E’ stata disegnata da un team interno ma la collezione primavera/estate 2017 di Oscar de la Renta, brilla in questa settimana della moda newyorkese.
Solo pochi giorni fa, infatti, sono stati annunciati i nomi dei prossimi direttori creativi della maison, Fernando Garcia e Laura Kim (potete leggere l’articolo qui) che presenteranno la loro prima collezione a gennaio 2017.
L’addio di Peter Copping all’azienda non ha provocato danni ingenti all’immagine della griffe, anzi, il team interno ha saputo reagire alla sua dipartita lavorativa.
Il risultato è stupefacente.
Un overdose di pizzo sangallo in bianco puro, delicati fil di cotone che intrecciati disegnano trame delicate, patterns poliedrici scanditi da stampe paisley: l’eleganza di Oscar de la Renta non è stata dimenticata.
Per la sera, poi, abiti di assoluta e rara raffinatezza. L’oro totale di pantaloni abbinati a top crop di fil dorati. Gonne plissé che fluttuano nell’aria.
Piume irriverenti e pietre scintillanti decorano abiti total black dalla linea essenziale, elargendoli un allure sofisticato; metri e metri di tulle nero, tagliato per creare finissime balze, realizza un long dress da red carpet.
Sei mesi fa veniva dato l’annuncio: Gigi Hadid, global ambassador di Tommy Hilfiger, sarebbe stata la designer di un’esclusiva capsule collection del brand. L’attesa è finalmente terminata: la collezione moda Autunno/Inverno 2016-2017 disegnata da Gigi Hadid per Tommy Hilfiger è stata finalmente resa pubblica.
La modella, già musa del profumo The Girl di Tommy Hilfiger, si rivela brillante designer di una collezione dal mood sporty-chic e dalle suggestioni mariniere. Abiti e accessori in linea con la tradizione del brand americano: ancora una volta è la nautica il fil rouge della collezione, che ha debuttato in passerella durante la New York Fashion Week, lo scorso 9 settembre.
Una linea fresca e giovane, frizzante e ricca di fantasia. Pantaloni in pelle, lunghi abiti stampati, caban, pull intrecciati, jeans e dettagli da sportswear. I prezzi variano da 25 a 575 dollari. E’ possibile acquistare online i capi dal primo settembre, mentre nei negozi sono disponibili dal 10 settembre.
Si è appena conclusa la 73esima Mostra Internazionale d’Arte cinematografica di Venezia. Tanti i red carpet da sogno, anche se non sono mancate clamorose cadute di stile. Venezia si riconferma capitale del glamour per l’evento più atteso da paparazzi e maniaci dello stile.
Tanti i film presentati in quest’edizione, che ha visto come madrina l’attrice Sonia Bergamasco. Ironica e versatile, l’abbiamo ammirata nei suoi outfit, caratterizzati da eleganza discreta e raffinata. Ma a rubare la scena alla madrina è stata la top model ungherese Barbara Palvin, testimonial L’Oréal Paris: la splendida modella è apparsa acqua e sapone, bella come nessuna, immersa nelle acque del Lido.
Tra le protagoniste del Festival del Cinema di quest’anno anche la bellissima Bianca Balti, che ha sfoggiato un trench della linea disegnata da Jean Paul Gaultier per OVS. Occhi puntati anche sulle fashion blogger, che si sono contraddistinte per la loro eleganza: su tutte brilla Chiara Ferragni, che ha scelto Philosophy by Lorenzo Serafini. Splendente sul red carpet Eleonora Carisi: appeal da vera diva per la blogger torinese. Dieci e lode. Perfetta anche la fashion editor Giovanna Battaglia, che ha scelto un abito Giambattista Valli Couture.
