La catena di caffè più amata dalle star di tutto il mondo sta per arrivare in Italia. Simbolo del lifestyle americano, sdoganato persino sulle passerelle di Milano nel lontano 2009, ora Starbucks apre il suo primo negozio a Milano.
La catena americana di caffetterie starebbe per aprire i battenti nella capitale lombarda: protagonista dell’operazione è l’imprenditore bergamasco Percassi. L’accordo, che dovrebbe essere concluso entro Natale, prevede l’apertura nel 2016 del primo punto Starbucks in Italia.
Numerosi i rumours che si rincorrevano a tale proposito, già da due anni a questa parte. Il famoso marchio americano, leader nella caffetteria, fondato da Howard Schultz, vanta un fatturato di circa 9 miliardi di dollari.
Una nuova sfida, quella di portare il brand in Italia, patria per antonomasia del caffè: e fu proprio l’Italia la location che diede a Schultz l’ispirazione per la sua celebre catena. L’atmosfera dei caffè italiani, in cui ci si rilassa, si legge il caffè e si dibatte dei temi di attualità, portò il manager americano a tentare di adattare la formula al mercato americano. Impresa non facile, data la differenza culturale tra i due Paesi: tante sono le differenze tra il caffè lungo abbinato al latte, che incontra il gusto tipicamente yankee, e la classicità dell’espresso italiano. Largo uso della tecnologia in locali rigorosamente free wifi: su questo puntò inizialmente Schultz per imporsi sul mercato. Genio del marketing, i celebri bicchieroni extralarge in carta per l’asporto di bevande, simbolo del brand, sono entrati così nel mito.
I bicchieroni extralarge simbolo della catena Starbucks, sono ormai entrati nell’immaginario collettivo americano: numerosissime le celebrities paparazzate con questo status symbol stretto tra le mani. Immortalata anche in numerosi fashion shoots, la celebre tazza di carta è stata fotografata dall’obiettivo di celebri fotografi di moda, in primis da Terry Richardson, dopo aver calcato le passerelle della Milan Fashion Week, grazie all’estro di Dean e Dan Caten, celebri direttori creativi di Dsquared², che la scelsero come accessorio principe della loro collezione Primavera/Estate 2010.
Ora Antonio Percassi, bergamasco doc ed ex calciatore, si pone come il franchising partner dell’operazione di lancio del brand nel nostro Paese. La strategia di marketing dovrebbe coniugare al gusto della tradizione italiana le nuove tecnologie. Largo quindi al caffè americano, unito al free wifi e alle suggestioni tipicamente americane. Buon Frappuccino a tutti.
È stata in assoluto la sfilata più discussa e controversa della settimana della moda di Parigi. Ha monopolizzato l’attenzione dei media e ha diviso l’opinione pubblica, tra detrattori convinti ed ammiratori entusiasti. Certo è che in tempi come questi, in cui la spettacolarizzazione è divenuta un valore assoluto da perseguire con tutti i mezzi, la moda sembra essersi adattata a tale meccanismo. Purché se ne parli, sembra essere il mantra dominante; e il confine che separa l’avanguardia artistica dal mero sensazionalismo sembra divenire sempre meno netto.
Dissacrante, alternativa, ermetica, la collezione Primavera/Estate 2016 di Rick Owens è stata protagonista assoluta della fashion week parigina. C’è chi ci ha visto espliciti richiami sessuali, chi non ne ha compreso il significato e chi, semplicemente, ha deciso di godersi lo show, dalle coreografie assolutamente inedite.
Lo stilista statunitense non è nuovo ad audaci provocazioni: lo scorso gennaio fece sfilare uomini fieramente senza slip, destando scalpore, nel segno di quell’unione tra rock e concettuale che da sempre caratterizza il suo stile. Ribelle, anticonformista, Rick Owens è uno che il sistema lo combatte davvero: la sua linea stilistica è talvolta una critica neanche troppo velata nei confronti di certo fashion biz patinato. I lustrini di Los Angeles erano lontani da lui, nella sua infanzia vissuta tra tossicodipendenza e solitudine: da qui la sua moda intellettuale e scandalosa.
