Marisa Berenson: icona di stile e bellezza

Due occhi da cerbiatto verde smeraldo, la pelle ambrata, l’ovale perfetto; una bellezza naturale, ritratta acqua e sapone su spiagge assolate o nel sole di location esotiche, capace di trasformarsi un attimo dopo in una diva dall’allure sofisticata, tra abiti haute couture e party esclusivi: Marisa Berenson è stata una delle modelle più pagate al mondo e ha alle spalle una lunga e prolifica carriera cinematografica, in cui spiccano i film di Visconti e Kubrick.

Definita da Yves Saint Laurent “the girl of the Seventies”, Marisa Berenson ha incarnato la quintessenza del glamour a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta. Presenza fissa dell’International Best Dressed List, impossibile dimenticare le foto di Slim Aarons che la immortalano a Capri in turbante anni Venti, bella e carismatica, o con i suoi celebri look boho-chic, ritratta dall’amico di una vita, Andy Warhol. Non solo attrice e modella, ma anche icona di stile e protagonista assoluta del jet set internazionale e delle riviste patinate, testimone di una New York fatta di glamour ed eccessi.

Nata a New York il 15 febbraio 1947, Marisa Berenson discende da una famiglia blasonata: il padre è Robert Lawrence Berenson, diplomatico americano di origini ebraiche e lituane, che si era distinto per aver diretto i cantieri navali di Onassis, e che sotto la presidenza Kennedy divenne ministro per i paesi in via di sviluppo. Berenson era nipote del grande esperto d’arte Bernard Berenson, bisnonno di Marisa. Il cognome originario della famiglia era Valvrojenski. La madre di Marisa è la contessa Maria Luisa Yvonne Radha de Wendt de Kerlor, meglio conosciuta come Gogo Schiaparelli, socialite di origini italiane, svizzere, francesi, polacche ed egiziane, figlia della celebre stilista Elsa Schiaparelli, storica rivale di Chanel.

Marisa Berenson in uno scatto di Irving Penn
Marisa Berenson in uno scatto di Irving Penn
Marisa Berenson in una foto di Irving Penn, Vogue, 1965
Marisa Berenson in una foto di Irving Penn, Vogue, 1965
Marisa Berenson in Mila Schön, foto Henry Clarke, 1968
Marisa Berenson in Mila Schön, foto Henry Clarke, 1968
Marisa Berenson con gioielli Bulgari, foto di Gian Paolo Barbieri, 1969
Marisa Berenson con gioielli Bulgari, foto di Gian Paolo Barbieri, 1969
Marisa Berenson ritratta da Bert Stern per Vogue, 1966
Marisa Berenson ritratta da Bert Stern per Vogue, 1966

Marisa Berenson in uno scatto di Irving Penn, Vogue 1970
Marisa Berenson in uno scatto di Irving Penn, Vogue 1970


Se tua nonna si chiamava Elsa Schiaparelli lo stile non può che far parte del tuo DNA. È così che la piccola Marisa finisce sulla cover di Vogue America che è ancora in fasce, mentre ad appena cinque anni viene immortalata sulla cover di Elle, insieme alla sorella Berry. Tanti sono gli aneddoti raccontati dall’icona di stile in cui viene fuori un ritratto di Elsa Schiaparelli, da lei affettuosamente chiamata “nonna Schiap”: dai viaggi insieme a Venezia alle amicizie negli ambienti della Parigi intellettuale, dove la piccola Marisa conobbe Salvador Dalí e Alberto Giacometti.

Ma non finisce qui: il nonno di Marisa è il conte Wilhelm de Wendt de Kerlor, teosofo e medium, mentre il bisnonno era Giovanni Schiaparelli, astronomo scopritore dei canali di Marte. La sorella minore di Marisa, Berinthia Berenson, detta Berry, diventerà anche lei modella, attrice e fotografa, e morirà nei tragici attentati dell’11 settembre 2001 al World Trade Center.

Nonostante le prime cover risalgano alla sua infanzia, la lunga e prolifica carriera di modella di Marisa Berenson inizia ufficialmente nei primi anni Sessanta. È Diana Vreeland, celebre fashion editor di Harper’s Bazaar e direttrice di Vogue America, ad intuire per prima l’impressionante fotogenia di quel volto. Venerata da fotografi e stilisti, Marisa Berenson posa per i più grandi, da Richard Avedon a Patrick Lichfield, da Irving Penn a Bert Stern fino a Robert Mapplethorpe e Henry Clarke, che la immortala in foto dal fascino esotico, esaltandone lo spirito gipsy e il carisma. In pochissimo tempo Marisa Berenson ottiene fama internazionale e diviene la modella più pagata al mondo, come lei stessa dichiara in un’intervista al New York Times. Il suo fisico incarna perfettamente gli anni Sessanta: è un’epoca ricca di ribellione. “Noi modelle ci truccavamo da sole. Giravo con un borsone enorme pieno di toupet e cianfrusaglie”, ricorderà più avanti la modella. La consacrazione avviene nel luglio del 1970, quando ottiene la cover di Vogue, e nel dicembre 1975, quando è sulla copertina del Time.


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In seguito la modella si avvicina alla recitazione. A lanciarla nel cinema non è uno qualsiasi ma Luchino Visconti, che la vuole nel suo Morte a Venezia, nel 1971, dove Marisa interpreta il ruolo della moglie di Gustav von Aschenbach. L’anno successivo recita in Cabaret, nel ruolo di Natalia Landauer, interpretazione che le vale una nomination ai BAFTA e due nomination ai Golden Globe. Impossibile dimenticare la sua interpretazione di Lady Lyndon nel celebre film Barry Lyndon, del 1975. Tra crinoline settecentesche ed estenuanti ore di trucco, è la consacrazione come attrice. Per incoraggiarla, il regista della pellicola, Stanley Kubrick, le dice: “Nessuno, in tutta la tua vita, ti raffigurerà così bella”.

Negli anni Settanta la Berenson diviene famosa grazie ad un nuovo soprannome: “The Queen of the Scene”. Un po’ come il prezzemolo, la Berenson è ovunque, sempre nel posto giusto e al momento giusto, regina della vita notturna e dei nightclub, onnipresente in ogni occasione mondana, seguita da uno stuolo di corteggiatori. Ma non ci sono solo lustrini e paillettes nella sua vita: dietro agli abiti da sera e alle ciglia finte c’è una profonda introspezione. La meditazione cambia la sua vita, come lei stessa dichiara. Si avvicina alla spiritualità nel 1968, quando i viaggi in India divennero l’ultimo fashion trend per celebrities annoiate: dai Beatles a Mia Farrow fino ai Beach Boys, il viaggio in India era l’ultima moda dei protagonisti del jet set. E Marisa Berenson non poteva certo mancare. Di quel viaggio alle pendici dell’Himalaya la diva ricorderà la sua amicizia con George Harrison e Ringo Starr, con i quali trascorreva le giornate in meditazione e le notti seduti per terra a suonare la chitarra.

La modella indossa collier Bulgari in una foto di Gianni Turillazzi, circa September 1970 –  Condé Nast Archive/Corbis
La modella indossa collier Bulgari in una foto di Gianni Turillazzi, settembre 1970 –Condé Nast Archive/Corbis
Marisa Berenson a Capri, in una celebre foto di Slim Aarons, settembre 1968
Marisa Berenson a Capri, in una celebre foto di Slim Aarons, settembre 1968
Marisa Berenson immortalata da Arnaud de Rosnay per Lui Magazine, gennaio 1971
Marisa Berenson immortalata da Arnaud de Rosnay per Lui Magazine, gennaio 1971
Marisa Berenson in una foto di Andy Warhol, anni Settanta
Marisa Berenson in una foto di Andy Warhol, anni Settanta
Foto Getty Images
Marisa Berenson è una delle più grandi icone di stile viventi (Foto Getty Images)

Marisa Berenson in Ungaro Couture, foto di Jean-Marie Périer, 1995
Marisa Berenson in Ungaro Couture, foto di Jean-Marie Périer, 1995


La vita privata di Marisa Berenson è ricca di liaison e corteggiamenti da film: nei primi anni Settanta fu la compagna del barone David René de Rothschild. Celebre la sua relazione con il collega, il bellissimo ed efebico attore Helmut Berger. Lei ed Helmut sono la coppia ideale: bellissimi e fotogenici. Luchino Visconti li incitava a sposarsi, come lei stessa racconta nell’autobiografia Momenti intimi, pubblicata nel 2010 da Barbès editore.

Il suo primo marito fu James Randall, detto Jim, sposato a Beverly Hills nel 1976, da cui divorziò due anni più tardi. Il matrimonio fu regale, l’abito era firmato Valentino e lo stesso stilista si aggirava per casa per dare gli ultimi colpi di ferro da stiro al vestito mentre l’altro inseparabile amico Andy Warhol era intento a fotografare i preparativi delle nozze. Dal matrimonio nel 1977 nacque una figlia, Starlite Melody Randall. Il secondo matrimonio nasconde retroscena dal sapore cinematografico: se in genere le donne ricevono rose rosse, Marisa Berenson ricevette dall’avvocato Aaron Richard Golub due immensi camion per traslocare da Los Angeles a New York, dove lui abitava. Il matrimonio tra i due venne celebrato nel 1982, mentre nel 1987 i due divorziarono.