SFOGLIA LA GALLERY:
Chiara Ferragni in Philosophy by Lorenzo Serafini
Chiara Mastroianni in Giorgio Armani Privé
Amy Adams in Tom Ford, scarpe Jimmy Choo e gioielli Bulgari
Eliana Miglio in Vivienne Westwood
Eva Herzigova in Alberta Ferretti e gioielli Chopard
Suki Waterhouse in Dolce & Gabbana
Ilaria Spada in Giorgio Armani
Margherita Buy in Giorgio Armani (foto: Getty Images)
Anna Foglietta in Tommy Hilfiger
Bianca Balti in Jean Paul Gaultier per OVS e gioielli Chopard
Carolina Crescentini in Gucci
Catrinel Marlon in Blumarine
Chiara Biasi in Alberta Ferretti
Dakota Fanning in Miu Miu
Diane Kruger in Elie Saab
Farida Khelfa in Schiaparelli
Emilia Jones in Peter Pilotto
Francesca Michielin in N°21
Gemma Arterton in Giorgio Armani
Giovanna Battaglia in Giambattista Valli Couture
Grace Gummer in Valentino
Giulia Bevilacqua in Antonio Grimaldi
Giulia Elettra Gorietti in Twin-Set
Lauren Santo Domingo in Valentino
Valentina Lodovini in Ermanno Scervino
Caterina Murino in Dolce & Gabbana
Natalie Portman in Valentino, gioielli Bulgari
Marina Rocco in Ermanno Scervino
Matilde Gioli in Valentino
Paola Cortellesi in Alberta Ferretti
Alicia Vikander in Louis Vuitton, gioielli Bulgari
Chiara Mastroianni in Gucci
Eleonora Carisi in Alberta Ferretti, gioielli Buccellati
Amy Adams in Stella McCartney
Sonia Bergamasco in Giorgio Armani
Lily-Rose Depp in Chanel (Foto: Getty Images)
Teresa Palmer in Prada
Cristiana Capotondi in Ermanno Scervino e gioielli Pomellato
Rocio Munoz Morales in Ermanno Scervino
Laura Adriani in Philosophy by Lorenzo Serafini
Eva Riccobono in Giorgio Armani Privé
Anna Safroncik in Alberta Ferretti
Belen Rodríguez in Alberta Ferretti
La top model Liya Kebede
Il Leone d’Oro per il cattivo gusto va senz’altro a Giulia Salemi e Dayane Mello: le mise sfoggiate dalle due attrici poco o nulla lasciavano all’immaginazione. La già dubbia gradazione fluo dei due vestiti veniva completata dall’assenza della lingerie: impossibile non ripensare a Belen Rodríguez, che fece molto discutere in una passata edizione del Festival di Sanremo per aver usato la medesima provocazione. Ma qui l’effetto è stato persino peggiore e dirompente la potenza mediatica che ne è derivata: viene da chiedersi cosa spinga due avvenenti ragazze a calcare un red carpet -da sempre sinonimo di eleganza- così agghindate. Agli spettatori resta un ultimo rifugio, nella nostalgia per il glorioso passato, quando il divismo era ancora sinonimo di stile.
L’era di Piccioli in maison Valentino dopo l’addio di Chiuri, inizia con la campagna pubblicitaria di Rockstud: l’iconica bag del marchio.
La Rockstud Spike (il nuovo modello della griffe in nappa di agnello trapuntata e tempestato da borchie) è stata presentata attraverso un ADV interpretata dal fotografo Terry Richardson che ha scelto New York, come location ideale del progetto.
Protagonisti di alcuni video, oltre alla tracolla, sono persone comuni che in spalla una Rockstud Spike, rispondono alle domande: “Descrivi New York in tre parole” e “Qual è il tuo colore preferito“.
Gente di diversa estrazione sociale, con un vissuto e uno stile di vita completamente differenti.
Con questa campagna, la maison ha voluto raccontare l’anima rock e contemporanea della tracolla. Una collezione eclettica e cosmopolita.
La Rockstud Spike è stata realizzata in diverse dimensioni e colori (nero, rosso, grigio chiaro, bordeaux e sabbia) ed il suo valore commerciale oscilla dai 1550,00 euro a 1990,00 euro.
Per seguire la campagna pubblicitaria è stato lanciato l’hashtag #ROCKSTUDSPIKE
Nuova importante avventura si preannuncia per Christian Louboutin che ha deciso di lanciarsi in una nuova sfida: conquistare le beauty lovers.
La nota griffe ha infatti messo a punto tre fragranze: Troblue in heaven, Bikini This Sera e Tornade blonde.
Dopo il maquillage (celeberrimo è il rossetto da appendere al collo), il marchio ha pensato di allargare la linea beauty inserendo tre fragranze: “Volevo festeggiare la donna e i suoi desideri – ha dichiarato lo stilista – Ho volute queste fragranze per migliorare un aspetto della propria personalità e magari rivelare qualcosa di lei che nessuno conosceva prima. In un certo senso – continua Louboutin- per creare questi profumi mi sono trasformato in una sorta di regista: alcuni registi vogliono avere sotto controllo tutto il processo di messa in scena, altri vogliono il potere di rivelare carattere e personalità dei personaggi. E’ quello che ho sempre cercato di fare creando scarpe. Ora lo sto facendo attraverso l’alchimia della fragranza: voglio fornire alle donne un ulteriore strumento per esprimere se stesse”.