Si intitola “Ciclope” la collezione che sfila a Parigi per la Primavera/Estate 2016, e l’ispirazione attinge alla mitologia greca. Una sartorialità decostruita, per capi essenziali e basic. Ma quel che colpisce l’occhio, prima ancora degli outfit che sfilano in passerella, sono le “imbracature umane”: donne che indossano altre donne, per una coreografia forte e provocatoria. Le modelle sfilano a testa in giù, abbarbicate a cavalcioni le une sulle altre. Rigenerazione, solidarietà femminile, fratellanza universale e un pensiero per il grembo materno, a cui si deve la vita: questi sembrano essere i temi dominanti.
I capi sono essenziali: cappotti dalle linee sartoriali, crop tops, asimmetrie sfilano addosso a modelle che si alternano a ginnaste professioniste. La palette cromatica varia dal grigio al nude, fino al verde e all’arancione. Tra i materiali usati spiccano il nylon, la seta, il cotone e la maglia, alternata alla pelle e al jersey, per interessanti giochi di luce.
Secondo il casting director Angus Munro, Rick Owens è maestro nel raccontare storie che nessun altro vi racconterà: genio del politically uncorrect, il vestito umano sembra essergli stato ispirato da una foto di Annie Leibovitz raffigurante Leigh Bowery, eclettico rappresentante del fashion biz nonché artista concettuale. Non più donne bambole, sembra implorare Owens, ma donne forti capaci di andare oltre le rivalità, in un disegno di fratellanza universale. Il dibattito sulla controversa coreografia resta tuttavia aperto, e sono molti coloro che continuano a chiedersi se se ne sentisse realmente il bisogno.
Il meglio dello streetstyle alla Parigi fashion week
Con lo sfavillio e lo sfarzo delle tanto attese sfilate di Parigi, si chiude il mese dedicato alla moda, che ha visto le collezioni della primavera – estate 2016.
Tante le sorprese in passerella, a partire dalla maison Chanel dove l’aeroporto diventa sfondo e luogo in cui donne perfettamente habillé si imbarcano verso una destinazione comune: l’eleganza. Karl Lagerfeld non finisce mai di stupire, districandosi tra passato, presente e futuro. Intramontabile.
Leggerezza e profumo di fiori e fiabe da Ungaro, che con Fausto Puglisi alla guida ci fa rivivere una donna “principessa” in chiave moderna, dallo stile bohémienne con accenti futuristici; mentre con Miu Miu il boyish style e una femminilità retrò ci portano tra gli armadi dei nostri compagni, mariti, fiancés.
Tante le icone del fashion biz presenti alla Parigi Fashion Week: Candela Novembre, Chiara Ferragni, Anna Dello Russo, Gilda Ambrosio, Giovanna Battaglia e tante altre che noi di D-ART abbiamo fotografo per voi in questo speciale:
Ci sono nomi che, oltre ad aver reso la moda italiana famosa in tutto il mondo, le hanno conferito una magia ed uno charme talmente unici ed irripetibili da essere ricordati in eterno. La storia di Emilio Pucci è ricca di nobiltà e di avventura, sullo sfondo di una Firenze patrizia fino alla conquista degli States e all’affermazione della maison italiana nel mondo.
Emilio Pucci, marchese di Barsento, nacque a Napoli il 20 novembre 1914 dalla nobile famiglia fiorentina dei Pucci. Provetto sciatore, nel 1934 viene selezionato dalla squadra nazionale olimpica italiana di sci e partecipa alle Olimpiadi invernali del 1936.
Il giovane Emilio coltiva la passione per lo sci e per la pittura. Dopo aver vinto una borsa di studio presso il Reed College, nell’Oregon, dove avrebbe dovuto continuare i suoi allenamenti nello sci, sorprende tutti disegnando l’uniforme della squadra. I suoi primi bozzetti nascono così, in modo del tutto spontaneo e casuale, ma rivelano un genio ed un estro sorprendenti.