Marisa Berenson è nata a New York il 15 febbraio 1947
Marisa Berenson è nata a New York il 15 febbraio 1947
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Quando Marisa Berenson era ancora in fasce ottenne la prima cover per Vogue America
(Foto Vogue)
La classe di Marisa Berenson (Foto Vogue)

Marisa Berenson nel 1973  (Foto di Tony Kent per Vogue Paris)
Marisa Berenson nel 1973 (Foto di Tony Kent per Vogue Paris)


A New York Marisa Berenson diviene musa ed intima amica di Andy Warhol e Truman Capote, collega di Liza Minelli, con la quale recita in Cabaret, cognata di Anthony Perkins, che sposa sua sorella Berry. Dopo un breve periodo lontano dai riflettori, riprende a recitare: la ritroviamo nell’indimenticabile spaccato di vita mondana Via Montenapoleone, ma anche in pellicole impegnate, diretta da maestri del calibro di Clint Eastwood. Nel 2001 il debutto a Broadway, mentre tra i suoi ultimi film spicca Io sono l’amore, di Luca Guadagnino, e Matrimoni e altri disastri.

Foto di Patrick Lichfield
Foto di Patrick Lichfield
Marisa Berenson in una foto di Arnaud de Rosnay, anni Sessanta
Marisa Berenson in una foto di Arnaud de Rosnay, anni Sessanta
Marisa Berenson negli anni Sessanta, foto di Jeanloup Sieff
Marisa Berenson negli anni Sessanta, foto di Jeanloup Sieff
Su Vogue Italia 2001, foto di Steven Meisel
Su Vogue Italia 2001, foto di Steven Meisel

Marisa Berenson immortalata da Robert Mapplethorpe, 1983
Marisa Berenson immortalata da Robert Mapplethorpe, 1983


La sua vita ha visto anche momenti molto difficili, come l’incidente automobilistico avvenuto in Brasile in cui la diva è rimasta coinvolta, che le ha sfregiato la parte sinistra del viso. Ma quello che poteva essere un dramma irreparabile, per Marisa Berenson, ha visto invece un lieto fine: l’ex top model è stata infatti una peziente di Ivo Pitanguy, pioniere della chirurgia estetica, che le ha ridato la bellezza. Un’altra tragedia invece ha scosso la sua vita, stavolta senza il lieto fine: l’amata sorella Berry ha perso la vita l’11 settembre 2001, a bordo dell’aereo che da Boston si è schiantato contro la Torre Nord. Lei stessa invece si trovava in volo da Parigi a New York. Una perdita che l’ha aiutata a riscoprire la fede, come raccontato dalla stessa Berenson nella sua autobiografia. Un anello appartenuto a Berry verrà ritrovato a Ground Zero un anno dopo la tragedia.

(Foto cover Irving Penn per Vogue, settembre 1967)


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Vittoria Ceretti, la nuova stella della moda

Un’espressività rara, uno sguardo tagliente e una fotogenia unica: sono questi gli ingredienti che hanno aiutato Vittoria Ceretti ad imporsi nel fashion system come uno dei volti più ricercati. Protagonista assoluta delle fashion week, da Milano a Parigi, la giovanissima modella ha già all’attivo una carriera di tutto rispetto. L’abbiamo vista solo pochi giorni fa calcare i défilé più prestigiosi della Paris Fashion Week, dove la baby modella ha sfilato, tra gli altri, per Chanel.

Classe 1998, Vittoria Ceretti è italianissima, nata e cresciuta in quel di Brescia. A differenza di molte sue coetanee, la bella Vittoria non sogna di fare la modella. Decide di partecipare al famoso concorso organizzato annualmente dall’Elite Model Look un po’ per gioco. Certo, le caratteristiche per divenire una top model Vittoria le aveva tutte: 1,76 cm di altezza e misure perfette, e poi quel viso pulito e versatile, che la rende camaleontica come solo le vere top sanno essere. Vittoria vince il concorso: è il 2012 ed ha appena 14 anni quando inizia a calcare le passerelle più famose, da Valentino a La Perla, da Roberto Cavalli a Kenzo, fino a Giorgio Armani e Dolce & Gabbana.

Mora, occhi verdi e bellezza disarmante, è Missoni ad intuire per primo le potenzialità di quel volto, volendola per un servizio fotografico. Inoltre la sua bellezza incanta Domenico Dolce e Stefano Gabbana, che scelgono il suo volto per la loro linea di make up oltre che per la campagna pubblicitaria in cui la baby modella compare accanto ad icone del calibro di Bianca Balti. In brevissimo tempo Vittoria Ceretti conquista copertine e contratti, divenendo il volto di maison quali Dolce & Gabbana, Emporio Armani e Giorgio Armani.

Vittoria Ceretti è rappresentata dall'agenzia Elite Model Look
Vittoria Ceretti è rappresentata dall’agenzia Elite Model Look
Foto di Daniela Losini
Foto di Daniela Losini
Vittoria Ceretti in una foto di Federico de Angelis per Marie Claire Kuwait & Arabia, luglio 2014
Vittoria Ceretti in una foto di Federico de Angelis per Marie Claire Kuwait & Arabia, luglio 2014
Vittoria Ceretti in passerella per Dolce & Gabbana, foto Getty Images
Vittoria Ceretti in passerella per Dolce & Gabbana, foto Getty Images

Vittoria Ceretti ritratta da Ellen von Unwerth per Harper's Bazaar UK, aprile 2016
Vittoria Ceretti ritratta da Ellen von Unwerth per Harper’s Bazaar UK, aprile 2016


Apparsa su magazine del calibro di Vanity Fair, Harper’s Bazaar e Amica —solo per citarne alcuni— la baby modella ha un fascino particolare, che unisce il suo sorriso fresco e spontaneo ad un volto capace di emanare da un momento all’altro il sex appeal di una diva. Vittoria Ceretti si è dichiarata più volte ammiratrice della più matura collega Mariacarla Boscono. Nonostante la giovane età, la bella Ceretti ha già posato per l’obiettivo di fotografi del calibro di Ellen von Unwerth. Famosa è la sua professionalità, come anche il suo stile minimal-chic, che l’ha resa anche un’icona dello street style. The next big thing della moda parla ancora una volta italiano.

Maxime de la Falaise, icona bohémien

L’aria vispa e sbarazzina, i capelli alla garçonne, la vita a dir poco rocambolesca: Maxime de la Falaise è stata un’icona fashion, trendsetter tra Londra, Parigi e New Tork e sublime incarnazione dello stile bohémien. Mannequin durante gli anni Cinquanta, matriarca di una lunga generazione di modelle, stilista, e, ancora, critica gastronomica ed interior designer: con una carriera così versatile, la mannequin si impone di diritto come una delle personalità più affascinanti del Novecento.

Immortalata da fotografi del calibro di Richard Avedon, Georges Dambier, Gordon Parks, Cecil Beaton e Horst P. Horst, fu musa di Elsa Schiaparelli e di Yves Saint Laurent. Tutto in lei faceva tendenza: dai suoi look, all’insegna di una disinvolta eleganza, alla sua casa, arredata in stile shabby-chic. Nel 2004 l’Independent la definì una delle più grandi icone di stile viventi, ma già l’amico Cecil Beaton nei lontani anni Cinquanta l’aveva eletta “l’unica inglese veramente chic della sua generazione”.

Maxine Birley (questo il suo nome all’anagrafe) nacque in una famiglia di artisti il 25 giugno 1922 a West Dean, nel West Sussex. Suo padre era Sir Oswald Birley, famoso ritrattista dalla fine dell’età edoardiana che aveva immortalato personalità del calibro di Sir Winston Churchill, la regina Elisabetta II e altri membri della famiglia reale. Oswald, dopo aver prestato servizio nella Prima Guerra Mondiale, aveva sposato una bellissima quanto eccentrica artista irlandese, molto più giovane di lui, Rhoda Lecky Pike.

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Maxine Birley nacque il 25 giugno 1922 a West Dean, nel West Sussex


Maxime de la Falaise in uno scatto di Clifford Coffin, 1949
Maxime de la Falaise in uno scatto di Clifford Coffin, 1949


Maxime de la Falaise immortalata da Richard Avedon, Parigi, 1948
Maxime de la Falaise immortalata da Richard Avedon, Parigi, 1948


Maxime de la Falaise in Balmain, 1950
Maxime de la Falaise in Balmain, 1950


Maxime La Falaise indossa un abito e un cappellino di Jacques Fath, foto di Richard Avedon, Parigi, gennaio 1948
Maxime La Falaise indossa un abito e un cappellino di Jacques Fath, foto di Richard Avedon, Parigi, gennaio 1948


I Birley erano bohémien di lusso, proprietari di un appartamento nell’elitario sobborgo di Hampstead, a nord di Londra, il cui interior design era stato curato da Clough Williams-Ellis. Più tardi i coniugi acquistarono anche la magnifica residenza di Charleston Manor, nell’East Sussex, che Rhoda riuscì a recuperare dallo stato di rovina in cui versava e che si dice sia stata costruita nell’Undicesimo secolo per il coppiere di Guglielmo il Conquistatore. Mentre Oswald ritraeva nobili, politici e artisti, Rhoda si occupava di giardinaggio e organizzava cene lussuose. La coppia ebbe due figli, Maxine e il fratello minore Mark (futuro fondatore del nighclub Annabel’s). I bambini crebbero in solitudine, spesso abbandonati dai genitori, perennemente in viaggio tra India e Sud-est asiatico, Messico e Stati Uniti. La piccola Maxine viveva a Wexford con i nonni irlandesi e spesso, in assenza della madre, rubava i capi eccentrici del suo guardaroba, che prediligeva capi di stile orientale uniti a pezzi haute couture firmati Elsa Schiaparelli. Nelle memorie che inizierà a scrivere poco prima della sua morte, Maxime de la Falaise ricorderà la madre come un’eccentrica lady irlandese che nutriva le sue rose con un misto di aragosta e cognac.

