Sontuosa, regale, principesca la sfilata Oscar de la Renta per l’Autunno/Inverno 2016-2017. Peter Copping fa sfilare a New York un inno alla femminilità.
Da sempre emblema incontrastato di certa sublime eleganza americana, fatta di abiti scultura e suggestioni vittoriane, Oscar de la Renta non perde la sua identità originaria. E se Carrie Bradshaw in “Sex & the City” non perdeva occasione per dichiarare la sua adorazione per le iper femminili creazioni del brand, già nel corso degli anni Settanta il geniale couturier (scomparso nel 2014) si poneva come controparte statunitense dei più noti stilisti francesi.
Amato da star del calibro di Grace Kelly e Andy Warhol, le sue creazioni hanno fatto storia. Adesso Copping, alla direzione creativa del marchio da circa un anno, va alla riscoperta degli archivi storici della maison, in un excursus stilistico che dagli albori del marchio ci porta fino ai giorni nostri. È quindi nel segno della tradizione che si impone la collezione per la prossima stagione invernale. La modernità si sposa alla perfezione con il glorioso passato, in un sublime gioco di citazioni, rimandi e sperimentazione.
Materiali high-tech si mixano ad ispirazioni che provengono dal 18esimo secolo, come il bustino in lana stretch accompagnato dalla gonna da ballo in taffettà grigio. Trionfo barocco di broccati di seta per tailleur a abiti impreziositi da colletti bon ton in pelliccia.
Romantica, sofisticata e leggiadra, la donna ODLR è fiera della propria femminilità, che non perde occasione di sottolineare attraverso vezzi a tratti infantili, come i fiocchi di taffettà che sbucano da capi che sembrano ancora imbanditi. Largo a gonne a ruota su prom dress, corsetti, sete damascate, pizzo, dettagli lingerie, broccati preziosi. Poi, il guizzo creativo di unire la pelle e materiali innovativi, che si inseriscono nell’ambito della più antica tradizione sartoriale.
Nella palette romantica rosso, rosa, turchese, tocchi in oro, bordeaux e tanto fucsia. Largo a seta, organza, raso e stoffe pesanti su abiti scultura: la donna di ODLR è una Cenerentola moderna, pronta per andare al party più glamour. Full skirt in tulle esprimono un’opulenza barocca, tra oro all over, pattern floreali e dettagli sparkling. Tra fiocchi, nastrini, cappottini bon ton, spuntano le stampe tapestry, mentre la scelta dei materiali usati guarda al futuro.
Sfilano in passerella abiti da ballo che profumano di haute couture, tra soffici nuvole di tulle e costruzioni ardite e rigorose. Nella Prince George Ballrom di Madison Square Park si celebra la femminilità. L’eredità di Oscar è in buone mani e la moda a volte riesce ancora a farci sognare.
Esplosione di creatività e ingegno durante la New York Fashion Week con Delpozo che sbalordisce con colori fluo, dettagli luxury ed evoluzioni stilistiche.
Il marchio madrileno capeggiato dal direttore creativo Joseph Font presenta una collezione ispirata dall’arte con elementi espressionistici tedeschi e surreali, come i dettagli desunti dall’ingegneria industriale e le illustrazioni digitali create dall’illustratrice Daria Petrilli, per l’occasione.
I volumi dettano il ritmo visivo della collezione con capi a tutta ampiezza creati grazie alla duttilità del neoprene.
La cultura giapponese detta legge nelle linee degli abiti con kimoni fascianti e straordinari origami ottenuti con maestria grazie a tagli e pieghe ricavate dal tessuto.
I colori sono stati accostati abilmente, lasciando percepire freschezza e serenità. Il viola intenso, viene affiancato al rosa cipria e al giallo, il cammello al giallo fluorescente e a macchie di colore azzurro.
Dettagli lussuosi nei guanti ornati da fantastici corolle 3D che fioriscono come giardini di primavera. A scintillare anche i platform con effetti glitterati e gli accessori che si vestono di fantastici cristalli.
Si, perché la collezione autunno/inverno 16-17 presentata a New York è priva di eccessi, di provocazioni. Il marchio lancia una moda portabile sempre, garbata, in perfetto street style.
Il défilé proposto dallo stilista presenta, pertanto, capi comodi ed essenziali. Il maglione tricot old school viene abbinato alla camicia per una mise da vera liceale. La cintura in pelliccia è l’unico vezzo dell’abbinamento.