Dopo aver concluso un master in scienze sociali negli States, l’eclettico aristocratico non torna in Italia ma si imbarca su una vecchia nave e parte per un improvvisato giro del mondo, impresa che paga cara al suo rientro in patria, dove viene accusato dalle autorità militari di renitenza alla leva.
Prima di avvicinarsi alla moda il marchese fu un grande sportivo: dopo essersi arruolato nella Regia Aeronautica nel 1938, lavorò come istruttore di sci al Sestriere. Rientrato nella sua Firenze, avviene l’incontro che segna la sua vita, con la moda, di cui l’inconsapevole designer cambierà il corso. Anche in questo campo, la fortuna di Emilio Pucci proviene ancora una volta dal mondo dello sport, oltre che da un indescrivibile talento come disegnatore di bozzetti: dopo aver creato, quasi per gioco, una tenuta da sci per un’amica, nel 1947, viene immortalato con quest’ultima dalla fotografa di moda Toni Frissell sul numero di dicembre di Harper’s Bazaar. Quella tuta da sci improvvisata dai colori fluo colpisce l’attenzione dei media e diventa must have ante litteram della moda invernale.
L’aristocratico dal gusto innato viene incoraggiato dall’inaspettato successo a proseguire sulla strada della moda: è Capri la location scelta per aprire la sua prima boutique, nel 1950. La personalità e l’originalità pagano sempre, e quei colori brillanti su stampe dai motivi così particolari rappresentano fin da subito qualcosa di assolutamente inedito nel panorama della moda italiana e mondiale. Pioniere della moda italiana e perspicace trendsetter, il marchese partecipa l’anno seguente, nel febbraio del 1951, alla prima sfilata di moda mai organizzata in Italia, realizzata grazie a Giovanni Battista Giorgini a Firenze, nella mirabile location di Villa Torrigiani.
Emilio Pucci si impone in brevissimo tempo come uno dei protagonisti più amati delle passerelle fiorentine. Le sue creazioni, dalle fantasie optical e dalle cromie esplosive, unite alla cura nella scelta di tessuti pregiati, sdoganano in breve lo stilista anche all’estero: “The Prince of Prints”, il principe delle stampe, è il nome assegnatogli dalla stampa anglosassone. Nel 1954 avviene una prima consacrazione ufficiale in America, con l’assegnazione del prestigioso Neiman-Marcus Award. Mentre la moda guarda sempre più a Parigi, all’Haute Couture di nomi come Christian Dior e al suo New Look dal gusto classico, Emilio Pucci crea una nuova concezione dello stile, che privilegia la comodità e le stampe.
Capostipite di quello che oggi viene chiamato Sportswear, la libertà sembra essere ciò che più gli preme, per capi drappeggiati e morbidi in tessuti come la seta, l’organza, la gabardine e la mussoline. Definito da Giovanni Sartori “un grande cavaliere antico”, Pucci scglie come suo quartier generale per la sua casa di moda Palazzo Pucci in via de’ Pucci: è la sua Firenze ad ispirarlo, e l’antico palazzo nobiliare è ancora oggi sede della maison. Suggestive e pregne di un gusto indimenticabile, le foto scattate sul tetto del palazzo di famiglia, forse simbolo per antonomasia del gusto del marchese e della sua visione dell’eleganza. Innumerevoli saranno le modelle ad indossare capi Emilio Pucci: celebri le foto scattate da Henry Clarke e Gian Paolo Barbieri, con modelle del calibro di Marisa Berenson e Benedetta Barzini, solo per citarne alcune. Tute dal sapore etnico, pigiama palazzo che ricordano l’Oriente, e ancora turbanti e dettagli che profumano di terre lontane: lo stile Emilio Pucci affascina con un mix di storia e ricercatezza, per capi sofisticati come pochi.
