Nan Kempner: icona dello stile newyorkese

Ci sono donne che nobilitano la moda, conferendole quel tocco di magia che è da sempre prerogativa assoluta del glamour più autentico. Nan Kempner ha fatto della propria vita una parabola vissuta all’insegna dell’eleganza: socialite, protagonista indiscussa del jet set, avida collezionista di capi haute couture ed insuperata icona di stile, Nan Kempner nacque a San Francisco il 24 luglio del 1930.

All’anagrafe Nan Field Schlesinger, la futura icona di eleganza nasce in una famiglia benestante: il padre Albert “Speed” Schlesinger possiede la più grande concessionaria di automobili della California. Esile fin da giovanissima, Nan non possiede una bellezza da copertina, nonostante sia atletica e tonica. È lo stesso padre a consigliarle di puntare su altro, dicendole testualmente: “Con quel viso non ce la farai mai, faresti bene ad essere interessante”. Ed infatti è proprio sul carisma che la giovane punta lungo tutto il corso della propria vita.

Figlia unica, fu sua madre ad iniziarla alle meraviglie della moda. A suo dire la madre vestiva divinamente: fu da quest’ultima che la ragazzina apprese le regole fondamentali che diedero vita a quel suo stile che sarebbe in seguito divenuto iconico. Sua madre le insegnò che vi erano solo tre colori —il rosso, il nero e il grigio— e che i tacchi alti sarebbero dovuti divenire i suoi migliori amici. Contemporaneamente all’amore per la moda nacque nella giovane l’ossessione per la linea: Nan iniziò a stare in dieta all’età di 12 anni senza smettere mai nel corso della sua vita, ed iniziò a fumare all’età di 14. Dopo aver frequentato la Hamlin School di San Francisco, Nan Kempner si iscrisse al Connecticut College for Women dove studiò per un anno storia dell’arte, ma senza conseguire il diploma. Poi si trasferì per un anno a Parigi, dove frequentò la Sorbona e un corso di pittura tenuto dal maestro Fernand Léger. Ma quest’ultimo, resosi conto di quanto la giovane fosse negata, le restituì indietro il denaro.

Nan Kempner in Yves Saint Laurent, foto di Francesco Scavullo per Vogue, 1974.
Nan Kempner in Yves Saint Laurent, foto di Francesco Scavullo per Vogue, 1974
ca. January 1974, New York, New York, USA --- Socialite Nan Kempner wearing camel hair coat and cuffed plain-front pants by Yves Saint Laurent, with cashmere sweater and chain belt with tiger eye by Halston; a beret, and holding a long print silk scarf, --- Image by © CondÈ Nast Archive/Corbis
Nan Kempner in cappotto e pantaloni Yves Saint Laurent e maglione Halston. New York, gennaio 1974, foto Corbis

Nan Kempner wearing a Christian Lacroix Evening Jacket and vintage Yves Saint Laurent skirt
Nan Kempner in Christian Lacroix


Dopo aver lavorato come volontaria presso il Museo delle arti di San Francisco, nel 1952 convolò a nozze con Thomas Lenox Kempner. Dall’unione nacquero tre figli. Galeotto fu il primo incontro tra i due, con il marito che notò come prima cosa la minigonna Dior indossata dalla giovane. Un primo appuntamento al Monkey Bar di New York City in cui i due non smisero di scambiarsi insulti per una notte intera, come la stessa socialite raccontò più volte, diede vita ad una grande passione. Dopo aver vissuto a Londra per un breve periodo, i Kempner si trasferiscono nella Grande Mela: qui Nan sfodera doti imprenditoriali notevoli: in trent’anni la sua attività riesce ad incrementare i fondi del Memorial Sloan-Kettering Cancer Center fino ai 75.000.000 di dollari.