Il vello dell’animale, in realtà, è riproposto sia in dettagli come i manicotti e il collo degli over coats che con magnifici pattern floreali dal sapore vintage.
Caban doppio petto sono abbinati abilmente ai jeans resi glamour da curiose piume che ritroviamo anche su abiti cocktail total black con scollatura profonda. Minigonne contenute dalla linea a trapezio, aprono la strada a pantaloni scivolati effetto sparkling.
È colourful la palette di colori scelta per animare la collezione: dal mauve al verde vitaminico, dal color cammello al gold fino alle svariate tonalità del blu.
Essenziali anche gli accessori: tracolle, cinture catena e mocassini declinati nel classico nero e oro e tronchetti animalier, chiudono il progetto creativo di Mickael Kors.
Cambio di rotta da Chiara Boni, che ha presentato la sua ultima collezione nell’ambito della New York Fashion Week. Scordatevi delikatessen e romanticismo: la donna che calca la passerella di Chiara Boni- La Petite Robe è una grintosa diva metropolitana che affronta le atmosfere urban fasciata in tubini di ecopelle.
Il proverbiale bon ton a cui la stilista fiorentina ci ha ormai abituati lascia il posto a un nuovo concetto di femminilità, graffiante e seducente. Il LBD viene rivisitato in chiave strong e vagamente fetish, tra cut out ad alto tasso di seduzione e lunghi guanti. Il tubino, capo principe del guardaroba femminile, diviene ora nuova uniforme di un’inedita odissea nello spazio, nel segno della bellezza.
Grande sperimentazione nei materiali innovativi, usati con maestria: la designer forgia una donna di carattere, forte di una self-confidence che travalica i confini terrestri e ci porta in un viaggio spaziale: suggestioni futuriste salutano l’Autunno/Inverno 2016-2017 di Chiara Boni. Borchie disegnano stelle nei tubini monocromatici, mentre misteriose congiunture astrali si materializzano sui maxi dress da gran soirée. Il mood è da space oddity e la galassia diviene tòpos prediletto che impreziosisce i capi in jersey stretch, da sempre cifra stilistica della maison.
Timidi tocchi romantici nelle gonne petalo addolciscono la sirena siderale che veste cocoon coat in un pallido azzurro che ricorda le atmosfere planetari. I tailleur avvitati hanno giacche peplo e il punto vita viene strizzato da macro cinture, le pencil skirt inneggiano alla femminilità, mentre i tagli sono asimmetrici e i tessuti doppiati. Cappucci e maniche scultura lasciano il posto alle frange, che fanno capolino da giacche biker di ecopelle dal sapore aggressivo, che si sposano mirabilmente alla sofisticata eleganza tipica del brand.
“Per questa stagione ho abbandonato i miei giardini fioriti e ho intrapreso un viaggio nelle metropoli del presente e del futuro. In un mondo ultra contemporaneo trova ancora spazio l’eleganza pratica. Le donne seducenti avanzano in bagliori di ecopelle affermando una moda sensibile”:è con queste parole che Chiara Boni ha descritto la sua ultima collezione.
La palette cromatica abbraccia il vinaccia, il barolo, il prugna e il rosso, tra tocchi di pallido azzurro, fino al nero. Le stampe si declinano in colori incandescenti, magmatico rosso si alterna a toni freddi, tra pianeti e nebulose, galassie e cieli stellati, suggestioni futuriste e spaziali, per un viaggio interstellare. Nel front-row del défilé spiccano nomi del calibro di Fran Drescher, Julia Restoin Roitfeld, Alexandra Richards, Kiera Chaplin.
Pelle diafana ed esplosioni di ruches per un romanticismo dal sapore gotico.
Con la collezione autunno/inverno 2016-17 presentata a New York, la maison Rodarte mostra al pubblico una donna femminile, audace e soprattutto dark. Come nelle migliori saghe delle pellicole horror, la signora idealizzata dalle sorelle Mulleavy veste di pelle e di pizzo. Velature strategiche creano un sensuale vedo non vedo; l’effetto sparkling dei cristalli alleggerisce il pizzo delle tute, dei pantaloni morbidi, delle gonne e degli abiti.
Il trionfo dei volants su scarpe, bluse e sui fianchi dei pantaloni, viene smorzato da pellicce voluminose dal vello variopinto.
I fiori che sbocciano su cumuli di terra che sporcano la passerella, rivivono floridi sugli abiti femminili e nei capelli delle modelle che decorano le acconciature.
