NOEMI: L’ENERGIA IN UN ACCORDO

Bella, solare, energica… così Noemi, tornata alla ribalta con la partecipazione all’ultimo Festival di Sanremo ed un nuovo album “Cuore d’artista” già entrato nella playlist dei suoi affezionati fan (e non solo). Un mix di accordi ben suonati e parole scritte che arrivano dritte al cuore, proprio come lei!

Noemi, un nuovo album e reduce dal Festival di Sanremo. Come è andata?

“Direi bene, anche se sono abbastanza critica con me stessa. La prima sera ero molto emozionata e la voce tramava, ma nelle altre mi sembra sia andata molto meglio. Il bilancio sullo scorso Festival è comunque molto positivo, sono felice di come è andata”.

“La borsa di una donna”, un titolo particolare per una canzone speciale. Perché hai scelto questo tema?

“ “La borsa di una donna” è un brano che ho sentito mio da subito, fin dal primo ascolto mi ha colpito tantissimo la delicatezza di un testo scritto da una penna maschile, che sapesse descrivere così profondamente il complicato mondo di noi donne.  Il testo che mi ha proposto Marco era perfetto per me, non ho davvero saputo dire di no”.

Il nuovo album come è nato e da cosa hai tratto spunto?

“Cuore d’artista” è un progetto a cui tengo molto perché a questo punto della mia carriera per me era importante tornare alla nostra musica, al pop italiano. Ho avuto la fortuna di lavorare con due persone con cui ho un grande feeling sia musicale che emotivo: Celso Valli (produttore del disco) e Gaetano Curreri. Queste collaborazioni hanno sicuramente apportato un valore aggiunto al mio progetto discografico”.
Sul palco trasmetti grinta, positività, determinazione: una volta scesa da li come è Noemi?

“Esattamente così! Sono una persona semplice, molto ironica ed esuberante”.

Cosa ti ha spinto alla musica nella tua vita (oltre ad un ovvio innato talento)?

“La musica mi ha permesso di trasformare le mie emozioni in canzoni. Ho trovato una strada per riuscire a comunicare con il mondo esterno”.

Da concorrente di X Factor a coach in The voice. Come ci si sente dall’altra parte della barricata?

“Sicuramente preferisco cantare e mi sento più a mio agio come concorrente che come coach… c’è sempre da imparare. Il ruolo del coach non è per nulla facile ma ho cercato di impegnarmi, di immedesimarmi in loro e di instaurare un buon rapporto. Spero di avergli trasmesso quello che so e di aver lasciato loro qualcosa. Dopo tre edizioni, sono molto affezionata al programma, e ancora oggi sono in contatto con i ragazzi, anche con quelli che non sono arrivati oltre le battle”.

Cosa pensi del panorama artistico musicale in Italia odierno?

“Ci sono tantissimi giovani che pensano che fare il cantante sia un lavoro semplice. Invece bisogna continuamente confrontarsi con il mondo e lavorare moltissimo”.

Con chi ti piacerebbe duettare?

“Ho tante colleghe splendide, ma sicuramente con Laura Pausini”.

Artista internazionale preferito/a?

“Adoro Janis Joplin, Erykah Badu, Amy Winehouse”.
Nella tua carriera annoveri anche una nomination agli Word Music Award. Un importante traguardo…

“A volte mi sembra ancora di sognare, non so, sento davvero di non dover dare mai nulla per scontato in questa vita incredibile”.

Parlando di traguardi, quali sono i tuoi prossimi obiettivi/progetti?

“Ora sto girando l’Italia per il firma copie dell’album. Il contatto con i fan per me è importantissimo. Infatti non vedo l’ora di portare sul palco anche questo nuovo album. Sto preparando il tour e spero a breve di comunicarvi tutte le date”.

Cosa è per te la musica?

“La musica è la mia vita da quando a 7 anni ho iniziato a suonare il pianoforte. Da piccola volevo fare addirittura il direttore d’orchestra, mi mettevo in piedi davanti allo stereo, infilavo un cd di musica classica e fingevo di dirigere”.

