La 15ma personale dell’artista Andrea Bianconi, “Invisible dance”, approda a Houston

ANDREA BIANCONI | INVISIBLE DANCE  

BARBARA DAVIS GALLERY, HOUSTON – TEXAS

12 GENNAIO- 2 MARZO 2024 

OPENING VENERDÌ 12 GENNAIO 2024 – 18.00 – 20.30

19.30 PERFORMANCE BY ANDREA BIANCONI & RICHARD HUBSCHER


La Galleria Barbara Davis, prestigioso indirizzo al 4411 Montrose Blvd, Houston, in Texas, presenta “Invisible Dance”, la quindicesima mostra personale di Andrea Bianconi organizzata dalla Galleria per l’artista italiano che si aprirà venerdì 12 gennaio 2024 dalle 18.00 alle 20.30.

Durante l’opening, alle 19.30 si svolgerà la performance di Andrea Bianconi e Richard Hubscher.

In questa mostra, Andrea Bianconi introduce un’irresistibile sfocatura: cosa esiste tra l’anima e il corpo? Dove si allineano il razionale e l’irrazionale? Quando la finzione diventa realtà?

L’artista esamina in modo giocoso il nucleo del suo io, mescolando magistralmente una creatività leggera con idee profondamente introspettive. Per Bianconi, il velo diventa un veicolo ovvio per esplorare i suoi concetti fantastici e allo stesso tempo fondati. Il velo stuzzica la comprensione, dando un’idea di ciò che sta sotto. Oltre alle sue frecce, Andrea Bianconi manipola la trasparenza morbida nei suoi disegni, nelle sculture e nelle performance. Esplora la dissonanza cognitiva creata dal vivere l’esperienza umana e, così facendo, ci permette di sbirciare sotto il suo velo. Seguiamo la sua interminabile linea di interrogazione, perdendoci nelle pieghe delicate e negli strati misteriosi. Il velo stesso presenta una verità nascosta che danza con la fisicità: cos’è che non riusciamo a vedere completamente? Non riusciamo a comprendere appieno? È quella cosa che stiamo inseguendo, come le frecce inquiete di Bianconi.

In un corpo di lavoro veramente contemplativo, Andrea Bianconi decide che questa meraviglia profondamente umana è una storia d’amore elettrica con il proprio mondo. Ad ogni nuova prospettiva, camminando intorno alle sue opere, si scopre un nuovo strato di significato e un nuovo livello di connessione. Con le sue sculture, Bianconi considera la vita e la sua fragilità temporale giustapposta alla celebrazione estetica della vita.

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CHIARA MAZZOCCHI – BODY PERFORMANCE DEL SUBCONSCIO

"White-Metamorphosis" di Chiara Mazzocchi
“White-Metamorphosis” di Chiara Mazzocchi



Certamente buona parte dell’indagine artistica dagli anni Novanta sino ai giorni odierni riguarda il corpo umano, sì come luogo misterioso, ma anche, paradossalmente, come veicolo di autoconoscenza.


Questo trend si colloca nella storia dell’arte come corollario della liberazione del corpo dai vincoli imposti da un’etica molto rigida, per poi arrivare in Occidente a una sua liberazione ed emancipazione, fino al culto della sua celebrazione nei consumisti anni Ottanta fino ad oggi.


In abbigliamento questo ha significato per la donna l’abbandono dei rigidi busti, passando attraverso la rivoluzione di stile voluta dalla lungimirante stilista francese Coco Chanel, che ha liberato il corpo femminile prendendo in prestito le silhouette dal guardaroba maschile, come in molti di noi sappiamo.


Tornando all’arte, sicuramente il processo di liberazione del corpo ha avuto un punto di svolta quando, nei tardi anni Settanta, alcuni artisti hanno iniziato ad usare il corpo stesso come unico strumento espressivo. Stiamo parlando della body art e della performance.


La performance è il campo indagato anche dalla ligure Chiara Mazzocchi, classe 1978, la quale, con la video art e la fotografia, ha fatto della propria alienazione il fil-rouge della sua produzione, nonché il suo sostentamento principale.
L’avvicinamento all’espressione artistica è un bisogno viscerale: “L’Arte – dichiara Mazzocchi – è per me una necessità fisica e mentale. È più forte della mia voglia di vivere”.


La sua ricerca artistica esplora la fotografia, la videoarte e la performance tramite processi interiori consapevoli, motivo per il quale Chiara lavora su sè stessa utilizzando la tecnica dell’autoscatto fotografico e dell’autoripresa video con una reflex in modalità manuale e premendo il telecomando durante la fase del processo da lei definito come “lettura di se stessa”.
Mazzocchi non vede sé stessa né durante lo scatto, né durante l’autoripresa: questa metodologia viene da lei usata come auto-terapia di ascolto che le permette di connettersi con la sua immagine interna, eliminando aspettative, trasgredendo quando capita le regole fotografiche.


Autodefinisce i suoi scatti “listening” (l’atto di ascoltare,ndr), ovvero proiezioni, visioni, vibrazioni, manifestazioni dell’ascolto guidati dall’emisfero destro del cervello.