Chiusa, di indole solitaria e spesso nervosa, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale la giovane Maxine decise di unirsi al Women’s Royal Naval Service ma alla fine fu reclutata dal Bletchley Park, dal momento che parlava francese. “Il khaki non mi stava poi così bene, a differenza del blu”, dirà più avanti a proposito delle uniformi delle due diverse milizie. Ma quell’esperienza sarà poi ricordata con sgomento dall’icona di stile. I quartier generali erano sporchi e freddi, la continua tensione danneggiò la sua salute al punto che la giovane sviluppò una grave forma di cleptomania, rubando qualsiasi cosa brillasse. “I miei amici capirono che ero impazzita”, ricordò, “e guardavano nella mia borsa per riprendersi ciò che apparteneva loro”. Successivamente Maxine fece ritorna a Londra ma i suoi genitori le dissero che non c’era più posto per lei in quella casa e la spedirono in America, nella speranza che trovasse un marito benestante in grado di provvedere a lei.

Maxime de la Falaise in Schiaparelli, foto di Gordon Parks, 1949
Maxime de la Falaise in Schiaparelli, foto di Gordon Parks, 1949


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Maxime de la Falaise fu immortalata da fotografi del calibro di Richard Avedon, Cecil Beaton, Gordon Parks, Georges Dambier


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Maxime de la Falaise fu musa di Elsa Schiaparelli e di Yves Saint Laurent


Maxime de la Falaise in Schiaparelli, foto di Gordon Parks, 1949


Maxime de la Falaise ritratta da Cecil Beaton, anni Trenta
Maxime de la Falaise ritratta da Cecil Beaton, anni Trenta


Maxime de la Falaise in una campagna pubblicitaria Modess, foto di Cecil Beaton,  1950
Maxime de la Falaise in una campagna pubblicitaria Modess, foto di Cecil Beaton, 1950


Maxime de la Falaise in Christian Dior Haute Couture
Maxime de la Falaise in Christian Dior Haute Couture, foto di Norman Parkinson


A New York la giovane ottenne un lavoro per Vogue ed iniziò una relazione con un fotografo che lavorava per la celebre testata. Ma fu durante un party che conobbe il conte Alain Le Bailly de la Falaise, più vecchio di lei di venti anni, di cui divenne la seconda moglie con un matrimonio celebrato il 18 giugno 1946. Scrittore e traduttore, La Falaise era il fratello minore di Henry de la Falaise, regista e terzo marito di Gloria Swanson, e il figlio della medaglia d’oro olimpica nella scherma Louis Venant Gabriel Le Bailly de La Falaise.

Dal conte Maxime ebbe due figli: Louise Vava Lucia Henriette Le Bailly de La Falaise (detta Loulou) e Alexis Richard Dion Oswald Le Bailly de La Falaise, e nipoti come Lucie de la Falaise, modella molto quotata negli anni Novanta.

È in questo periodo che la futura icona di stile cambiò il suo nome in Maxime, dopo il trasferimento a Parigi. Sebbene colto e affascinante, il conte non si rivelò in grado di provvedere alla famiglia, e fu lei a doversi occupare di salvaguardare le finanze. Fu così che ottenne un lavoro come mannequin e venditrice per Elsa Schiaparelli: il suo ruolo doveva essere quello di una sorta di musa che doveva incoraggiare le vendite. Il suo fisico ricordava quello della madre, i capelli erano corti e scuri, gli zigomi alti, il corpo sottile, e aveva nello sguardo una grande vivacità. Come modella ottenne un successo sempre crescente e lavorò anche per Dior. Ma Maxime era uno spirito libero e ben presto il suo matrimonio naufragò a causa delle sue numerose infedeltà. Il divorzio fu sofferto e la donna dovette combattere per ottenere la custodia dei figli, spediti in collegio tra Inghilterra, New York e Svizzera. Tra gli amanti di lei, l’ambasciatore britannico Duff Cooper e numerose liaisons. Dopo il divorzio ebbe una relazione con il regista Louis Malle, più tardi amore di Jeanne Moreau, e con il pittore Max Ernst.

Maxime de la Falaise in una foto di Horst P. Horst, Vogue, Aprile 1950
Maxime de la Falaise in una foto di Horst P. Horst, Vogue, Aprile 1950


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Secondo Cecil Beaton Maxime de la Falaise fu l’unica inglese chic della sua generazione


Maxime de la Falaise, Bal Goya, foto di Georges Dambier, Biarritz, Francia, 1951


Maxime de la Falaise sulla Vespa, Francia, foto di Walter Carone
Maxime de la Falaise sulla Vespa, Francia, foto di Walter Carone


Maxime de la Falaise posa sulle sponde dell'Arno, Firenze,  1952
Maxime de la Falaise posa sulle sponde dell’Arno, Firenze, 1952


Maxime de la Falaise in Robert Piguet, Parigi, luglio 1950, foto di Norman Parkinson
Maxime de la Falaise in Robert Piguet, Parigi, luglio 1950, foto di Norman Parkinson


Maxime de la Falaise in un abito da sera Jacques Fath, Harper's Bazaar, 1948
Maxime de la Falaise in un abito da sera Jacques Fath, Harper’s Bazaar, 1948


Maxime de la Falaise in una blusa di Marcel Rochas. Foto di  Philippe Pottier, 1950
Maxime de la Falaise in una blusa di Marcel Rochas. Foto di Philippe Pottier, 1950


La contessa in Balenciaga, foto di Philippe Pottier, 1950
La contessa in Balenciaga, foto di Philippe Pottier, 1950


Trasferitasi a New York alla fine anni Cinquanta, convolò in seconde nozze con John McKendry, curatore delle stampe e delle foto del Metropolitan Museum of Art. In questo periodo Maxime, che cambiò il suo nome in Maxime de la Falaise McKendry, iniziò a lavorare come food editor, ottenendo una rubrica su Vogue, con aforismi che fecero storia. Ma anche la relazione con McKendry nascondeva dei segreti: secondo i rumours lui perse la testa per il giovane genio della fotografia Robert Mapplethorpe mentre lei iniziò una relazione con Paul Getty III, toy boy ante litteram che aveva oltre trent’anni meno di lei. Erano gli anni in cui l’icona di stile si scatenava sulla pista della famosissima discoteca Le Jardin, a New York. Dopo ore passate a ballare insieme a Diane von Fürstenberg, Bianca Jagger, Yves Saint Laurent e Betty Catroux, alle 4 del mattino tornava a casa con un taxi indossando un cappotto e pantaloni Yves Saint Laurent o un LBD da nascondere sotto il cappotto, uniforme passepartout per imbucarsi al party più esclusivo. Amante della vita, genuina e moderna, nessuna incarnò lo spirito boho-chic meglio di lei.

Maxime de la Falaise,1953, foto di Alexander Liberman
Maxime de la Falaise,1953, foto di Alexander Liberman


Maxime de la Falaise in uno scatto del 1955
Maxime de la Falaise in uno scatto del 1955


Maxime de la Falaise in una foto di Cecil Beaton
Maxime de la Falaise in una foto di Cecil Beaton


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Maxime de la Falaise nel 1977. Credit Larry Morris/The New York Times


Maxime e Lucie de la Falaise
Maxime e la nipote Lucie de la Falaise


McKendry morì di cirrosi epatica nel 1975 e la storia tra Maxime e John Paul Getty III naufragò. Intanto l’icona di stile si dedicava alle molteplici attività che svolse nel corso della sua vita, in primis la food editor, e poi la designer di moda (haute couture, sportswear e ready-to-wear), l’interior designer (creando mobili e tappeti) e la consulente di Yves Saint Laurent negli USA.

Il successo riscontrato dagli aforismi che pubblicava su Vogue la spinse a raccogliere le ricette inglesi e irlandesi della sua infanzia in un libro dal titolo Sette secoli di cucina inglese (Weidenfeld & Nicolson, 1973, edito da Arabella Boxer), ristampato nel 1992 da Grove Press. Inoltre curò i menu per Andy Warhol e il suo entourage. Su di lei quest’ultimo modellò l’idea per un format mai sviluppato, una sorta di reality ante litteram sul cibo. Nel 1980 scrisse Food in Vogue, con illustrazioni di suo pugno, collezionando le ricette più amate dalle celebrities. Inoltre nel 1974 il regista Paul Morrissey la scelse per il personaggio di Lady Difiore nel film horror del 1973 Blood for Dracula.

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Uno scorcio dell’appartamento di New York di Maxime de la Falaise, venduto negli anni Novanta


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Un altro scorcio dell’appartamnto newyorkese della contessa, arredato in stile boho-chic


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Fu la stessa Maxime de la Falaise ad arredare il suo appartamento di New York


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Maxime de la Falaise nel suo appartamento arredato in stile bohémien


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Maxime de la Falaise si è spenta il 30 aprile 2009, all’età di 86 anni


Mentre la figlia Loulou divenne musa prediletta di Yves Saint Laurent, Maxime continuava la sua brillante carriera come designer: nel corso dwlla sua vita disegnò collezioni per numerose maison, da Gérard Pipart a Chloé. Alla fine degli anni Ottanta si ritirò in una casa a Saint-Rémy-de-Provence per scrivere le sue memorie. Qui morì per cause naturali, il 30 aprile 2009, all’età di 86 anni. Il figlio Alexis la precedette, mentre la figlia Loulou morirà nel 2011 a seguito di un brutto male.

(Foto cover Getty Images)


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Madalina Ghenea: alla scoperta della valletta di Sanremo 2016

Occhi da gatta, labbra carnose, gambe lunghissime e curve da capogiro: Madalina Diana Ghenea, valletta di Sanremo 2016 accanto a Carlo Conti, Virginia Raffaele e Gabriel Garko, è una bellezza rara.

