Le sfilate per il prossimo autunno/inverno 2017-2018 si sono appena concluse, e tanti sono i fashion trend che gli stilisti ci hanno proposto. Protagonisti assoluti delle collezioni invernali sono da sempre i capispalla: tanti sono i modelli proposti nell’ultima fashion week, perfetti per accontentare ogni donna.
Sulle passerelle milanesi hanno sfilato tantissimi modelli, per soddisfare ogni esigenza: largo al più classico chiodo in pelle, declinato però in chiave mini ed impreziosito da cristalli, come abbiamo visto nella sfilata di Fay. Tripudio di velluto matelassé in passerella da Fausto Puglisi, accanto ad ampi mantelli in stile fairytale che hanno invece sfilato da Alberta Ferretti. Iconica la sfilata di Gucci: Alessandro Michele per la prossima stagione invernale propone fur coat tempestati da una pioggia di fiori, mentre l’irriverente Jeremy Scott per Moschino propone come sempre capi ad alto tasso scenografico. Al contrario, classicità evergreen ha calcato la passerella di N°21: largo a classici cappotti formali in Principe di Galles, che controbilanciano i coup de theatre visti nelle altre collezioni.
Suggestioni Sixties sulle passerelle della New York Fashion Week, tra chiodi di pelle, parka e pellicce dal piglio bon ton. Non mancano note ladylike nei cappottini, mentre il mood è più aggressivo nei giubbotti in shearling. Tanti i modelli che si sono alternati sulle passerelle, dal classico cappotto con cintura in vita, visto da Jason Wu, alle linee a vestaglia interpretate da Noon by Noor fino alle suggestioni mannish proposte da Victoria Beckham. Lunghezze maxi in passerella da Alexander Wang, tripudio di sartorialità da Thom Browne: Micheal Kors punta su maxi fur coat per nomadi contemporanee, mentre Calvin Klein propone un cappotto in versione impermeabile. Pelliccia protagonista assoluta da Tory Burch, Jeremy Scott, che sforna una collezione che strizza l’occhio al glam rock, come anche da Prabal Gurung. Suggestioni sporty-chic da Lacoste e Coach, ma anche sul versante londinese, con Mary Katrantzou, Mulberry, Preen by Thornton Bregazzi e Christopher Kane. A Parigi ode alla sartorialità con John Galliano per Maison Margiela, mentre torna in auge un’eleganza timeless sulla passerella di Rochas.
Un’ode al romanticismo, per una donna eterea e leggiadra: la moda per la primavera/estate 2017 parla chiaro. Dimenticate toni aggressivi, banditi assolutamente dalle passerelle: la tendenza imperante ora inneggia invece al romanticismo. Largo ad atmosfere oniriche, pregne di suggestioni delicate, per una stagione primaverile all’insegna della dolcezza. Il fashion trend che regna sovrano nella PE2017 predilige infatti lunghi abiti in crepe di seta, tulle ed organza, tra raffinati arabeschi e caleidoscopici giochi di veli e sete pregiate: largo a rouches, balze e vezzi infantili, che impreziosiscono romantici abiti da favola. Il mood da fairytale sembra farla da padrone in ogni sfilata: quasi tutti gli stilisti hanno infatti sposato la tendenza, proponendo nelle loro collezioni note romantiche declinate in chiave contemporanea. Accantonati toni bruschi e messa da parte certa tendenza all’esibizione, più o meno velata, la moda torna finalmente a farci sognare. Atmosfere nostalgiche che guardano ad un passato remoto accantonato nei meandri della memoria sfilano da Erdem, tra fiocchetti e rouches, in un tripudio di suggestioni vittoriane che strizzano l’occhio anche a sapienti note bon ton dal fascino evergreen; rouches e balze anche da Roberto Cavalli, in una collezione in cui lo charme bohémien si arricchisce anche di inediti spunti all’insegna della femminilità più infantile. Lunghi abiti da principessa delle favole sfilano anche da Blumarine e da Luisa Beccaria, tra tessuti preziosi come mousseline di seta e tulle. Romantica ed eterea la donna Vivetta, tra balze e decorazioni; rouches all over anche in passerella da Chloé, mentre Dior sforna una collezione per principesse contemporanee. Delicata e a tratti ironica la donna Gucci, immaginata da Alessandro Michele. Come una primavera botticelliana la musa di Laura Biagiotti, tra fiori sgargianti ed atmosfere bucoliche.
