Dal 9 al 12 settembre nella capitale prende vita il festival RO_map, un’iniziativa che trasforma letteralmente il cuore di Roma in un museo a cielo aperto esplorando le più innovative frontiere dell’arte digitale applicata alle architetture e agli spazi urbani. Ideato da Michele Cinque, il RO_map è prodotto da Lazy Film con il sostegno di Roma Capitale e fa parte dei progetti realizzati per l’Estate Romana.
Il collettivo francese Coin, in prima nazionale, reinterpreterà la suggestiva cornice del Circo Massimo con l’installazione monumentale Globoscope: 256 sfere luminose che, disposte su più di 2000 metri quadrati e controllate da un sistema wireless: l’arena diventerà un autentico paesaggio digitale. Matematica, suono e luce saranno utilizzate dall’artista digitale Maxime Houot per riprodurre, trasformare e incrementare lo spazio urbano e per offrire agli spettatori una passeggiata surreale.
Il festival continuerà poi a Piazza Navona. La facciata rinascimentale della Chiesa di Nostra Signora del Sacro Cuore verrà trasformata dalle proiezioni in 3D degli artisti bolognesi Apparati Effimeri, che giocheranno con l’estetica delle architetture creando una sinergia di colori, suoni, luci e immagini dall’alta spettacolarità. A tutti gli spettatori presenti saranno distribuiti gli appositi occhialini 3D.
La grande bellezza di Roma apre così le porte al mappingarchitettonico, un’arte digitale che attraverso proiezioni 2D-3D trasforma le architetture che ospitano la performance in veri e propri stage o schermi di proiezione. In sottofondo, la musica si coniuga perfettamente con questi straordinari e giganteschi effetti visivi, creando una piattaforma pluri-sensoriale di grande suggestione.
Programma:
– Mercoledì 9 e Giovedì 10 Settembre 2015: Circo Massimo (Via dei Cerchi – Roma), Mostra installazione Globoscope – Collettivo Coin dalle ore 20.30 alle ore 24.00
– Venerdì 11 e Sabato 12 Settembre 2015: Chiesa di Nostra Signora del Sacro Cuore (Piazza Navona – Roma), Mapping stereoscopico (3D) – Apparati Effimeri dalle ore 21.00 alle ore 24.00.
Nel panorama della moda anni Sessanta una figura unica nel suo genere è stata Irene Galiztine.
Sangue blu nelle vene, Irene nasce nel 1916 a Titflis, nel Caucaso, dalla Principessa Nina Larazeff e da Boris Galitzine, ufficiale della Guardia Imperiale.
Portata a Roma ad appena un anno dalla madre, profuga della Rivoluzione d’Ottobre, viene accolta nella Capitale dai duchi Sforza Cesarini e viene educata come si addice ad una nobildonna: frequenta il famoso Sacro Cuore di Trinità dei Monti, antica e prestigiosa scuola privata dove venivano iscritte le ragazze della Roma bene; successivamente completa la sua formazione studiando Storia dell’arte, sempre a Roma, inglese a Cambridge e francese alla Sorbona.
La giovane Irene, capelli corvini e charme caucasico, è un’esponente di spicco dell’aristocrazia romana ed internazionale. Nel 1945 inizia la sua carriera nella moda, lavorando come indossatrice presso lo storico atelier delle sorelle Fontana, dove cura anche le public relations.
Dopo essere rimasta affascinata dalla moda pagina, nel 1947 apre la propria sartoria, in via Veneto. La principessa veste Balenciaga, Dior, Fath e per il suo atelier compra i modelli direttamente da Parigi.
La sua prima collezione è del 1958 ed è firmata a quattro mani, con il supporto del genio di Federico Forquet: mannequin d’eccezione è la contessa Consuelo Crespi, fashion editor di Vogue US. Inizia così il mito di Irene Galitzine. L’anno seguente sfila con la sua collezione di alta moda P/E negli Stati Uniti d’America e un suo abito nero da cocktail vince il primo di una lunga serie di riconoscimenti.
Ma è nel 1960 che Galitzine entra nella storia della moda, rivoluzionandone i canoni vigenti di eleganza, grazie all’invenzione del pigiama palazzo, che la rende famosa a livello mondiale. Il pigiama palazzo, così denominato da Diana Vreeland, celebre fashion editor di Harper’s Bazaar e Vogue US, è una rivoluzione assoluta: reinterpretando il tradizionale abito da sera, Galitzine abbina ad una blusa dei pantaloni ampi decorati con frange o perline. Il pantalone palazzo, fluido e comodo, segna la nascita di un’eleganza nuova, disinvolta e finalmente senza costrizioni. Il capo simbolo dello stile Irene Galitzine è subito amato dal jet-set internazionale e da Palazzo Pitti il nuovo trend si diffonde oltreoceano, grazie alla Vreeland e alle foto da lei volute, nella prestigiosa location di Palazzo Doria.
