Differenze di corteggiamento tra l’uomo americano e l’uomo italiano

Gli uomini americani sono generalmente più creativi e originali rispetto agli italiani e sono anche più soggetti a seguire specifiche norme di buona condotta. Si comportano da veri signori (non ci sarà da stupirsi se ogni volta che una ragazza salirà a bordo della loro auto le apriranno la portiera) e amano sorprendere le donne: sarà molto comune ricevere fiori o regali inaspettati!

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Primo appuntamento nella bellissima Times Square a New York


IL PRIMO APPUNTAMENTO

Per il primo appuntamento negli Stati Uniti, si può optare per un semplice caffè o un drink, ma anche per un’attività molto insolita, come ad esempio il paddle bording a Miami o un drink in un stupendo rooftop a New York.

Il primo appuntamento generalmente non è nulla di impegnativo, ma vi aiuterà comunque a capire se sarà anche l’ultimo, nel caso in cui non avrete più nulla da dirvi dopo solo 20 minuti, o se al contrario sarà il primo di una lunga serie di appuntamenti, se scoprirete di avere diversi punti in comune e quindi sarete intenzionati a rivedervi.

LA FASE DI FREQUENTAZIONE: DIVERTIMENTO O RELAZIONE SERIA?

Se il primo appuntamento si è rivelato piacevole, sicuramente ne seguiranno molti altri: dal cinema alle cene fuori, a breve scatterà il primo bacio, fino ad arrivare ad un massaggio ai piedi con olio di patchouli! Insomma, se il primo appuntamento è stato un buon punto di partenza, dopo alcune uscite, il vero divertimento può cominciare!

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Dating a New York


Così si ha la fase del cosiddetto “dating americano“, che corrisponde al nostro periodo di frequentazione.
Ci saranno quindi due opzioni: potrete scegliere di mettere la testa a posto, continuando a conoscere la persona ed impegnandovi seriamente, oppure potrete optare per i “casual dates“, cioè appuntamenti occasionali, senza impegno nè pressioni, sentendovi liberi di vedere anche altre persone. L’importante, per un americano, è essere sinceri e stabilirlo fin dall’inizio in modo da evitare malintesi.
In quest’ultimo caso, non sarà appropriato prenotare una crociera di 15 giorni alle Bahamas!

COPPIA A TUTTI GLI EFFETTI

Se si sceglie di impegnarsi in una relazione seria, ad un certo punto arriverà il momento di parlare, la cosiddetta fase di determinazione del rapporto, in cui arriverà la fatidica domanda, che sia semplicemente a voce oppure a sorpresa su un cookie gigante o, proprio come nei film, su uno striscione legato ad un areoplano che vola sulle spiagge di South Beach o su Times Square!

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L’inizio di un Dating


Così, in caso di risposta affermativa, sarete “officialy dating”, cioè diventerete ufficialmente una coppia.
E, se si tratta della relazione della tua vita, di certo in futuro arriverà il momento in cui riceverai uno splendido anello di fidanzamento (engagement) accompagnato da una romantica proposta di matrimonio!

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Engagement, proposta di matrimonio con uno stupendo solitario


ALCUNI CONSIGLI UTILI

Chi farà il primo passo?

Ai giorni nostri siamo fortunati a non dover aspettare un telegramma o un piccione viaggiatore. Ma smettetela di torturarvi e di controllare il vostro telefono ogni 5 minuti!
Non sta scritto da nessuna parte che la donna debba fare il primo passo.

IN RITARDO AGLI APPUNTAMENTI?

Un pò di galanteria… Ricordatevi che essere in ritardo non è affatto misterioso o di tendenza, a volte può essere irritante specialmente in America, e questo vale sia per i ragazzi che per le ragazze. Quindi siate puntuali!

CHI PAGA IL CONTO?

I tempi in cui l’uomo pagava tutto sono ormai passati. Quindi, a meno che voi non abbiate la fortuna di incontrare un uomo più tradizionalista o ricco, che non bada a spese, dovrete prepararvi all’eventualità di condividere il conto ogni tanto!

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Immagine tratta dal famoso film “Il matrimonio del mio migliore amico” con la bellissima Julia Roberts

 

Zac Posen incanta New York con la collezione autunno inverno 2017-18

Dal debutto di Zac Posen nel mondo della moda sono già trascorsi 15 anni. Era il 2002 quando il giovane designer presentò al mondo la sua prima collezione affascinando il pubblico e la stampa. Amante degli abiti da sera, dei volumi architettonici e dei materiali preziosi, Zac Posen è oggi famoso in tutto il mondo, vincitore di ambiti premi e amato dalle star. Da Naomi Campbell a Uma Thurman, da Katy Holmes a Naomi Watts, tantissime sono le donne che ha vestito in abiti splendidi, scenografici, sfarzosi sul red carpet. In occasione del 15° anniversario della sua carriera, lo stilista ha scelto di presentare la sua nuova collezione in una performance invece che in una classica sfilata. L’evento, immortalato negli splendidi scatti di Vanina Sorrenti, ha visto protagoniste supermodelle come Carolyn Murphy, Jourdan Dunn, Lindsey Wixson. Bellissime e sensuali, le foto ritraggono gli abiti della collezione autunno inverno 2017-18, che uniscono praticità e fantasia a quel tocco regale tipico delle creazioni Zac Posen.