It girl per antonomasia, icona di stile tra le più apprezzate e trendsetter seguitissima, Olivia Palermo è regina indiscussa nei front row delle sfilate e protagonista dello street style. Lineamenti delicati e classe innata, la blogger si distingue per uno stile raffinato e contemporaneo, che coniuga note chic a tocchi estrosi. Considerata icona fashion, Olivia Palermo vanta origini italiane: all’anagrafe Olivia Toledo Palermo, la bella blogger è nata a Greenwich il 28 febbraio 1986 in una facoltosa famiglia dell’Upper East Side. La fama arriva nel 2009, quando la giovane recita nel reality show “The City”, andato in onda su MTV. Nello stesso anno la celebre agenzia Wilhelmina Models le offre un contratto come modella. Il resto è storia: da allora la bella Olivia non si fermata neanche per un momento e la sua carriera è in continua ascesa. Innumerevoli sono le cover che la giovane conquista, così come i contratti, da Hogan a Max & Co. a Mango, solo per citarne alcuni. Eletta nel 2010 “regina dello street style”, Olivia Palermo è soprannominata “la ragazza dal guardaroba perfetto” per il suo stile iconico e i suoi outfit copiatissimi. Femminile e grintosa, garbata e sofisticata, mai fuori posto, Olivia Palermo è una delle it girl contemporanee più seguite sui social e non solo: ogni sua uscita pubblica è seguita da uno stuolo di paparazzi. Il suo stile è un mix di elementi timeless e tocchi iperfemminili, in bilico tra suggestioni wasp ed eleganza europea. Impeccabile in ogni mise, dal maxi cardigan al tailleur pantalone, Olivia Palermo sfoggia da sempre capi che ne esaltano la linea. Largo a bluse ricamate con rouches e spalle in primo piano, ad esaltare l’incarnato dorato della giovane, o ancora colletti da collegiale e gonne a ruota, lunghi abiti dalle suggestioni Seventies e salopette dalle linee pulite. Perfetta anche con un semplice paio di jeans, la bella Olivia non smette di raccogliere proseliti, con un’eleganza rara, da diva contemporanea.
La bella stagione è ormai alle porte e mai come quest’anno il focus è sugli accessori: borse e scarpe divengono protagoniste assolute di una primavera/estate 2017 all’insegna del colore. Formati originali, colori vitaminici e grande fantasia caratterizzano le borse presentate nelle collezioni moda PE2017: ce n’è davvero per tutti i gusti, dai modelli a secchiello al marsupio ai modelli da postina, un caleidoscopio di idee tutte da imitare per essere sempre al passo con i fashion trend di stagione.
La borsa a forma di secchiello torna in auge e si impone come must have assoluto nel guardaroba di ogni donna: declinato in ogni colore e impreziosita da decorazioni varie, il secchiello è in assoluto il modello più amato dagli stilisti, che per questa stagione lo propongono in innumerevoli nuance. Funzionale e pratico, il secchiello è perfetto per il daywear, da indossare su cardigan e trench. E se Victoria Beckham sceglie la pelle e colori che virano al blu e all’azzurro, Alexander Wang propone alcune varianti in colori vitaminici, perfetti per affrontare l’estate.
Protagonista assoluto della stagione estiva è anche il marsupio, che torna prepotentemente alla ribalta, declinato in chiave luxury: l’accessorio, considerato must have degli anni Novanta, fa il suo ingresso trionfale sulla passerella di Rag and Bone, ma tanti sono gli stilisti che prendono come spunto il marsupio per fornire interessanti divagazioni sul tema. Alberta Ferretti accosta ad abiti da sera in impalpabile chiffon una borsa postina legata in vita, in cuoio effetto invecchiato, dalle inedite suggestioni vintage. Similmente Desigual e N°21 sdoganano la borsetta da legare in vita come ciondolo di una cintura. Un’interessante tendenza, da copiare assolutamente.
SFOGLIA LA GALLERY:
Alberta Ferretti
Rebecca Minkoff
3.1. Philip Lim
Nicole Miller
Gucci
J. Crew
Jason Wu
Jeremy Scott
N°21
Proenza Schouler
Proenza Schouler
Tory Burch
3.1. Philip Lim
Akris
Alexander Wang
Alexander Wang
Alexander Wang
Altuzarra
Christian Siriano
Creatures of Comfort
Desigual
Erin Fetherston
J. Crew
Jason Wu
Jeremy Scott
Jeremy Scott
Marissa Webb
Nicholas K
Oscar de la Renta
Proenza Schouler
Rag and Bone
Victoria Beckham
Victoria Beckham
Immancabile come di consueto la handbag, modello classico per eccellenza dal sapore bon ton: la borsa a mano, immancabile nel guardaroba di ogni donna, è uno dei modelli più versatili, perfetto sia per il giorno che per la sera. Lo ritroviamo declinato in chiave ladylike sulla passerella di Gucci e Christian Siriano, solo per citare alcuni designer che hanno sfoggiato il più classico dei modelli di borse. Largo a geometrie ardite da Jeremy Scott, per borsette irresistibili che ricordano triangoli e cubi; grafismi arditi e proporzioni audaci da Proenza Schouler, in una collezione coloratissima e ricca di charme.