Dopo aver brevettato nel 1960 “emilioform”, un tessuto leggero composto da helanca mixata a shantung di seta, nel 1966 Pucci lanciò il suo primo profumo, Vivara. Nel 1956 creò una delle sue collezioni più celebri, ispirata alla Sicilia, rappresentata mirabilmente da indimenticabili scatti ambientati a Monreale; l’anno seguente fu il Palio di Siena ad ispirarlo, e nel 1959 le opere del Botticelli. Nel 1967 portò le sue sfilate nel palazzo di famiglia, e nello stesso periodo disegnò le uniformi per le hostess della Braniff International Airways. Avanti rispetto ai tempi, la collezione, denominata Gemini 4, vede un mood da space oddity, ed è seguita dalla creazione del logo per la missione speciale della NASA denominata Apollo 15. In Italia disegnò le divise dei Vigli urbani, con i fatidici elmetti ovali sulla divisa blu dai lunghi guanti bianchi: inoltre si dilettò con la moda maschile, con la creazione di fragranze e con la produzione di ceramiche per la casa.
I capi colorati di Emilio Pucci andarono letteralmente a ruba nei grandi magazzini Saks, dando origine ad una vera e propria Puccimania. Un gusto innato per il colore ed una capacità unica come disegnatore, le sue creazioni avevano un quid che le differenziava da tutte le altre: l’allegria ed un approccio artistico alla moda, nella sua ricerca certosina per la creazione di stampe originali.
Durante la Seconda Guerra Mondiale Emilio Pucci fu ufficiale dell’Aviazione, pluridecorato con tre Medaglie d’argento al valor militare, sette di Bronzo e tre Croci di guerra al valor militare. Personalità eclettica, negli Sessanta il marchese decise di entrare in politica, col partito liberale e fu nominato Sottosegretario al Ministero dei Trasporti. Il 4 giugno del 1982 fu nominato Cavaliere del Lavoro. Il 29 novembre del 1992 il marchese si spense nella sua amata Firenze, all’età di 78 anni.
Dopo la sua scomparsa la figlia Laudomia ha ereditato la direzione del marchio, di cui ancora oggi cura l’immagine generale. Nel 1996 una grande mostra in onore del marchese è stata allestita a Pitti, mentre il suo talento così unico è stato al centro di un volume edito da Taschen. Nel 2000 il gruppo francese LVMH (Louis Vuitton) ha acquistato i diritti sul logo Emilio Pucci e sulle creazioni storiche, rendendosi protagonista di un rilancio del brand gestito in modo sapiente: è solo dalla celebrazione del glorioso passato della maison che si può ripartire, rivisitandone modelli e motivi per declinarli in collezioni nuove facendo rivivere la magnificenza dello stile Pucci nella contemporaneità. La storica maison ha visto alternarsi alla sua direzione creativa numerosi designer, da Stephan Janson e Julio Espada a Christian Lacroix, da Matthew Williamson a Peter Dundas, fino all’attuale direttore creativo Massimo Giorgetti. Con oltre 50 boutique nelle località più esclusive del mondo e un fatturato calcolato tra Italia, Stati Uniti e Giappone, la maison è ancora oggi simbolo di un’incomparabile eleganza.
Il suo nome è sinonimo di stile, i suoi outfit sono tra i più cercati in rete: Poppy Delevingne è oggi un’icona di stile contemporanea tra le più amate al mondo. It girl, socialite e modella, famosa in tutto il mondo per la sua indiscutibile eleganza, la sorella maggiore di Cara Delevingne è un personaggio tra i più influenti nel fashion biz.
Poppy Angela Delevingne nasce a Londra il 3 maggio 1986 in una famiglia blasonata come poche: figlia di Pandora Anne Stevens, personal shopper, e Charles Hamar Delevingne, costruttore edile, per via materna discende dalla famiglia dei baroni Faudel-Phillips, che annovera tra gli avi il Lord sindaco della città di Londra.