Le bottiglie che contengono queste fragranze sono state concepite dallo stesso designer che è stato affiancato da ThomasHeatherwick. La loro forma ha l’aspetto di un totem o di un Oscar e rispetta l’inconfondibile design della celebre casa di scarpe di lusso.
Prossima apertura a New York per 10 Corso Como, il concept store milanese fondato da Carla Sozzani: la Howard Hughes Corporation ha infatti annunciato l’apertura di uno spazio newyorkese per giugno 2017. Il progetto rientra nel piano di rivitalizzazione del Seaport District: nel progetto sono previsti 1.300 metri quadri e disegni realizzati dall’artista americano Kris Ruhs.
10 Corso Como, fondato nel 1991 da Carla Sozzani, conta già delle sedi a Seoul, Shanghai e Beijing. Lo store meneghino si appresta a diventare punto di riferimento anche nella Grande Mela proprio nel venticinquesimo anniversario. Non solo fucina di talenti ma anche punto di ritrovo, caffetteria, food, arte e cultura.
Il progetto nasce dalla collaborazione tra The Howard Hughes Corporation -gruppo real estate che sta ristrutturando l’area di Seaport District per un investimento di 500 milioni di dollari -e la Sozzani. Inoltre è previsto anche un restyling del flagship milanese.
L’annuncio è arrivato da Instagram: Net-a-porter, il celeberrimo sito di lusso online, ha siglato un’esclusiva collaborazione con il marchio J. Crew.
“Quando Net-a-porter ci ha parlato di questa collaborazione abbiamo subito capito di avere una grande occasione”, ha dichiarato Jenna Lyons, direttore creativo del marchio.
La collezione J.Crew for Net-a-porter che sarà in vendita sull’e-store a partire dal 13 settembre, avrà come fil rouge le righe: “Le righe marinière sono un classico importantissimo sia per la cultura europea che per quella americana. I miei pezzi preferiti sono quelli più estrosi.La collezione è un mix tra tradizione e sorpresa”, ha raccontato Lyons.
La maglieria segna il punto di partenza della linea: un abito aderente che disegna la fisicità della donna, un maglioncino dolcevita color block.
Librano leggere nell’aria, la gonna plissettata e l’over skirt a pois.
Fanno parte della collezione anche un paio di sneakers, la stola di pelliccia, una cappa e una pelliccia.
Al Kunsthal di Rotterdam, dal 10 al 12 settembre 2016, una personale celebra le fatiche del grande maestro della fotografia Peter Lindbergh.
Quarant’anni di carriera nella quale si sono susseguiti suggestive visioni e ritratti elitari.
La fotografia di Lindbergh è riuscita a ridefinire i nuovi canoni estetici della bellezza, straordinaria nella sua naturalezza.
Durante un’intervista rilasciata per la rivista Vogue Italia, il celebre fotografo ha dichiarato: “Tra cent’anni, quando rivisiteranno l’estetica del nostro tempo, saranno esterrefatti dall’artificialità di certe immagini. Penseranno che eravamo dei robot ritoccati senza cuore, non delle persone vere.”
“A different Vision of Fashion Photography” rende omaggio proprio alla sua visione artistica, depurata da artefatti forzati.
Peter Lindbergh, spinge lo spettatore ad immergersi nel suo pensiero coinvolgendolo magnanimamente nei suoi scatti.
La donna, sempre al centro del suo universo, viene raccontata con enfasi e con una sensibilità che solo un grande artista sa imprimere nelle sue opere.
Immagini in bianco e nero, libere da ogni perfezione che quasi vogliono essere un monito per chi, oggigiorno, “deturpa” il proprio corpo per raggiungere qualcosa che di fatto, non esiste.
L’eclettico stilista tarantino ha creato una collezione appositamente per il più grande department store nipponico, Isetan Shinjuku . Una capsule collection basica, chiamata appunto Givenchy Essential, che pur mantenendo i tratti fisionomici della griffe parigina, strizza l’occhio allo stile giapponese.