Il suo nome è sinonimo di un’eleganza insuperabile e di uno stile entrato nella storia: spegne oggi 90 candeline monsieur Hubert de Givenchy, blasonato protagonista della moda del Novecento, celebre ideatore del little black dress e sublime arbier elegantiae. Chi non ricorda i suoi costumi per pellicole celebri, da Sabrina a Colazione da Tiffany? Portatore di una rivoluzione nella moda, Givenchy è stato precursore degli anni Sessanta e sublime interprete di un glamour che ha fatto sognare intere generazioni.
Il conte Hubert James Marcel Taffin de Givenchy è nato a Beauvais il 21 febbraio 1927 dal marchese Lucien Taffin de Givenchy e da Beatrice Badin, detta Sissi. La famiglia vanta una lunga discendenza nobiliare che trova le sue radici in Italia, precisamente a Venezia (il cognome originario era infatti Taffini): correva l’anno 1713 quando alla famiglia venne conferito il titolo di marchesi. Il giovane Hubert ha un fratello maggiore, Jean-Claude, che erediterà il titolo di marchese e successivamente diverrà presidente della linea dei profumi della maison. Dopo la morte del padre, avvenuta nel 1930 per le conseguenze di un’influenza, il piccolo Hubert, che all’epoca ha appena tre anni, viene cresciuto dalla madre e dalla nonna materna, Marguerite Dieterle Badin, vedova di Jules Badin. A diciassette anni, andando contro il volere della famiglia, Hubert si trasferisce a Parigi, dove studia presso l’École des Beaux-Arts.
La sua carriera inizia da Jacques Fath nel 1945. Successivamente Hubert diviene apprendista per Robert Piguet e Lucien Lelong, lavorando accanto a Pierre Balmain e Christian Dior. Dal 1947 al 1951 lavora anche per Elsa Schiaparelli. Nel 1952 lo stilista fonda la casa di moda che porta il suo nome: il successo è immediato, a partire dalla prima collezione, che vede come capo iconico la celebre blusa Bettina, dedicata alla mannequin Bettina Graziani. Lo stile Givenchy si impone subito per i suoi tratti fortemente innovatori, rispetto al più conservatore Dior.
A 25 anni Hubert è lo stilista più giovane sulla scena parigina: acclamato dalla stampa e amatissimo dalle dive, in primis Audrey Hepburn, che incarnerà alla perfezione il suo stile. Il primo incontro tra il couturier e l’attrice avviene nel 1953 durante le riprese di Sabrina: lui in realtà attende nel suo atelier Katherine Hepburn e non l’allora semi sconosciuta Audrey. Fu subito amore a prima vista: per lei Hubert crea capi entrati di diritto nella storia del costume. Il sodalizio continua nel 1961, nella pellicola che forse più di qualunque altra ha contribuito a rendere lo stile Givenchy iconico: per Holly Golightly, celebre protagonista di Colazione da Tiffany interpretata ancora una volta da Audrey Hepburn, lo stilista crea il famoso LBD. Il resto è storia.
Tra le clienti più affezionate del couturier figurano nomi di spicco del jet-set internazionale, attrici, socialite e teste coronate: la lista è davvero impressionante ed annovera figure del calibro di Marella Agnelli, Lauren Bacall, Ingrid Bergman, Marlene Dietrich, Mona von Bismarck, Cristiana Brandolini d’Adda, Sunny von Bülow, Maria Callas, Capucine, Daisy Fellowes, Greta Garbo, Gloria Guinness, Dolores Guinness, Grace Kelly, Jeanne Moreau, Jacqueline Kennedy Onassis, Babe Paley, Lee Radziwill, Jacqueline de Ribes, Pauline de Rothschild, Diana Vreeland e la duchessa di Windsor, solo per citarne alcune.