Nel privato la Kempner colleziona capi di alta moda: la sua è una passione iniziata quando era ancora una ragazzina. Il suo archivio privato si arricchisce nel tempo di capi preziosi ed esclusivi, fino a divenire per proporzioni una delle più ricche collezioni private del Paese, con pezzi tra i più iconici e rappresentativi del 20esimo secolo. Spiccano capi di designer del calibro di Valentino, Karl Lagerfeld per Chanel, Mainbocher, Christian Dior, oltre agli stilisti prediletti dall’icona di stile, Bill Blass e Yves Saint Laurent, di cui si contano oltre 300 pezzi. Considerata una vera e propria autorità tra le più preparate nel settore moda, Nan Kempner era una habitué delle sfilate: si dice che in 55 anni abbia perso solo una settimana della moda, a seguito della scomparsa di suo padre. In un’intervista rilasciata al The Independent of London nel 1994 dichiarò di essersi persa solo una delle ultime 63 sfilate di Yves Saint Laurent, di cui fu musa storica ed amica.

Durante il corso della sua vita, letteralmente dedicata alla moda e allo stile declinato in ogni sua forma, Nan Kempner lavorò come contributing editor per Vogue Paris, fashion editor per Harper’s Bazaar, designer consultant per Tiffany & Co. nonché come rappresentante internazionale della celebre casa d’aste Christie’s. Inoltre l’icona di stile impartì occasionalmente lezioni di moda presso il Metropolitan Museum of Art e la New York University. Ritratta da Andy Warhol nel 1973, immortalata sulle riviste patinate con i suoi outfit sempre eccentrici e sofisticati, Nan Kempner è stata anche autrice del volume “R.S.V.P.: Menus for Entertaining From People Who Really Know How”, edito da Clarkson Potter, i cui proventi furono interamente devoluti in beneficenza. Si, perché Nan Kempner è stata anche una grande filantropa, generosa come poche e sempre in prima linea nelle opere di charity. Incarnazione dello chic newyorkese, regina dei party e degli eventi più esclusivi, illuminò la scena della Grande Mela per oltre quarant’anni con il suo stile inimitabile. Celebri le parole con cui si espresse un monolite della moda del calibro di Diana Vreeland, secondo la quale “In America non ci sono donne chic. L’unica eccezione è Nan Kempner”. Valentino Garavani ne ammirava l’eleganza con cui riusciva ad indossare i suoi capi, con quel fisico tonico e scolpito. L’icona di stile ispirò la coniazione del termine “social X-ray” utilizzato all’interno del romanzo Il falò delle vanità di Tom Wolfe.

Nan Kempner (at Her Park Ave Apartment) PhotoRose Hartman-Globe Photos
Nan Kempner nel suo appartamento di Park Avenue, foto di Rose Hartman-Globe Photos
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Nan Kempner in Yves Saint Laurent, 1983
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Nan Kempner è stata una socialite, collezionista di moda e icona di stile
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La socialite è nata a San Francisco il 24 luglio 1930
Nan Kempner e Valentino Garavani
Nan Kempner e Valentino Garavani

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Nan Kempner è stata una delle più grandi collezioniste di capi haute couture


Fashionista ante litteram, Nan Kempner comprò il suo primo abito Dior quando la madre la portò nella sede della storica maison a Parigi, nel 1958. Si tramanda l’aneddoto secondo cui la ragazzina, sprovvista del denaro sufficiente per acquistare quel capo —un abito bianco con cappotto coordinato— scoppiò in un pianto disperato e continuò a singhiozzare finché non attirò l’attenzione d un giovane dai grandi occhiali. Trattavasi di Yves Saint Laurent, giovane assistente di monsieur Christian Dior. La ragazzina continuò a piangere finché l’addetto alle vendite non abbassò il prezzo del capo per renderlo più vicino al suo budget. Avida collezionista di moda, Nan Kempner sviluppò in seguito una vera e propria ossessione per i capi di Yves Saint Laurent, Valentino ed Oscar de la Renta. Cominciata nel corso degli anni Sessanta, la sua passione per lo shopping non trovò mai fine nei successivi cinquant’anni. Frizzante, deliziosamente frivola, Nan Kempner conquistava chiunque con la propria personalità, emblema di quella fetta della popolazione femminile che attraverso la moda riesce a sognare e ad emozionarsi. “Dico sempre a tutti che voglio essere seppellita nuda perché deve senza dubbio esserci un negozio nel luogo in cui andrò”, dichiarava nel 1972 al magazine Women’s Wear Daily. Socialite tra le più apprezzate, protagonista indiscussa dei party più esclusivi, dichiarò che “non si sarebbe persa per niente al mondo neanche l’opening di una porta”. Autoironica come poche, raccontò che non sapendo che occupazione dichiarare nei documenti, non sentendosi abbastanza ricca da considerarsi una vera filantropa e non amando definirsi una socialite, scrisse semplicemente “casalinga”.