Poppy cresce a Belgravia, nel centro di Londra, e frequenta la Bedales School. Lunghi capelli biondi e altezza svettante (1,78 m), Poppy Delevingne ha lavorato a lungo come modella professionista: scoperta nel 2008 dalla fondatrice della Storm Model Management Sarah Doukas, ha al suo attivo numerose campagne pubblicitarie.
Nella sua carriera come modella, Poppy Delevingne ha prestato il suo volto a brand del calibro di Shiatzy Chen, Laura Ashley, Anya Hindmarch, Alberta Ferretti e Burberry ed ha calcato le passerelle di nomi come Julien Macdonald. Una bellezza algida eppure fresca, l’inedito ma quantomai riuscito mix, unito allo charme British e ad uno sguardo malizioso, Poppy Delevingne ha posato per Terry Richardson ed è stata il volto di Louis Vuitton per la collezione Primavera/Estate 2012.
Musa nonché amica di Matthew Williamson, la modella è stata coinquilina dell’attrice Sienna Miller, con la quale ha condiviso un appartamento a New York. Nel 2012 Poppy Delevingne si è fidanzata con James Cook, con cui è convolata a nozze nel maggio del 2014, con un doppio matrimonio e due outfit da sogno, rispettivamente Chanel Haute Couture per le nozze celebrate a Londra e un Emilio Pucci disegnato per lei da Peter Dundas, per la cerimonia hippie-chic che ha avuto luogo a Marrakesh.
Per la giovane it girl britannica, la moda non è solo una passione: nominata Young Ambassador del British Fashion Council ed ambasciatrice del brand Chanel, Poppy Delevingne in fatto di stile è una vera e propria autorità. Il suo stile capta le ultime tendenze proposte dalla moda reinterpretandole in chiave personalissima.
Una predilezione per i look boho-chic, vediamo spesso Poppy Delevingne indossare lunghi abiti stampati, dalle suggestioni Seventies. Tra i brand prediletti dall’icona di stile in pole position troviamo Valentino ed Emilio Pucci.
L’influencer inglese ha dimostrato un gusto innato capace di mixare capi haute couture e pezzi vintage: dal tailleurino bon ton Chanel al look grunge composto da fur coat e jeans a zampa d’elefante. Eclettica, raffinata ed ironica, il suo è uno stile spumeggiante e studiato fin nei minimi particolari.
Seguitissima sui social network, Poppy Delevingne è stata stylist per il matrimonio della sorella maggiore Chloé e designer. Ora dichiara di voler fare l’attrice. Uno stile tutto da copiare, per vere icone d’eleganza.
chi non sa che prima o poi tutto torna di moda?!
Questa stagione son tornati i miticianni ’70, in assoluto una delle mie decadi preferite in fatto di moda.
E pensare che quando ero una bambina spesso accusavo i miei genitori per come mi vestivano. E’ da adulta che ho iniziato ad amare tutto quello che girava intorno a quegli anni, comprese le mie scelte in merito alla moda (e compresi ovviamente gli anni ’80!)
I pantaloni a zampa li ho sempre portati, anche quando non erano in voga, perché credo siano perfetti per il mio fisico. Oggi posso indossarli senza che la gente guardi in modo strano 🙂
Perché amo così tanto gli anni ’80? Sarà lo sfarzo, il glamour, la disco, la musica, il design, le stampe, i tagli dei capelli, peace and love! Tutto ero figo!
Voglio dire, prendete per esempio The Bee Gees nel loro video Staying Alive: quanto erano giusti? Ancora oggi vengono imitati e sono passati quasi 40 anni!
Per questo motivo quando ho visto il look che qui indosso, in perfetto stile anni ’70 del duo di stilisti Marco Bologna (Nicolò Bologna e Marco Giuliano), ero felicissima. Fantastico come total look ma anche easy da portare separatamente.