SFOGLIA LA GALLERY:
Hubert de Givenchy, 1960
Ivy Nicholson sulla passerella di Givenchy, foto di Nat Farbman, 1952
Audrey Hepburn in Givenchy, foto di Howell Conant, 1962
Mirella Petteni, foto di Gian Paolo Barbieri, 1968
Tania Elg, foot di Georges Dambier, Elle 1953
Veruschka in Givenchy
Bettina Graziani, foto di Frank Horvat, 1958
Foto di Henry Clarke, 1954
Audrey Hepburn fotografata nel 1962 da Howell Conant
Foto di Frank Horvat
Elsa Martinelli, foto di Clifford Coffin, Vogue 1954
Fiona Campbell-Walter, foto di Georges Dambier, Femina, 1954
Audrey Hepburn ed Hibert de Givenchy sul set di Cenerentola a Parigi, 1956
Audrey Hepburn, foto di Bob Willoughby, 1964
Audrey Hepburn in uno scatto di Bert Stern, Vogue 1966
Un capo appartenente alla collezione del Metropolitan Museum of Art. New York, 1961
Audrey Hepburn sul set di Colazione da Tiffany, 1961
Hubert de Givenchy e l’amata Audrey Hepburn
Ancora lo stilista con la musa prediletta
Una foto del 1952
Uno scatto risalente al 1958
Uno scatto del 1952
Un modello di balloon coat, 1958
Nel 1953 lo stilista lancia l’abito a sacco, nel 1958 il mantello con collo avvolgente, nel ’59 l’abito a palloncino e l’abito a bustino. Nel 1954 nasce la prima collezione di prêt-à-porter. Nel 1969 arriva anche la linea uomo. Intanto lo stilista incontra il suo idolo, Cristobal Balenciaga: quando questi decide di ritirarsi dalla moda, nel 1968, Givenchy eredita la sua clientela.
Hubert de Givenchy si distingue per il suo stile moderno: lo stilista sdogana l’uso di materiali come il satung, misto di satin e shantung, la flanella, l’organza, il lino. Ben presto il marchio si estende a scarpe, asciugamani, ombrelli, accessori, bijoux, profumi, fino alla celebre Lincoln Continental, l’automobile di Ford firmata dallo stilista. Seguono le fragranze, come L’Interdit e Le de Givenchy: il volto della campagna pubblicitaria è ancora una volta quello di Audrey Hepburn, musa amatissima dallo stilista ed amica per la vita. Sarà proprio l’amato Hubert a mandarle un jet privato quando l’attrice, già malata di cancro, si troverà costretta a lasciare improvvisamente l’Africa per fare ritorno in Svizzera e ricevere le cure necessarie. L’affezionato Hubert riempirà di fiori la cabina che vedrà l’ultimo viaggio della diva.
Sofisticato come pochi, Givenchy nel 1970 viene incluso nella Hall of Fame dell’International Best Dressed List, creata nel 1940 da Eleanor Lambert. Nel 1995 lo stilista decide di ritirarsi dalla scene: il suo successore fu John Galliano, seguito da Alexander McQueen, che restò alla direzione creativa della maison per cinque anni; dal 2001 al 2004 fu la volta di Julien Macdonald ed infine, dal 2005, di Riccardo Tisci, che ha da poco detto addio alla maison dopo dodici anni.
Che il mondo della moda abbia da tempo aperto al mondo transgender non è una novità: tante sono le modelle nate uomini che si sono fatte strada nel fashion system negli ultimi anni. In principio fu Lea T., che fece irruzione sulle passerelle col suo vissuto ricco di tragicità e bellezza; da allora tanti sono i volti che si sono alternati in ogni parte del mondo, fino alla recente apertura al mondo trans da parte della moda asiatica, prima con Mimi Tao e poi con la splendida Anjali Lama, protagonista dell’ultima fashion week indiana.
Ora anche la carta patinata apre al mondo trans: la rivoluzione parte da Vogue Paris. Per la prima volta sulla copertina della Bibbia della moda è stata immortalata una modella transgender: la rivoluzione ha il volto di Valentina Sampaio, modella brasiliana da molti considerata l’erede di Gisele Bundchen. Volto perfetto, labbra carnose e fisico statuario, Valentina è figlia di un pescatore e di una insegnante.
Diciannove anni appena compiuti e già una carriera alle spalle: Valentina sfila da quando aveva 16 anni ed è già apparsa sulla copertina di Elle Brazil. Una bellezza che travalica i confini dell’identità di genere: già da bambina, a soli 8 anni, Valentina capisce di non riconoscersi nel sesso maschile. Seguita da una psicologa, la giovane cresce in bellezza e consapevolezza. Oggi l’ascesa nell’Olimpo della moda: si intitola “La Beauté transgerre” l’edizione di marzo di Vogue Paris, in edicola dal 23 febbraio.
Descritta come una femme fatale, Valentina Sampaio campeggia sulla cover immortalata dall’obiettivo di Mert Alas e Marcus Piggott, in un servizio che ne mette in risalto la statuaria bellezza. Con styling di Emmanuelle Alt, direttrice dell’edizione francese della testata, la modella diviene il volto di una rivoluzione, in un che sdogana la causa LGBT conferendo una patina glamour alla bellezza transgender, finalmente compresa e ammirata universalmente.