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Nan Kempner lavorò come contributing editor per Vogue Paris, fashion editor per Harper’s Bazaar e designer consultant per Tiffany & Co.
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L’icona di stile davanti al suo celeberrimo armadio
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Un particolare dell’immenso guardaroba di Nan Kempner
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La sala da pranzo di Nan Kempner, arredata da Michael Taylor
Nan Kempner's Library with L'Enfance d'Icare (1960), René Magritte, and Gabhan O'Keefe Sofa, New York City, March 1998.
Particolare dell’appartamento di Nan Kempner con L’Enfance d’Icare di René Magritte e divano di Gabhan O’Keefe, New York City, Marzo 1998
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Nan Kempner nella sua camera da letto arredata da Michael Taylor. Foto di Derry Moore per Architectural Digest
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Particolare dell’appartamento della socialite

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Nan Kempner è stata icona di stile e musa di Yves Saint Laurent. Foto Getty Images


Definita da Yves Saint Laurent ‘la plus chic du monde’, lo stile di Nan Kempner era improntato ad una grande ricercatezza e ad una certosina cura del dettaglio. Amante del mix & match, l’icona di stile si dilettava nel creare outfit bizzarri ed eccentrici, mixando tra loro pezzi variegati. Lo stile secondo Nan Kempner consisteva nel riuscire ad esprimere la propria individualità e nell’abilità di mixare i capi. Celebre la sua propensione allo styling e alle sovrapposizioni, anche le più audaci, come quando riusciva ad indossare mirabilmente il più classico dei tailleur Yves Saint Laurent con un paio di jeans boyfriend.

Nan Kempner fu tra le prime donne ad abbracciare il trend del menswear. Non particolarmente amante dei vezzi femminili, cercava sempre di aggiungere un tocco maschile anche alla mise più sexy. Emblema vivente della massima “less is more”, non era raro vederla indossare la domenica la sua uniforme tipica, composta da un paio di Levi’s 501, una camicia bianca e una maglia indossata sulle spalle. Presenza fissa della Hall of Fame dell’International Best-Dressed List ideata nel 1940 da Eleanor Lambert, in un’intervista a Town & Country del 1999, alla domanda postale da Annette Tapert su come avrebbe descritto il proprio stile, Nan Kempner rispose senza esitazioni “artificiosamente rilassato”. Lo shopping rimase sempre la sua passione più grande: fino alla veneranda età di 72 anni la socialite era solita acquistare delle minigonne, che indossava in spiaggia con bikini Etro e poncho. Casual e minimal-chic, l’icona fu tra le prime a sdoganare la chirurgia plastica. Vanitosa e primadonna nell’animo, adorava fare le sue entrate ad effetto, attirare l’attenzione ed essere fotografata. Perennemente in viaggio tra Londra, Parigi, Gstaad, Venezia, San Francisco e Los Angeles, non si perdeva una sfilata né un party, e adorava sciare e prendere il sole.