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Protagonisti, come sempre, i ball gown dalle complesse architetture per principesse moderne. Organza e raso, luccicanti tessuti glitter e applicazioni di paillettes per fascianti abiti a sirena e ampi vestiti da ballo, in un’elegante combinazione delle caratteristiche fondanti dello stile Zac Posen. La collezione presentata a New York, nel quartiere di Soho dove il designer è cresciuto, comprende anche una vasta scelta di look da giorno: abiti fluidi o strutturati, stampe a fiori e originali applicazioni di pelliccia e pizzo Sangallo. Una collezione dall’appeal femminile e contemporaneo, che dimostra ancora una volta la dedizione di Zac Posen al corpo delle donne e alla sua valorizzazione. Abiti perfetti per il red carpet ma anche completi da giorno, bluse arricchite da ruches e pantaloni fluidi in total white. Zac Posen ha di nuovo incantato New York, il mondo della moda e le sue affezionatissime amiche celebrities.


Moncler, la filosofia della maison: nuovo flagship store a New York

Moncler, l’azienda tessile specializzata in abbigliamento invernale, apre un flagship store a New York.
La marca di piumini conserva la stessa produzione tenendo sempre a mente l’evoluzione da semplice marchio a global trend.

Ma tra le parole chiave dell’azienda, “innovazione” e “scelta” sembrano essere quelle più utilizzate.
Renzo Ruffini, Chairman e Managing Director di Moncler, esprime queste due caratteristiche in un’ottica che fa da contrasto tra la ricerca e la tradizione: “Negli ultimi anni abbiamo lavorato moltissimo sulla tecnologia e sulla ricerca, in particolare di materiali sempre più leggeri, in grado di rendere il piumino un prodotto adatto ad ogni stagione e ogni zona geografica. La scelta più forte è stata quella di fare poche cose ma fatte bene: Moncler non ha ceduto alle lusinghe di sfruttare il brand allargando la gamma di prodotti. La segmentazione della marca è stata un boom degli anni ’80, oggi il cliente vuole unicità e qualità“.

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Allora perché continuare ad aprire nuovi flagship store?
La risposta dell’azienda risiede nell’esigenza di comunicare direttamente con il cliente consumatore che può rivolgersi a un team di professionisti Moncler per ogni occasione.

All’inizio non eravamo abbastanza vicini al consumatore, perché la necessità era di riorganizzare l’azienda. L’apertura dei negozi ci ha fatto capire l’importanza di capire a fondo il cliente per soddisfare le sue esigenze: per avere successo bisogna creare esperienze diverse in ogni città e non presentare un prodotto standardizzato o stereotipato. Moncler cerca di fare prodotti che non seguano le tendenze della moda, ma le necessità del consumatore: ad esempio prodotti adatti per chi viaggia, con modalità d’uso estremamente versatili“, continua Ruffini.

Comunicazione diretta, presenza, inutilizzo di intermediari fa di Moncler un’azienda in grado di soddisfare il consumatore locale.
Ruffini afferma: “Non credo al ‘see now, buy now’, il ciente va coinvolto in altri modi“.

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Uno di questi è dare spazio al brand in diverse città, ecco che Moncler apre il primo flagship store a New York in Madison Avenue.
In occasione di questo evento, l’azienda ha prodotto una collezione di 28 piumini in edizione limitata venduti sul sito ad essi dedicato.
Special Collection designed by Thom Browne è il nome della capsule collection che destinerà il suo ricavato alla organizzazione Roobin Hood.
Inoltre, per festeggiare ulteriormente questa nuova apertura, Moncler ha prodotto “Brave“, lo short movie girato dal regista newyorkese Spike Lee con protagonisti i ballerini Lil Buck, John Boogz e Damaris Lewis.

Date le direttive del brand, sembrerebbe essere sempre in espansione.
In linea d’onda con questa filosofia della maison, ci sarebbe da chiedersi: “E in Italia?
Ruffini risponde: “Per quanto Milano continui ad essere una piazza importante, le città d’arte, come Venezia e Firenze, stanno crescendo sempre di più“.
Che questa crescita possa essere il pretesto di nuovi punti vendita?

