno di nota che la riguarda sembra essere “Kentucky Countess: Mona Bismarck in Art & Fashion” di James D. Birchfield. Resta la parabola di una donna che ottenne dalla vita tutto ciò che voleva, ma il cui sguardo appare triste e malinconico nella maggior parte delle foto che la ritraggono.
Ecco anche quest’anno la festa degli innamorati, San Valentino, occasione per fare shopping e per dimostrargli il nostro amore attraverso un pensiero, che sia una sorpresa romantica o un piccolo dono. E mai come in questo caso è necessario avere una guida per acquistare il regalo giusto, quello che lo farà sciogliere.
Diciamo la verità, scegliere il regalo giusto per un uomo non sempre si rivela impresa facile: ma oggigiorno è diventato più semplice grazie all’ampia gamma di proposte pensate appositamente per la festa degli innamorati. E se per la donna il regalo evergreen per quest’occasione sembra essere ancora costituito dalla lingerie, lo stesso si può dire per l’uomo: tantissimi sono i brand che propongono idee regalo per lui, tra boxer divertenti a tema San Valentino.
Un tripudio di cuori sembra fare capolino dalle proposte ASOS, per prezzi modici e tanta ironia. Tante sono le proposte di Paul Smith, mentre per un regalo sofisticato Derek Rose propone una vestaglia in pura seta dal gusto retrò, per veri intenditori.
Un capo irrinunciabile del guardaroba maschile, ora tornato in auge, sono i gemelli: quest’accessorio prezioso e sofisticato può rappresentare il regalo ideale, che lo stupirà. E anche qui le proposte sono tantissime e non è necessario disporre di un budget eccessivo per acquistare un paio di gemelli dall’appeal intramontabile.
Per un regalo classico si può scegliere un orologio: anche in questo caso si passa dal prodotto di lusso al più economico ma sempre con stile. Un regalo originale potrebbe essere un kit da barba, come quelli proposti da Men’s Society, oppure un set da golf, come quello in vendita da Harrods, disponibile anche online.
Gemelli smaltati Hugo Boss, 67,99 €
Trench Burberry London, 1.576,38 €
Acqua di Parma, 80,47 €
Vestaglia in seta Derek Rose, 1.451,07 €
Orologio ASOS, 45,99 €
Polo Ralph Lauren, 98,94 €
Mocassini Gucci, 396,75 €
Lalique for Bentley, 3.957,45 €
Portafoglio in pelle Hugo Boss, 124,99 €
Orologio Vivienne Westwood, 408,99 €
Kit da barba Men’s Society, 35,99 €
Set Crème de la Mer, 395,75 €
Boxer a pois Paul Smith, 42.99 €
Orologio Frédérique Constant, 2.308,51 €
Set da golf Harrods, 46,10 €
Portacarte Polo Ralph Lauren, 50,99 €
Boxer ASOS, 7,49 €
Mocassini Tod’s, 342,98 €
Boxer ASOS, 7,49 €
Calzini in filato ritorto Paul Smith, 23,99 €
Se il vostro lui veste in modo classico, quale migliore regalo del trench Burberry London? E se le vostre tasche non possono permetterselo, ecco venire in vostro soccorso l’intramontabile polo Ralph Lauren, un classico del guardaroba maschile, autentico passepartout. Per la cura del corpo e della persona potete scegliere tra innumerevoli proposte, da Acqua di Parma fino al pregiato set firmato Crème de la Mer.
Sta per arrivare anche quest’anno il giorno di San Valentino e, come da tradizione, i regali diventano fondamentali. Non c’è coppia di innamorati che si rispetti che per questa giornata dedicata all’amore non pensi ad un dono speciale da regalare alla propria dolce metà.
Che si tratti di acquisti importanti o di un semplice pensierino, è importante avere una guida per non perdersi nel labirinto delle innumerevoli offerte. E se è vero che il sentimento d’amore può trovare il dono perfetto anche in un fiore, a volte le proposte per il giorno di San Valentino sono così carine e allettanti che viene proprio voglia di andare a fare shopping.
Il regalo per eccellenza per la propria fidanzata in questa ricorrenza è forse un capo di lingerie: il rosso è il colore simbolo dell’amore e tantissimi sono i brand che propongono collezioni dedicate al giorno degli innamorati. E chi meglio di Dita Von Teese poteva creare una linea di lingerie pensata per enfatizzare le curve? Tante sono le proposte della burlesque performer, che ha avuto notevole successo anche nella veste di fashion designer. Come di consueto Yamamay sforna una collezione dedicata al San Valentino: rosso e fucsia le nuance prevalenti, tra négligé di seta e completini ad alto tasso di seduzione.
Dolce & Gabbana dedicano alla ricorrenza di San Valentino una vasta gamma di abiti ed accessori: tra cuoricini e strass ecco una grande scritta che celebra la festa degli innamorati. Dagli abiti alle borse interamente ricoperte di cuori fino alle custodie per iPhone ricoperte di strass: il regalo giusto è a portata di mouse, dal momento che l’intera collezione è disponibile sul sito del duo di stilisti.
Tante sono le idee regalo per lei, dall’intramontabile borsa Chanel, preferibilmente a forma di cuore, come nel modello vintage risalente al 1995, fino al gioiello per eccellenza, un solitario pregno di promesse per un futuro pieno d’amore. Ma non sempre è necessario un grande budget per scegliere il regalo giusto: su ASOS c’è infatti disponibile un’ampia selezione di mini gadget e pensierini pensati appositamente per chi non dispone di budget milionari.
SFOGLIA LA GALLERY:
Borsa Chanel vintage 1995, prezzo su richiesta
Push up Dita Von Teese, 50 €
Pochette in gomma Lulu Guinness, 345,99 €
Rossetto Anna Sui, 32,99 €
Fornasetti, 151,70 €
Tazza smaltata Sass & Belle, 8,49 €
Vestaglia in seta Agent Provocateur, 389,15 €
Reggiseno in pizzo Stella McCartney Lingerie, 138,51 €
Vestito Dolce & Gabbana a tema San Valentino, 2.110,64 €
Scarpa Valentino, 857 €
Libro Sex Tips, 4,99 €
Piastra per capelli ghd Gold V Classic Styler, 181,99 €
Anello Pomellato, 1.939,15 €
Fiaschetta tascabile stile pozione d’amore Skinnydip, 21.99 €
Pochette Dolce & Gabbana, 1.022,34 €
Sottoveste a canotta con reggicalze Ann Summers, 63,99 €
Champagne Armand de Brignac, 626 €
Marilyn Monroe, anni Quaranta
Reggiseno strutturato Yamamay, 35,99 €
Nastro da corpo Bluebella, 22,99 €
Foto di Nicole Nodland
Sottoveste Yamamay, 25,99 €
E se volete brindare al vostro amore, quale modo migliore per farlo delle bollicine di un ottimo champagne? Coniuga il glamour al gusto il classico Armand de Brignac, per autentici gourmet. Per tornare al tema lingerie, bellissime sono le proposte di Agent Provocateur e Stella McCartney Lingerie, mentre un altro regalo che la vostra lei potrebbe apprezzare molto è la mitica pochette a forma di labbra firmata Lulu Guinness. In ogni caso, qualsiasi regalo scegliate, non dimenticate l’ingrediente più importante per vivere al meglio la ricorrenza del 14 febbraio: passione e tanto tanto amore.