Spendeva in abiti “più di quanto avrebbe dovuto e meno di quanto avrebbe voluto”, perfettamente a suo agio nel suo fisico atletico, frutto di duri allenamenti che avevano luogo quotidianamente nella palestra che fece costruire all’interno del suo appartamento e che le permettevano di entrare perfettamente nei capi di sfilata, indossati dalle mannequin. Amante della bellezza in ogni sua forma, nel suo appartamento il lusso era la parola d’ordine: la vediamo indugiare dinanzi alla sua incredibile cabina armadio, che farebbe impallidire la fashion victim più sfegatata, oppure nei fasti dei saloni, impreziositi da una deliziosa carta da parati francese dipinta a mano, tra preziosissimi quadri di René Magritte, antichi bric-à-brac provenienti dalla Cina, collezioni di libri d’arte e bassorilievi in bronzo realizzati da Robert Graham.

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La socialite ha incarnato la quintessenza dello chic newyorkese
NEW YORK - 1985:  Socialite Nan Kempner attends Rizzoli Book party for Marella Agnelli in circa 1985 in New York City, New York. (Photo by Rose Hartman/Getty Images)
Nan Kempner a New York, 1985 (Foto di Rose Hartman/Getty Images)
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Lo stile di Nan Kempner prediligeva il mix & match e le sovrapposizioni
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Nan Kempner fu autrice di “R.S.V.P.: Menus for Entertaining From People Who Really Know How”, edito da Clarkson Potter
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Ironica ed eccentrica, Nan Kempner fu definita da Yves Saint Laurent “la donna più chic del mondo”
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La socialite in compagnia di Andy Warhol

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Nan Kempner e Bill Blass


Nan Kempner si è spenta il 3 luglio del 2005 all’età di 74 anni, per enfisema polmonare. Fumatrice incallita, trascorse gli ultimi anni della propria vita in condizioni critiche, respirando con l’aiuto di una bombola di ossigeno. Due mesi dopo la sua scomparsa la sua famiglia ha organizzato una commemorazione in suo onore presso la sede di Christie’s, a cui presero parte oltre 500 suoi amici. Nel dicembre 2006 il Costume Institute del Metropolitan Museum of Art ha inaugurato una mostra dedicata alla smisurata collezione di capi haute couture dell’icona di stile. Nan Kempner: American Chic era composta da oltre 75 outfit, tra cui capi Galliano per Dior, Lagerfeld per Fendi, Ungaro, Jean Paul Gaultier e Lanvin. La mostra si è poi spostata al Fine Arts Museums di San Francisco.

Tantissimi sono gli aneddoti che ci svelano una donna ironica e dalla personalità scoppiettante; a partire da quella volta in cui, nel corso degli anni Sessanta, Nan Kempner decise di indossare una tuta pantaloni per una cena al ristorante La Côte Basque, in barba al dresscode della serata, che vietava espressamente alle donne l’uso dei pantaloni. Quando le fu negato l’ingresso, lei tolse i pantaloni e disse sprezzante a Madame Henriette, “Spero che questo le piaccia di più”. Indossò quindi il top come un vestito e sfoderò una adorabile nonchalance. Audace e sofisticata, sfoggiava savoir faire e self-confidence, convinta com’era che “Non è cosa indossi, ma come lo indossi”. Una grande lezione di stile. Meditate.

Scarpe Autunno/Inverno 2015-2016

Si dice siano l’ossessione di ogni donna. La stagione autunno/inverno vede protagoniste assolute le scarpe: tantissime sono le tendenze proposte dalle sfilate, per accontentare i gusti di qualsiasi donna.

Le collezioni autunno/inverno 2015-2016 propongono numerose varianti, per sbizzarrire la fantasia e completare al meglio qualsiasi tipo di outfit. Si va dalle décolleté classiche alle platform coloratissime, fino agli stivali, per questa stagione declinati nelle varianti di cuissardes ed ankle boots: dalle stampe optical alla vernice, dalle furry shoes ai sandali glitterati.

Ce n’è veramente per tutti i gusti. Stivali in vernice e colori pastello hanno sfilato da Valentino, ankle boots dello stesso stile da Paul Smith, mentre Jil Sander propone un modello in giallo canarino.