“Questo mese siamo fieri di celebrare il modo in cui le modelle come Valentina Sampaio stanno cambiando il volto della moda, abbattendo i pregiudizi”, questo il messaggio diffuso sui social dal magazine. E’ una tappa di portata storica, per il mondo trans, anche se la strada da percorrere è ancora lunga “Solo quando una modella trasgender poserà in copertina su una rivista di moda, e non sarà necessario scrivere un editoriale in merito, sapremo che la battaglia è stata vinta”, queste le parole con cui Emmanuelle Alt saluta Valentina Sampaio, nel suo editoriale che accompagna il numero di Vogue che vede sulla cover la modella brasiliana.
Si è appena conclusa la 67esima edizione del Festival della canzone italiana: un’annata che ha visto il glamour grande assente, rispetto alle passate edizioni. La kermesse nazional-popolare per eccellenza, che si è conclusa con la vittoria di Francesco Gabbani, già vincitore lo scorso anno nella categoria Giovani, ha visto sfilare una carrellata di preziosi abiti da sera indossati dai cantanti in gara e dagli ospiti, che hanno impreziosito il palcoscenico dell’Ariston con tocchi fashion, senza tuttavia dare luogo a coup de theatre particolarmente avvincenti.
Maria De Filippi, conduttrice della manifestazione accanto a Carlo Conti, ha scelto Riccardo Tisci per Givenchy per le sue mise, che rispecchiano pienamente la sobria austerità che da sempre caratterizza il suo stile: tanti gli abiti da sera sfoggiati, tra gonne piumate, citazioni Roarin’ Twenties e minimalismo in chiave luxury.
Uno stile che ha diviso l’opinione pubblica: la Maria nazionale ha certo il merito di essere rimasta fedele a se stessa, evitando divismi che non le appartengono, a partire dalla scelta di non scendere la scalinata. Carlo Conti sceglie invece Salvatore Ferragamo per un’eleganza evergreen.
Maria De Filippi in Givenchy (Foto: Getty Images)
Ad aver sfoggiato i look più riusciti delle cinque serate Marica Pellegrinelli, splendida in Atelier Versace: la statuaria modella, fidanzata di Eros Ramazzotti, ospite della quarta serata, ha scelto di indossare sontuosi abiti da gran soirée firmati dalla maison della medusa.
Marica Pellegrinelli in Atelier Versace
Sensuale e sofisticata, a lei va la palma d’oro della bellezza. Tra i cantanti in gara vince su tutti Bianca Atzei: la cantante, fidanzata di Max Biaggi, ha scelto Antonio Marras, per lunghi abiti castigati decorati con stampe floreali. Dimenticate scollature e spacchi, regna anche qui la sobrietà, per capi accollati e casti; ma il primo piano luminoso della cantante parla da solo.
Bianca Atzei in Antonio Marras
Tra gli uomini la palma d’oro dello stile va senza dubbio ad Ermal Meta: il cantautore di origine albanese, da anni protagonista della scena musicale italiana, sfoggia sul palcoscenico dell’Ariston carisma e classe da vendere. Piace anche Fiorella Mannoia, stretta in lunghi abiti da sera e smoking firmati Antonio Grimaldi: la mise scelta per la serata finale, un abito in velluto rosso cardinalizio, enfatizzava il portamento elegante della cantante, voce storica della musica italiana, che si è classificata seconda.
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Carlo Conti in Salvatore Ferragamo
Giusi Buscemi
Chiara Galiazzo in Melampo
Antonella Clerici
Chiara Galiazzo in Melampo
Chiara Galiazzo in Melampo
Lodovica Comello in Vivetta Ponti
Lodovica Comello in Vivetta Ponti
Alessandra Mastronardi in Chanel
Paola Turci in Stella McCartney
Elodie in Emporio Armani
Paola Cortellesi in Giorgio Armani
Diletta Leotta in Alberta Ferretti
Elodie in Wunderkind
Giusy Ferreri
Giorgia in Francesco Scognamiglio
Virginia Raffaele in Genny
Sveva Alviti in Armani Privé
Paola Turci in Stella McCartney
Paola Turci in Stella McCartney
Ironia e nude look per Lodovica Comello, che ha scelto Vivetta Ponti per rappresentare il suo stile giovane e colorato. Elegante e sensuale anche Paola Turci, che ha sfoggiato tailleur dal piglio maschile indossati con reggiseno in vista: la cantante ha scelto il minimalismo chic di Stella McCartney. Melampo veste invece Chiara Galiazzo, mentre Elodie sceglie Etro, Wunderkind ed Emporio Armani. Bellissime Sveva Alviti in Armani Privé e Diletta Leotta in Alberta Ferretti, bocciate invece Antonella Clerici, ospite della quarta serata, e Giusy Ferreri. Promossa a pieni voti la bella Alessandra Mastronardi, ospite della serata finale del Festival: l’attrice, storica protagonista de I Cesaroni, è apparsa raggiante in un lungo abito Chanel con tanto di camelia e cerchietto.
