Armani Privé: l’Haute Couture di Giorgio Armani si tinge di malva

Ho sempre amato vestire le persone con un solo colore [..] Ieri era il caso del grigio, del blu, del greige. Oggi è la volta del malva. È un tono idilliaco, dolce, che sta bene quasi a tutte. Ha un’aria rassicurante e allo stesso tempo molto ricercata”, riferisce re Giorgio Armani per commentare la nuova tonalità presentata durante la sfilata Haute Couture esibita presso Palais De Tokyo a Parigi.

La collezione Armani Privé Haute Couture primavera/estate 2016, dedicata alle brunediventa un tributo al color malva e a tutte le sue sfumature.

La semplicità delle linee essenziali si arricchisce di sfarzosi ma delicati ricami. Perline, baguette e paillette conferisco ai capi una texture di esclusiva meraviglia. Top, blouson, abiti e perfino semplici dettagli appaiono come un complesso di micro specchi studiato accuratamente per catturare la luce e rifletterla dappertutto.

Le onde delle macro ruches, si adagiano delicatamente su giacche e shorts dalla linea midi, creando un movimento sinuoso e gradevole.

Gli abiti da sera regalano tutto l’eleganza che solo il savoir-faire di Giorgio Armani può realizzare. Possiedono una delicata linea ad A impalpabile, quasi vaporosa e in forte contrasto con i corpetti, rigidi o duttili, senza spalline o con scollatura profonda.

Sotto gli occhi di Charlotte Rampling, Isabelle Huppert, del sindaco di Milano Giuliano Pisapia e Juliette Binoche, scorre lentamente la leggerezza: qualità sempre apprezzata dallo stilista che ama vestire il corpo delle donne con tessuti leggeri come la seta e lo chiffon, da sempre sinonimo di eleganza femminile per Giorgio Armani.

 

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Fascino scandinavo per l’haute couture di Chanel

Una immensa distesa di prati verdi su cui si erge solitaria una costruzione astratta in legno scandinavo, che sembra attrarre i raggi di un pallido sole del Nord: si presenta così il Grand Palais di Parigi, per accogliere il défilé Haute Couture di Chanel. Una collezione Primavera/Estate 2016 ricca di suggestioni, in bilico tra opulenza e minimalismo. La luce tenue dei paesaggi nordici si unisce al lusso tipico della maison francese, tra ricami preziosi, gioielli, chiffon e ruches. Ad aprire la sfilata è Mica Arganaraz, la nuova musa di Kaiser Karl, seguita da top model del calibro di Kendall Jenner, Mariacarla Boscono, la burrosa Gigi Hadid con la sorella Bella.

Il tradizionale tailleur in tweed, emblema della maison, si coniuga ad abiti insolitamente minimal, dall’appeal quasi monacale, tra inediti colletti da educanda e maniche balloon: semplicità e pulizia si arricchiscono dell’unico vezzo costituito da un fiocco bon ton. Si continua con bluse e gonne in seta: torna prepotentemente in auge la gonna longuette, con caviglie scoperte, mentre per la sera il mood è sparkling, tra cascate di cristalli, frange, gonne plissettate e oro all over. L’opulenza sembra essere la parola chiave, per un’eleganza che attinge molto dal Sol Levante. Certi capi drappeggiati ricordano i kimono, mentre le linee sembrano ispirarsi ai costumi delle imperatrici orientali. Anche il make up delle mannequin omaggia il Giappone: i capelli vengono raccolti in uno chignon basso con riga centrale, mentre profuma di Oriente il trucco degli occhi, evidenziati da due linee nere parallele.

Neutrale e sobria è la palette cromatica, che predilige avorio, paglia, nude e beige, insieme al bianco, al nero e al blu navy, mentre piccoli guizzi di colore si ottengono con azzurro e rosa shocking che qua e là fanno capolino su tailleur e abiti. Zeppe in sughero sembrano omaggiare la magia dei paesaggi scandinavi, per una moda eco-friendly, che usa materiali quali la rafia.

