Chi mai, in questo mondo, potrebbe dimenticare la sensibilità acuta di una donna che è riuscita a far vibrare le corde più intime del nostro intimo?
A rispolverare in noi, la voglia di navigare verso rotte inesplorate di sentimenti assopiti?
Ho acceso un falò
Ho acceso un falò
nelle mie notti di luna
per richiamare gli ospiti
come fanno le prostitute
ai bordi di certe strade,
ma nessuno si è fermato a guardare
e il mio falò si è spento.
(tratto da La Terra Santa)
Alda Merini, avrebbe compiuto quest’oggi, 21 marzo 2016, ottantacinque anni. E il mondo letterario piange ancora la sua assenza.
Tormentata ed abile ad alimentare con una costante ricerca interiore, la sua intelligenza superba ed acuta.
La “Poetessa dei Navigli” era un universo spietato e martoriato di sentimenti contrastanti, di parole sussurrate a venti di bora.
Alla domanda della scrittrice Tina Cosmai: “Signora Merini, da dove nasce la sua ispirazione e dunque la sua poesia?”, la poetessa rispose: “Dalla vita… E la vita può nascere da una poesia. La poesia è un terreno su cui può fiorire la vita, la speranza. Un piccolo spermatozoo da solo riesce a fecondare, e così da un’idea semplice può nascere un poema. Che cosa apre il terreno alla poesia? Spesso il dolore, ma anche la gioia. Sono le emozioni il terreno fertile su cui nasce la poesia.”
Il dolore che dovette vivere sulla sua pelle. Rinchiusa in un manicomio, lontana dalle sue due figlie. Quel senso di impotenza che non le permetteva di combattere come avrebbe voluto.
Un esaurimento incompreso perfino da chi la conosceva bene come il marito che contribuì, seppur involontariamente, ad accrescere il suo malessere.
La ribellione e l’abbandono. Il coraggio di reagire e di tramutare il tormento in poemi proverbiali.
La sua vita, un cimelio da proteggere e da tramandare ai posteri. La sua assenza colmata dalle sue prose: una culla calda e rassicurante per chi ancora, a distanza di anni, sente il bisogno di ritrovarsi attraverso le sue parole.