La collezione declinata nei toni noir, mostra un carattere metropolitano. Pantaloni e biker jackets decorati con un tripudio di borchie. Il kimono, capo simbolo della nazione è stato rivisitato adattandolo alla moda corrente: diviene così un gilet ampio o un capospalla chiuso in vita da una cintura folkloristica.
Emblema della collezione è la jumpsuit basica decorata da un obi su fianchi.
E’ un samurai metropolitano quello descritto da Tisci, che indossa nagabakama midi, sweatshirt e leggings.
Una contaminazione stilistica per lei e per lui che sviluppa una collezione che mantiene alti gli standard qualitativi di Givenchy.
Givenchy Essenzial, la capsule collection che “rende omaggio alla ricchezza della cultura giapponese” – come hanno tenuto a precisare dall’azienda – verrà commercializzata all’interno di un pop up store, allestito presso Isetan Shinjuku a Tokyo dal 7 al 13 settembre 2016.
La campagna pubblicitaria dedicata alla collezione è stata svelata sull’account ufficiale di Givenchy ed è stata scattata da Max von Gumppenberg e PatrickBienert. Il video è stato girato da Valentin Glemarec, sotto la direzione creativa di Tisci.
Non cessano le collaborazioni che la stilista italo-haitiana Stella Jean firma con i brand nostrani.
Proprio una settimana fa vi raccontavamo del contributo che Stella darà al noto marchio di moda ed intimo United Colors of Benetton (leggi la notizia cliccando qui).
Nelle ultime ore è stata confermata una nuova partecipazione della designer e stavolta per il marchio Marina Rinaldi.
Il brand dedicato esclusivamente alle donne curvy ha chiesto ed ottenuto una collaborazione di Stella Jean che molto probabilmente interverrà sulle stampe dando vivacità ai capi di Marina Rinaldi, sempre molto garbati e seriosi.
La capsule collection primavera/estate 2017 di cui ancora non si hanno le specifiche, verrà presentata in anteprima il 23 settembre in occasione della Milano Fashion Week.
Fashion editor, icona di stile, talent scout e musa di stilisti: Isabella Blow è stata una delle figure più influenti del fashion biz. La definirono “la cappellaia matta”, per quella sua passione per i cappellini. Uno stile stravagante, il suo, a tratti dark e a tratti fiabesco, ed una sensibilità forse rara nel mondo della moda, che divenne il suo tallone d’Achille, conducendola ad un destino tragico.
Scopritrice di talenti del calibro di Philip Treacy e Alexander McQueen e talent scout delle modelle Sophie Dahl e Stella Tennant, anima creativa, per Isabella Blow la moda era un mezzo di autodeterminazione ed espressione di sé: “Se sei bella, non hai bisogno di vestiti. Se sei brutta, come me, sei come una casa senza fondamenta; hai bisogno di qualcosa per costruirti”.
Indimenticabile il suo caschetto nero, su cui facevano capolino i cappelli scultorei, che caratterizzavano il suo stile. Si è appena conclusa a Sydney “Isabella Blow: A Fashionable Life”, una mostra dedicata alla sua vita. A ricordare la sua figura anche un film in prossima uscita (clicca qui per saperne di più), dedicato alla sua amicizia con McQueen, di cui fu musa e pigmalione. Fu proprio lei infatti a fiutarne per prima l’incommensurabile talento. Ad unirli sarà la stessa tragica sorte.
Isabella Blow (all’anagrafe Isabella Delves Broughton) nacque a Londra il 19 novembre 1958 e crebbe in una famiglia aristocratica: era infatti la primogenita di Sir Evelyn Delves Broughton (dodicesimo baronetto Broughton, nonché figlio di Jock Delves Broughton, celebre protagonista del film “Misfatto bianco”) e dell’avvocatessa Helen Mary Shore. Ma l’idillio della sua infanzia, immersa nel verde della campagna inglese, venne presto drammaticamente turbato dal divorzio dei genitori e soprattutto dalla tragica morte del fratellino John, che muore annegato in piscina a soli due anni. La versione raccontata dalla stessa Isabella, che all’epoca aveva solo cinque anni, vuole che la madre si sia allontanata per un momento dai quattro figli per andare a mettersi il rossetto. La morte del fratello sconvolge profondamente il suo animo, già fragile.