La donna Chanel è austera come le donne orientali, rispettosa della natura e dei suoi elementi, ma capace di ostentare un lusso quasi barocco, come l’abito da sposa con strascico, che chiude il défilé. Suggestiva e come sempre teatrale la conclusione della sfilata, con le modelle che si raccolgono nella costruzione in legno su due livelli, quasi una casa di bambole dal sapore scandinavo, dove fa capolino anche Karl Lagerfeld.

Ospiti della sfilata Cara Delevingne, una prorompente Monica Bellucci strizzata in inediti leggings, Gwyneth Paltrow, Anna Wintour, l’italianissima Alessandra Mastronardi e la sempreverde Inès de la Fressange, musa storica di Lagerfeld.

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La valchiria di Atelier Versace conquista Parigi

Una valchiria in abito da sera è la protagonista della sfilata Atelier Versace, che ha inaugurato l’Haute Couture parigina. Donatella Versace riporta la maison ai vecchi fasti, proponendo una collezione Primavera/Estate 2016 sofisticata e grintosa.

Atletica, sinuosa, sicura di sé, la donna Versace calca la passerella esibendo una self-confidence fuori dal comune: come una dea, tra drappeggi, spacchi vertiginosi e nude look mozzafiato, esibisce fieramente la propria femminilità e le curve. L’intero défilé è un tributo alla bellezza femminile. E tante sono le bellezze che si alternano sulla passerella, da Irina Shayk a Rosie Huntington Whiteley, da Mariacarla Boscono a Gigi Hadid a Joan Smalls. Testimonial della sfilata è Rita Ora, strizzata in un mini abito arancione, che enfatizza il suo fisico scolpito.

Atelier Versace restituisce alla donna il potere derivante dalla seduzione: la femme fatale che sfila in passerella sfoggia colori vitaminici che esaltano le curve vertiginose. La palette cromatica indugia in nuance fluo, dal giallo fluorescente all’arancio al blu cobalto, alternati al bianco e nero optical. Nude look enfatizzano il corpo attraverso sapienti cuciture e intrecci strategici: i virtuosismi non si contano, tra reti traspiranti e lacci bondage, per capi ad alto tasso di seduzione. Come una ragnatela, piccoli spiragli di pelle vengono lasciati sapientemente in vista, mentre lunghi abiti da sera in georgette di seta svolazzante conferiscono alla donna un’allure da diva. Colori accesi anche per i mini dress, mentre i bustier enfatizzano le curve femminili. Una haute couture che si ispira all’atletica e alle uniformi degli sportivi, riuscendo contemporaneamente ad enfatizzare la femminilità. Tra i materiali usati spicca su tutti il silicone, tra micropaillettes e giochi cromatici.

Nel front row della sfilata spiccano illustri colleghi designer, da Alexander Wang ad Anthony Vaccarello, che cura la linea Versus, fino a Riccardo Tisci, che ha recentemente scelto Donatella Versace come testimonial Givenchy.

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Da Schiaparelli il pranzo è haute couture

Tavole imbandite, tovaglie, piatti e porcellane, e, ancora, ortaggi e vivande di ogni tipo fanno capolino da lunghi abiti da sera in impalpabile chiffon di seta. Gusci di uova decorano tailleur bianchi dalle proporzioni a trapezio, in pieno stile anni Swinging Sixties, tra shift dress e stivali. La collezione haute couture Primavera/Estate 2016 di Schiaparelli incanta Parigi, tra ironia e suggestioni surrealiste.

Una sfilata all’insegna dell’originalità, che ha visto un inedito mix di spunti variegati. Il risultato sfiora la genialità, tra fiori e piante che sbucano da tailleurini bon ton, ed altri elementi floreali che decorano lunghi abiti da dea, in cui farfalle volano tra drappeggi e ricami. Eleganza nelle maxi gonne plissettate che completano bluse con fiocco, e dolcezza quasi infantile nelle stampe. Ricami traforati e crochet avvolgono abiti da gran soirée, mentre sul candido bianco di tailleur e lunghi abiti compaiono posate e servizi di argenteria. Il direttore creativo della celebre maison di alta moda, Betrand Guyot, celebra la gioia e l’eleganza dell’atto del nutrirsi, tra uova a la coque e teiere.