Toni cupi come il nero e il rosso porpora ci riportano ad un immaginario estetico di pellicole storiche come Dracula o meglio ancora allo stile narrativo onirico di David Keith Lynch. Il velo in tulle, molto scenografico, copre un trucco dark con labbra scure e pelle pallida.
La donna disegnata da Laura e Kate Mulleavy appare come una vedova allegra, una sposa cupa, una donna sanguigna.
Un transatlantico e il suo equipaggio sono i protagonisti della sfilata Tommy Hilfiger che ha avuto luogo ieri nella Grande Mela, nell’ambito della New York Fashion Week.
Il look marinère si impone come fashion trend per la prossima stagione invernale, tra suggestioni Forties ed effetti sparkling.
Ad aprire il défilé la burrosa Gigi Hadid, che ha calcato la passerella con tanto di tiara in capo. Nuova ambasciatrice del brand, la top model americana è fresca di collaborazione con Tommy Hilfiger, dal momento che ha firmato con lo stilista una capsule collection a quattro mani, che arriverà nei negozi il prossimo autunno.
Una marinaretta in chemisier con cintura in vita e calzini d’ordinanza, leggiadra, amante della vita, gaudente: questo è il mood che si respira a Park Avenue Armory, location scelta per la sfilata autunno/inverno 2016-2017, trasformata per l’occasione in una vera nave, che ricorda da vicino le atmosfere del Titanic. Sopra le teste degli ospiti ecco brillare le stelle su un cielo nero di cartapesta da cui fanno capolino i camini fumanti mentre le modelle sfilano su un ideale ponte in teak che delimita poppa e prua.
Richiami vintage nei dettagli, come gli stivaletti stringati, la donna Tommy Hilfiger è un po’ Olivia, la celebre fidanzata di Popeye, e un po’ Betty Boop, nella leziosa femminilità che ostenta.
Un’eleganza retrò e un’allegria che sembra talvolta cedere il posto a suggestioni malinconiche, per una collezione ricca di spunti e dettagli stilosi, a partire dagli abiti ricoperti di paillettes. Le maniche sono a sbuffo, i colli sono da collegiale o fluidi, legati in fiocchi che cadono sul petto, le stampe rappresentano i motivi classici dello stile marinaro, come i nodi, le ancore, e tutto ciò che sia attinente alla vita in mezzo al mare. La palette cromatica si adegua, indugiando nei toni del bianco, del rosso e del blu.
Victoria Beckham con la collezione prêt-à-porter autunno/inverno 16-17 ha voluto sottolineare come una donna può sentirsi femminile anche solo indossando capi prettamente maschili. In realtà il défilé presentato durante la fashion week di New York è la messa in scena di due modi completamente diversi di guardare la donna: audace e sexy con micro bustier e gonne in maglia fascianti da un lato e over coats, pullover e pantaloni affusolati per donne in carriera, dall’altro.
La collezione è dominata da una linea fasciante, resa possibile dall’utilizzo della maglia, tessuto onnipresente nei progetti creativi dell’ex Posh Spice.
Come lei stessa ci ha tenuto a sottolineare via Twitter , il progetto creativo prevede il perfezionamento dei pezzi chiave del guardaroba, strutturando così corsetti, abiti bustier e gonne dalla linea a palloncino.
Tartan, righe orizzontali e verticali e scacchi creano un virtuosismo visivo reso strategico da sovrapposizioni asimmetriche che movimentano i capi.
La palette di colori scelta da Victoria è variopinta, predominata da colori caldi intervallati, quest’ultimi, da blu, verde e bianco.
Nel front-row ad applaudire la stilista, la famiglia Beckham al completo.
In tempi in cui il concetto di eleganza sembra coincidere sempre più spesso con la ribellione e il gusto di scandalizzare a tutti i costi, Carolina Herrera presenta una donna leggiadra e sofisticata.
Protagonista della fashion week newyorkese e nome storico della moda americana, Carolina Herrera non ci sta: la sua donna sfoggia una classe rara nel panorama attuale, tra svolazzanti chiffon, sete plissettate e morbidi capispalla in pelliccia in colori confetto.
La stilista impartisce una lectio magistralis sullo chic, quello più autentico, per proporzioni fluide e linee morbide. La sua collezione Autunno/Inverno 2016-2017 sfila al The Frick in un mood quasi fiabesco. Serenità sembra essere la parola chiave, in una sfilata in cui l’eleganza sembra essere tornata in auge.