Ma chi è questa valchiria dallo sguardo dolce e dal collo da cigno? Un passato da modella e poi l’esordio al cinema, con Youth di Paolo Sorrentino, che forgia a sua immagine e somiglianza un personaggio poetico: Madalina nasce l’8 agosto 1988 a Slativa, in Romania. La vita in quel contesto economico non è delle più facili: è lei stessa a raccontare sul palco dell’Ariston che quando era bambina a casa sua si seguiva Sanremo tutti ammassati davanti all’unico televisore, per non svegliare il papà che tornava stanco dal lavoro.

La piccola Madalina sogna un futuro come étoile ma la sua altezza svettante non le permette di realizzare il suo sogno. Naturalmente elegante, la figura leggiadra cede il posto a curve mozzafiato e ad un sorriso sensuale: è la moda ad offrire a Madalina una strada. È così che la giovane arriva a Milano appena quindicenne, con una grande valigia piena di sogni e speranze per un futuro migliore. L’avvenenza sarà per lei biglietto di sola andata verso la celebrità. Come modella sfila per Gattinoni e poi ottiene numerosi contratti come testimonial.

Madalina Diana Ghenea è nata a Slatina l’8 agosto 1988
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Madalina da bambina sognava di diventare un’étoile

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La modella romena è alta un metro e ottanta e vanta curve mozzafiato


Nel 2011 partecipa al programma di punta della Rai Ballando con le stelle, dove danza sinuosa incantando il pubblico.
Successivamente avviene l’esordio al cinema: è Paolo Sorrentino a volerla in Youth, un film che vanta un cast internazionale, da Jane Fonda a Michael Caine. Dopo il successo de La Grande Bellezza, il regista romano resta colpito dalla bellezza della giovane e le affida il ruolo di una Miss Universo poetica, quasi struggente, che incarna la giovinezza che dà il titolo al film.

Ma Madalina Ghenea non punta solo sulla bellezza fisica: con una passione per la filosofia e quattro lingue parlate, la ragazza è una cittadina del mondo con un bagaglio culturale che poche sue colleghe possono vantare.

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La bella Madalina appena quindicenne si è trasferita a Milano, dove ha iniziato la sua carriera come modella
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La modella ha avuto flirt con Gerard Butler e Michael Fassbender

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Madalina Ghenea nel film “Youth” di Paolo Sorrentino


Intanto il gossip la insegue: la bella Madalina colleziona relazioni con attori del calibro di Gerard Butler, con cui fa coppia fissa per un anno, e successivamente con Michael Fassbender.
La ritroviamo ora sul palco dell’Ariston, dove si rivela grande padrona di casa dall’alto del suo metro e ottanta e di un italiano perfetto. Umile nonostante il successo ottenuto, Madalina Diana Ghenea piace anche anche per questo.


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Paloma Picasso: vita di un’icona

Uno sguardo magnetico dal sapore mediorientale spicca su un viso di porcellana, il cui eburneo incarnato viene sottolineato dal rossetto rosso; la figura slanciata ammicca dai cartelloni pubblicitari, ove la giovane donna bruna posa come una diva patinata. Paloma Picasso è forse una delle ultime personalità ad aver segnato il corso della moda in modo tanto potente: designer di fama mondiale, businesswoman e imprenditrice di successo, ma anche socialite, musa di stilisti ed apprezzata icona di stile, la sua carriera e la sua vita sono costellate di avvenimenti e suggestioni.

All’anagrafe Anne Paloma Ruiz-Picasso y Gilot, la futura designer nasce a Vallauris il 19 aprile 1949: origine franco-iberica, Paloma Picasso è figlia d’arte per eccellenza, essendo nata dal genio Pablo Picasso e dall’artista francese Françoise Gilot. Fin dall’infanzia le viene insegnato ad essere indipendente e a sviluppare la propria personalità, unica via per non soccombere dinanzi al peso di una figura paterna così ingombrante.

Immortalata in alcune opere del padre, come “Paloma con un’arancia” e “Paloma in blu”, tante sono le foto che tracciano un ritratto abbastanza nitido della sua infanzia, vissuta in pieno spirito bohémien, circondata da artisti ed intellettuali. La bambina che osserva l’obiettivo con i grandi occhi scuri, fotografata spesso al fianco del padre, lascia ben presto il posto ad una donna sicura di sé, seducente nel suo rossetto rosso lacca e nella sua figura mediterranea. Un raro mix di procace sensualità latina e sofisticata classe contraddistingue la futura designer fin dalla pubertà.

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Paloma Picasso è nata a Vallauris il 19 aprile 1949
Paloma Picasso ritratta a Parigi da Annie Leibovitz. 1982
Paloma Picasso ritratta a Parigi da Annie Leibovitz. 1982
Paloma Picasso ritratta da Newton, Nizza, 1983
Paloma Picasso ritratta da Newton, Nizza, 1983
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Paloma Picasso fotografata da Edward Steichen/Getty Images
Paloma Picasso ritratta da Mario Sorrenti per Vogue Paris, marzo 2009
La designer ritratta da Mario Sorrenti per Vogue Paris, marzo 2009

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Paloma Picasso è un’icona di stile, designer di gioielli e musa iconica di stilisti e fotografi


Paloma è curiosa e vivace: dopo la laurea si fa regalare dai genitori una vacanza studio a Venezia, città di cui subisce da sempre il fascino. La giovane alloggia presso la pensione Frollo, alla Giudecca, tra i suoi luoghi preferiti insieme a Dorsoduro, sede della casa di Peggy Guggenheim, amica di famiglia dei Picasso. Paloma è rapita dai colori della laguna, attraversata dal glamour internazionale ma anche dalle suggestioni tragiche e struggenti dell’opera di Thomas Mann. La Serenissima costituirà in futuro principale fonte di ispirazione per i suoi gioielli.

Indipendente e dotata di una personalità forte, la giovane spicca ben presto il volo, proprio come la colomba che le dà il nome, dal simbolo disegnato dal padre in occasione della Conferenza Internazionale sulla Pace che ebbe luogo a Parigi l’anno della nascita di Paloma.

La giovinezza della futura icona è un inno alla vita mondana, tra gli eccessi e la ribellione tipici degli anni Settanta. Sono gli anni della vita notturna e Paloma è presenza fissa allo Studio 54 di New York e al Palace parigino, dove si scatena sulla pista da ballo. Ancora giovanissima, decide di combattere la sua timidezza attraverso il suo stile, che funge quasi da coperta di Linus per lei: in breve diviene una IT girl ante litteram. Protagonista indiscussa della scena culturale e modaiola parigina, i suoi abiti sono copiati e il suo stile è imitatissimo. Tra i suoi più fedeli ammiratori spiccano nomi del calibro di Yves Saint Laurent e Karl Lagerfeld, di cui la giovane diviene musa.

Uno scatto realizzato da Pablo Picasso
Uno scatto realizzato da Pablo Picasso
Paloma Picasso presso Tiffany & Co. New York, 1980. Foto di Roxanne Lowit
Paloma Picasso presso Tiffany & Co. New York, 1980. Foto di Roxanne Lowit
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Paloma Picasso nella campagna pubblicitaria del profumo che porta il suo nome, 1984
Paloma Picasso in una sequenza di scatti realizzati da Antonio Lopez
Paloma Picasso in una sequenza di scatti realizzati da Antonio Lopez
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Paloma Picasso è la figlia più piccola di Pablo Picasso e di Françoise Gilot
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Il rossetto rosso è la firma della designer, nonché il suo marchio di fabbrica
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La carriera di Paloma Picasso iniziò come costume designer
Paloma col padre, Pablo Picasso
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Una giovane Paloma Picasso con i suoi gioielli
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Il primo a credere in Paloma fu Yves Saint Laurent, che le commissionò la creazione dei gioielli per le sue collezioni

Paloma Picasso era un'habitué delle notti al Palace durante gli anni Settanta
Paloma Picasso e Xavier de Castelle al Le Privilege, foto di Roxanne Lowit, 1983


Inizialmente riluttante ad intraprendere una carriera nel design, la giovane tenta invano di reprimere questa sua propensione naturale, temendo il confronto con l’autorevole figura paterna. Paloma sa che tanti sono gli ostacoli da superare, e che a volte la critica può essere impietosa con i figli d’arte, e lei lo è per antonomasia, essendo la figlia più piccola del maestro Picasso, uno degli artisti più influenti del Ventesimo secolo nonché padre riconosciuto del Cubismo.

La sua carriera inizia a Parigi nel 1968, come costume designer. Ma in breve la giovane sviluppa una grande passione per i gioielli, che inizia a creare assemblando strass e bigiotteria. La critica si accorge immediatamente di lei. Dopo aver frequentato un corso di design del gioiello, arriva il primo lavoro. È monsieur Yves Saint Laurent, suo grande amico, il primo a credere in lei, commissionandole una linea di gioielli da abbinare ad una delle sue collezioni.

Nel 1971 Paloma inizia una collaborazione con la casa di gioielli greca Zolotas. Ma è il 1980 l’anno della svolta, quando John Loring, vice presidente di Tiffany & Co., le chiede di creare i gioielli per il celebre brand americano. È la consacrazione ufficiale per la giovane Picasso, che dimostra un talento naturale nel creare gioielli dal design audace ed accattivante. La colomba di cui porta il nome diverrà ben presto uno tra i topos preferiti per creazioni dalle dimensioni notevoli, al punto da essere spesso conservate nelle collezioni permanenti di alcuni musei, come il Museo di Storia Naturale Smithsonian, che conserva una collana di kunzite da 396 carati, o il Field Museum di Chicago, dove si può ammirare il bracciale di selenite da 408 carati. Le sue creazioni ammaliano e il successo è internazionale: per la prima volta le persone potevano stringere un Picasso tra le mani, anche se non si trattava di un quadro.