Nel tuo percorso universitario cinema e sceneggiatura: ti piacerebbe fare cinema?

“Cinema? Non saprei! Però mi sono più volte dedicata alla sceneggiatura e alla regia dei miei videoclip, mi diverte molto ed è sicuramente una mia grande passione”.

Un sogno?

“Solo uno? Tra i mie sogni, sicuramente c’è quello di avere un figlio. Un altro invece che ho da sempre sarebbe girare il mondo, magari andando a suonare in altri Paesi, in qualche posticino raccolto, per esempio a New Orleans in uno di quei club che trasudano storia, il tutto accompagnata  dalle persone che amo. E poi chissà, mi piace pensare che il bello debba ancora venire”.

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I migliori backstage di Milano Moda Uomo: Richmond

Il backstage della sfilata evento, tributo a David Bowie, che documenta la nuova era della casa di moda, oramai diretta da Saverio Moschillo,


E’ la forte creatività pronta a unire miti e icone per una collezione in grado di segnare la storia, parola di Saverio Moschillo, nuovo direttore creativo della Maison. E lo stesso mito di David Bowie accompagna l’ultima sfilata Richmondche gli rende omaggio attraverso la selezione musicale.
China girl per le fantasie geometriche dal sapore asiatico che inaugurano la nuova identità del brand sempre più proiettato a rivisitare i capi essenziali del guardaroba donando loro l’intramontabilità.
E’ una collezione che cromaticamente vive nella Space Oddity grazie alla palette di colori composta dal blu navy, burgundy, rosso denso nero e grigio melange. La fusione della materia avviene grazie alle combinazioni contrastanti presenti negli accessori, come gli stivali e le stringate rinforzati in cuoio naturale con cuciture a vista.
Quello di Richmond è uno Starman che non disdegna il suo lato rock prestando, però, sempre attenzione a uno stile di vita rigoroso, intuitivo e eclettico proprio come quello dell’artista recentemente scomparso.


Scatti in esclusiva di Matteo di Pippo.


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Speciale Fashion Week: I’M Marras Primavera/Estate 2016

Un almanacco per le vacanze da vivere surfando.


Meglio delle onde del Pacifico, quelle incontaminate che circondano l’isola sarda sono le preferite di Antonio Marras che, per la prossima primavera/estate di I’M Marras , immagina le donne come moderne Betty Heldreich. E’, infatti, la pioniera del surf femminile, classe 1913, la sua nuova icona. Tra abiti, grambiuli, gonne, tute e pantaloni, rigorosamente over, vive in una roulotte ereditata dalla zia e balla fino a notte fonda sulla spiaggia. E per il giorno via libera a lunghezze mini e costumi rigorosamente anni ’50.
Le stampe si ispirano alla flora del Pacifico e si arricchiscono di righe e di quadri su cotone, denim, voile e tulle.


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E’ una groupie che ondeggia in un caleidoscopico mondo di colori fluorescenti ma non disdegna il tradizionale bianco e nero.
Grazie ai dischi ereditati dalla mamma ascolta le Bangles e le Cleopatras, che accompagnano ogni passo del defilè.


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AMY : questa è la sua storia

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Per soli 3 giorni, nei cinema italiani, il documentario che svela uno spaccato di vita dell’artista scomparsa prematuramente.

Esce nelle sale AMY, distribuito dalla Nexo Digital, un excursus attraverso la storia della talentuosa cantante britannica Amy Winehouse, la cui vita si è interrotta in circostanze tragiche.

Il regista Asif Kapadia, il produttore James Gay-Rees e il montatore Chris King, già forte connubio per il documentario dedicato a Ayrton Senna, hanno ripercorso, attraverso i documenti inediti e i brani più famosi, il privato della Winehouse, sin dalle sue origini nella North London.

