Il collezionismo, nel Novecento, ha sempre visto Milano come capitale italiana degli appassionati e conoscitori d’Arte. Ora, il capoluogo lombardo dedica una mostra a una delle sue più grandi esponenti, Margherita Sarfatti.
Al Museo del Novecento, con un’appendice al MART di Rovereto, infatti, è allestita un’esposizione, curata da Danka Giacon e Anna Maria Montaldo, in collaborazione, per l’allestimento, con lo Studio Bellini, che intende rappresentare la Sarfatti come ambasciatrice italiana dell’Arte del Novecento. Dal 21 settembre 2018 al 24 febbraio 2019, presso la sede museale di Piazza Duomo, è possibile ammirare una piccola pinacoteca di opere di artisti dei primi trentacinque anni del Novecento, con cui la donna, in un certo qual modo, “ha avuto a che fare”, per dirla con il linguaggio di oggi, soprattutto nei suoi scritti.
Margherita Grassini nacque a Venezia nel 1880 da una ricca famiglia di origine ebraica. Nei suoi anni giovanili ebbe, come insegnanti, personaggi come Pompeo Molmenti, e frequentò, grazie ai rapporti di amicizia del padre, anche letterati come Gabriele d’Annunzio. Punto di svolta della sua vita fu il matrimonio, nel 1898, con l’avvocato milanese Cesare Sarfatti, da cui prese il cognome. Trasferitasi a Milano nel 1902 e affascinata dal socialismo professato dal marito, Margherita conobbe Anna Kuliscioff e scrisse, come critica d’Arte, sull’Avanti. Collaborando con il noto giornale socialista, conobbe un uomo, di lì a poco destinato a diventare direttore del giornale, Benito Mussolini. Tra i due nacque una relazione, destinata a durare per vent’anni e che avrebbe segnato anche la sua carriera collezionistica e giornalistica, visto che iniziò a scrivere per il Popolo d’Italia di Mussolini nel 1918. Inizialmente scettica sul ruolo dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale, la Sarfatti si schierò con gli interventisti, salvo pentirsene dopo il tragico evento, che la sconvolse, avvenuto ad Asiago pochi mesi prima della fine del conflitto, quando il figlio Roberto, arruolatosi nel Regio Esercito, perse la vita in un’imboscata. Dopo essersi ripresa dallo shock, si dedicò interamente all’Arte e alla Teoria Politica, con un sempre maggiore attaccamento a Mussolini: se, da un lato, divenne direttrice editoriale della rivista Gerarchia, fondata dal futuro duce, dall’altro divenne una delle galleriste e collezioniste più importanti di Milano. Fondamentale fu il suo salotto di Corso Venezia, dove, insieme a letterati di peso, frequentò artisti come Medardo Rosso. Il 1922 fu l’anno della sua svolta critica: insieme al gallerista Lino Pesaro, fondò il gruppo chiamato Novecento italiano, i cui artisti mescolavano ritorno all’ordine, realismo magico e toni ancora futuristi, come prova il Manifesto di Sironi, in mostra. I maggiori rappresentanti di questo momento artistico furono lo stesso Sironi, Leonardo Dudreville, Achille Funi, Ubaldo Oppi. La Sarfatti, forte della sua relazione con Mussolini, cercò di creare un manifesto dell’Arte fascista, e ciò, accompagnato dalla sua adesione al nuovo regime nel 1925, condusse vari pittori ad allontanarsi dal gruppo. Rimasta vedova nel 1924, Margherita riprese la relazione, ormai sempre più segreta, con Mussolini, tanto da scrivere una sua biografia e trasferirsi a Roma nel 1929, ma, pochi anni dopo, la situazione tra i due iniziò a scricchiolare. Con la linea sempre più intransigente del fascismo, la Sarfatti iniziò a scontrarsi con Mussolini, fino alla rottura definitiva dovuta alla sua opposizione alla guerra d’Etiopia e all’alleanza con i nazisti. Con le leggi razziali del 1938, la Sarfatti lasciò l’Italia per la Francia e, poi, per il Sud America. Rientrò nel 1947, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e del fascismo, vivendo gli ultimi quindici anni della sua vita appartata nella sua villa di Cavallasca, sopra Como, dove morì nel 1961.
Senza questa parte biografica, risulta difficile capire questa mostra, comprensiva di circa novanta opere che attestano, anche tramite le parole stesse della Sarfatti nei suoi scritti, l’affermazione del gusto di Novecento in Italia e in Europa. Più che un percorso biografico, la mostra si propone al visitatore come un racconto di immagini dipinte e scolpite riguardanti la vicenda critica, artistica e politica di Margherita. Sono state, infatti, selezionate opere di artisti che hanno frequentato i salotti milanesi della donna, che hanno esposto alle mostre da lei organizzate e che hanno segnato un’epoca. Basti citare il novarese Felice Casorati, artista molto apprezzato dalla Sarfatti ed esponente di una Pittura trasognata, che ammira il nudo nella sua perfezione classica, ma in vena decadentista, chiamata Realismo Magico, come prova, in mostra, l’opera Meriggio, da abbinare al bellissimo ritratto di Rosso di San Secondo, eseguito dal romano Cipriano Efisio Oppo, grande amico della donna. In mostra, sicuramente, le opere più degne di nota sono le vedute e il nudo di quel Carlo Carrà che, al momento, è celebrato nel contiguo Palazzo Reale con una grande esposizione personale, ma anche le opere di Achille Funi, dai colori giotteschi, o quelle di Ubaldo Oppi, che segnano un ritorno all’ordine dell’Arte italiana del primo Rinascimento, come provano, del primo, Il bel cadavere, e, del secondo, il bozzetto per la pala d’altare di San Venanzio. Anche la scultura ha il suo ruolo all’interno della mostra, e il personaggio predominante è quell’Adolfo Wildt che apre idealmente la mostra con il classicheggiante ritratto di Margherita Sarfatti e la chiude con il busto di Mussolini proveniente dalla Galleria d’Arte Moderna di Via Palestro. Non mancano, però, anche riferimenti all’universo futurista, ammirato, in gioventù, da Margherita, come provano le opere di Boccioni, oppure alla moda degli anni ’20, con le bellissime ragazze ritratte da Bucci, Malerba e Marussig. Tutto questo compendio di Storia dell’Arte mira a dimostrare come Margherita Sarfatti fu, oltre che una delle prime grandi conoscitrici di Pittura e Scultura del nostro Novecento, una figura di svolta per la nascita di un moderno sistema dell’Arte in Italia, secondo un rapporto osmotico tra artista, collezionista e gallerista, che avrebbe segnato anche gli sviluppi futuri del “fare Arte”, modernamente inteso, nel nostro Paese.
Margherita Sarfatti
Museo del Novecento, Milano
Orari Milano: lunedì 14.30-19.30 martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30-19.30 giovedì e sabato 9.30-22.30
Biglietti: intero 10 euro ridotto 8 euro
Info Milano: www.museodelnovecento.org www.electa.it