Paloma ritratta da Helmut Newton
Paloma ritratta da Helmut Newton
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Paloma Picasso divenne una IT girl ante litteram
Paloma in Yves Saint Laurent in uno scatto di Helmut Newton, 1990
Paloma in Yves Saint Laurent in uno scatto di Helmut Newton, Venezia, 1990
Un altro scatto di Helmut Newton, trench Yves Saint Laurent
Un altro scatto di Helmut Newton, trench Yves Saint Laurent
Paloma Picasso in Yves Saint Laurent
Paloma Picasso in Yves Saint Laurent, foto di Helmut Newton
Paloma Picasso incarnò per anni una bellezza sensuale ed iconica
Paloma Picasso incarnò per anni una bellezza sensuale ed iconica
Paloma Picasso in un celebre scatto di Helmut Newton, Saint Tropez, 1973
Paloma Picasso ritratta da Helmut Newton in un abito di Karl Lagerfeld, Parigi, 1978
Paloma Picasso ritratta da Helmut Newton in un abito di Karl Lagerfeld, Parigi, 1978

Paloma Picasso in una foto di Irving Penn. Vogue, aprile 1984
Paloma Picasso in una foto di Irving Penn. Vogue, aprile 1984


Alla morte del padre, avvenuta nel 1973, la designer vive un momento di crisi, come lei stessa ha dichiarato in un’intervista al New York Times. La sua sensualità le fa ottenere in questo periodo un ruolo in un film erotico: Paloma diventa così la contessa Erzsébet Báthory, protagonista di Racconti immorali, del registra polacco Walerian Borowczyk, pellicola premiata col Prix de l’Âge d’or nel 1974: il ruolo della contessa ungherese dagli inappagabili desideri sessuali contribuisce alla fama di Paloma Picasso, che viene consacrata a vera e propria musa iconica. Una figura magnifica e un viso bello come i quadri del padre appartenenti al periodo classico sdoganano ufficialmente la nuova dea del jet set internazionale. Bruna, il viso pulito, le sue mise sono sempre impeccabili e le sue uscite ufficiali fanno notizia: Paloma Picasso si afferma in breve come icona di stile europea, comparendo sulle riviste più prestigiose e posando per i più grandi fotografi del mondo, da Irving Penn a Robert Mapplethorpe, da Andy Warhol a Horst P. Horst fino ad Helmut Newton, che forgia tramite il suo obiettivo un autentico sex symbol, immortalandola in scatti ad alto potenziale erotico. Indimenticabile la spallina che scivola giù, lascivamente, su un topless sfacciato: un’immagine forte, da vera valchiria, per altre foto in cui Paloma si erge, femmina e potente, nel buio delle strade parigine.

Nello stesso periodo avviene l’incontro con il drammaturgo argentino Rafael Lopez-Cambil, noto come Rafael Lopez-Sanchez, con cui la designer convola a nozze nel 1978. Il matrimonio è un evento: lei indossa un abito rosso, bianco e nero disegnato da Yves Saint Laurent, mentre per il ricevimento sceglie un capo di Karl Lagerfeld.

Paloma Picasso in Yves Saint Laurent, foto di Cecil Beaton, Elegance, dicembre 1979
Paloma Picasso in Yves Saint Laurent, foto di Cecil Beaton, Elegance, dicembre 1979
Paloma Picasso ritratta per Le Jardin des Modes, foto di David Seidner, 1987
Paloma Picasso ritratta per Le Jardin des Modes, foto di David Seidner, 1987
La designer in una foto del 1990
La designer in una foto del 1990
Paloma Picasso in una foto di Robert Mapplethorpe, 1980
Paloma Picasso e Carlos Martorell
Paloma Picasso e Carlos Martorell
Paloma e Yves Saint Laurent, di cui fu musa
Paloma e Yves Saint Laurent, di cui fu musa

Paloma ritratta da Andy Warhol
Paloma ritratta da Andy Warhol, 1974


Quel che permette a Paloma Picasso di affrancarsi dalla figura paterna è soprattutto il suo carisma. Il suo talento nel design e la sua indiscutibile bellezza le permettono di brillare nel fashion biz, rendendola una self-made woman, sebbene sia cresciuta in una famiglia tanto importante. Eccola posare come una top model, perfettamente a suo agio davanti all’obiettivo, pur non sfiorando il metro e sessanta, forte di una personalità invincibile. Sul sito di Tiffany & Co. è immortalata in foto dall’allure patinato, in cui indossa un cappello a tesa larga e occhiali da sole da diva, oltre ai suoi gioielli, naturalmente. Le creazioni di Paloma Picasso inaugurano un’estetica nuova per la gioielleria, che trova espressione in forme audaci e design innovativi. I suoi gioielli sono fatti per essere indossati, ribadisce più volte la designer, e spesso rendono omaggio alla Serenissima, di cui è riuscita a rappresentare i riflessi che le lanterne creano sull’acqua, i colori del Canal Grande e le suggestioni orientali di cui la città è pregna. Venezia continua a rappresentare un’insostituibile fonte di ispirazione per la designer, che ha dedicato alla città un’intera collezione, lo scorso 2011.

Dopo il lancio della sua linea di gioielli per Tiffany & Co., l’eclettica Paloma sfornò una linea di profumi, cosmetici, accessori per la casa, capi di pelletteria, occhiali da sole, e disegnò le scenografie per il marito, Rafael Lopez-Cambil. Nel 1984 lancia la fragranza che porta il suo nome. Il suo profumo parla di lei e le somiglia, trattandosi di una fragranza pensata per donne forti, proprio come lei. È Lopez-Cambil ad occuparsi del progetto, mettendo a punto la straordinaria campagna pubblicitaria, che vede la stessa designer nel ruolo di modella di se stessa. Divenuta un vero e proprio marchio di fabbrica, le foto di Richard Avedon consacrano la designer a dea della moda. Il nonno di lei, Emile Gilot, era stato chimico e creatore di profumi. Nel 1987 l’uscita della sua celebre nuance di rossetto, il Mon Rouge di L’Oréal. Nel 1992 il lancio della fragranza maschile Minotaure. Intanto la sua attività va a gonfie vele e tantissime sono le boutique che vendono i suoi prodotti, dal Giappone ad Hong Kong, fino agli Stati Uniti, l’Europa e l’Estremo Oriente.

Paloma in uno scatto di Richard Avedon per la sua linea di gioielli per Tiffany & Co., Vogue America,  novembre 1980
Paloma in uno scatto di Richard Avedon per la sua linea di gioielli per Tiffany & Co., Vogue America, novembre 1980
Paloma per Vogue America, ottobre 1987
Paloma per Vogue America, ottobre 1987
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La designer posa con i suoi gioielli
Paloma Picasso
Paloma Picasso dal 1980 disegna gioielli per Tiffany & Co.
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La designer ha avuto esperienze anche come attrice
Paloma Picasso, 1986. Foto di Toni Thorimbert
Paloma Picasso ritratta da Toni Thorimbert, 1986
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Paloma Picasso continua ad essere un’icona di stile

Paloma Picasso in uno schizzo di David Downton,1999


La sua firma è in quel rossetto rosso, dalla nuance unica, divenuto suo marchio di fabbrica. Ha dichiarato di averlo indossato ogni giorno, dai venti ai cinquant’anni. Come il padre aveva attraversato diverse fasi creative, come il periodo blu e il periodo rosa, nel caso di Paloma Picasso vi è un unico colore a rappresentare la sua intera esistenza, il rosso. Si dice che la designer iniziò a giocare col rossetto rosso a soli tre anni. E da allora questo colore sarebbe divenuto il suo segno distintivo: per non essere riconosciuta le bastava non indossarlo.

Nel 1988 Paloma Picasso ricevette un’onorificenza per il suo straordinario impatto sull’industria fashion, e fu premiata per la sua eccellenza nel design. Dal 1983 è presenza fissa dell’International Best Dressed List.
Nel 2010, per celebrare il trentesimo anniversario dall’inizio della sua collaborazione con Tiffany and Co., ha lanciato una collezione dedicata al Marocco. Dopo 21 anni il matrimonio con Lopez-Cambil naufraga: il divorzio milionario occupa le copertine dei principali tabloid. Intanto la designer continua ad ispirare la nuova generazione di designer, da Marc Jacobs a Stuart Vevers a Mark Fast, che ha dichiarato più volte di considerare Paloma Picasso la sua “vera fonte di ispirazione”. Per lei, ritiratasi in Svizzera dopo il suo secondo matrimonio con l’osteopata Éric Thévenet, l’unica icona di stile contemporanea è Michelle Obama. La designer continua a posare per le riviste; lo scorso 2009 è stata immortalata da Mario Sorrenti in un lungo abito giallo. Rosso, nero e oro sono i colori che Paloma Picasso indossa abitualmente. Il suo stile è classico, sofisticato e fortemente europeo, fatto di abiti sontuosi e dettagli importanti. Attualmente la designer vive tra Losanna e Marrakech.


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Charlotte Rampling: i 70 anni di un mito

Enigmatica, androgina, sensuale: Charlotte Rampling spegne oggi 70 candeline. L’attrice britannica, divenuta celebre a seguito della sua interpretazione nel film di Liliana Cavani Il portiere di notte, è ancora oggi un sex symbol.

Nata a Sturmer, nell’Essex, il 5 febbraio 1946, all’anagrafe Tessa Charlotte Rampling, l’attrice è figlia di un ex atleta olimpico e di una pittrice. Un’infanzia vissuta tra Inghilterra e Francia e i primi lavori come modella. Il suo fascino torbido e la sua fotogenia la rendono un’icona.