Un mood di ispirazione vagamente provenzale, nei tessuti che ricordano le tovaglie, si arricchisce di elementi surrealisti, quali aragoste, conchiglie, cuori e labbra. Colpisce la ricercatezza di ogni dettaglio, fino alle scarpe, i cui tacchi rappresentano i baccelli dei piselli, ma in chiave 3D. Ironia protagonista assoluta di questa sfilata, insieme alla gioia di vivere insita nel cibo, come la stessa Elsa Schiaparelli affermava nel lontano 1954. Un ricettario illustrato di sofisticata eleganza, nelle stampe caleidoscopiche ispirate a Louise Bourgeois, mentre le aragoste omaggiano la celebre collaborazione tra la couturier e Salvador Dalí, che risale al lontano 1937.

Nel front row dell’apprezzatissimo défilé spiccano nomi del calibro di Carla Bruni Sarkozy, Michelle Yeoh, Christian Louboutin, Olivia Palermo, Kate Bosworth e Daphne Guinness, ma anche Pier Paolo Piccioli e Maria Grazia Chiuri, i direttori creativi di Valentino. La palette cromatica predilige tanto bianco, ma anche i toni del giallo e dell’arancio, che vengono sublimati in stampe e fantasie di ispirazione culinaria, per una sfilata tra le più apprezzate.

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Giambattista Valli incanta l’Alta Moda parigina

Applicazioni di ruches, fiori che si animano, abiti principeschi che ci invitano a sognare ancora, perché non è mai troppo tardi per farlo.

Giambattista Valli deve tanto a Parigi e a questa città dedica la collezione Haute Couture primavera/estate 2016. Risveglia la sua creatività come i fiori dei favolosi giardini de La Ville Lumière, in primavera. Si lascia guidare dai suoi germogli colorati e turgidi e noi quasi ne percepiamo i loro profumi.

Così occorre lasciarsi avvolgere dall’aurea romantica e misteriosa dei  giardini di Bagatelle, Palais Royal, Luxemburg e Tuileries  per “raccontare quelle fioriture impressioniste che hanno ispirato tanta arte”, spiega il designer.

Valli è il virtuoso dell’Haute Couture. È generoso nel donare agli altri, attimi di pura magia. Le sue creazioni sono teatrali, imponenti ma leggere come nuvole al contempo. Metri e metri di organza imbastita e cucita sapientemente, cristalli lucenti che riflettono la preziosità delle sue creazioni.

Mantelle con chiusura gioiello, pizzi generosi, maniche sbuffo impreziosite da mughetti, peonie e margherite. Abiti cocktails con rose che scivolano a tutta altezza e reti fantasiose che imprigionano i boccioli. Lo stile impero rivive nell’abito in seta e organza rivestito completamente da corolle da mille colori.

L’abilità creativa del designer romano esplode negli abiti da ballo in organza che disegnano una naturale  linea ad A e che riflettono l’incontrovertibile bellezza di questa collezione.

Tanto di cappello, “Giaba”.

 

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Parigi Moda Uomo: l’effortlessy-chic di Hermès

Pulizia, il consueto stile effortlessy-chic e un tocco futurista hanno caratterizzato la sfilata di moda maschile Hermès per la prossima stagione invernale. Véronique Nichanian ha presentato una collezione caratterizzata da un’eleganza disinvolta e rilassata, in linea con lo spirito della storica maison francese. Stile vincente non si cambia, recita un vecchio motto: e in effetti il carattere tipico del brand non viene assolutamente alterato nonostante la designer francese osi, mixando nuance ardite e sperimentando con materiali insoliti.