La vestibilità, la stampa, i colori, io l’adoro e dovevo assolutamente condividerla con voi.
E allora spolveriamo i nostri dischi in vinile e boogie on down the road…
Peace and Love B
Hi Everyone,
We all know that sooner or later everything comes back in fashion.
Well this season the 70’s are back again, and they are absolutely one of my favorite decades when it comes to fashion.
When I was a kid I accused my parents many times of dressing me badly duringthose years…But as soon as i became an adult I started loving everything that had to do with the 70’s…They have influenced me a lot and many of my fashion choices today derive from the 70’s (but obviously also the 80’s)
I have always worn flare pants even when they were not in fashion because I just love them and think they are flattering to my body. ..But today you can wear them again without people raising their eyebrows…
Don’t know why I love the 70’s so much but I just do;)
The glitz, the glam, the disco, the music, the designs, the prints, the haircuts…peace and love….It was just cool…
I mean just look at the Bee Gees in their video Staying alive, now how awesome are they? Even almost 40 years after date…
So when I came across this look from the designing duo Marco Bologna (Nicolò Bologna and Marco Giuliano), i was totally happy to see this 70’s inspired outfit. Awesome as a total look but easy to wear as separates as well.
The fit, the print, the colors, I love all of it and had to share it with you.
So dust of your vinyl records and boogie on down the road…
Se pensate che la moda sia ad esclusivo appannaggio di donne alte 1.80 m, dovrete clamorosamente ricredervi. Essere piccole di statura può essere un valore aggiunto, e a sdoganarlo per prima, nei lontani anni Cinquanta, è stata una donna il cui nome è ancora oggi tra le firme più apprezzate della moda francese ed internazionale.
Marie-Louise Carven-Grog, all’anagrafe Carmen de Tommaso, della sua altezza aveva fatto un complesso: alta 1.55 m, minuta ma proporzionata, come d’altronde prevedeva la bellezza dell’epoca, madame Carven si diceva “alta quanto un gambo di cavolo” e sembrava soffrire profondamente per quei centimetri in più che Madre Natura le aveva negato.
Ma, forte della propria personalità, si rimboccò le maniche e promise a se stessa che la statura piccola non avrebbe mai più dovuto rappresentare un problema per nessuna donna. Fu così che creò una moda a misura di donne petite, entrando di diritto nell’Olimpo dello stile. Il suo marchio, Carven, ancora oggi è uno dei più seguiti, nell’ambito della settimana della moda di Parigi.
La couturière francese nacque il 31 agosto 1909 a Châtellerault dall’editore di origine italiana Tommaso Carmen. Studiò Architettura ed Interior Design presso l’École des beaux-arts de Paris ed iniziò la sua carriera di designer di moda da autodidatta, confezionando abiti su misura per se stessa e per le sue amiche. Nel 1945 fondò la sua casa di moda sotto lo pseudonimo di Mme Carven, contrazione del suo cognome e del nome di una zia da lei prediletta, che la introdusse alla passione per la moda.
Figlia di una generazione che sfornò talenti del calibro di Elsa Schiaparelli, Coco Chanel, Christian Dior e Pierre Balmain, il successo per lei arrivò appena quattro anni più tardi, nel 1949, quando venne citata nel testo della canzone “Mademoiselle de Paris”, di Jacqueline François.
Ampie gonne a ruota, punto vita segnato e decolleté in vista, in perfetto stile Fifties: questo è il modello Carven, per un abito verde che diviene emblema dello stile della maison. Uno stile all’insegna della leggerezza e del colore, per suggestioni provenzali. Semplicità, pulizia e consigli strategici per donne piccole di statura: evitare il nero, in primis, come anche le maniche a sbuffo e le stampe troppo ampie, ed evidenziare il seno, per accentuare le forme burrose tipiche degli anni Cinquanta.