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Raf Simons lascia Parigi: la moda uomo inverno 2017-18 sfilerà a New York

Raf Simons lascia Parigi per New York. Lo stilista belga ha annunciato che la sfilata di moda uomo inverno 2017-18 del suo brand si svolgerà il prossimo febbraio nella Grande Mela. Nonostante non sia stata dichiarata una ragione precisa per questo spostamento, la scelta sembra molto sensata considerando che Simons è stato nominato chief creative officer di Calvin Klein e trascorrerà quindi molto tempo oltreoceano.  È già la seconda volta che il designer si allontana da Parigi: la sua ultima collezione di moda uomo è stata presentata a Firenze lo scorso giugno, in occasione di Pitti Uomo 90. Nome del fashion system da un ventennio, Raf Simons è stato direttore creativo di Jil Sander e poi della maison Dior prima di approdare, lo scorso agosto, al timone della griffe statunitense. Il suo stile minimalista e all’avanguardia sembra perfetto per accostarsi all’amato e a tratti provocatorio Calvin Klein. La collezione moda inverno 2017-18 sarà la prima a segnare l’unione tra il brand e lo stilista ed è una delle più attese della prossima fashion week di New York.


Il fatto che Raf Simons abbia scelto New York per sfilare con il suo marchio omonimo, qualunque sia la ragione di questa decisione, è molto importante per il CFDA (Council of Fashion Designers of America). La Fashion Week: Men’s della Grande Mela, lanciata all’inizio del 2015, non ha ancora raggiunto il livello di pubblico e di prestigio della settimana della moda femminile, né delle rispettive fashion week europee. L’arrivo di Simons potrebbe portare una ventata di novità, insieme all’incontenibile curiosità verso la sua prima collezione per Calvin Klein. «La moda è un business globalizzato, e le differenze tra le capitali del fashion cominciano a svanire – ha spiegato Valerie Steele, direttore e capo curatore del museo al Fashion Institute of Technology di New York – ma lo stereotipo è che New York sia troppo commerciale: Raf aggiungerà il fascino e lo charme europeo alla New York Fashion Week».

BEAUTY – La NYFW detta nuovi canoni di bellezza . Ecco i testimoni della moda in rivoluzione

“Non dimenticate il tema della diversità razziale quando scegliete le modelle per le vostre sfilate”. Dichiarazione chiara e concisa della CFDA , la camera della moda americana , rivolta a tutti gli stilisti all’inizio di settembre, prima dell’avvio della recente fashion week di New York. Affermazione che ha dato sfogo al dibattito , attraverso i mezzi d’informazione e social , sulla predominanza di ragazze bianche, piuttosto omologate nell’aspetto e nell’etnia che calcano le passerelle di moda .


Winnie Harlow , rappresenta l’icona della modella inusuale per eccellenza . E’ stata una delle prime donne a sfilare senza vergogna per la sua “diversità” , che la resa idolo internazionale per il suo coraggio e testimonial del famoso brand Desigual .


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Desigual
Womenswear
Winter 2015 – 2016
Ready To Wear
New York
Generated by  IJG JPEG Library


Anche quest’anno la modella più famosa al mondo con la sindrome di down , Madeline Stuart , ha continuato ad abbattere le barriere con la sua apparizione al FTL MODA spettacolo per Hendrik Vermeulen Couture .


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ANDREW KELLY/REUTERS


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ANDREW KELLY/REUTERS


Shaholly Ayers , amputata appena sotto il gomito sul suo braccio destro , ha sfidato le probabilità , diventando una delle modelle più dinamiche d’America . Shaholly è apparsa in magazine di rilievo come GQ , US Weekly , Glamour.com e più recentemente durante la prestigiosa settimana della moda Mercedes – Benz di New York nel 2015 .


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shaholly-ayers-at-nyfw-with-3d-printed-bionic-arm-from-limbitless-solutions-photo-credit-kt-crabb-photography-4Shaholly Ayers at NYFW with 3D printed bionic arm from Limbitless Solutions, Photo credit KT CRABB PHOTOGRAPHY


Jude Hass è diventato il primo modello con la sindrome di down a sfilare per la New York Fashion Week.
L’adolescente texano ha avuto l’onore di aprire la presentazione della collezione della FTL Moda bambini . Il quindicenne ha cominciato a sfilare pochi anni fa , affiancato da un agente di talento specializzato nel rappresentare le persone con diverse disabilità .
“Sempre più persone con la sindrome di Down stanno sensibilizzando i Media e il grande pubblico “, ha affermato la mamma di Jude , Rachel Wolverton . ” E’ incredibile . Non ci sono parole per questo. E’ semplicemente fantastico “.


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Picture of Jude Hass @ NYFW


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Fox4news.com


Infine , uno dei casi più discussi durante la NYFW è la storia di una modella indiana sfigurata in volto dall’acido proprio in India , dove due anni fa ha subito gravi ustioni e ha perso un occhio a causa della folle gelosia del fratellastro e di altri due uomini .
Stiamo parlando della sorridente Reshma Quereshi , 19 anni , che ha aperto lo show FTL Moda accompagnata da applausi , in abito bianco con applicazioni ricamate dal designer indiano Archana Kochhar .
Quereshi non avrebbe mai pensato che sarebbe stato possibile andare all’estero , tanto meno sfilare a New York .
Ora rappresenta il volto di una campagna contro la vendita di sostanze corrosive usate per mutilare migliaia di donne e bambini ogni anno .
“Non riuscivo a credere che stava accadendo a me “, ha detto Quereshi circa il viaggio verso l’America . “In quel momento mi sono sentito estremamente felice”.