Tutta la narrazione si focalizza intorno ai testi prodotti dall’ artista e alle interviste a coloro che hanno avuto il privilegio di interagirvi. La produzione è stata un percorso impervio, visto che non esiste ancora una biografia ufficiale, né tantomeno una totale apertura da parte delle persone davvero vicine, alquanto reticenti a esprimersi apertamente.
I filmmaker, grazie alla difficoltosa conquista della fiducia di queste ultime, hanno impiegato molto tempo per reperire il materiale.
Figura chiave per l’inserimento dei filmati è stata quella di Nick Shymansky, primo manager della cantante. Riprese amatoriali che ci fanno scoprire una semplice ragazza ebrea, dal carattere ipersensibile e intenso, diventata poi un fenomeno.

Per King è stato molto difficile rendere appetibile per il grande schermo la documentazione visiva raccolta, essendo di pessima qualità. Il suo lavoro è durato, infatti, 20 mesi e si è focalizzato sulla stabilizzazione dell’immagine, l’inquadratura e la colour correction.
Più che sulla vita privata, il film si concentra sull’effetto placebo della scrittura. Per far comprendere ciò allo spettatore gli intensi testi della cantante scorrono sullo schermo.



Un prodotto che concretizza l’idea di aver vissuto e di vivere, nell’eternità delle sue canzoni, un’artista estremamente complicata, carismatica e dal piglio brillante.

Smells like Kurt spirit

E’ lo spirito di Kurt Cobain, che aleggia nel cinema e nella moda, a alimentare e rendere vivo il suo ricordo nelle giornate estive.

L’irrequietezza dell’infanzia creativa, da bambino “full of energy” a detta di sua madre, passando al vandalismo adolescenziale, prodotto dall’emotività messa a dura prova, fino al successo planetario con i Nirvana, affiancato dalla carnale relazione con Courtney Love, e al suicidio, avvenuto a soli 27 anni.
“Montage of heck”, documentario dedicato a Kurt Cobain, del regista Brett Morgen, torna di nuovo in selezionate sale worldwide il prossimo 7 agosto, dopo aver concesso ai fan date centellinate, la scorsa primavera. E lo fa in grande stile, infatti, nella versione americana, è stato inserito un brano inedito firmato da Cobain.

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Un mix di registrazioni, animazione, pensieri sulla quotidianità e filmini amatoriali, provenienti dall’archivio familiare di colui che, più di 20 anni fa, raccontava lo spaccato di una generazione cresciuta nei sobborghi metropolitani.
Un ricordo ardente più che mai anche nella moda.
Infatti, continua a ispirarsi al suo stile Hedi Slimane, designer di Saint Laurent che, per la prossima primavera/estate 2016, immagina Cobain sulle spiagge di Santa Monica, mixando il tributo al leader del grunge con quello della cultura surfer californiana.
Capelli ossigenati, occhiali con frame in plastica bianca, in ricordo di quelli indossati in uno dei suoi ritratti più famosi, camicie a quadri, jeans strappati e cardigan oversize. Cobain e Love, ed ecco comparire in passerella abiti babydoll, calze a rete e Dr Martens. Evidente tributo al look adottato negli anni ’90 dall’altra metà dell’artista.

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Un omaggio che precedentemente aveva proposto anche Dries Van Noten, dedicandogli la collezione primavera/estate 2013. Di sicuro Cobain non avrebbe disdegnato visto che, poco prima della sua morte, aveva indossato con ironia il brand su Mademoiselle magazine.

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Uno spirito teenager cristallizzato nell’eternità dell’arte.

Edith Piaf, la bellezza della musica che nasce dalla tragedia

Un corpo minuto, quasi curvo ed una voce disperata e dolce che ci ha regalato le più belle canzoni di sempre: stiamo parlando di Edith Piaf.

No, niente di niente!
No, non rimpiango niente!
Né il bene né tutto il male che m’hai fatto, non fa differenza per me
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Non si sceglie un destino così crudele, carico di morti e sofferenze, disgrazie e malattie.
Edith Piaf è un mito della musica forse anche per questo, perché è riuscita a cantare il suo dolore.