Spegne oggi 83 candeline Mary Quant, celebre stilista che nei lontani anni Sessanta inventò la minigonna. Visionaria ribelle, Mary Quant -caschetto nero e sguardo vispo- amava andare controcorrente: rifuggendo i diktat allora imperanti nella moda, la designer inglese, attraverso l’invenzione della minigonna, capo considerato scandaloso per l’epoca, diede vita ad una rivoluzione di portata storica: mentre in Italia e persino in America i primi anni Sessanta vedevano ancora andare per la maggiore twin-set dal piglio bon ton e gonne a ruota, retaggio del decennio precedente, la minigonna di Mary Quant diede vita ad una rivoluzione che dalla moda si allargò fino ad influenzare gli stili di vita. Trendsetter ante litteram, autorevole esponente degli Swinging Sixties ed antesignana dell’estetica Mod, Mary Quant è entrata nel mito: la sua lunga carriera ha quasi il sapore di una favola, che ha impresso un segno indelebile nella storia del costume.
All’anagrafe Barbara Mary Quant, la stilista nacque a Blackheath, Londra, l’11 February 1934. I suoi genitori, Jack e Mary Quant, erano due insegnanti di origine gallese entrambi provenienti da famiglie di minatori. Dopo essersi laureati alla Cardiff University i due si erano trasferiti a Londra per insegnare nelle scuole. La giovane Mary, dopo aver frequentato la Blackheath High School, studia illustrazione presso il Goldsmiths College. I genitori sognano per lei un futuro di insegnante, ma si trovano ben presto a dover fare i conti con l’animo ribelle della giovane.
Dopo aver conseguito il diploma in Educazione artistica, Mary inizia un tirocinio presso Erik, modista di lusso di Mayfair. Nel 1953 avviene l’incontro della vita: Mary conosce Alexander Plunket Greene, suo futuro marito nonché futuro partner lavorativo. Il giovane appartiene ad una nobile famiglia inglese ed è nipote di Bertrand Russell. Anime gemelle, i due condividono lo stesso spirito bohémien e un’avversione per le regole vigenti nella società. Nel 1957 i due convolano a nozze: dal matrimonio nel 1970 nascerà il figlio Orlando. La loro unione durerà fino alla morte di Greene, avvenuta nel 1990. Nel novembre 1965, al compimento di ventun anni Alexander eredita un ingente patrimonio, che gli permette di finanziare l’attività della moglie: la coppia dà vita ad un felice sodalizio artistico con il fotografo ed ex avvocato Archie McNair. Dopo aver acquistato un appartamento a Chelsea, sulla celebre King’s Road, aprono un ristorante nello scantinato e riservano il primo piano alla realizzazione di un sogno. Qui viene inaugurata la prima boutique di Mary Quant, “Bazaar”, seguita due anni dopo da una succursale a Brompton Road, a Knightsbridge, il cui design sarà curato da Terence Conran.
A Mary Quant bastano pochi anni per entrare nella storia: in breve le creazioni della designer includono anche cosmetici e arredamento e il suo impero si estende in tutta Europa, negli Stati Uniti e in Giappone. Chelsea, location della sua boutique, Bazaar, diviene fucina di idee nuove e fulcro della moda mondiale: dalle vetrine del negozio di Mary Quant prende vita una rivoluzione destinata a sconvolgere per sempre il corso della moda. Ispirandosi alla Mini, celebre auto inglese, la stilista battezza Mini skirt il capo destinato a destare scalpore: fu Twiggy ad indossare per prima la minigonna, ma tante saranno le muse di Mary Quant, da Jean Shrimpton a Pattie Boyd. Le sue collezioni non includono solo minigonne ma anche shorts e, dagli anni Settanta, trench e gonne lunghe.