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Getty Images


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Quereshi with the actress Sunny Leone
Dailymail.co.uk



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Reuters


Aumentare la diversità in passerella è un obiettivo di FTL Moda : società di produzione che supporta i modelli con disabilità , costretti su sedie a rotelle , stampelle e amputati .
“Penso che questo è un potente strumento “, ha detto la fondatrice di FTL Moda Ilaria Niccolini . ” Penso che si possa fare un cambiamento in meglio , continuando a spingere i confini per aumentare la diversità nel settore moda e dello spettacolo . ”

New York Fashion Week. Collezione funny per Michael Kors

Ad incalzare la sfilata primavera/estate 2017 di Michael Kors ci ha pensato la canzone “Get happy” di Judy Garland.

In effetti, il tema del brano non poteva essere più azzeccato visto che il défilé proposto dalla griffe statunitense è l’emblema della felicità.

La provocazione dello stile rétro si insinua gradevolmente sugli abiti midi con scollatura profonda.

Se il colore è l’anima di questa collezione che si anima di fogge tipicamente vintage, il pattern diventa fulcro di questo progetto creativo. Macro fiori si stagliano generosamente dal fondo rubando la scena ai capi ton sur ton.

Poca ostentazione per la linea di Michael Kors che, a orpelli e artifizi, preferisce la purezza delle linee.

Trench dalla foggia minimale ed abiti crochet aprono un evento che culmina con vesti tempestate di cristalli che illuminano la passerella.

Cintura in vita e sandali plateau sono gli accessori cult di questa collezione.

Adottando il concetto “see now by now” i capi appena presentati a New York saranno venduti in brevissimo tempo nelle boutiques della griffe.

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Fonte immagini vogue.com

Antonio Lopez. New York omaggia l’illustratore di moda

Il New York Times lo definì “un grande illustratore di moda” ma in molti, finirono per dimenticare le sue opere.

New York, con una mostra al Museo del Barrio, rende omaggio al dimenticato Antonio Lopez, il grande illustratore di moda, menzionato da tanti, per aver poggiato la sua carriera su quattro muse che sarebbero diventate in divenire, le Antonio’s Girls e cioè, Jerry Hall, Grace Jones, Pat Cleveland e Jessica Lange.

 

Antonio Lopez (fonte immagine d.repubblica.it)
Antonio Lopez (fonte immagine d.repubblica.it)

 

Oscar de la Renta by Antonio lopez (fonte immagine beatricebrandini.it)
Oscar de la Renta by Antonio lopez (fonte immagine beatricebrandini.it)

 

 

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(fonte immagini badinicreateam.blogspot.it)

 

 

Nato a Utuado (Portorico) l’11 febbraio 1943, all’età di sette anni assieme alla famiglia, si trasferisce a New York.

La passione per la moda, nasce dalla necessità della madre, Maria Luisa Cruz, di tenere il figlio lontano dalla strada. E’ lei, un’abile sarta, ad avvicinare Antonio nel fashion system, chiedendogli di disegnare i fiori che lei stessa avrebbe ricamato.

Assecondando le sue doti artistiche, frequenta la High School of Art and Design e, in seguito, il Fashion Institute of Tecnnology.

 

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(fonte immagini badinicreateam.blogspot.it)
(fonte immagini badinicreateam.blogspot.it)

 

 

A lui si sono affidate maison come Valentino e Missoni e testate giornalistiche come il New York Times, Vogue, Vanity Fair, Elle e Harper’s Bazaar.

Incontra poi l’art director Juan Eugenio Ramos; tra i due nasce una stretta collaborazione e anche un grande amore. Si batterono a lungo per portare i concetti di razza e genere nella moda, fino a quando Antonio non spirò il 17 marzo del 1987, a causa di un sarcoma di Kaposi sopraggiunto come complicanza all’AIDS di cui era affetto da diversi anni.

 

(fonte immagine verlanga.com)
(fonte immagine verlanga.com)

 

 

In suo onore, furono pubblicati diversi libri tra cui “Antonio Lopez: Fashion, Art, Sex, and Disco” di Roger e Mauricio Padilha (Rizzoli, 2012).

La mostra a lui dedicata, “Antonio Lopez: Future Funk e Fashion“, resterà aperta fino il prossimo 26 novembre 2016.

 

 

 

Fonte cover bangbangbang.com.mx

Beetle House. Apre a NY il bar dedicato a Tim Burton

La scenografia è degna del nome di chi lo ha ispirato. Volti in tumefazione, teschi in bella vista, luce soffusa color purple e rose nere:  l’ambientazione gotica di Beetle House rende totalmente omaggio al geniale maestro Tim Burton.

 

Beetle House è un bar dedicato al regista Tim Burton
Beetle House è un bar dedicato al regista Tim Burton (fonte beetlehousenyc)

 

 

308 east 6th street  New York, NY: questo è l’indirizzo dove potreste degustare ottimi drink e mangiare piatti squisiti in una cornice degna delle migliori pellicole del regista come: “La Fabbrica di Cioccolato” o “Beetlejuice”, fatica cinematografica che ha dato il nome al locale.

