I capelli scompigliati, la voce roca, la verve e la bellezza fuori dagli schemi: impossibile non amare Monica Vitti, una delle più grandi attrici italiane di tutti i tempi. Mattatrice della commedia all’italiana, celebri le sue interpretazioni a fianco di Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman e Nino Manfredi. Ma non meno importanti sono stati i suoi ruoli drammatici in pellicole storiche, come quelle firmate da Michelangelo Antonioni (L’avventura, La notte, L’eclisse e Deserto Rosso), che le diedero la fama internazionale.
All’anagrafe Maria Luisa Ceciarelli, detta Marisa, l’attrice è nata a Roma il 3 novembre 1931 da madre bolognese e padre romano. Da bambina trascorre circa otto anni nella città di Messina: a questo periodo risale il nomignolo affibbiatole scherzosamente dai familiari, “setti vistini”, ossia “sette sottane”, per quel suo buffo modo di indossare diversi strati di vestiti uno sull’altro a causa di una scarsissima tolleranza al freddo. E proprio “Sette sottane” sarà il titolo della sua prima autobiografia, uscita nel 1993, seguita, due anni più tardi, da “Il letto è una rosa”.
Monica, viso dalla rara espressività e charme unico, si avvicina al teatro durante la guerra, quando gioca con i burattini per distrarre i fratelli. Il debutto a teatro avviene ad appena quattordici anni, con “La Nemica” di Niccodemi, dove interpretava, malgrado la giovane età, una madre quarantacinquenne che perde il figlio in guerra. Nel 1953 Monica si diploma all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico. Le sue eccezionali doti comiche sono ben presto evidenti: a notare per primo la sua grande versatilità sarà il suo insegnante all’Accademia Sergio Tofano. E proprio su consiglio di quest’ultimo Marisa cambierà nome, scegliendo lo pseudonimo di Monica Vitti. Il nome deriva dalla metà del cognome materno, Vittiglia, a cui associò il nome Monica.
Dopo aver preso parte ad alcune pellicole comiche, la svolta nella sua carriera arriva grazie a Michelangelo Antonioni, con il quale l’attrice inizia una relazione artistica e sentimentale, divenendone musa prediletta. Antonioni forgia dei personaggi a immagine e somiglianza di Monica, enfatizzando lo charme dell’attrice, che nelle mani del maestro viene consacrata a nuova diva del cinema italiano. La sua interpretazione nella tetralogia dell’incomunicabilità resta celebre, come la carica passionale delle tre donne a cui presta il volto, da Claudia, tormentata protagonista de L’avventura (1960) a Valentina de La notte (1961) fino a Vittoria de L’eclisse (1962) e alla nevrotica Giuliana di Deserto rosso (1964). È così che Monica Vitti entra nel mito. La sua è una bellezza senza tempo, naturale, scevra da ogni costrizione; una sensualità conturbante e spontanea, che la rende timida e impacciata sotto ai proverbiali occhiali dalle spesse lenti e, un attimo dopo, femme fatale sinuosa e felina.
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Ironica ed autoironica, Monica Vitti ha incarnato l’antidiva per eccellenza, forte di una personalità esplosiva: ma l’attrice, che alle luci della ribalta ha sempre preferito un glamour all’italiana, lo stesso della tv di Canzonissima, specchio di un Paese che fondava la propria unità in valori oggi desueti, ha incantato intere generazioni ergendosi ad icona. Capelli cotonati, un filo di eyeliner sugli occhi, ciglia finte, Monica Vitti è emblema di un esistenzialismo che non lesina in sottili e languidi accenni ad una carnalità rigorosamente celata dietro ai golfini da educanda. Immortalata da Helmut Newton, David Bailey, Henry Clarke e molti altri, il suo stile indugia in dettagli sofisticati ed elementi iconici, come le giacche maschili, sapientemente adattate al suo guardaroba. Umana eppure perfetta, Monica Vitti è un personaggio dalle infinite contraddizioni, a partire dai ruoli che interpreta, perfettamente a proprio agio nelle vesti della popolana come in quelle della borghese nevrotica. Sullo sfondo degli anni Cinquanta il suo modello di bellezza riesce ad imporsi sebbene a dominare siano ancora le maggiorate: eppure lei, fisico asciutto e disarmante spontaneità, diviene simbolo di eleganza, grazie ad un fascino raro che esula dalla mera quanto banale perfezione fisica. “Le attrici diciamo “bruttine” che oggi hanno successo in Italia lo devono a me”: così l’attrice era solita ripetere in molte interviste.
Niente lustrini per lei, né polvere di stelle, la stessa di un celebre film a cui la diva prese parte accanto ad Alberto Sordi: la sua bellezza rassicurante ha sdoganato un nuovo glamour, consacrando l’attrice ad icona nazional-popolare.
Grazie alla sua voce dal timbro caratteristico, Monica Vitti ha lavorato saltuariamente anche come doppiatrice in film celebri, come Accattone di Pier Paolo Pasolini e I soliti ignoti di Mario Monicelli. E fu proprio Mario Monicelli a captare per primo l’immensa potenzialità comica dell’attrice, dirigendola nel film La ragazza con la pistola, del 1968, dove Monica interpreta una ragazza siciliana che arriva fino a Londra per vendicarsi dell’uomo reo di averla disonorata. Celebre la sua interpretazione nel Dramma della gelosia- Tutti i particolari in cronaca di Ettore Scola (1970), dove recita accanto a Marcello Mastroianni e Giancarlo Giannini. Monica Vitti entra nel mito anche grazie alle pellicole del filone della commedia all’italiana, in cui recita accanto ad Alberto Sordi. Intanto è acclamata anche all’estero e prende parte al film di Luis Buñuel Il fantasma della libertà (Le fantôme de la liberté) (1974). Protagonista anche della televisione italiana, nel 1974 è insieme a Mina e Raffaella Carrà in Milleluci.
Una vita ricca di colpi di scena, la sua, con amori travagliati, come la relazione con il regista Michelangelo Antonioni, poi con il direttore della fotografia Carlo Di Palma, e infine col fotografo di scena Roberto Russo, con cui convolò a nozze nel settembre del 2000 dopo ben 27 anni di fidanzamento.
Numerosissimi i riconoscimenti ottenuti nel corso della sua lunga carriera artistica: cinque David di Donatello, tre Nastri d’Argento, dodici Globi d’oro (di cui due alla carriera), un Ciak d’oro alla carriera, un Leone d’oro alla carriera a Venezia, un Orso d’argento alla Berlinale, una Cocha de Plata a San Sebastián e una candidatura al premio BAFTA. Oggi un velo la separa dal mondo e il silenzio a cui l’Alzheimer l’ha relegata priva l’Italia di una delle sue dive più amate.