Decorazioni e fasto quasi balcanico nelle platform viste in passerella da Dries Van Noten, mentre lustrini e paillettes vengono completati da un inedito tacco in pelliccia da Rochas. La tendenza per l’autunno/inverno 2015-2016 è furry: le scarpe divengono accessori a tutti gli effetti e vengono ora ricoperte di una calda pelliccia. Furry shoes viste anche da Maison Margiela e da Fendi, mentre dettagli in pelo fanno capolino dalla più classica delle décolleté in passerella da Emanuel Ungaro.

Un altro trend di stagione è il socks Boot, la scarpa o stivale da cui fanno capolino i calzini. E se la calzatura è extra lusso, come visto nella sfilata di Alexander McQueen, l’effetto è doppiamente riuscito: ecco fare capolino da una décolleté nera un inedito calzino in pizzo. Sandali quasi monacali con calzino incluso protagonisti di Yohji Yamamoto. Decorazioni in primo piano da MSGM, Vivetta, Just Cavalli.

Tornano protagonisti, direttamente dagli anni Sessanta, i cuissardes, che divengono ora tela immacolata per stampe optical che doneranno allegria alla stagione fredda: da Emilio Pucci a Dior fino a Vivienne Westwood, il trend invernale vuole gambe coloratissime. Anfibi dark decorati con croci vittoriane hanno sfilato da Fausto Puglisi, mentre ankle boots in pelle sono stati protagonisti delle sfilate di Etro e Lanvin. Le più classiche slippers hanno fatto capolino, in versione animalier, da Temperley London; infine, da Moschino sfilano converse con tacco a stiletto, che ricordano direttamente dagli anni Ottanta e la moda di Norma Kamali.


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Balmain per H&M: la sfilata

Cinture rigide segnano il punto vita, per capi dai dettagli in oro e dalle spalline importanti: lo stile army-chic tipico di Olivier Rousteing c’è tutto, nella collezione disegnata in esclusiva per H&M.

Suggestioni glam anni Settanta in una collezione che unisce mirabilmente dettagli luxury a grande portabilità. Un lusso che diviene alla portata di tutti, per capi dall’appeal sofisticato.

Jumpsuit in velluto, giacche dal taglio sartoriale, pantaloni morbidi e intarsi d’oro per decorazioni che impreziosiscono i capi più semplici. La collezione Balmain per H&M sarà disponibile dal prossimo 5 novembre in tutti gli stores del brand low-cost svedese e sul sito internet.

Karlie Kloss in passerella
Karlie Kloss in passerella
Alessandra Ambrosio
Alessandra Ambrosio

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Gigi Hadid, testimonial di Balmain per H&M


Tante le celebrities protagoniste della sfilata evento che ha avuto luogo a New York: le top model del momento, ambasciatrici della collezione, Gigi Hadid, Kendall Jenner, Jourdan Dunn, hanno calcato la passerella prima di lasciarsi immortalare in pose stile Charlie’s Angels, in linea con il mood della collezione. Inoltre modelle del calibro di Karlie Kloss e Alessandra Ambrosio si sono alternate sulla passerella.

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Un momento della sfilata
Foto Getty Images
Foto Getty Images

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Ancora la Ambrosio in passerella


Nel front row spicca una splendida Diane Kruger, mentre lo show si è concluso con l’esibizione di uno dei gruppi cult degli anni Novanta, i Backstreet Boys. È iniziato il conto alla rovescia per acquistare finalmente la collezione. E intanto l’hashtag HMBalmaination è già virale.


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Riccardo Tisci per Givenchy: un alchemico bilustro di croci e delizie

Dopo l’amarcord attraverso le emozioni suscitate da John Galliano per Christian Dior qui, D-Art, in occasione del decennale del designer italiano per la maison di moda francese, vi conduce, grazie a 5 video, nel ricordo delle sfilate più memorabili.