Simbolo di un’epoca, la couturière diventa ambasciatrice del Made in Italy con Emilio Pucci. Il suo stile innovativo e femminile, pregno della formazione cosmopolita della designer, miete consensi. La cura nella scelta dei tessuti, unita alle suggestioni etniche delle sue creazioni, rivelano la sua origine russa, mentre l’appeal sofisticato delle sue collezioni svela il suo gusto fortemente influenzato dalla moda francese.
Dopo aver vinto l’Oscar per la moda, Irene crea la linea “Boutique Galitzine- Roma”, in cui sperimenta l’uso di pellicce. Nel 1962 partecipa all’Italian Fashion Show organizzato a Tokyo da Alitalia, in occasione del primo volo della compagnia verso la capitale giapponese. L’anno seguente riceve una missiva da Jacqueline Kennedy, la quale si dice assolutamente entusiasta del suo stile e le chiede dei bozzetti. Invitata alla Casa Bianca, diviene amica sincera della First Lady e con le sue creazioni conquista la sorella di Jackie, Lee Radzwill.
Protagonista della Dolce Vita romana, Galitzine vola poi alla conquista di Hollywood, dove firma i costumi per film come “La caduta dell’impero romano”, con Sophia Loren, e “La pantera rosa”, con Claudia Cardinale.
Tra le sue clienti più affezionate troviamo Marella Agnelli, Audrey Hepburn, Paola del Belgio, Guy de Rotschild, Soraya, la Duchessa di Windsor, Liz Taylor, Merle Oberon, Anna Maria di Grecia e Ira Fürstenberg.
Successivamente è la volta del lancio di una linea di cosmetici, la “Princess Galitzine”, distribuita a New York da Bergdorf Goodman e Saks, seguita dal profumo Irene. Il lancio delle collezioni prêt-à-porter a Roma vede la partecipazione dell’aristocrazia e del jet-set, con una mannequin d’eccezione come Claudia Ruspoli.
Nel 1974 Irene Galitzine viene mominata Cavaliere della Repubblica Italiana. Nel 1988 viene invitata da Raissa Gorbaciova a sfilare a Mosca. Nel 1990 il marchio viene acquistato, dopo due fallimenti, dalla societa Xines, ma Irene continua a disegnare le proprie collezioni.
La celebre designer si spegne a Roma nel 2006, all’età di novant’anni. Nello stesso anno una mostra ne celebra lo stile, mentre i suoi pigiama palazzo fanno parte della collezione permanente di musei come il Metropolitan Museum di New York, il Victoria and Albert Museum di Londra e il Museo del Costume di San Pietroburgo.
Nel gennaio 2013 il marchio è stato affidato a Sergio Zambon, che è riuscito a rilanciare il brand senza snaturarne la personalità, rendendo ancora onore al mitico pigiama palazzo.
“La bellezza di una donna non si esaurisce nei vestiti” è l’insegnamento che la grande couturière ci ha lasciato.
Anton Giulio Grande ha portato in scena le sue dame settecentesche alla Galleria d’Arte Benucci di Roma per la presentazione della sua Haute Couture
Uno scenario d’altri tempi per Anton Giulio Grande, lo stilista calabrese che in occasione di AltaRoma 2015 ha portato in scena dame e cortigiane avvolte da splendidi abiti monumentali che hanno fatto rivivere il ‘700 tra le sale della Galleria d’Arte Benucci di Roma.
Lo stilista ha scelto di aprire così AltaRoma per presentare la collezione Haute Couture, i visitatori si sono destreggiati tra letti a baldacchino, una moto d’epoca, specchi settecenteschi e grandi tavolate di legno intarsiate sapientemente.
Su ogni pezzo d’epoca apparivano con aria eterea e sensuale dame dal piglio malizioso che giocavano con abiti dagli spacchi e scolli generosi, tessuti leggeri, impalpabili, impreziositi da cristalli, macramè, velluti, swarovsky.
Donne fasciate da bustini, abiti in pizzo, taffetà plissettato, creazioni realizzate dalle sapienti mani dello stilista calabrese Anton Giulio Grande.
Anche il make up e i capelli sono stati curati nel minimo dettaglio, realizzando acconciature settecentesche e trucco alla Maria Antonietta di Sofia Coppola.
Una kermesse piacevole, ricca ed elegante. Uno stilista di grande talento che ha reso possibile un perfetto connubio tra modernità e tradizione in modo impeccabile.