Il menu è completamente dedicato ai film di Burton con riferimento, per quanto concerne le proposte, ai titoli o  alle citazioni dalle pellicole da lui create.

 

La scenografia del locale è degna dell'eclettico regista Tim Burton (fonte beetlehousenyc)
La scenografia del locale è degna dell’eclettico regista Tim Burton (fonte beetlehousenyc)

 

 

Un esempio? Il drink Alice’s cup of tea, si ispira al film Alice in Wonderland (2010) diretto dal regista, con protagonista Johnny Deep.

Beetlejuice, cocktail che prevede un mix di Tequila, mirtillo e lime, prende il nome dalla celeberrima pellicola del 1988 che si aggiudicò l’Oscar al miglior trucco del 1989 e che ispirò la serie televisiva animata “In che mondo stai Beetlejuice?”

Dal sito, inoltre, potrete dare un’occhiata all’intero menu e prenotare il vostro tavolo.

New York celebra la cucina italiana

Ci sono cose alle quali non si può rinunciare facilmente, neanche in vacanza: tra queste, al primo posto si trova la cucina italiana. Ci si adatta al letto un po’ scomodo in albergo, a uno spostamento più lungo del previsto, alla calca, al clima così diverso da casa propria, ma a un cattivo abbinamento cibo vino proprio no. E così l’italiano in vacanza all’estero, magari dopo aver provato e anche apprezzato la cucina locale, finisce inevitabilmente per entrare in un ristorante italiano. Ma come trovare quello giusto? A New York ci pensa l’Italy-America Chamber of Commerce (Iacc) che stila la lista dei migliori ristoranti italiani nella Grande Mela. I parametri da valutare sono diversi: l’uso di prodotti genuini DOP o IGP, un ottimo abbinamento cibo vino con bottiglie italiane, l’uso di olio extravergine di oliva 100% made in Italy. Infine, la cortesia e la buona conversazione con i clienti sono un ottimo lasciapassare per ottenere la prestigiosa certificazione “Ospitalità Italiana“.


Quest’anno sono 25 i ristoranti selezionati dall’Italy-America Chamber of Commerce per ottenere il marchio di qualità in una cerimonia ufficiale al Metropolitan Pavillion a Manhattan. “Gli obiettivi del progetto sono quelli di supportare e valorizzare i ristoranti italiani nel mondo, creare un network che consenta la realizzazione di eventi per valorizzare i territori di provenienza dei prodotti tipici, utilizzare la rete RIM per garantire l’autenticità dei marchi DOP e IGP, promuovendo le nostre eccellenze“, ha spiegato il segretario generale Iacc, Federico Tozzi. “Noi come Italy America Chamber of Commerce – ha aggiunto – siamo impegnati 360 giorni all’anno per monitorare e verificare che gli standard ‘Ospitalita’ Italiana’ siano rispettati“.


I ristoranti certificati “Ospitalità Italiana” negli Usa sono oltre 300, portabandiera della cucina italiana nel Paese a stelle e strisce. Come educatori del gusto, proprietari e cuochi di questi ristoranti italiani sentono una vera responsabilità verso i preziosi prodotti e le centenarie ricette che utilizzano e che reinventano in versione contemporanea, senza mai snaturarle. “L’importanza di queste sentinelle del made in Italy in territorio americano e’ notevolissima – ha sottolineato il presidente di Iacc Alberto Milani – poiché svolgono una continua educazione del consumatore Usa al cibo e vino tricolore“.

Mickael Kors Collection: garbo e glamour sfilano a New York

Mickael Kors Collection docet!

Si, perché la collezione autunno/inverno 16-17 presentata a New York è priva di eccessi, di provocazioni. Il marchio lancia una moda portabile sempre, garbata, in perfetto street style.

Il défilé proposto dallo stilista presenta, pertanto, capi comodi ed essenziali. Il maglione tricot old school viene abbinato alla camicia per una mise da vera liceale. La cintura in pelliccia è l’unico vezzo dell’abbinamento.

Il vello dell’animale, in realtà, è riproposto sia in dettagli come i manicotti e il collo degli over coats che con magnifici pattern floreali dal sapore vintage.

Caban doppio petto sono abbinati abilmente ai jeans resi glamour da curiose piume che ritroviamo anche su abiti cocktail total black con scollatura profonda. Minigonne contenute dalla linea a trapezio, aprono la strada a pantaloni scivolati effetto sparkling.

È colourful la palette di colori scelta per animare la collezione: dal mauve al verde vitaminico, dal color cammello  al gold fino alle svariate tonalità del blu.

Essenziali anche gli accessori: tracolle, cinture catena e mocassini declinati nel classico nero e oro e tronchetti animalier, chiudono il progetto creativo di Mickael Kors.

