Nella sicurezza informatica il termine malware indica un qualsiasi software creato allo scopo di causare danni a un computer, ai dati degli utenti del computer, o a un sistema informatico su cui viene eseguito. Il termine deriva dalla contrazione delle parole inglesi malicious e software e ha dunque il significato di “programma malvagio”; in italiano è detto anche codice maligno.
Abbiamo analizzato alcune delle informazioni che Google ha reso disponibili nella sezione navigazione sicura del suo rapporto sulla trasparenza.
La tecnologia navigazione sicura di Google esamina miliardi di URL al giorno alla ricerca di siti web non sicuri molti dei quali sono siti web legittimi che tuttavia sono stati compromessi, ovvero “iniettati” di codice ed usati per diffonderlo.
I siti definiti da Google “non sicuri” rientrano in due categorie che costituiscono entrambe una minaccia per la privacy e la sicurezza degli utenti:
• I siti di malware – contengono codice per l’installazione di software dannoso sui computer degli utenti. Gli hacker possono utilizzare questo software per acquisire e trasmettere informazioni private o riservate degli utenti.
• I siti di phishing – sono apparentemente legittimi ma tentano invece di indurre con l’inganno gli utenti a digitare nome utente e password o a condividere altre informazioni private. Alcuni esempi comuni sono le pagine web che assumono l’identità di siti web di banche o negozi online regolari.
Quasi mezzo milione di siti di malware
Il numero dei siti contenente malware continua a crescere, raggiungendo un nuovo picco di 489.801 nel mese di ottobre del 2015. Una crescita del 160% rispetto allo stesso periodo del 2014.
Un sito web che è stato infettato da malware in grado di installare software dannoso sul computer se lo si visita. Gli aggressori utilizzano spesso il software per rubare informazioni sensibili, come i dati della carta di credito e numeri di previdenza sociale, e le password per accedere a social network e posta elettronica.
In particolare le mail sono importanti perchè spesso – senza rendercene conto – contengono le “recovery”, ovvero il sistema che usiamo quando cambiamo password per molti siti, tra cui conti bancari e paypal.
Secondo Google attualmente sono 293,747 i siti di phishing su Internet, rispetto ai 113.132 di luglio dello scorso anno.In questo caso siamo la crescita è del 150% in soli sette mesi.
Un sito di phishing tenta di ingannare l’utente, far credere di essere legittimo, simula la pagina di accesso di una banca, di un sito di ecommerce etc. Attraverso queste schermate, e mail in cui si afferma che l’account è compromesso, o si invita a cambiare password, l’utente fornisce i propri dati, consentendo spesso frodi informatiche diffuse.
Esistono molti sistemi di rilevamento che segnalano quando un sito è stato attaccato, e se contiene malware. Molti di questi tool e widget peraltro sono gratuiti. Sviluppati da e per piattaforme come WordPress e Magento, le più diffuse per siti amatoriali, blog, piccoli siti di ecommerce, e normalmente anche quelli più attaccati perchè spesso sviluppati a livello poco più che amatoriale, e altrettanto spesso allocati su hosting molto economici, senza badare all’acquisto di pacchetti di sicurezza.
Un dato molto interessante è il tempo di risposta estremamente lenta da parte del gestore/amministratore del sito alla notifica che il suo sito è compromesso. Si arriva anche a tre mesi. Questo periodo non è generalmente dovuto ad apatia, o a scarso interesse, ma da un lungo intervallo di tempo tra quando viene compromesso un sito e il suo rilevamento.
Ma è anche dovuto al fatto che molti pagano siti pensando che poi “facciano tutto da soli” e che un sito sia di per sé sicuro. Molti non considerano la sicurezza una priorità ma un onere. Molto infine dipende dal fatto che spesso i siti vengono creati in modo amatoriale e che i loro creatori – improvvisati deesigner che personalizzano i design di wordpress – non sanno che fare, come risolvere il problema, e non sono disposti a spendere 100 dollari per un software che risolva il problema.
Non a caso il malware – come i virus – è tanto diffuso anche perchè è un business per molte aziende che “curano” il problema, ma anche per i servizi di hosting per vendere pacchetti più costosi, implementazioni, azioni di manutenzione, specie se i siti cominciano ad avere un certo numero di visite.
Tutti questi, e non solo questi, sono i problemi della nuova era del web.
Quando hanno venduto al mondo la necessità di avere tutti un sito, e che questa fosse un’azione facile e gratuita alla portata di tutti. Oggi questo patrimonio di siti web sparsi per il mondo “va messo a reddito” e spesso la diffusione di malware è un modo per vendere servizi aggiuntivi.
La riflessione ovviamente è aperta, e credo che i dati riportati possano offrire ulteriori spunti di riflessione.