Posa, tra gli altri, per Cecil Beaton, David Bailey ed Helmut Newton, che immortala la sua bellezza in scatti che coniugano magistralmente il suo charme sofisticato alla sua potente carica erotica. Ancora bellissima nonostante il passare degli anni, l’attrice ha posato per Peter Lindbergh, Bettina Rheims, Paolo Roversi e molti altri, ed è apparsa su magazine del calibro di Vogue, Interview, Elle, solo per citarne alcuni.

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Charlotte Rampling ritratta da Bettina Rheims a Parigi, Settembre 1985
Charlotte Rampling in una foto di Clive Arrowsmith, 1970
Charlotte Rampling in una foto di Clive Arrowsmith, 1970
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L’attrice è nata il 5 febbraio 1946 in Essex

Charlotte Rampling in una foto di Helmut Newton per Vogue, gennaio 1974
Charlotte Rampling in una foto di Helmut Newton per Vogue, gennaio 1974



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Nel 1965 il debutto cinematografico con il film di Richard Lester Non tutti ce l’hanno, vincitore della Palma d’oro al Festival di Cannes. L’anno seguente si apre per Charlotte un periodo buio, a causa del suicidio della sorella, che le viene nascosto dai familiari e che l’attrice scopre solo pochi anni fa. La giovane si prende una pausa dal cinema e si dedica alla meditazione, ritirandosi in un monastero in Scozia.

Due anni più tardi, nel 1968, recita ne La caduta degli dei di Luchino Visconti, che le affida il ruolo tragico di una madre deportata in un campo di concentramento con i suoi due bambini. Ma è con Il portiere di notte di Liliana Cavani che Charlotte Rampling ottiene la fama a livello internazionale: indimenticabile il suo ruolo intriso di suggestioni sadomaso e la straripante sensualità che l’attrice conferisce al suo personaggio. Lucia Atherton è un’ebrea che inizia una relazione sadomaso col suo aguzzino: la bellissima attrice in quella pellicola appariva inguainata in lunghi guanti in pelle nera e bretelle che fanno capolino sui seni nudi, mentre il volto enigmatico è coperto dal berretto tipico delle Schutzstauffeln. Fu così che Charlotte Rampling entrò di diritto nell’immaginario erotico.

Charlotte Rampling ritratta da David Bailey, 1973
Charlotte Rampling ritratta da David Bailey, 1973
Charlotte Rampling in Marlowe, il poliziotto privato, di Dick Richards, 1975
Charlotte Rampling in Marlowe, il poliziotto privato, di Dick Richards, 1975
Charlotte Rampling in un celebre scatto di Helmut Newton, Hotel Nord Pinus, Arles, 1973
Charlotte Rampling in un celebre scatto di Helmut Newton, Hotel Nord Pinus, Arles, 1973
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L’attrice ne Il portiere di notte, 1974
CHARLOTTE RAMPLING Photographed by Helmut Newton in Paris, 1984
Charlotte Rampling ritratta da Helmut Newton a Parigi, 1984
Charlotte Rampling ritratta da Cecil Beaton, 1972
Charlotte Rampling ritratta da Cecil Beaton, 1972

Charlotte Rampling, foto di Sofia Sanchez e Mauro Mongiello
Charlotte Rampling, foto di Sofia Sanchez e Mauro Mongiello


Nella vita privata fece scandalo il suo ménage a trois con il fotografo Randall Lawrence e il migliore amico di quest’ultimo, l’agente pubblicitario Brian Southcombe, che nel 1972 sposò la Rampling dandole un figlio, Barnaby. Il matrimonio finì quattro anni dopo. Nel 1977 al Festival di Cannes l’incontro con il secondo marito, il compositore francese Jean Michel Jarre, da cui ebbe altri due figli. Ancora affascinante e scandalosa, la ritroviamo nel 2003 nella pellicola diretta da François Ozon, Swimming Pool.

Nel 2015 vince l’Orso d’argento come migliore attrice al Festival di Berlino con il film 45 anni di Andrew Haigh, al fianco di Tom Courtenay (anch’egli premiato come migliore attore). Grazie alla pellicola la Rampling viene candidata all’Oscar 2016 come migliore attrice protagonista. Il prossimo 28 febbraio sapremo se la celebre statuetta sarà sua.

Cindy Crawford: moda, addio

Alla vigilia del suo cinquantesimo compleanno, la top model Cindy Crawford ha annunciato il suo ritiro dalle passerelle. Impossibile dimenticare le sue curve mozzafiato, i suoi capelli cotonati e quel neo, vero e proprio marchio di fabbrica che faceva capolino da un viso perfetto.

Le chiamavano supermodelle, termine coniato appositamente per indicare le valchirie che rivoluzionarono la moda a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta. Segni particolari: bellissime. Ma non solo: carismatiche, prorompenti nella loro esplosiva femminilità, dotate di una carica erotica mai vista prima tra le mannequin, le supermodelle divennero dei personaggi, vere e proprie dive della moda, venerate e riverite per la loro personalità, che le rendeva uniche, così diverse dalle anonime colleghe dei decenni precedenti e successivi. Nomi del calibro di Naomi Campbell, Claudia Schiffer, e lei, forse la più iconica, Cindy Crawford.

Nata in Illinois il 20 febbraio 1966, all’anagrafe Cynthia Ann Crawford, la top model ha incarnato gli anni Novanta, divenendo una diva patinata. La carriera di Cindy nella moda iniziò con degli scatti che ebbero un successo inaspettato, in cui era la futura top model era intenta a raccogliere pannocchie. Seguì il trasferimento della giovane a New York, nel 1986.

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Cindy Crawford in una foto di Michel Comte, 1992
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Cindy Crawford per Vanity Fair, 1992, foto di Michel Comte
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La supermodella nel celebre spot Pepsi, 1992
La supermodella tra i soldati israeliani,  Aprile 1992.  (Foto di Esaias BAITEL/Gamma-Rapho via Getty Images)
La supermodella tra i soldati israeliani, Aprile 1992. (Foto di Esaias BAITEL/Gamma-Rapho via Getty Images)

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La supermodella ha annunciato il suo ritiro dalla moda


Da lì la fama era vicinissima: la bellissima modella divenne nel 1989 il volto di Revlon, mentre i cartelloni pubblicitari che immortalavano le sue curve mozzafiato incrementarono in modo impressionante il numero di incidenti automobilistici. Lei intanto si sposò con Richard Gere, divenendo protagonista dei tabloid di tutto il mondo, con una storia d’amore molto chiacchierata, ma che fece sognare intere generazioni. Dopo alcune esperienze come attrice, posò nuda per Playboy.

Il suo viso regnava sulla cover delle riviste più prestigiose, da Vogue a Vanity Fair, da Elle, Allure, People a W, Esquire, Cosmopolitan, Harper’s Bazaar. Misure perfette (86-66-89), Cindy Crawford divenne il volto di maison del calibro di Versace e Chanel, rese sexy la Pepsi in una storica campagna pubblicitaria, e prese parte a numerosi film e videoclip, interpretando il ruolo di se stessa. Immortalata dai fotografi più famosi del mondo, da Helmut Newton ad Herb Ritts, da Patrick Demarchelier a Steven Meisel fino ad Annie Leibovitz, la top model divenne presenza fissa nelle classifiche delle donne più belle del mondo.


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Alla vigilia dei cinquant’anni, che compirà il prossimo 20 febbraio, la top model ha annunciato il suo addio alla moda durante un’intervista rilasciata al mensile Rhapsody. Cindy Crawford si è dichiarata stanca di reinventarsi. «Mi va bene, ho fatto la mia strada — ha spiegato — ho lavorato con i migliori fotografi del mondo. Cosa altro dovrei fare? Non posso continuare a reinventarmi». Ma l’annuncio sembra non convincere, dal momento che lei stessa su Instagram ammette di essere sempre curiosa rispetto alle nuove opportunità che possono profilarsi all’orizzonte.

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La supermodella in passerella per Dolce & Gabbana
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Cindy Crawford compirà 50 anni il prossimo 20 febbraio
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La supermodella in uno scatto di Herb Ritts, luglio 1988

Cindy Crawford a Parigi, ottobre 1995
Cindy Crawford a Parigi, ottobre 1995


Intelligente e perfetta manager di se stessa, indimenticabili sono le foto che la ritraggono immersa nei suoi esercizi di aerobica, durante gli anni Novanta. Dopo aver sdoganato la chirurgia plastica, ammettendo che qualche punturina sembra essere la sola opzione per mantenere l’elasticità del viso, la modella ha posato senza Photoshop, forte di una self-confidence rara. Ancora in pole position, splendida nonostante il passare degli anni, è recentemente apparsa nel videoclip di Taylor Swift “Bad blood”. La modella, attualmente sposata con Rande Gerber, ha due figli, Presley Walker (nato nel 1999) e Kaia Jordan (nata nel 2001), perfetta copia in miniatura della madre.

Buon compleanno, Kate Moss!

Zigomi pronunciati, labbra a cuore e quel sorriso, semplicemente inimitabile: Kate Moss spegne oggi 42 candeline. Volto storico della moda, icona di stile tra le più copiate, la supermodella è uno dei nomi più celebri del fashion biz. Apparsa sulla copertina di oltre 300 riviste, apprezzata universalmente per il suo stile, che le ha fatto ottenere numerosi riconoscimenti, tra cui quello del Consiglio degli stilisti d’America, che l’ha inserita nella lista delle donne meglio vestite nel mondo, Kate Moss è una vera leggenda vivente.