Nonchalance sembra essere la parola d’ordine per un uomo che, in tempi frenetici e convulsi, sceglie invece di andare controcorrente e rallentare i ritmi: i modelli che si alternano sulla passerella hanno le mani in tasca e indossano comodi pantaloni con elastico in vita. L’uomo Hermès per l’Autunno/Inverno 2016-2017 predilige il parka e i capispalla in pelle. Le silhouette sono gentili, abbondano i colli alti e le sciarpe e la palette cromatica varia dal turchese al mostarda fino al crema, al grigio e al rosa pallido, senza dimenticare l’arancione simbolo della maison, e il cammello. Il nero la fa da padrone, mentre i modelli sfoggiano borse che impreziosiscono la classicità di capispalla come il trench, insolitamente declinati in pelle.

Veronique Nichanian, definita “la sacerdotessa della moda maschile”, coniuga mirabilmente comfort e stile, conferendo all’uomo un tocco di charme moderno e avanguardistico, che non stravolge l’identità del brand. I modelli indossano il consueto foulard d’ordinanza, simbolo per antonomasia della maison francese, mentre ardito risulta a volte il mix & match, specie per quanto concerne la palette cromatica. Inoltre, sempre nel corso della sfilata, è stato presentato il lancio dell’Apple Watch Hermès: dallo scorso 22 gennaio sono disponibili i primi dieci modelli del nuovo nato, con prezzi che variano da 1.300 a 1.780 euro.

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Balmain omaggia la Francia e Napoleone

Una tempesta di cristalli Swarowski e dettagli preziosi invade la passerella Balmain per la collezione Autunno/Inverno 2016-2017. Un omaggio alla Torre Eiffel e a Parigi, per un défilé ricco di suggestioni. La capitale francese, definita da Olivier Rousteing come “la città della luce”, viene rappresentata in una collezione maestosa e principesca. A calcare la passerella è un vero principe, tra giacche impreziosite da cristalli, arabeschi e bomber dorati.

L’uomo Balmain indossa lunghi guanti in pelle e stivali da fantino, tra stampe e nero all over. Tartan, righe, paisley e rombi esaltano il total black delle uscite. Sulla passerella si alternano modelli del calibro di Jon Kortajarena e Lucky Blue Smith, mentre non mancano top model come Alessandra Ambrosio e Lily Donaldson, che indossano la pre-collezione femminile per il prossimo autunno/inverno.

Opulenza e suggestioni sovietiche caratterizzano la sfilata maschile di prêt-à-porter: tra pantaloni in jersey o suede e giacche che ricordano i kimono, abbondano i ricami e i dettagli preziosi. Il principe della Ville Lumière sfila con fusciacca rigida in vita impreziosita da nappine e stivali e giacche in pieno stile military-chic. La personalità di Rousteing segna un altro colpo, per una collezione altamente evocativa, che intende restituire speranza alla Parigi martoriata dal terrorismo, dopo gli attacchi dello scorso novembre. La palette cromatica omaggia la bandiera francese, mentre certe uscite ricordano molto da vicino Napoleone Bonaparte e i fasti del suo impero. Opulenza è la parola chiave, per un uomo che, come un condottiero, affronta la stagione invernale in uniforme simil militare.

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Sfila a Parigi l’esistenzialista bohémien di Valentino

Si è appena conclusa a Parigi la settimana della moda maschile, che ha visto sfilare le proposte moda per il prossimo autunno/inverno. Una collezione all’insegna della libertà, quella presentata da Valentino. Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli si confermano ancora una volta indiscussi maestri di stile, in un défilé caratterizzato da tendenze eterogenee. Dettagli etnici si sposano al grunge anni Novanta, fino a sfiorare il folk tipicamente Seventies.

Un po’ metropolitano e un po’ bohémien l’uomo Valentino per l’Autunno/Inverno 2016/2017: dal classico vestito nero con cappotto dal taglio sartoriale e dagli ampi revers si passa al denim, per giubbotti impreziositi da decorazioni. Le prime uscite rasentano lo stile gotico: nero all over per capispalla dal respiro classico, per un uomo che sembra incarnare il dandy più autentico. Si continua con loden e giubbotti biker, impreziositi da borchie e decorazioni.