La stilista, che durante l’ultima stagione ha dovuto puntualizzare la sua volontà di guardare al futuro della moda e non al passato, sembra tuttavia attingere inevitabilmente ad un passato glorioso forse oggi sottovalutato.
In un gioco di sovrapposizioni emergono capi dal taglio sartoriale e gonne svolazzanti che invitano la donna a vivere come una diva contemporanea. La semplicità delle linee si sposa al bon ton di una donna proiettata verso il futuro ma che strizza un occhio ai tempi andati.
La donna che calca la passerella è dolce e delicata, tra lunghi abiti con colletto castigato e gilet in pelliccia nei toni del grigio e dell’azzurro. Quasi una fata, nella palette cromatica iridescente e sobria, la sontuosa eleganza declinata in chiave bon ton la rende pronta per il party più esclusivo.
Con Jason Wu a New York sfila una donna elegantemente bon ton, succinta in diverse occasioni con profonde scollature e spacchi vertiginosi.
Per il prossimo autunno/inverno 16-17 lo stilista ha creato una collezione che posa le sue basi sull’essenzialità e sul garbo, intervallati, questi, da stacchi di print superbi e fascinose velature. Gli abiti da cocktail si decorano di mirabili piume leggere, illuminate da fantastici cristalli.
Un intento illusorio di severità si evince negli abiti midi impreziositi da cocker gioiello o dagli over coats dall’allure vintage che lasciano scorgere leggerissimi e sensuali abiti vestaglia.
La donna di Jason Wu, inoltre, pare abbia fatto incetta di capi rubati dall’armadio del proprio uomo. Propone maxi blouson in lana “grigliati” da fili d’oro, maxi pull a dolcevita in wool abbinate sia a ballarine che con mocassini.
Il progetto creativo dello stilista taiwanese si veste di toni cupi in una palette di colori predominata dal blu, seguita poi dal nero e dal grigio. Non mancano però esplosioni di colore come il giallo canarino del long dress e dei dettagli in pelliccia sulle mini cappe degli abiti, del ramato del cappotto o il color cappuccino del cocktail dress.
Si è conclusa da pochi giorni la New York Fashion Week. La Grande Mela è stata teatro di sfilate emozionanti. Tante le tendenze proposte per la prossima Primavera/Estate 2016. Per voi una selezione dei più interessanti fashion trend visti sulle passerelle.
Givenchy nella sua prima sfilata aperta al pubblico emoziona con l’allestimento scenico curato da Marina Abramovich. Non una data a caso, Riccardo Tisci sceglie di commemorare l’undici settembre con il suo show. Sulle note dell’Ave Maria di Schubert sfilano capi altamente scenografici: la sua donna è una guerriera, note angeliche lasciano talvolta spazio a note dark. Black & white per tuniche, sari e pepli preziosi, con frange e decorazioni da dea contemporanea, per una sfilata evento a cui hanno potuto accedere gratuitamente gli allievi del Fashion Institute of Techonology.
Da Tommy Hilfiger suggestioni folk e spirito nomade declinato in colori vitaminici: protagonista è la Giamaica di Bob Marley, tra collane e stampe etniche. Guest star della sfilata la top model protagonista dell’ultimo calendario Pirelli Gigi Hadid.
Ralph Lauren incanta New York con una collezione ispirata al glamour della riviera francese, con suggestioni cubiste nelle stampe e charme francese nelle righe e nella palette cromatica.
Da Jeremy Scott consueta ironia, per una bambola direttamente ispirata dalla Pop Art: shift dress con decorazioni cartoon, capelli cotonati, calze a rete e colori fluo.
Una collezione sporty chic quella proposta da Victoria Beckham, con una femminilità nuova. Lunghi abiti, perfetti per il giorno, con sneakers ai piedi, e per la sera: regna il maxi tartan.
Frange, stampe etniche e mood boho-chic da Rachel Zoe, in una collezione di netta ispirazione Seventies.
Stampe tapestry, fiori tra i capelli e romanticismo protagonista della sfilata di Diane von Furstenberg: i toni del rosa predominano, in una collezione all’insegna della femminilità. Modella d’eccezione Kendall Jenner.
Minimalismo è la parola d’ordine di Narciso Rodríguez, in una collezione che profuma d’Oriente. Mood monastico direttamente ispirato al Sol Levante per tuniche asimmetriche e stampe astratte.