All’anagrafe Katherine Ann Moss, la modella è nata a Croydon, un sobborgo di Londra, il 16 gennaio 1974. Sua madre Linda fa la barista, mentre il padre Peter è un agente di viaggi. Kate viene scoperta in un aeroporto di New York all’età di 14 anni, dalla fondatrice dell’agenzia di moda Storm, Sarah Doukas. La giovane non rientra in nessuno dei canoni vigenti nella moda: bassa (non arriva a sfiorare il metro e settanta) e ossuta, Kate appare lontana anni luce dai fisici statuari di Claudia Schiffer, Naomi Campbell e Cindy Crawford, le supermodelle degli anni Novanta, perfette ed irraggiungibili. Farle ottenere un contratto sembra una battaglia persa in partenza, ma Sarah Doukas di talenti ne ha visti passare molti ed è convinta che quella smilza ragazza farà strada.

Il primo shoot risale al 1990: è la rivista inglese The Face ad offrire alla nuova modella un servizio fotografico ambientato in una spiaggia a sud di Londra. Incredibilmente le foto ottengono un successo insperato e Kate Moss diviene un volto noto. Considerata un’icona alternativa per il suo aspetto, non conforme ai diktat dell’epoca, Kate Moss viene associata al movimento grunge.

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Kate Moss è nata a Croydon, vicino Londra, il 16 gennaio 1974
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La modella viene scoperta a New York da Sarah Doukas, fondatrice dell’agenzia di moda Storm
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Non arrivando al metro e settanta, inizialmente Kate Moss venne considerata troppo bassa per sfilare

 

Ma è con la celebre campagna pubblicitaria per Calvin Klein che la modella ottiene la fama internazionale. Scatti bollenti al fianco di Mark Wahlberg immortalano la nuova top seminuda: il fisico acerbo ritratto in topless, le pose ammiccanti e la bellezza acqua e sapone sdoganano Kate Moss come il nuovo volto della moda. Siamo negli anni Novanta, l’epoca d’oro delle supermodelle, algide nella loro perfezione, svettanti su fisici tonici e volti perfetti. Tutto questo venne cancellato dall’avvento di Kate Moss: la rivoluzione Kate fece sì che la nuova modella, bassa e piena di difetti rispetto all’ideale di perfezione allora vigente, si imponesse e spazzasse via ogni residuo del passato. Spartiacque tra le supermodelle e le nuove top, dai fisici sempre più esili, il fenomeno Kate Moss ha portata storica senza precedenti: il fattore preponderante è la personalità, quel particolare lampo negli occhi che fa la differenza in foto, rendendo la Moss un personaggio unico, dall’espressività capace di superare le barriere della carta patinata. Considerata capostipite delle modelle anoressiche, il suo fisico acerbo suscitò aspre critiche e polemiche.

Nel 1995 le foto della campagna per il profumo Obsession di Calvin Klein divengono addirittura un caso nazionale negli States, suscitando polemiche e muovendo persino accuse di pedofilia nei confronti dello stilista americano. Dopo che il dipartimento di giustizia, su ordine dell’allora presidente Bill Clinton, avviò un’inchiesta, la campagna fu ritirata dopo appena tre settimane. Intanto la modella divenne a tutti gli effetti una top model, calcando le passerelle dell’alta moda di Parigi, New York e Milano, e ottenendo le cover dei magazine più prestigiosi, da Elle ad Harper’s Bazaar, da Vogue ad Allure. Kate Moss sfila per tutti i grandi nomi della moda, da Gucci a Versace a Burberry, da Calvin Klein a Dolce & Gabbana, fino a Chanel, Roberto Cavalli, Louis Vuitton, Missoni, Dior, Yves Saint Laurent, Stella McCartney.

 

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Testimonial di Rimmel, Bulgari, Versace, Missoni, Balenciaga, Chanel, Burberry, è apparsa ben 24 volte sulla cover di Vogue, ottenendo copertine anche su Vanity Fair, W, The Face e su molte altre riviste patinate. Intanto anche il gossip si scatena sulle sue storie d’amore, a partire da quella con l’attore Johnny Depp. Musa di nomi del calibro di Mario Testino, Mario Sorrenti e Peter Lindbergh, che l’ha inserita nel suo libro 10 Women, nel luglio 2007 Kate Moss viene nominata dalla rivista Forbes la seconda modella di maggior successo al mondo.

Il 2005 è l’anno dello scandalo: nel settembre la rivista britannica Daily Mirror pubblica in prima pagina alcuni scatti che ritraggono la supermodella nell’atto di consumare cocaina, insieme al compagno di allora, il controverso musicista Pete Doherty. Lo scandalo è servito. L’occhio di chi legge l’articolo non può non indugiare sulla foto che ritrae la modella intenta a sniffare; la firma di quel pezzo rivela che sono ben cinque le strisce di cocaina consumate da Kate Moss in appena 40 minuti. Per la top model è il declino; quasi tutti i contratti vengono annullati. Da Stella McCartney a Chanel e Burberry, nessuno sembra più interessato a lei come testimonial. La situazione è difficile, al punto che è la stessa Kate Moss alla fine a chiedere scusa pubblicamente ai milioni di fan e di persone che si ispirano a lei: lo fa in una conferenza stampa in cui ammette pubblicamente le proprie responsabilità.

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Kate Moss in una foto di Patrick Demarchelier per Harper’s Bazaar, luglio 1993
Kate Moss, foto di Roxanne Lowit, 1995
Kate Moss, foto di Roxanne Lowit, 1995
Kate Moss in passerella per Versace, Paris Fashion Week,1996
Kate Moss in passerella per Versace, Paris Fashion Week,1996
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Kate Moss ottenne il primo servizio nel 1990

 

A schierarsi in sua difesa sono in pochi: le colleghe Naomi Campbell e Helena Christensen, l’attrice Catherine Deneuve, l’ex-fidanzato Johnny Depp e lo stilista Alexander McQueen. Christian Dior continua a volerla come volto della maison e la rivista W le dedica la cover nel novembre 2005, a soli due mesi dalla bufera mediatica scatenata dal servizio del Daily Mirror. Intanto termina anche la relazione con Doherty, che la definisce una “stalker”. La top model viene anche indagata per uso di sostanze stupefacenti. Ma Kate Moss, novella Araba fenice, risorge dalle proprie ceneri: nel novembre 2006 è lei a ricevere il riconoscimento di “modella dell’anno” dal British Fashion Awards. Lo scandalo è dietro l’angolo ma lei è tornata, più forte che mai, e i designer se la contendono: nuovi contratti includono brand del calibro di Rimmel, Agent Provocateur, Belstaff, Dior, Louis Vuitton, Roberto Cavalli, Longchamp, Stella McCartney, Bulgari, Chanel, Nikon, David Yurman, Versace, Calvin Klein Jeans e Burberry. Secondo la rivista Forbes la Moss dopo lo scandalo avrebbe triplicato i propri guadagni, divenendo ufficialmente la modella più pagata al mondo, seconda solo a Gisele Bündchen.

Kate Moss ritratta da Mert & Marcus
Kate Moss ritratta da Mert & Marcus
Kate Moss ritratta da Peter Lindbergh per Harper's Bazaar, marzo 2010
Kate Moss ritratta da Peter Lindbergh per Harper’s Bazaar, marzo 2010
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Kate Moss per Playboy, foto di Mert & Marcus, 2014
Kate Moss, foto di Mario Testino
Kate Moss in uno scatto di Mario Testino
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La top model britannica è considerata un’icona di stile
Kate Moss su Vogue Paris luglio 2010 fotografata da Mario Sorrenti
Kate Moss su Vogue Paris luglio 2010 fotografata da Mario Sorrenti

 

Nel 2014, al compimento dei 40 anni, la top model si è regalata un servizio senza veli per la celebre rivista Playboy, in cui ammicca come coniglietta. Le foto, realizzate da Mert Alas e Marcus Piggott, celebrano il 60º anniversario della rivista. Una rinnovata consapevolezza sul volto e un fisico cui il trascorrere del tempo ha regalato una nuova sensualità nell’esplosione di curve sinuose, Kate Moss appare oggi ancora più bella. Icona di stile dal gusto raro, capace di passare con disinvoltura dallo stile bohémien all’eleganza più sofisticata, onnipresente nelle classifiche delle donne meglio vestite al mondo, Kate Moss è stata anche stilista per la catena britannica Toshop, per cui ha firmato nel 2007 una collezione in esclusiva, mostrandosi come manichino umano nelle vetrine di Oxford al lancio della linea recante il suo nome.

Dopo la fine del matrimonio con il chitarrista dei The Kills Jamie Hince, sposato nel 2011, oggi la modella appare serena e in forma smagliante. Qualche chilo in più che non ne offusca minimamente la straordinaria bellezza, Kate Moss sorride nelle foto che la ritraggono accanto alla figlia Lila Grace, nata nel 2002 dalla relazione con Jefferson Hack, editore della rivista Dazed & Confused.

Icona di stile tra le più apprezzate al mondo, i suoi look ispirano quotidianamente milioni di donne: amante del boho-chic, ha indossato spesso capi vintage. Forte di un fisico capace di esaltare qualsiasi mise, la modella incanta ad ogni uscita pubblica.

 

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Pitti: Belen in passerella per Guess

È il brand che celebra da anni la bellezza femminile, esaltando le curve e il sex appeal più prorompente: da Claudia Schiffer ad Eva Herzigova, da Kate Upton ad Adriana Lima, passando per Anne Nicole Smith e Laetitia Casta, Guess ora si affida alla sensualità di Belen Rodriguez, nuova testimonial per la Primavera/Estate 2016.

La bella argentina, che ha posato per una campagna pubblicitaria hot scattata da Joseph Cardo in quel di Malibu, ha sfilato nella prima giornata di Pitti Uomo. La febbre non ha fermato la showgirl, protagonista assoluta della passerella alla Fortezza da Basso, a Firenze.

Belen, fresca di separazione da Stefano De Martino, ha monopolizzato l’attenzione dei partecipanti alla 89esima edizione di Pitti Uomo. Tutti gli occhi erano per lei, che si è detta fiera di rappresentare un marchio quale Guess.