Ci si aspettava un designer con una forte impronta italiana, ricco di positivismo e opulenza quando, circa dieci anni fa, Riccardo Tisci debuttò sulle passerelle parigine dell’Haute Couture, lasciando tutti senza fiato.
La Maison Givenchy stava fallendo e l’unica ancora di salvezza era risollevarne le sorti affidandosi a un talento che stava proiettando la sua personale visione sul mondo.
Scoperto alla settimana della moda milanese, nell’autunno 2004, Tisci decise di portare in passerella il lato oscuro della moda, sperimentando materiali innovati e volumi decostruiti, ricchi di riferimenti al mondo dell’arte sacrale e al gotico grottesco. Un anticipatore di tendenze in grado di spianare la strada a quello che sarebbe stato il trend degli anni a seguire.
La melanconia, la forte religiosità, l’infanzia segnata dalla perdita del padre e l’aura della femminilità che pervade le sue giornate, grazie alle otto sorelle, mix esplosivo e fonte ispirazionale costante. Il designer è riconosciuto anche per l’italianismo soffuso, mai invadente, che, però, ha sempre celato una critica al panorama politico e sociale.
E’stato lui stesso a sdoganare il fenomeno “no gender” iniziando, anni orsono, a giocare con l’ambiguità e la varietà razziale.
Sin dalla sua prima collezione, 8:30, The Procession, elaborata come progetto finale per la Central Saint Martins School di Londra, frequentata grazie a una borsa di studio, ha, inoltre, denotato una forte sensibilità per il mondo delle arti.
Proprio per questo motivo, sceglie da sempre la collaborazione di Marina Abramović, Antony Hegarty, Vanessa Beecroft e Erykah Badu.
E grazie alla sue forte identità, i riconoscimenti da parte del mondo dello spettacolo sono cresciuti a dismisura. Maria Carla Boscono, Madonna e Donatella Versace che, nonostante fosse una concorrente, ha posato per una delle ultime campagne Givenchy, solo alcune delle sue estimatrici.
La moda di Tisci, inoltre, è democratica. Basti pensare che, dieci anni dopo il suo ingresso nell’ufficio stile, è diventata anche social: 1200 gli inviti estesi alla gente comune per la sfilata celebrazione a New York, lo scorso 11 settembre.


Una notizia che spiana la strada all’excursus attraverso i 5 show evento che, in questi anni, hanno fatto breccia nella collettività:

Un video inedito per ricordare il debutto per la casa di moda con l’Haute Couture Primavera/Estate 2006.

Il leitmotiv è il leopardato. Una giungla pagana, quella di Tisci, che bandisce la religiosità portando in passerella, per la prima volta, un transgender: Lea T.

Con l’utilizzo dell’iconografia neo gotica dà il via a uno dei trend dell’ultima decade.

E’ Path McGrath, make up artist di fama mondiale, a celarsi dietro ai volti tribali visti in passerella. Una scelta stilistica che, tutt’oggi, identifica gli show Givenchy.

Haute couture e Ready to wear si fondono in un’unica visione. E’ il percorso della casa di moda negli ultimi dieci anni. La femminilità viene mixata agli elementi del guardaroba maschile bandendo il technicolor.

Halston, il re del glamour anni Settanta

Chi ha vissuto negli anni Settanta non può non ricordare i suoi capi. Linee pulite ed essenziali si uniscono al glam tipico degli anni Settanta, per capi che divengono emblema di un’epoca. Roy Halston Frowick nasce nel 1932 a Des Moines, Iowa. Già nella prima infanzia crea abiti per la madre e la sorella e ben presto inizia a disegnare cappelli.

Nel 1952 si trasferisce a Chicago, dove frequenta un corso serale presso la School of the Art Institute e contemporaneamente lavora come visual merchandiser per mantenersi agli studi.

Farrah Fawcett in Halston
Farrah Fawcett in Halston


L’anno seguente, nel 1953, inizia la sua attività di creatore di cappelli, riscuotendo grande clamore: Kim Novak, Deborah Kerr e Gloria Swanson sono solo alcune delle star che indossano le sue creazioni. Nel 1957, dopo avere inaugurato la sua prima boutique, si trasferisce a New York, dove inizia a lavorare per la celebre stilista Lilly Daché. Nel giro di un anno viene nominato co-designer della maison, incarico che lascia per passare alla Bergdorf Goodman.