Ma l’uomo che ha calcato la passerella ha un animo folk, è fiero della propria libertà e non teme il contatto con la natura, fosse anche un viaggio on the road, sulla falsariga di Jack Kerouac. Il denim e il tartan ricordano un cowboy, come anche le camicie. Una full immersion tra i nativi americani per le mantelle stampate con motivi aztechi. Stampe simili a coperte Navajo si alternano sulla passerella a giubbotti borchiati, mentre viene sdoganato il poncho come capo principe del guardaroba maschile per la prossima stagione invernale. Suggestioni etniche nei dettagli piumati e nel patchwork di fantasie tribali. La precarietà e l’incertezza che caratterizza i tempi odierni sono state le principali fonti di ispirazione di una collezione che i due stilisti hanno definito esistenzialista. Il mix di stili e tendenze diverse rispecchierebbero infatti un nuovo stimolo per rinnovarsi e trasformarsi. Tra i materiali usati spiccano il cashmere e il camoscio, ma anche la seta e la pelle la fanno da padrone, in una collezione variegata e ricca di fascino. Per un uomo dalle mille sfaccettature.

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YOUTH CULTURE – A PARIGI TIFO DA STADIO PER LA COLLEZIONE LEVI’S E PARIS SAINT GERMAIN

YOUTH CULTURE – A PARIGI TIFO DA STADIO PER LA COLLEZIONE LEVI’S E PARIS SAINT GERMAIN

Un messaggio di speranza dalla collaborazione tra il marchio americano e il club di calcio parigino.

Il sodalizio fra calcio e moda (pochi giorni fa è uscita la notizia di Mario Balotelli come testimonial della collaborazione tra Puma e Bape) ben rappresenta, a livello sociologico, una delle più lampanti virtù dell’europeismo: la gioia di vivere.
Nasce dalla partnership tra il leggendario marchio di denim Levi’s e il team calcistico Paris Saint-Germain una linea di prodotti in jeans dall’appeal genuino e sporty.

La capsule collection, lanciata a fine ottobre con due modelli di Trucker Jacket,  ha istantaneamente riportato alla mente agli attentati terroristici dello scorso 13 novembre, accaduti proprio in uno stadio di calcio.

Fabien Allègre, direttore del merchandising del club Paris Saint-German, in merito alla combo ha dichiarato: “Questa collezione vuole dimostrare ancora una volta la capacità del Club di differenziarsi dagli altri, accrescendo la popolarità grazie a nuovi modi di condividere le passioni”.

E’ dunque da un’idea sportiva di unione e condivisione che nascono queste giacche con il nome del team cucito a lettere bianche sul retro e il logo del PSG sulla manica sinistra, all’ altezza della spalla.

La capsule di due PSG Trucker Jacket include un modello da uomo e uno da donna ed è disponibile negli store Paris Saint-Germain, negli store Levi’s® , su levi.com/FR e da Colette.

Mi piace pensare che i sopravvissuti che si trovavano allo stadio in quella tragica notte l’abbiano acquistata e che non vedano l’ora di indossarla in curva.

 

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Scarpe Autunno/Inverno 2015-2016

Si dice siano l’ossessione di ogni donna. La stagione autunno/inverno vede protagoniste assolute le scarpe: tantissime sono le tendenze proposte dalle sfilate, per accontentare i gusti di qualsiasi donna.

Le collezioni autunno/inverno 2015-2016 propongono numerose varianti, per sbizzarrire la fantasia e completare al meglio qualsiasi tipo di outfit. Si va dalle décolleté classiche alle platform coloratissime, fino agli stivali, per questa stagione declinati nelle varianti di cuissardes ed ankle boots: dalle stampe optical alla vernice, dalle furry shoes ai sandali glitterati.

Ce n’è veramente per tutti i gusti. Stivali in vernice e colori pastello hanno sfilato da Valentino, ankle boots dello stesso stile da Paul Smith, mentre Jil Sander propone un modello in giallo canarino.