L’artista, che vive a Berlino, subisce da sempre la forte attrazione del mistero del corpo. Ex ballerina, ha studiato diversi tipi di danza: contemporanea, jazz, moderna, africana e caraibica.
Per l’artista il corpo è il mezzo più efficace sia simbolico sia psicofisico, quindi veicolo di comunicazione, per parlare con sé stessa, il mondo, il tempo e lo spazio.


Fotografa, regista, performer, maestra d’arte, diplomata in Fotografia e Regia. L’arte per Chiara non è un intrattenimento: è una sfida nel far pensare, è una provocazione, spesso un disturbo, una costante ricerca di verità, un mezzo per scuotere le coscienze.
Motivo per il quale la sua ricerca artistica-concettuale che nasce da un bisogno fisico, in ascolto con il corpo, è basata nell’autoscatto fotografico e nell’auto ripresa video fusa nella performance, nel quale il corpo si dona liberamente come mezzo simbolico e psicofisico di scambio con se stessa in connessione con lo spazio attorno.
Nei suoi autoscatti e nei suoi video descrive l’incoerenza e il disagio che la coscienza universale ci ha messo in condizione di vivere.


L’intento è attivare la stimolazione del fruitore attraverso l’autoanalisi, ovvero il “sentirsi” coinvolti in un processo di “lettura interiore”.


"Wannsee" di Chiara Mazzocchi
“Wannsee” di Chiara Mazzocchi

The soloist of Performance Art

La macchina infernale delle settimane della moda donna, al via tra pochi giorni, è in fermento per la collaborazione che vedrà la “madre” dell’arte performativa mettersi al servizio del brand Givenchy , per la prima volta sulle passerelle della Grande Mela.

Storica amica del direttore creativo, Riccardo Tisci, a lei sarà affidata la direzione artistica del fashion show.
Indiscrezioni svelano che sarà un tributo alla famiglia e all’amore, nel segno della passionalità e del crudo realismo a cui l’artista ci ha abituati.
E per celebrare tale evento di attualità, D-Art dedica alla performer serba un editoriale fotografico, ripercorrendone i lavori da solista che hanno fatto la storia, dal 1973 al 1976 e dal 1989 a oggi. In ogni performance, dove il corpo diventa soggetto e medium, vengono esplorati i limiti fisici e mentali resistendo al dolore, all’esaurimento e alla pericolosità, unicamente per cercare una trasformazione emotiva e spirituale.

Così ritroviamo il gioco del coltello di Rythm10; l’offrirsi agli spettatori che, con strumenti di qualsiasi foggia, potevano abusare della sua presenza fisica in Rythm0; le bruciature della stella a cinque punte, elemento simbolo della performance Rhythm 5 e la gestualità di spazzolarsi infinitamente i capelli alla ricerca della perfezione, sino a rasentare la follia, di Art must be beautiful. Freeing the body, Freeing the memory e Freeing the voice ricordano, invece, le opere performative estreme che hanno fatto scivolare la Abramovic in uno stato di totale incoscienza. Nella prima muovendo senza sosta il proprio corpo, avvolgendo il capo in una sciarpa nera; nella seconda risucchiando parole dalla propria mente fino a dimenticarle e nella terza urlando fino a restare senza voce. Si arriva a Dragon Heads, dove la performer si è esibita con cinque pitoni sul suo corpo e all’interattiva The Artist is present, quando ha salutato e condiviso le emozioni con il pubblico per tutta la durata della sua personale al Moma di New York.

E’il desiderio di condivisione del Metodo Abramovic a far nascere il MAI (Marina Abramovic Institute), un istituto statunitense unico al mondo, in grado di formare e supportare l’arte performativa. Un luogo dove vengono promosse collaborazioni nel segno dell’arte, della scienza e della cultura, all’ interno di un programma ricco di seminari e workshop. Il MAI è, inoltre, la sede dove vengono insegnati una serie di esercizi, studiati e messi a punto nel corso della carriera quarantennale della poliedrica artista.
Colei che viene riconosciuta democraticamente per le profonde analisi sociologiche e psichiche, senza disdegnare collaborazioni con il mondo della moda, una delle più intense e patinate delle arti.

Photographer Miriam De Nicolò
Fashion Editor Alessia Caliendo
Make Up Michael Mic
Hair Tavin Liu
Model Yifei Li, Women Model Management Milan
Graphic Designer Maria Lombardi
Fashion assistants Caterina Castello, Federica Masci

Tunica e pantaloni over Malloni  Slip on Superstar Adidas
Tunica e pantaloni over Malloni
Slip on Superstar Adidas

 

Giacca tuta training Adidas
Giacca tuta training Adidas

 

Abito lungo Marta Martino
Abito lungo Marta Martino

 

Camicione rigato Lucio Vanotti
Camicione rigato Lucio Vanotti

 

Pantaloni in lana Lucio Vanotti
Pantaloni in lana Lucio Vanotti

 

Abito in pelle Trussardi Stola copricapo Malloni
Abito in pelle Trussardi
Stola copricapo Malloni

 

Tunica e gonna longuette Malloni Stivaletti sportivi Fratelli Rossetti
Tunica e gonna longuette Malloni
Stivaletti sportivi Fratelli Rossetti

 

Felpa a costine Ilaria Nistri Felpa a costine Ilaria Nistri Abito strutturato Marta Martino
Felpa a costine La Roque 
Abito strutturato Marta Martino