Madame Carven non viene cambiata dal successo: ottimista, il suo buonumore è proverbiale come anche la sua simpatia, che la rende vicina alla gente comune. I suoi capi colorati ricordano le uniformi delle hostess, e lei, grande viaggiatrice, adora trarre ispirazione da terre lontane. Tra le sue clienti ci sono nomi del calibro di Martine Carol, Leslie Caron, Michèle Morgan ed Édith Piaf. Realizzò l’abito da sposa di Mme Valéry Giscard d’Estaing e si rivelò brillante manager ante litteram: Madame Carven fu infatti tra i primi designer ad esportare le proprie creazioni all’estero, in particolare in Brasile, Portogallo, Egitto ed Iran. Inoltre fu una vera e propria trendsetter, essendo tra i primi couturier ad arricchire i propri capi di suggestioni etniche, introducendo elementi e materiali tipici di altri Paesi, come le stampe batik e la rafia. Le sue collezioni ottennero un successo incredibile in Giappone, dove le donne sono per antonomasia piccole di statura
Grande rivoluzionaria, madame Carven fu la prima a realizzare collezioni di prêt-à porter e dobbiamo a lei il primo prototipo di reggiseno push-up. Tanti sono i tabù infranti da questa piccola donna dall’enorme personalità, come l’aver fatto indossare una colonia maschile alle donne e l’aver accompagnato in giro per il mondo le sue modelle globetrotter.
Secondo l’ex ministro francese della cultura Renaud Donnedieu de Vabres madame Carven ha contribuito largamente ad imporre l’eleganza francese come punto di riferimento internazionale. Amante dell’arte, numerosissime sono state le sue donazioni al Museo del Louvre, che nel 1997 ha aperto una sala in suo onore, intitolata Grog-Carven. Madame Carven si ritira dalla scena nel 1993, all’età di 84 anni. Due anni più tardi, nell’ottobre del 1995, ottiene la Legion d’onore. La piccola grande donna si è spenta l’8 giugno del 2015, all’età di 105 anni. Le donne piccole di statura le devono molto.
Qualcuno diceva che lo stile è qualcosa di innato, qualcosa che parte da dentro, dai meandri dell’anima e da un indefinibile mix di personalità, intelligenza e garbo. Partendo da questo assunto, appare chiaro come per alcune donne la definizione di icona di stile appaia riduttiva.
Candela Pelizza Novembre è un nome tra i più conosciuti del fashion biz: it girl, trendsetter, brillante imprenditrice di se stessa e mamma di due bambine, oltre che modella. La sua personalità e un innato senso dello stile l’hanno portata a divenire una delle maggiori influencer, seguitissima su Instagram e acclamata come una diva ad ogni uscita pubblica, per i suoi outfit che rasentano l’arte.
Candela nasce in Argentina: eclettica e curiosa, fin da ragazzina è una mente vivace, desiderosa di conoscere il mondo e di aprirsi a nuove culture: il lavoro di modella la porta in Italia, appena diciassettenne. La sua è una bellezza sofisticata, forse lontana dai cliché imposti oggigiorno: aggraziata, delicata, ricorda quasi una Audrey Hepburn dei nostri giorni.
A Milano la bella Candela trova la sua seconda patria, grazie al lavoro come modella. Non una bellezza aggressiva, ma un sorriso dolce e un candore rassicurante: in un mondo in cui apparire è condicio sine qua non, Candela Novembre non ha bisogno di ostentare la sua carica hot e questo la rende diversa. Una donna di carattere, mamma di due bellissime bimbe dai nomi evocativi, Verde e Celeste.
Candela Novembre si impone all’attenzione del fashion biz in pochissimo tempo: la modella ama fotografare la vita che la circonda, che si tratti di abiti o di attimi rubati, di souvenir di viaggi in terre lontane o di un sorriso delle sue figlie. Il suo diario aperto al pubblico, su Instagram, attrae un pubblico sempre più vasto e il clamore mediatico non tarda ad arrivare: Grazia la vuole come it girl, mentre Glamour la nomina nel 2014 “Migliore donna dell’anno”, accanto a nomi del calibro di Poppy Delevingne e Diane Kruger.