SFOGLIA LA GALLERY:
Stampe optical nelle collezioni di Mary Quant
Mary Quant e modelle, 1967
Mini abito Mary Quant, foto di Art Kane, 1968
Marijke Klein in abito Mary Quant, foto di Hans Dukkers, 1966
La stilista in una foto del 1967
Mary Quant, 1970
Melanie Hampshire e Jill Kennington in abiti Mary Quant, foto Norman Parkinson, Londra, 1963
Jackie Bowyer in impermeabile Mary Quant, 1963
Mary Quant nel 1965
Capi della collezione di underwear, 1966
La stilista nel 1966
Abiti Mary Quant, 1971
Stivali Mary Quant, 1971
Mary Quant, Viva Viva Collection, 1967
Mary Quant e Alexander Plunket Greene, foto di Brian Duffy, 1962
Audrey Hepburn in abito Mary Quant, 1967
Mary Quant ritratta da Arnold Newman, 1978
Mary Quant, foto di Frank Barratt, 1972
Jean Shrimpton in abito Mary Quant, foto di John French, 1963
Peachy Dress, Victoria & Albert Museum, Londra, 1960
Completo Mary Quant, foto di Mike Lawn, 1972
Poncho Mary Quant, Victoria & Albert Museum, Londra, anni Ottanta
I Rolling Stones e Patti Boyd in abiti Mary Quant, foto Leonard John, 1964
Mary Quant e Grace Coddington ritratte da Eric Swayne, 1966
Un modello di minigonna, 1966
L’estetica sdoganata da Mary Quant rappresenta una ventata di aria fresca dopo anni di costrizioni e tabù: non mera voglia di trasgressione, ma profondo desiderio di emancipazione da regole prestabilite. La moda promossa dalla stilista si ispira alla strada, alle ragazze inglesi che attraversano le vie di Londra. Rompendo drasticamente con l’austerità del passato, Mary Quant inneggia ad uno spirito giovane che possa esprimersi liberamente anche nella scelta dei capi da indossare: “La donna alla moda indossa vestiti, non sono i vestiti ad indossare lei”, diceva Mary Quant, che divenne una delle maggiori icone di stile della Swinging London ed una businesswoman di successo. Nel 1963 la stilista fonda il “Ginger Group” per esportare i suoi prodotti negli Stati Uniti; nel 1966 avviene il lancio della linea di cosmetici, seguita l’anno dopo dalla prima linea di calzature.
Definita dallo scrittore Bernard Levin “l’alta sacerdotessa della moda degli anni Sessanta”, Ernestine Carter, giornalista di moda a lei contemporanea, scriverà: “A pochi eletti è dato di nascere nel periodo giusto, nel posto giusto, accanto ai giusti talenti. Nella moda recente sono tre: Chanel, Dior e Mary Quant”. Intanto Mary Quant diviene anche autrice di libri: nel 1984 esce “Colour by Quant”, seguito, due anni più tardi, da “Quant on make up”, testo con cui la stilista si apre al mondo della cosmesi. Nel 1996 esce “Classic make up and beauty book”. Non si contano i premi e riconoscimenti di cui la designer viene insignita: nel 1966 viene nominata Cavaliere della Corona Britannica dalla Regina Elisabetta II, onorificenza ricevuta l’anno prima dai Beatles.
Sulla reale paternità della minigonna si aprirono anche intensi dibattiti: secondo la giornalista Marit Allen, curatrice della rubrica Young Ideas sull’edizione inglese di Vogue, ad inventare il capo sarebbe stato lo stilista inglese John Bates. Altri invece ritengono André Courrèges il vero inventore della minigonna: il designer francese nel 1964 rivendicò formalmente il copyright sul celebre capo, divenuto must have del guardaroba femminile.
(Foto cover: Mary Quant, circa 1965. Photo by Keystone/Hulton Archive/Getty Images)
Fisico statuario e charme innato, Lauren Remington Platt è una delle it girl più sofisticate. La giovane newyorkese sembra avere avuto proprio tutto dalla vita: businesswoman di successo ed icona di stile, l’influencer si è laureata alla Columbia University nel 2006 prima di creare Vênsette.com, sito web innovativo che permette ai suoi membri di selezionare diverse opzioni di hair styling e make up e di prenotare una visita a domicilio di make up artist ed hair stylist a partire da una cifra pari a 250 dollari.
Il sito web, divenuto in poco tempo Bibbia per gli amanti del make up, ha reso la giovane Lauren imprenditrice di successo: tra le clienti figurano nomi di spicco, dalla modella Anouck Lepere a Charlotte Casiraghi. Vênsette, fondato nel 2011, si è imposto all’attenzione dei media internazionali, e ha sdoganato la sua creatrice come una delle icone da tenere d’occhio. Origini olandesi e scozzesi nel suo DNA ed altezza svettante (un metro e 78), la giovane Lauren dopo alcune esperienze come modella è diventata guru della bellezza, fondando un impero.
Icona del jet set internazionale e mirabile interprete dello stile wasp americano, la bella Lauren è diventata regina indiscussa dello Street style e presenza fissa nel front row delle sfilate di moda. Il suo stile, da lei definito conservatore e al contempo irreverente, predilige brand italiani come Max Mara, Loro Piana, Valentino e Armani. La sua divisa quotidiana prevede un paio di flat Tod’s, un cappotto Max Mara, una t-shirt Calvin Klein e knitwear St. John.