Decorazioni e fasto quasi balcanico nelle platform viste in passerella da Dries Van Noten, mentre lustrini e paillettes vengono completati da un inedito tacco in pelliccia da Rochas. La tendenza per l’autunno/inverno 2015-2016 è furry: le scarpe divengono accessori a tutti gli effetti e vengono ora ricoperte di una calda pelliccia. Furry shoes viste anche da Maison Margiela e da Fendi, mentre dettagli in pelo fanno capolino dalla più classica delle décolleté in passerella da Emanuel Ungaro.

Un altro trend di stagione è il socks Boot, la scarpa o stivale da cui fanno capolino i calzini. E se la calzatura è extra lusso, come visto nella sfilata di Alexander McQueen, l’effetto è doppiamente riuscito: ecco fare capolino da una décolleté nera un inedito calzino in pizzo. Sandali quasi monacali con calzino incluso protagonisti di Yohji Yamamoto. Decorazioni in primo piano da MSGM, Vivetta, Just Cavalli.

Tornano protagonisti, direttamente dagli anni Sessanta, i cuissardes, che divengono ora tela immacolata per stampe optical che doneranno allegria alla stagione fredda: da Emilio Pucci a Dior fino a Vivienne Westwood, il trend invernale vuole gambe coloratissime. Anfibi dark decorati con croci vittoriane hanno sfilato da Fausto Puglisi, mentre ankle boots in pelle sono stati protagonisti delle sfilate di Etro e Lanvin. Le più classiche slippers hanno fatto capolino, in versione animalier, da Temperley London; infine, da Moschino sfilano converse con tacco a stiletto, che ricordano direttamente dagli anni Ottanta e la moda di Norma Kamali.


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La rabbia e la ragione

La prima reazione è certamente la desolazione, lo sgomento. 
Poi la rabbia. Profonda.

Colpire Parigi è certamente colpire tutti noi. 
Sono quindi normali anche le prime reazioni, chieste a furor di popolo. Anche venendo meno la capacità di ascoltare e osservare quella dignità profonda, quel senso di comune condivisione che non ha nulla di silenzioso né di arrendevole. Anzi che mostra una forza straordinaria. 
Quella dignità e compostezza che ha mostrato, ancora una volta, dopo il massacro di Charlie Hebdo, il popolo francese.

Un’azione così forte, eclatante, mostruosa, da più parti reclamava un’azione forte. 
E nessun governo, se guardiamo la situazione dal punto di vista di chi governa, poteva sottrarsi a dare al furore del popolo – quello europeo, più che quello francese – una risposta forte, immediata, travolgente.


È un conto che bisogna mettere nell’essere al governo di una nazione quando questa viene colpita con tanta barbarie. E tuttavia la barbarie non giustifica un’azione senza ragione.

Precisiamo. Esiste una responsabilità diretta, specifica, inequivocabile, che ha visto attori e ideatori delle stragi di Parigi nell’Isis e in Siria. Questo è un dato certo.
Ma altrettanto certo – se ci fermiamo a ragionare – è che non è pensabile che quegli ideatori non se l’aspettassero. 
Colpire la Francia, oggi, significa colpire uno dei paesi in cui l’Islam ha le forme forse più moderate e integrate. E significa colpire un paese che dell’integrazione e del rispetto reciproco ha fatto modello di Stato.


Ecco che colpire la Francia è colpire questo modello. È spingere l’Europa verso il baratro manicheo, verso la guerra ammantata di religione, verso un mondo fatto di blocchi contrapposti.
In questo senso il furore di popolo innescato dai terroristi è esattamente il migliore alleato di chi ha interesse e desidera come modello questo scenario. E di chi non accetta la pacifica convivenza, fatta necessariamente di non imposizione di un modello religioso e culturale e di democrazia.

In questo si, è uno scontro di culture. 
Ma proprio per questo la barbarie non può far dimenticare le conquiste di civilità di un Europa che queste barbarie le ha vissute e pagate col sangue dei suoi popoli sino a settant’anni fa, quando altre ideologie alimentavano una visione del mondo fatta di odio, razzismo, ed imposizione di un modello culturale unico e totalitario da imporre con la forza.