Belen in passerella a Pitti Uomo 89, foto Lapresse
Belen in passerella a Pitti Uomo 89, foto Lapresse
Foto Lapresse
Foto Lapresse

Foto Ansa
Foto Ansa


Un sogno che si avvera“: ha commentato così la bella argentina il suo ultimo lavoro come testimonial del celebre brand americano. La sfilata che ha avuto luogo a Pitti Uomo 89 ha visto tre uscite della showgirl: strizzata in un tubino rosso da pin up, come una novella Jessica Rabbit, sofisticata in un lungo abito nero dalle trasparenze audaci, e, infine, in un abito azzurro in svolazzante georgette di seta dagli spacchi hot.

Strizzata in succinti abiti in denim nelle foto della campagna pubblicitaria, per Belen Rodríguez è la consacrazione ad icona della bellezza contemporanea. Gli scatti compariranno su 80 riviste e in 16 paesi nel mondo a partire da febbraio. Intanto la showgirl è protagonista assoluta a Pitti.

Alessandra Garcia-Lorido: bellezza curvy

È la figlia dell’attore Andy Garcia e dal padre ha ereditato un sex appeal indiscutibile. Labbra carnose, sguardo profondo e una cascata di capelli scuri: Alessandra Garcia-Lorido si è affermata negli ultimi anni come una delle più richieste modelle curvy.

Classe 1991, nata a Los Angeles, la ragazza sfoggia un aspetto latino e una bellezza rara. Felice del rapporto sano con le proprie curve, Alessandra non teme di esaltare la propria bellezza. Sì, perché le forme non sono mai state tanto fashion: tante sono le modelle curvy ad aver fatto carriera, basti pensare ad Elisa D’Ospina, bellezza made in Italy.

Un contratto con la prestigiosa agenzia IMG di New York e un grande seguito sui social network, Alessandra Garcia-Lorido dimostra come anche indossare una taglia 48 possa essere sinonimo di bellezza. La modella è una dei quattro figli dell’attore hollywoodiano Andy Garcia e della produttrice Marivi Lorido. Apparsa recentemente in un editoriale a tema natalizio ad alto tasso erotico nella rivista SLINK Magazine, Alessandra posa in lingerie sfoggiando delle curve da capogiro.

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Alessandra Garcia-Lorido è una modella curvy
Alessandra Garcia Lorido - Glamour  Italy, December 2014_39_1
La modella posa per Glamour Italia, dicembre 2014

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Classe 1991, Alessandra Garcia-Lorido è una dei quattro figli di Andy Garcia


Come ha dichiarato alla rivista People, la modella è fiera delle proprie curve e ritiene che tutte le donne possano essere sexy. Alle spalle servizi di moda per magazine del calibro di Vogue Italia e Glamour, la top model ci farà ancora parlare di sé.

Buon compleanno, Jane Fonda

Spegne oggi 78 candeline Jane Fonda. Attrice di fama mondiale, icona di bellezza e guru dell’aerobica, una carriera sfolgorante che l’ha resa un vero e proprio mito: vincitrice di ben due Premi Oscar, 6 Golden Globe e innumerevoli altri riconoscimenti, protagonista di pellicole che sono entrate di diritto nella storia del cinema, Jane Fonda è stata attrice simbolo di almeno tre decenni, dagli anni Sessanta agli anni Ottanta. La bellezza e la maliziosa sensualità, il glamour e le atmosfere spaziali di Barbarella, l’indimenticabile film che le diede la fama a livello internazionale, e poi l’impegno politico e il femminismo, di cui la diva è stata pasionaria.

Jane Seymour Fonda è nata a New York il 21 dicembre 1937, da Henry Fonda e Frances Seymour Brokaw. Nelle sue vene scorre sangue inglese, scozzese, francese e italiana; i suoi antenati per linea paterna emigrarono nel Cinquecento da Genova nei Paesi Bassi, per poi trasferirsi nel Seicento nelle colonie britanniche del Nord America, in una cittadina attualmente chiamata Fonda, nell’attuale stato di New York. La bella Jane vanta origine italiana anche dal ramo materno, in quanto discendente dell’aristocratico vicentino Giovanni Gualdo. Il matrimonio infelice dei suoi porta la madre di Jane a compiere un gesto disperato, togliendosi la vita; il padre, tolti i panni di divo cinematografico, nella vita domestica è un uomo freddo e distaccato, che non fa che ripeterle che è grassa e che dovrebbe dimagrire. Come la stessa Jane Fonda dichiarerà più avanti nel corso delle sue interviste, il sentirsi disprezzata da parte del padre fu la molla che la gettò nel baratro dei disturbi alimentari.

La giovane Jane non sembra inizialmente interessata alla carriera cinematografica. Dopo il diploma, conseguito presso il Vassar College, e dopo un periodo trascorso in Europa, fa ritorno negli States con l’intenzione di lavorare come modella. Il volto dai lineamenti vagamente infantili, i capelli biondi e la grande fotogenia colpiscono fotografi del calibro di Horst P. Horst, che la immortala su Vogue nel corso degli anni Cinquanta. Ma è l’incontro con Lee Strasberg ad aprirle le porte del cinema, convincendola a frequentare le lezioni di recitazione presso il celebre Actor’s Studio. Il debutto cinematografico avviene nel 1960 con In punta di piedi, dove Jane Fonda recita accanto ad Anthony Perkins. Nel corso degli anni Sessanta l’attrice prende parte a numerosi film di successo, alternando con disinvoltura il genere drammatico alla commedia. Ha come partner lavorativi attori celebri, da Marlon Brando a Robert Redford, con cui recita nell’indimenticabile A piedi nudi nel parco.

Jane Fonda fotografata da Horst P. Horst, 1959
Jane Fonda fotografata da Horst P. Horst, 1959

Jane Fonda in "Barbarella", 1968
Jane Fonda in “Barbarella”, 1968


Sbarazzina e insieme sofisticata, nel 1964 Jane viene inserita dal regista Roger Vadim nel cast di Il piacere e l’amore. Tra i due nasce una relazione amorosa che sfocia in un matrimonio, celebrato l’anno successivo. Vadim intuisce fin da subito il potenziale erotico dell’attrice e la dirige in pellicole che la consacrano come sex symbol internazionale. La fama arriva con il celebre film Barbarella, del 1968, interamente incentrato sulla bellezza della protagonista, su uno sfondo fantascientifico. Ma a Jane Fonda l’etichetta sexy sta stretta: la diva è troppo intelligente per non capire quanto la sua strabordante sensualità possa essere un’arma a doppio taglio, che alla lunga rischia di comprometterne le capacità drammatiche. Icona femminista, la diva si ribella all’immagine di bella svampita che i media le attribuiscono e scende in politica, come attivista contro la guerra del Vietnam. La sua visita ad Hanoi assume portata quasi storica, come anche la sua propaganda filo-nord-vietnamita. L’opinione pubblica si schiera apertamente contro di lei e le affibbia il soprannome di “Hanoi Jane”. Solo molti anni più tardi l’attrice rivedrà le sue posizioni politiche, commentandole a posteriori con rinnovato senso critico.

Intanto indirizza la sua carriera verso ruoli di maggiore spessore drammatico: arriva così nel 1969 la prima delle sue sette candidature all’Oscar con il film Non si uccidono così anche i cavalli?, di Sydney Pollack; nel 1971 vince l’Oscar come miglior attrice protagonista con Una squillo per l’ispettore Klute, nel ruolo della prostituta Bree Daniel. La seconda statuetta arriva nel 1978 per Tornando a casa di Hal Ashby. Intanto il matrimonio con Vadim naufraga e Jane sposa in seconde nozze il politico Tom Hayden, che ha un passato da pacifista. Nei primi anni Ottanta prende parte al film Sul lago dorato, dove recita per la prima ed unica volta accanto al padre Henry. Successivamente accantona la carriera cinematografica per abbracciare la nuova passione per la fitness. I suoi video di esercizi di ginnastica aerobica divengono un vero e proprio fenomeno. L’attrice, dopo anni di lotta contro la bulimia, sdogana l’esercizio fisico come nuova moda, e neanche un infarto riesce a fermarla. Nei primi anni Novanta il terzo matrimonio con il magnate della comunicazione Ted Turner, che durerà un decennio.


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Icona femminista, Jane Fonda si è apertamente schierata contro l’emarginazione in cui vengono relegate le donne di una certa età ad Hollywood come anche nella vita comune. Celebre la sua presa di posizione al riguardo, per cui “se un uomo ha molte stagioni, una donna ha diritto solo alla primavera.” Attiva sul piano umanitario, la diva nel 2001 ha donato alla Scuola di Educazione dell’Università di Harvard la somma di 12.5 milioni di dollari, al fine di creare un “Centro per gli Studi educativi”: secondo l’attrice la cultura dominante darebbe messaggi sbagliati e diseducativi alle future generazioni che distorcerebbero i rapporti tra uomini e donne. Nel 2005 è stata pubblicata la sua autobiografia, intitolata La mia vita finora. Vulnerabile e insieme tagliente, la diva ha recentemente ammesso di essere ricorsa al bisturi, e che in virtù di tali interventi estetici avrebbe guadagnato un altro decennio di attività lavorativa, in un ambiente in cui invecchiare è considerato quasi uno scandalo. Il suo volto non ha perso fortunatamente la straordinaria espressività che ce l’ha fatta amare in film indimenticabili. Ancora splendida nonostante il passare del tempo, sagace ed ironica come di consueto, ha ammesso che il sesso costituisce oggi una parte fondamentale della sua vita. Attualmente residente ad Atlanta, in Georgia, la diva ha iniziato un percorso di rinascita per abbracciare la fede cristiana.


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