Isabella studia alla Heathfield School (l’attuale St Mary’s School) e inizia a lavorare come segretaria. Dopo il diploma, nel 1979 si trasferisce a New York per studiare Arte cinese alla Columbia University. Nella Grande Mela divide l’appartamento con l’attrice Catherine Oxenberg. Un anno dopo lascia l’università per trasferirsi in Texas, dove lavora con Guy Laroche. Nel 1981 convola a nozze con Nicholas Taylor, dal quale divorzierà due anni dopo. Inoltre in questo periodo inizia la sua carriera nel fashion biz. Viene infatti presentata alla direttrice dell’edizione americana di Vogue, Anna Wintour. Isabella viene dapprima assunta come sua assistente e più tardi diviene l’assistente di Andre Leon Talley, redattore capo di Vogue. Mentre lavora a New York spiccano tra le sue frequentazioni Andy Warhol e Jean-Michel Basquiat.
Tantissimi sono i lavori precari che Isabella si trova a svolgere, dopo essere stata diseredata dalla famiglia d’origine. La fashion editor lavora anche in una lavanderia. Nel 1986 Isabella torna a Londra: qui inizia una collaborazione con Michael Roberts, direttore del Tatler e del Sunday Times Style, incarico da lei assunto nello stesso anno. Isabella tiene una sua rubrica di stile sul Sunday Times Style e un suo spazio dedicato alla moda su Vogue UK. Nel 1989 sposa il suo secondo marito, il mercante d’arte Detmar Blow. Il primo incontro tra i due aveva avuto luogo durante un matrimonio. Blow le disse che amava il cappellino che lei indossava per l’occasione. Solo sedici giorni dopo arrivò il fidanzamento ufficiale. Indimenticabili le foto del loro matrimonio in stile medievale, celebrato nella cattedrale di Gloucester: la fashion editor sfoggiava un’acconciatura di Philip Treacy. Con lo stilista nacque un sodalizio artistico tra i più prolifici della storia della moda: un’amicizia autentica legava i due. Isabella, che amava indossare estrosi cappellini a corredare ogni suo outfit, offrì a Treacy ospitalità nel suo appartamento londinese, permettendogli di mettere a punto la sua collezione e divenendo sua musa. Isabella indosserà per tutto il corso della sua vita i cappellini disegnati da Treacy.
Innumerevoli le creazioni al limite del surrealismo indossate dalla fashion editor, dal celebre Lobster Hat, con tanto di aragosta, al reticolato di Swarovski, dalla maschera di pizzo, che ricorda un’armatura, all’elmo di piume nere, dal copricapo da folletto decorato con pon pon nero fino al copricapo nuziale, dalle suggestioni altere, che ricordavano quasi Lady Macbeth. Per lei, interprete del più autentico stile british, il cappello rappresentava quasi una parte di sé e non un mero ornamento. Quando, durante un’intervista del 2002, le venne chiesto come mai indossasse sempre i suoi bizzarri copricapi, lei rispose così: “Per tenere tutti lontano da me. Dicono: posso baciarti? E io rispondo: No, grazie mille. Ecco perché indosso il cappello. Arrivederci. Non voglio essere baciata da chiunque. Voglio essere baciata solo dalle persone che amo.”
SFOGLIA LA GALLERY:
Isabella Blow con Alexander McQueen, 2004
La Blow con uno dei suoi celebri cappellini
Isabella Blow ritratta da Rankin, 2000
Isabella Blow in una foto di Gauthier Hallet, Self Service #17
Isabella Blow in una foto di Ezra Petronio per Self Service #20
Isabella Blow in una foto di Arthur Elgort
Isabella Blow alla settimana della moda parigina
La celebre fashion editor nel suo ufficio
Isabella Blow alla Paris Fashion Week, foto di Bill Cunningham, anni Novanta
Isabella Blow su Vogue Russia, 2002
Isabella Blow immortalata da Tim Walker per Vanity Fair 2007
Una foto della fashion editor
Isabella Blow con cappellino Philip Treacy (Foto Chris Moore)
Ma Philip Treacy non fu il solo ad essere scoperto dalla fashion editor: correva l’anno 1992 quando Isabella Blow fiutò uno dei talenti più geniali della moda. Durante la cerimonia di chiusura della Saint Martins School of Art, in una sala sovraffollata, la fashion editor viene folgorata dalla collezione di un esordiente: trattasi di Alexander McQueen. Entusiasta, Isabella acquista tutti i pezzi della collezione del giovane designer al costo di 5,000 sterline. Sono tutti i risparmi che possiede. Ma lei è imperturbabile, sicura del suo intuito, e paga quella cifra in rate settimanali da 100 dollari. È l’inizio di un’amicizia che durerà una vita intera, ma anche di un legame lavorativo che toccherà vette stilistiche inusitate. Tante le foto che immortalano Isabella al fianco di McQueen, come lo shooting per Vanity Fair, firmato da David LaChapelle nel marzo 1997. Fu grazie all’operato di Isabella Blow se nella Londra anni Novanta emerse un nuovo fermento artistico: mentre il genio di McQueen si affermava prepotentemente (“God save McQueen” diviene il motto dell’epoca), Isabella scopre Sophie Dahl e le blasonate Stella Tennant e Honor Fraser. Della Dahl, forme burrose su un viso da bambola, dirà: “È una grande bambola con il cervello”. Le sue aristo-modelle si imposero immediatamente come i volti rivelazione del decennio, e grazie a lei la nobiltà inglese e i salotti chic sbarcarono sulle passerelle, in un connubio quantomai riuscito.