 

(fonte Madame Figaro)
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(fonte Madame Figaro)

 

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(fonte Madame Figaro)

 

 

Nan Kempner: icona dello stile newyorkese

Ci sono donne che nobilitano la moda, conferendole quel tocco di magia che è da sempre prerogativa assoluta del glamour più autentico. Nan Kempner ha fatto della propria vita una parabola vissuta all’insegna dell’eleganza: socialite, protagonista indiscussa del jet set, avida collezionista di capi haute couture ed insuperata icona di stile, Nan Kempner nacque a San Francisco il 24 luglio del 1930.

All’anagrafe Nan Field Schlesinger, la futura icona di eleganza nasce in una famiglia benestante: il padre Albert “Speed” Schlesinger possiede la più grande concessionaria di automobili della California. Esile fin da giovanissima, Nan non possiede una bellezza da copertina, nonostante sia atletica e tonica. È lo stesso padre a consigliarle di puntare su altro, dicendole testualmente: “Con quel viso non ce la farai mai, faresti bene ad essere interessante”. Ed infatti è proprio sul carisma che la giovane punta lungo tutto il corso della propria vita.

Figlia unica, fu sua madre ad iniziarla alle meraviglie della moda. A suo dire la madre vestiva divinamente: fu da quest’ultima che la ragazzina apprese le regole fondamentali che diedero vita a quel suo stile che sarebbe in seguito divenuto iconico. Sua madre le insegnò che vi erano solo tre colori —il rosso, il nero e il grigio— e che i tacchi alti sarebbero dovuti divenire i suoi migliori amici. Contemporaneamente all’amore per la moda nacque nella giovane l’ossessione per la linea: Nan iniziò a stare in dieta all’età di 12 anni senza smettere mai nel corso della sua vita, ed iniziò a fumare all’età di 14. Dopo aver frequentato la Hamlin School di San Francisco, Nan Kempner si iscrisse al Connecticut College for Women dove studiò per un anno storia dell’arte, ma senza conseguire il diploma. Poi si trasferì per un anno a Parigi, dove frequentò la Sorbona e un corso di pittura tenuto dal maestro Fernand Léger. Ma quest’ultimo, resosi conto di quanto la giovane fosse negata, le restituì indietro il denaro.

Nan Kempner in Yves Saint Laurent, foto di Francesco Scavullo per Vogue, 1974.
Nan Kempner in Yves Saint Laurent, foto di Francesco Scavullo per Vogue, 1974
ca. January 1974, New York, New York, USA --- Socialite Nan Kempner wearing camel hair coat and cuffed plain-front pants by Yves Saint Laurent, with cashmere sweater and chain belt with tiger eye by Halston; a beret, and holding a long print silk scarf, --- Image by © CondÈ Nast Archive/Corbis
Nan Kempner in cappotto e pantaloni Yves Saint Laurent e maglione Halston. New York, gennaio 1974, foto Corbis

Nan Kempner wearing a Christian Lacroix Evening Jacket and vintage Yves Saint Laurent skirt
Nan Kempner in Christian Lacroix


Dopo aver lavorato come volontaria presso il Museo delle arti di San Francisco, nel 1952 convolò a nozze con Thomas Lenox Kempner. Dall’unione nacquero tre figli. Galeotto fu il primo incontro tra i due, con il marito che notò come prima cosa la minigonna Dior indossata dalla giovane. Un primo appuntamento al Monkey Bar di New York City in cui i due non smisero di scambiarsi insulti per una notte intera, come la stessa socialite raccontò più volte, diede vita ad una grande passione. Dopo aver vissuto a Londra per un breve periodo, i Kempner si trasferiscono nella Grande Mela: qui Nan sfodera doti imprenditoriali notevoli: in trent’anni la sua attività riesce ad incrementare i fondi del Memorial Sloan-Kettering Cancer Center fino ai 75.000.000 di dollari.

Nel privato la Kempner colleziona capi di alta moda: la sua è una passione iniziata quando era ancora una ragazzina. Il suo archivio privato si arricchisce nel tempo di capi preziosi ed esclusivi, fino a divenire per proporzioni una delle più ricche collezioni private del Paese, con pezzi tra i più iconici e rappresentativi del 20esimo secolo. Spiccano capi di designer del calibro di Valentino, Karl Lagerfeld per Chanel, Mainbocher, Christian Dior, oltre agli stilisti prediletti dall’icona di stile, Bill Blass e Yves Saint Laurent, di cui si contano oltre 300 pezzi. Considerata una vera e propria autorità tra le più preparate nel settore moda, Nan Kempner era una habitué delle sfilate: si dice che in 55 anni abbia perso solo una settimana della moda, a seguito della scomparsa di suo padre. In un’intervista rilasciata al The Independent of London nel 1994 dichiarò di essersi persa solo una delle ultime 63 sfilate di Yves Saint Laurent, di cui fu musa storica ed amica.