Toni pastello su abiti sartoriali tagliati a vivo per Carolina Herrera, che fa sfilare una donna sofisticata e romantica, dalle sfumature ton sur ton e dalla femminilità classica.
La Petite Robe di Chiara Boni punta sui toni del rosa, che impreziosiscono lunghi abiti da sogno. Mood fiabesco per capi che uniscono alla linea sofisticata e garbata la comodità del jersey stretch, che la designer ha adottato come propria cifra stilistica. Divertenti i dettagli: il black & white viene impreziosito da colletti e polsini.
Da Michael Kors giochi di balze e capi strutturati, fluidità di impalpabile chiffon di seta e tripudio di bianco. Pulizia ed essenzialismo si sposano perfettamente con un pizzico di grinta, per una collezione in linea con lo stile del brand.
Un’esplosione di femminilità da Oscar de la Renta. Gonne a ruota, pizzi ed audaci trasparenze, e ancora rosso sanguigno e suggestioni spagnoleggianti per una P/E 2016 da vera diva.
Relaxed mood da Calvin Klein con proporzioni oversize e capispalla estivi caratterizzati da grande fluidità. Una palette cromatica che va dal panna al bianco al crema, per una sfilata all’insegna della delicatezza.
Da Tory Burch sfilano caftani preziosi e suggestioni orientali. Allure da diva per lunghi caftani e kimoni che diventano abiti da sera di grande impatto scenografico. Impreziositi da accessori etnici, per un look da dieci e lode.
Fashionista ante litteram, un senso innato per lo stile e la capacità di captare il gusto nel raggio di un miglio. Eleanor Lambert è stata una vera maestra nello stile e nel fashion biz: PR ante litteram, è stata anche colei che ha inventato la più famosa lista delle “meglio vestite al mondo”.
Lo sguardo della ragazza che, eterea e giovanissima, posa per Cecil Beaton, tradisce una smisurata ambizione. Già all’epoca, quando Eleanor è ancora una perfetta sconosciuta nel mondo della moda, le si legge negli occhi la voglia di arrivare. Genio pubblicitario che rese New York la capitale del fashion e creatrice della prima fashion week della Grande Mela, la vita di Eleanor Lambert è stata la parabola di una visionaria che ha osato là dove nessuno aveva il coraggio di osare ed ha vinto.
Originaria dell’Indiana, nata a Crawfordsville il 10 agosto del 1903, Eleanor Lambert frequenta corsi di scultura al John Herron Art Institute di Indianapolis e nel frattempo scrive di shopping per l’Indianapolis Star. Qui conosce lo studente di architettura Willis Connor, con cui intraprende un rapporto sentimentale. La giovane Eleanor, desiderosa di evadere da quella realtà per lei troppo angusta, dichiarerà più avanti che quella relazione fu per lei come “un biglietto di sola andata per uscire da quella città” . Insieme la coppia si iscrive all’Art Institute di Chicago, dove la giovane Eleanor studia moda. Messo da parte un discreto gruzzolo, la coppia si trasferisce a New York. Connor non possiede assolutamente i requisiti necessari per essere la persona giusta per Eleanor, determinata ad eccellere in qualsiasi campo e intenzionata persino ad inventarsi ex novo una nuova professione pur di affermarsi lavorativamente.
La giovane si stabilisce quindi ad Astoria, nel Queens, e si mantiene con due lavoretti part-time, rispettivamente all’interno della redazione di un notiziario di moda, il Breath of the Avenue, e come designer di copertine di libri per una casa editrice. Qui il suo capo nota immediatamente il talento della ragazza, come anche il sagace sensazionalismo che la giovane Eleanor riesce ad adoperare a suo piacimento, ottenendo discreti successi. L’uomo le consiglia quindi di mettersi in proprio e di aprire una sua attività. Eleanor è ancora poco più che una ragazzina e la vita non è sempre facile per lei. Un episodio in particolare, divenuto assai famoso, vede Eleanor fare un brutto incontro: una notte si imbatte in un gruppo di scrittori ubriachi, tra cui la celebre Dorothy Parker, che la portano a sua insaputa nello studio di un tatuatore. Fu così che la giovane si ritrovò tatuata una piccola stella blu sulla caviglia.