Nel 1993 posa per il fotografo Steven Meisel, affascinato dal suo stile e dal suo viso austero. Tante le collaborazioni con numerosi brand, da DuPont Lycra a Lacoste fino a Swarowski, che grazie a lei vive una nuova stagione. Le dedicarono delle creazioni Alexander McQueen, Hussein Chalayan, Julien MacDonald e molti altri. Nel 2002 le venne dedicata una mostra, intitolata “When Philip met Isabella”. Nel 2004 fece un cameo nel film Le avventure acquatiche di Steve Zissou. Nel 2005 collaborò con l’artista Matthieu Laurette per un progetto commissionato dalla Frieze Project 2005, che consisteva nella creazione di una guida giornaliera alla Frieze Art Fair diretta dalla stessa Blow e da esperti di moda del calibro di Peter Saville, Kira Joliffe e Bay Garnett. Poco prima della morte curò lo styling di una serie di libri sulla bellezza nel mondo arabo prodotti dall’imprenditore Sheikh Majed al-Sabah, ma venne improvvisamente esclusa dal progetto per ragioni sconosciute.
Per lei fu l’inizio della fine. Isabella, dotata di una sensibilità rara, divenne preda del fashion biz: quello stesso sistema che prima l’aveva amata ed idolatrata, sembrava ora chiuderle le porte, stringendola in una morsa fatale. Nonostante gli innumerevoli successi collezionati nel corso della sua carriera, Isabella cade in depressione. Preda del male oscuro, si chiude nella sua solitudine perdendo anche gli amici di una vita. Secondo Daphne Guinness, celebre icona di stile e sua intima amica, anche i rapporti con McQueen si erano fatti tesi dopo che quest’ultimo cedette il suo marchio a Gucci, senza renderla partecipe. Lo schiaffo fu troppo forte per lei, che era stata la prima a negoziare il contratto con cui Gucci avrebbe acquistato il brand. A trattative ultimate, Isabella fu la sola a non avere un contratto. Il suo brillante operato veniva ora salutato con il dono di un vestito, ennesima beffa di un sistema al quale si sentiva ormai sempre più estranea. Inoltre dovette fare i conti con i crescenti problemi economici e con la sterilità. Isabella e il marito tentarono per ben otto volte la fecondazione in vitro, ma senza successo. Nel 2004, dopo che il matrimonio naufragò, le venne diagnosticato un disturbo bipolare e fu sottoposta a delle sedute di elettroshock. Dopo diciotto mesi di separazione lei e Detmar si riavvicinano, ma alla fashion editor viene diagnosticato un cancro alle ovaie. In preda alla depressione, la donna tenta diverse volte il suicidio, dapprima assumendo dei barbiturici e poi gettandosi dall’Hammersmith Flyover, dove si salva ma riporta fratture ad entrambe le caviglie. Infine, dopo altri tentativi falliti, riesce a togliersi la vita e muore a Gloucester il 7 maggio 2007, dopo aver assunto un pesticida. La cerimonia funebre è struggente: sei cavalli neri precedono il feretro, ricoperto da una corona di fiori bianchi su cui spicca il cappello-galeone che Philip Treacy aveva creato apposta per lei. Se ne andava così una delle figure più autorevoli e fragili della moda, seguita solo tre anni dopo dal suo pupillo ed amico Alexander McQueen.
(In copertina: Isabella Blow con cappello Philip Treacy per Alexander McQueen. Foto: Richard Saker/Rex Features)