Un gusto personalissimo nel creare i suoi fatidici outfit e un approccio quasi ludico alla moda, che le fa scegliere cosa indossare in base al mood della giornata. Disimpegno e carattere unito alla capacità di mixare: tanti sono i nomi prediletti dalla it girl, da Moschino a Jil Sander, da Costume National a MSGM, da Normaluisa alle borse di Paula Cademartori. Ma accanto alle firme e ai pezzi di design spuntano i capi low cost, e l’amore per i mercatini vintage, inedite fucine di idee sempre nuove. Lo stile di Candela Novembre riflette la sua personalità: una predilezione per il total white, indossato anche durante l’ultima settimana della moda parigina; largo a colori vitaminici, stampe optical, denim patchwork ed una vera passione per le fantasie geometriche, che su di lei diventano quasi un omaggio al Cubismo.
Spontanea, entusiasta e brillante, Candela Novembre è anche un’imprenditrice di successo. Creatrice di Lampoon, fucina di idee e scambio tra designer e stilisti nonché e-shop per veri gourmet: si respira un’eleganza di stampo internazionale, declinata in vere e proprie chicche di cultura visiva e non solo, per un magazine che vede al suo interno professionisti del calibro di Carlo Mazzoni, apprezzato scrittore e già direttore de L’Officiel Italia, e Giovanni Dario Laudicina, fashion editor.
“È di moda non essere di moda”: questa è una delle massime preferite da Candela Novembre: perché la personalità è un valore evergreen.
Lo street style delle fashion icons alla Parigi Fashion Week
La settimana della moda più attesa giunge al termine, è la Parigi Fashion Week, che ha visto sfilare le collezioni Primavera-Estate 2016 dal 29 settembre al 7 ottobre.
Il mondo della moda torna a lavorare nel backstage, lontano dalle luci dei fashion show, lasciandoci in sospeso fino alle prossime sfilate.
Noi di D-ART abbiamo immortalato per voi i look più belli di questa Parigi fashion week, gli outfit delle icone più seguite della moda.
Il meglio dello street style alla Parigi Fashion Week
Ed anche la Parigi Fashion Week sta per finire, portando via con sé i mesi dedicati alla moda.
D-ART per le strade ha catturato gli street style più interessanti, fotografati da Luigi Ciaccio.
Romantica, sofisticata e colorata: sarà così la Primavera/Estate 2016 di Rochas. Una sfilata che riporta in auge tra i principali trend un’eleganza sartoriale di cui avevamo perso memoria. Per i 90 anni della maison francese Alessandro Dell’Acqua propone una full immersion nella femminilità classica rivisitata in chiave californiana.
Carta da zucchero, rosa baby e fiori laminati per un mood sparkling si alternano a grandi fiocchi couture per creazioni dal sapore sartoriale. Alessandro Dell’Acqua mixa magistralmente suggestioni da West Coast a tocchi surrealisti.
Broccato di seta gold per stampe floreali dal sapore barocco convivono con giraffe rivolte al sole che fanno capolino da tuniche versione gran soirée o da gonne a tubo, per tocchi eccentrici di grande stile.
Ispiratrice della collezione è Gala Éluard Dalí, eccentrica musa nonché sposa di Salvador Dalí: la donna di Rochas ha un’eleganza fieramente sopra le righe. L’opulenza orientale (Gala era originaria della Russia), si sposa alla California dei Beach Boys, in un inedito ma quanto mai riuscito mix. Inedite bretelle spuntano da gonne a ruota; la severità di colletti da istitutrice svizzera si unisce alla sartorialità tipica delle collezioni del designer italiano. Prevalgono materiali quali l’organza e il macramé che vengono spezzati da capispalla in PVC dai colori sorbetto, per un glossy mood estremamente patinato e moderno. Jacquard e paillettes insieme ad audaci trasparenze e tagli couture completano una collezione ricca di spunti.