Jerry Hall in Halston
Jerry Hall in Halston


Halston balzò agli onori della cronaca per aver disegnato il cappellino indossato da Jackie Kennedy alla cerimonia di insediamento alla Casa Bianca del marito, nel 1961. Inoltre amarono i suoi cappelli personalità del calibro di Rita Hayworth, Diana Vreeland e Marlene Dietrich.

Pat Cleveland in passerella per Halston
Pat Cleveland in passerella per Halston


Definito da Newsweek come il designer più interessante d’America, nel 1966 passò dalla creazione di cappelli alla creazione di abiti, inaugurando la sua prima boutique in Madison Avenue nel 1968. L’anno seguente, nel 1969, lanciò la sua prima linea di prêt-à-porter, Halston Limited.

Ancora Pat Cleveland per Halston
Ancora Pat Cleveland per Halston


Come egli stesso dichiarò in un’intervista rilasciata a Vogue, ciò che più gli stava a cuore, nella creazione dei capi, era la funzionalità. Odiava tutto ciò che non fosse funzionale, come fiocchi o cuciture inutili; le sue collezioni fin dal principio si distinsero per un minimalismo funzionale. Si trattava di capi eleganti e sexy ma dalle linee semplici e pulite.

Halston su Vogue US 1973, foto di Richard Avedon
Halston su Vogue US 1973, foto di Richard Avedon


Nel 1972 brevettò l’Ultra suede, un particolare tessuto facilmente lavabile anche in lavatrice, comodo e perfettamente adattabile alla silhouette. Il suo halter dress, ideato due anni più tardi, è entrato nei dizionari di moda: quando parliamo di scollatura all’americana, parliamo di Halston, che ne fu l’inventore. La sua donna era una sirena della disco glam di fine anni Settanta. I suoi abiti, perfetti per un party in piscina, erano la perfetta incarnazione del mito americano. Colori caldi come il bronzo, l’oro, l’argento, il fucsia, il blu elettrico e tessuti come il cachemire, il jersey e la seta.

Elsa Peretti in passerella per Halston
Elsa Peretti in passerella per Halston


Il jet set internazionale cadde ai suoi piedi. Tra le sue più fedeli clienti troviamo Anjelica Huston, Lauren Bacall, Margaux Hemingway, Elizabeth Taylor, Bianca Jagger e Liza Minnelli.

Jerry Hall in Halston per Vogue US, 1975
Jerry Hall in Halston per Vogue US, 1975


Dal 1968 al 1973 il fatturato del brand si stima intorno ai 30 milioni di dollari. Nel 1975 Max Factor realizzò la prima fragranza col nome della maison. Secondo Vogue, Halston contribuì a rendere popolare il caftano, disegnando diversi modelli per Jackie Kennedy.

Campagna pubblicitaria Halston, anni Settanta
Campagna pubblicitaria Halston, anni Settanta


Personalità emblematica di quegli anni, Roy Halston fu assiduo frequentatore dello Studio 54 ed intimo amico di Liza Minnelli ed Andy Wahrol. Dopo una vita di eccessi, si ritirò a metà degli anni Ottanta. Nel 1988 risultò positivo al test dell’HIV e morì due anni dopo, nel 1990, per complicanze legate al virus.

Le Halstonettes -come venivano chiamate le sue modelle- tra le quali spicca Anjelica Huston
Le Halstonettes -come venivano chiamate le sue modelle- tra le quali spicca Anjelica Huston


Oggi resta la sua eredità. Il marchio, dopo diverse vicissitudini legate a scelte sbagliate, è stato acquistato nel 2011 da Ben Malka, già presidente del gruppo BCBG Max Azria. Halston continua ad essere sinonimo di stile e si contraddistingue ancora oggi come uno dei marchi più venduti negli Stati Uniti.