Durante il corso della sua vita, letteralmente dedicata alla moda e allo stile declinato in ogni sua forma, Nan Kempner lavorò come contributing editor per Vogue Paris, fashion editor per Harper’s Bazaar, designer consultant per Tiffany & Co. nonché come rappresentante internazionale della celebre casa d’aste Christie’s. Inoltre l’icona di stile impartì occasionalmente lezioni di moda presso il Metropolitan Museum of Art e la New York University. Ritratta da Andy Warhol nel 1973, immortalata sulle riviste patinate con i suoi outfit sempre eccentrici e sofisticati, Nan Kempner è stata anche autrice del volume “R.S.V.P.: Menus for Entertaining From People Who Really Know How”, edito da Clarkson Potter, i cui proventi furono interamente devoluti in beneficenza. Si, perché Nan Kempner è stata anche una grande filantropa, generosa come poche e sempre in prima linea nelle opere di charity. Incarnazione dello chic newyorkese, regina dei party e degli eventi più esclusivi, illuminò la scena della Grande Mela per oltre quarant’anni con il suo stile inimitabile. Celebri le parole con cui si espresse un monolite della moda del calibro di Diana Vreeland, secondo la quale “In America non ci sono donne chic. L’unica eccezione è Nan Kempner”. Valentino Garavani ne ammirava l’eleganza con cui riusciva ad indossare i suoi capi, con quel fisico tonico e scolpito. L’icona di stile ispirò la coniazione del termine “social X-ray” utilizzato all’interno del romanzo Il falò delle vanità di Tom Wolfe.

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Nan Kempner nel suo appartamento di Park Avenue, foto di Rose Hartman-Globe Photos
Nan Kempner wearing her all-time favorite dress. Mais bien sur, Yves Saint Laurent 1983.jpg
Nan Kempner in Yves Saint Laurent, 1983
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Nan Kempner è stata una socialite, collezionista di moda e icona di stile
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La socialite è nata a San Francisco il 24 luglio 1930
Nan Kempner e Valentino Garavani
Nan Kempner e Valentino Garavani

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Nan Kempner è stata una delle più grandi collezioniste di capi haute couture


Fashionista ante litteram, Nan Kempner comprò il suo primo abito Dior quando la madre la portò nella sede della storica maison a Parigi, nel 1958. Si tramanda l’aneddoto secondo cui la ragazzina, sprovvista del denaro sufficiente per acquistare quel capo —un abito bianco con cappotto coordinato— scoppiò in un pianto disperato e continuò a singhiozzare finché non attirò l’attenzione d un giovane dai grandi occhiali. Trattavasi di Yves Saint Laurent, giovane assistente di monsieur Christian Dior. La ragazzina continuò a piangere finché l’addetto alle vendite non abbassò il prezzo del capo per renderlo più vicino al suo budget. Avida collezionista di moda, Nan Kempner sviluppò in seguito una vera e propria ossessione per i capi di Yves Saint Laurent, Valentino ed Oscar de la Renta. Cominciata nel corso degli anni Sessanta, la sua passione per lo shopping non trovò mai fine nei successivi cinquant’anni. Frizzante, deliziosamente frivola, Nan Kempner conquistava chiunque con la propria personalità, emblema di quella fetta della popolazione femminile che attraverso la moda riesce a sognare e ad emozionarsi. “Dico sempre a tutti che voglio essere seppellita nuda perché deve senza dubbio esserci un negozio nel luogo in cui andrò”, dichiarava nel 1972 al magazine Women’s Wear Daily. Socialite tra le più apprezzate, protagonista indiscussa dei party più esclusivi, dichiarò che “non si sarebbe persa per niente al mondo neanche l’opening di una porta”. Autoironica come poche, raccontò che non sapendo che occupazione dichiarare nei documenti, non sentendosi abbastanza ricca da considerarsi una vera filantropa e non amando definirsi una socialite, scrisse semplicemente “casalinga”.

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Nan Kempner lavorò come contributing editor per Vogue Paris, fashion editor per Harper’s Bazaar e designer consultant per Tiffany & Co.
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L’icona di stile davanti al suo celeberrimo armadio
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Un particolare dell’immenso guardaroba di Nan Kempner
Nan Kempner's dining room by Michael Taylor
La sala da pranzo di Nan Kempner, arredata da Michael Taylor
Nan Kempner's Library with L'Enfance d'Icare (1960), René Magritte, and Gabhan O'Keefe Sofa, New York City, March 1998.
Particolare dell’appartamento di Nan Kempner con L’Enfance d’Icare di René Magritte e divano di Gabhan O’Keefe, New York City, Marzo 1998
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Nan Kempner nella sua camera da letto arredata da Michael Taylor. Foto di Derry Moore per Architectural Digest
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Particolare dell’appartamento della socialite

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Nan Kempner è stata icona di stile e musa di Yves Saint Laurent. Foto Getty Images


Definita da Yves Saint Laurent ‘la plus chic du monde’, lo stile di Nan Kempner era improntato ad una grande ricercatezza e ad una certosina cura del dettaglio. Amante del mix & match, l’icona di stile si dilettava nel creare outfit bizzarri ed eccentrici, mixando tra loro pezzi variegati. Lo stile secondo Nan Kempner consisteva nel riuscire ad esprimere la propria individualità e nell’abilità di mixare i capi. Celebre la sua propensione allo styling e alle sovrapposizioni, anche le più audaci, come quando riusciva ad indossare mirabilmente il più classico dei tailleur Yves Saint Laurent con un paio di jeans boyfriend.