Partorita sotto le luci di un lampione, che presto diventerà il faro della sua brillante carriera, nasce da madre italiana, cantante nelle fiere di paese e da padre contorsionista che la porterà ad esibirsi per le strade; cresce con la nonna paterna che gestiva un bordello in Normandia. A 15 anni decide di vivere la sua vita ed insieme all’amica Simone Berteaut si esibisce per i parchi e le taverne.

Viene scoperta a 20 anni dall’impresario Louis Leplée e, dopo un’audizione al “Le Gerny’s”, cabaret vicino agli Champs Elysées,  debutterà nel 1935 sotto lo pseudonimo La Môme Piaf.

Edith Piaf
Edith Piaf


Il suo sarà un lutto nazionale.

E’ il 14 ottobre 1963 e ai funerali c’era così tanta folla che la polizia non riuscì a trattenerla tutta: chi si arrampicava per i cancelli, chi camminava sulle tombe per vedere Edith un’ultima volta, Edith era una di loro, i parigini l’amavano follemente.  Marlene Dietrich, quando la sentì cantare per la prima volta, si avvicino’ a lei e le disse: “E’ molto che manco da Parigi, ma questa sera, sentendoti cantare, mi hai permesso di viaggiare e non posso che ringraziarti“.

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Edith Piaf e Marlene Dietrich


Edith Piaf ci lascia a soli 47 anni, una vita  bruciata in fretta e del resto lo aveva scritto lei stessa: “Se non canto, muoio
E’ il 1960, Edith è malata e ha i giorni contati – il suo medico glielo dice: “O smetti di cantare o muori”.

Durante un’intervista le chiederanno: “Se dovesse smettere di cantare cosa succederebbe?” E lei risponderà “Sto per dire una cosa orribile, ma credo che mi ucciderei”.

Edith Piaf bambina
Edith Piaf bambina


L’inizio della depressione avviene dopo una grave perdita: muore Marcel Cerdan, pugile campione dei pesi medi, il suo grande amore, l’amore che non avrebbe mai potuto avere perché sposato e con figli. Lei un giorno lo chiamerà implorandolo “Prendi l’aereo, se prenderai la nave avrò il tempo di morire, mi manchi troppo.
Quell’aereo precipiterà, causando il più grande dolore per Piaf, da cui non si riprenderà mai, cadde in una grave depressione, che mista ai dolori fisici di un’artrite appena nata, gli renderà l’esistenza un inferno.

Edith Piaf and Marcel Cerdan
Edith Piaf e Marcel Cerdan


Ventiquattr’ore dopo la morte di Marcel, in nero come sempre, elegante ma senza ostentare ricchezze, imbottita di roba chimica per restare in piedi, Edith annunciò al pubblico del Versailles, il locale notturno francese di New York: “Stasera canto per Marcel Cerdan, per lui soltanto”. Cantò l’Hymne à l’amour, il suo inno privato: Se un giorno la vita /ti strapperà a me,/sta’ lontano da me.. /Se tu muori/ allontanati da me./Poco mi importa/ se tu mi ami/perché anch’io morirò,/ avremo per noi l’eternità,/nell’azzurro/ di tutta l’immensità,/nel cielo senza più problemi. Non lo finì, crollò priva di sensi.

Edith Piaf ragazza
Edith Piaf ragazza


La malattia le irrigidisce il corpo deformando piedi, le splendide mani che tutti hanno elogiato e viso – per sopportare il dolore s’imbottisce di pillole in dosi massicce e presto si spargerà la voce che la Piaf fa uso di droghe. Inizia un travaglio di coma epatici, convalescenze, pillole e  interventi al fegato.

Incontra Theo Sarapo che sposerà il 9 ottobre 1962, lui ha 26 anni e lei 46. La mattina del matrimonio riflette “Non posso sposarlo, sarei ridicola, cosa penserà la gente della differenza di età?” Ma quell’amore così diverso le darà la forza e sarà la sua rinascita, solo per qualche tempo, perché esattamente un anno e un giorno dopo, Edith Piaf morirà.

Theo Sarapo ed Edith Piaf
Theo Sarapo ed Edith Piaf


“La morte è l’inizio di qualcosa” Edith Piaf