Le bombe che in questo momento aerei francesi, con il supporto dell’intelligence americana e logistica russa, stanno sganciando sulla Siria sono lo sfogo di tutti noi, di tutto l’occidente contro la barbarie.
È il “ricambiare con gli interessi di sangue e morte” quel gesto assurdo ed atroce vissuto per le strade di Parigi, che poi sono le nostre strade d’Europa.

Chi mai potrebbe condannarci? Chi mai potrebbe condannare quell’istinto e quella rabbia?

Eppure rivendichiamo il primato della ragione.

Ed a noi e a chi ci governa compete essere oltre la barbarie, proprio rivendicando le nostre conquiste ferite, e le conquiste di civiltà che vogliamo difendere e vendicare.


Colpire oggi la Siria non è colpire l’Isis.
Chi doveva e poteva da Raqqa è scappato.

Ma quelle bombe – per quanto le nostre ragioni ci assolvano – sono l’altra faccia della medaglia di quel terrorismo che ci ha inorriditi due giorni fa.

Sono la benzina che verrà usata per incendiare le nostre strade. Sono le immagini che gireranno per i paesi del mondo arabo degli inevitabili morti civili, donne e bambini usati come scudi umani nelle infrastrutture da colpire.

Quelle bombe occidentali saranno la prova – per qualcuno – della crociata occidentale contro cui combattere e contro cui fare nuovo proselitismo.


Dovremmo rifletterci quando la rivendicazione – fallace, banale, menzognera, apparente, ridicola, opportunistica – del prossimo attentato sarà “per vendicare le bombe di Raqqa”.


Sul muro c’era scritto col gesso
 viva la guerra
 chi lo ha scritto è già caduto.


Sono versi di Brecht. Ma forse questa volta sono meno veri di settant’anni fa.

Perché la sensazione è che quel “vogliamo la guerra” sia stato scritto da qualcuno che è ben al sicuro altrove. Che ha altri interessi, certamente più materiali di una religione, di cui evidentemente nemmeno conosce i precetti, ma di cui si riempie la bocca e riempie la testa di ragazzini manipolabili e plagiati che giocano ai guerriglieri. Nel deserto come nelle nostre città. Come fosse un videogioco della playstation in Belgio.


Ma la ragione – che non appartiene al sentimento del popolo e delle masse – deve (imperativo categorico in questa era sopravvivenziale) guidare le scelte di chi ha la responsabilità di governare.

Deve – per quanto difficile – ricordare tutte le volte, recenti e passate, in cui da azioni di rappresaglia sono sorte guerre che tuttora mietono vittime.

Dovremmo ricordare che dopo l’undici settembre c’è stato l’Afghanistan, e tutti i caduti in quella guerra. E di certo i talebani e Al Qaida non sono stati annientati.

Dovremmo ricordare le bombe in Libia e Iraq. E di certo quei paesi non sono in pace. Ed anzi, che proprio quelle guerre hanno generato nuovi conflitti, nuovi terrorismi e nuovi soggetti. Se possibile ancora più sofisticati nelle loro strategie di terrore ed odio.


Ed è per questo, anche per questo, che chi ha ruoli e responsabilità di governo, oggi più che in altri momenti deve stare nel mezzo tra quella rabbia, e quell’orgoglio cui ci richiamava Oriana Fallaci, bilanciati però almeno altrettanto da quella ragione, fondata sulla storia, che ci insegna anche dove porta dare solo sfogo alla rabbia.
Perchè il migliore alleato di un fondamentalismo è l’altrettanto fondamentalista smarrimento della ragione che non fa contenere la rabbia.

Continuava Brecht nella stessa poesia:


La guerra che verrà non è la prima. 
Prima ci sono state altre guerre.
 Alla fine dell’ultima c’erano vincitori e vinti.
 Fra i vinti la povera gente faceva la fame. 
Fra i vincitori faceva la fame la povera gente egualmente.
Al momento di marciare molti non sanno che alla loro testa marcia il nemico. 
La voce che li comanda è la voce del loro nemico.
 E chi parla del nemico è lui stesso il nemico.