Nan Kempner fu tra le prime donne ad abbracciare il trend del menswear. Non particolarmente amante dei vezzi femminili, cercava sempre di aggiungere un tocco maschile anche alla mise più sexy. Emblema vivente della massima “less is more”, non era raro vederla indossare la domenica la sua uniforme tipica, composta da un paio di Levi’s 501, una camicia bianca e una maglia indossata sulle spalle. Presenza fissa della Hall of Fame dell’International Best-Dressed List ideata nel 1940 da Eleanor Lambert, in un’intervista a Town & Country del 1999, alla domanda postale da Annette Tapert su come avrebbe descritto il proprio stile, Nan Kempner rispose senza esitazioni “artificiosamente rilassato”. Lo shopping rimase sempre la sua passione più grande: fino alla veneranda età di 72 anni la socialite era solita acquistare delle minigonne, che indossava in spiaggia con bikini Etro e poncho. Casual e minimal-chic, l’icona fu tra le prime a sdoganare la chirurgia plastica. Vanitosa e primadonna nell’animo, adorava fare le sue entrate ad effetto, attirare l’attenzione ed essere fotografata. Perennemente in viaggio tra Londra, Parigi, Gstaad, Venezia, San Francisco e Los Angeles, non si perdeva una sfilata né un party, e adorava sciare e prendere il sole.

Spendeva in abiti “più di quanto avrebbe dovuto e meno di quanto avrebbe voluto”, perfettamente a suo agio nel suo fisico atletico, frutto di duri allenamenti che avevano luogo quotidianamente nella palestra che fece costruire all’interno del suo appartamento e che le permettevano di entrare perfettamente nei capi di sfilata, indossati dalle mannequin. Amante della bellezza in ogni sua forma, nel suo appartamento il lusso era la parola d’ordine: la vediamo indugiare dinanzi alla sua incredibile cabina armadio, che farebbe impallidire la fashion victim più sfegatata, oppure nei fasti dei saloni, impreziositi da una deliziosa carta da parati francese dipinta a mano, tra preziosissimi quadri di René Magritte, antichi bric-à-brac provenienti dalla Cina, collezioni di libri d’arte e bassorilievi in bronzo realizzati da Robert Graham.

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La socialite ha incarnato la quintessenza dello chic newyorkese
NEW YORK - 1985:  Socialite Nan Kempner attends Rizzoli Book party for Marella Agnelli in circa 1985 in New York City, New York. (Photo by Rose Hartman/Getty Images)
Nan Kempner a New York, 1985 (Foto di Rose Hartman/Getty Images)
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Lo stile di Nan Kempner prediligeva il mix & match e le sovrapposizioni
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Nan Kempner fu autrice di “R.S.V.P.: Menus for Entertaining From People Who Really Know How”, edito da Clarkson Potter
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Ironica ed eccentrica, Nan Kempner fu definita da Yves Saint Laurent “la donna più chic del mondo”
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La socialite in compagnia di Andy Warhol

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Nan Kempner e Bill Blass


Nan Kempner si è spenta il 3 luglio del 2005 all’età di 74 anni, per enfisema polmonare. Fumatrice incallita, trascorse gli ultimi anni della propria vita in condizioni critiche, respirando con l’aiuto di una bombola di ossigeno. Due mesi dopo la sua scomparsa la sua famiglia ha organizzato una commemorazione in suo onore presso la sede di Christie’s, a cui presero parte oltre 500 suoi amici. Nel dicembre 2006 il Costume Institute del Metropolitan Museum of Art ha inaugurato una mostra dedicata alla smisurata collezione di capi haute couture dell’icona di stile. Nan Kempner: American Chic era composta da oltre 75 outfit, tra cui capi Galliano per Dior, Lagerfeld per Fendi, Ungaro, Jean Paul Gaultier e Lanvin. La mostra si è poi spostata al Fine Arts Museums di San Francisco.

Tantissimi sono gli aneddoti che ci svelano una donna ironica e dalla personalità scoppiettante; a partire da quella volta in cui, nel corso degli anni Sessanta, Nan Kempner decise di indossare una tuta pantaloni per una cena al ristorante La Côte Basque, in barba al dresscode della serata, che vietava espressamente alle donne l’uso dei pantaloni. Quando le fu negato l’ingresso, lei tolse i pantaloni e disse sprezzante a Madame Henriette, “Spero che questo le piaccia di più”. Indossò quindi il top come un vestito e sfoderò una adorabile nonchalance. Audace e sofisticata, sfoggiava savoir faire e self-confidence, convinta com’era che “Non è cosa indossi, ma come lo indossi”. Una grande lezione di stile. Meditate.