Volto affilato e labbra carnose, la giovane ereditiera ama citare Simone de Beauvoir. Nel suo guardaroba non mancano pezzi cult come un cappotto militare di Ralph Lauren acquistato dalla it gilr quando aveva 17 anni. Gambe chilometriche e sorriso da copertina, Lauren Remington Platt non ha mai puntato solo sul fisico, come testimonia la sua carriera. Tra i suoi libri preferiti Anna Karenina e Tenera è la notte. Una predilezione per tailleur e smoking maschili, la giovane icona di stile vanta anche la partecipazione a sfilate importanti, come quella di Valentino. Nel suo guardaroba tanto bianco, per minidress e cuissard che fasciano le sue lunghe gambe e il suo fisico statuario.
Se pensavate che il nero fosse un colore da bandire durante la stagione estiva, sarete costretti a ricredervi: le collezioni primavera/estate 2017 vedono il nero protagonista assoluto, declinato su lunghi abiti in pizzo o sahariane perfette per affrontare il caldo estivo. Tanti sono gli stilisti che sono rimasti fedeli al black anche nelle collezioni primavera/estate: e se Rick Owens sceglie il nero per capi altamente scenografici, Narciso Rodríguez porta sulla passerella tubini essenziali dall’allure minimal-chic e scarpe bicromatiche in un tripudio di black & white. Nero d’ordinanza anche nella collezione PE2017 di Marco De Vincenzo, che associa il nero a dettagli fucsia; sfarzo e opulenza nella collezione di Kristina Ti, che non lesina in sensualità, tra piume e blocchi di colore. Black all over anche da Givenchy, per sovrapposizioni inedite e minimalismo. Pizzo d’ordinanza e audaci trasparenze effetto nude look in passerella da Dolce & Gabbana, che fanno del nero un colore must have anche per la stagione estiva. Jumpsuit dalle suggestioni workwear in passerella da Diliborio, mentre John Galliano punta su note sporty per pantaloni cargo da abbinare a crop top, tutto declinato in un nero dall’appeal sofisticato. Pulizia e linee essenziali sulla passerella di Dior, che punta al black come nuovo passepartout anche per l’estate; tripudio di sartorialità e sovrapposizioni audaci da Alberta Ferretti, tra tailleur dalle note maschili e maxi gonne in organza dalle suggestiono couture. Garbata e iper femminile la collezione Blumarine, che coniuga prendisole in black all over ad accessori per la spiaggia, per una diva contemporanea.
Note floreali e suggestioni tropicali sono protagoniste sulle passerelle delle collezioni Primavera/Estate 2017: stampe esotiche che omaggiano la lussureggiante vegetazione tropicale dominano, per un’estate colorata e intrisa di un’eleganza rétro che non passa mai di moda. Che si tratti di bikini o di lunghi abiti impalpabili, le stampe floreali costituiscono uno dei maggiori fashion trend di stagione. Le abbiamo viste praticamente in ogni sfilata, da Miu Miu a Michael Kors: e se Miuccia Prada ci ha deliziati con una collezione dal piglio vintage, che ricorda i costumi da bagno sfoggiati da Esther Williams, Micheal Kors propone bikini in stile Fifties e chemisier impreziosite da stampe tropicali, in un tripudio di brio e colore. Fiori all over anche sulla passerella di Blugirl, per lunghi abiti da diva, perfetti per una serata estiva. Ironia e colori optical in passerella da Emilio Pucci, che declina le sue stampe, cifra stilistica della maison, in un’inedita veste tropicale: sfilano gonne a ruota e top en pendant, e le modelle hanno il volto coperto da maxi cappelli in paglia nera. Stampe floreali in passerella anche da Fausto Puglisi: in una collezione ricca di simbolismi e citazioni escatologiche, tra croci e santini ex voto trovano un posto anche i fiori, per tailleur pantaloni perfetti per la stagione estiva. Tucani e palme impreziosiscono top monospalla con rouches e gonne asimmetriche da Leitmotiv, in una collezione che è un’ode al colore e all’estate. La giungla rivive nelle stampe proposte da Max Mara, tra vegetazione lussureggiante e colori accesi. Tripudio di fiori all over anche da Ports 1961, per tute oversize en pendant con gli accessori. Stella Jean punta invece come di consueto su inedite stampe patchwork che mixano stampe di ispirazione eterogenea, tra note tropical e sincretismo culturale. Suggestioni boho-chic in passerella da Tory Burch, tra maxi gonne in un tapestry floreale e crop top; reggiseni con rouches impreziositi da stampe tropical in passerella anche da Altuzarra.