Il padre intanto vuole riportarla a casa a tutti i costi, convinto che New York non sia il luogo adatto ad una giovane donna sola. Ma Eleanor resiste. Dopo aver avviato un’agenzia di pubblicità a Manhattan occupandosi principalmente di gallerie d’arte, a metà degli anni Trenta diviene uno dei primi uffici stampa per il Whitney Museum of American Art. Numerosi sono gli artisti da lei rappresentati, tra i quali spiccano Isamu Noguchi, Jacob Epstein e Jackson Pollock. Dopo essere convolata a nozze con Seymour Berkson abbandona la sua brillante carriera di PR per passare alla moda. Risale al 1932 il suo primo lavoro per la designerAnnette Simpson: impressionata dalla copertura mediatica che la Lambert aveva garantito agli artisti da lei rappresentati, la designer la assunse. Tuttavia, come più tardi dichiarato da lei stessa, la Lambert non venne mai retribuita per quella sua prima prestazione lavorativa nel settore moda.
Eleanor fu pioniera nel considerare la moda alla stregua di una forma d’arte tra le più nobili: cominciò ben presto a chiedersi perché non pubblicizzare anche la moda americana, proprio come aveva fatto con l’arte. Si confida quindi con l’amica Diana Vreeland, celebre fashion editor di Harper’s Bazaar. Ma nemmeno la Vreeland -che pure fu visionaria scopritrice di immensi talenti- crede in lei, reputando le sue idee troppo naïf. Ma la Lambert persiste e nel 1940 cambia il corso della moda, creando la sua celebre International Best Dressed List. È una rivoluzione epocale: per la prima volta nella storia venivano dati i voti ai look sfoggiati dalle celebrities del tempo. Come spesso accade nel patinato sistema del fashion biz, improvvisamente tutti sono pazzi di lei; tutti la corteggiano; tutti sgomitano per entrare a far parte della sua Hall of Fame. Nel 1958 invia telegrammi a Babe Paley, Elisabetta II, alla duchessa di Windsor e alla contessa Mona von Bismarck, annunciando loro che erano entrate a far parte della sua Hall of Fame. Apparvero nella sua lista anche la viscontessa Jacqueline de Ribes, Marisa Berenson, Lauren Bacall, Marella Agnelli, Gloria Guinness, Cary Grant e molti altri.
Nel 1943 la Lambert entra nuovamente nel mito, creando la prima settimana della moda mai conosciuta al mondo e quella che è a tutti gli effetti la New York Fashion Week che noi tutti conosciamo. La prima settimana della moda della Grande Mela viene creata dal New York Dress Institute, di cui la Lambert era PR. Questa era la prima organizzazione promozionale nell’industria della moda americana e la settimana della moda venne inizialmente denominata “Press week”. Creata allo scopo di distogliere l’attenzione dei media americani dalla moda parigina durante la Seconda Guerra Mondiale, la fashion week ideata dalla Lambert vuole promuovere il buon gusto e lo stile made in the USA. Pochissimi erano infatti coloro che potevano viaggiare fino a Parigi in quel periodo, e si temeva che la moda americana potesse restare indietro. La Press Week si rivelò un successo clamoroso. Grazie ad essa, magazine come Vogue iniziarono a parlare dei designer americani. La settimana della moda della Grande Mela a metà degli anni Cinquanta cambiò nome in “Press Week of New York” e solo nel 1993 assunse il nome attuale di “New York Fashion Week”.
Reduce da questi successi di portata storica, la Lambert venne incaricata per ben due volte, nel 1959 e nel 1967, di rappresentare e promuovere la moda americana in Russia, Germania, Italia, Australia, Svizzera, Giappone e Brasile, incarico conferitole direttamente dal governo degli Stati Uniti d’America.
Nel 1965 fu designata al Collegio nazionale delle arti del National Endowment for the Arts e nel 1962 organizzò il Council of Fashion Designers of America (CFDA) e vi rimase come membro onorario fino al 2003. Nel 2001 il CFDA istituì l’Eleanor Lambert Award, assegnato per contributi unici al mondo della moda e/o meriti speciali nel settore. Pochi mesi prima della sua morte, avvenuta il 7 ottobre del 2003, la Lambert aveva affidato a quattro editor di Vanity Fair i diritti della sua lista, la International Best Dressed List, nata di fatto nel 1940. La sua ultima apparizione pubblica fu in grande stile, durante la settimana della moda di NY nel settembre del 2003, pochi giorni prima di morire, all’età di cento anni. Il nipote Moses Berkson dopo la sua morte ha girato un documentario a lei dedicato.