Week end a Bologna tra fotografia ed arte

Bologna è come una donna sincera, con i seni morbidi, il sorriso aperto, i modi semplici e il fare bonario. Non si nasconde, non recita, è buona come le sue infinite e caotiche trattorie.
Ci da’ sempre l’occasione di arricchirci di quelle sensazioni profonde che non danno né i quadri nè gli oggetti, ma la vita stessa. Le potete percepire nei vicoli natalizi che agitano la città, tra la folla allegra in cerca di regali, i turisti appaesati, nelle osterie tradizionali dove l’oste si premura che stiate bene, abbiate mangiato meglio e vi siate riparati dal freddo invernale con un buon piatto di cappelletti in brodo.

Forse ci somigliano un po’ tutti se queste piccole coccole ci alleviano i dolori, e in queste piccole gentilezze, Bologna ci regala degli appuntamenti assolutamente da non perdere, quattro tappe in città da raggiungere a piedi.

LA MOSTRA DI VIVIAN MAIER
A PALAZZO PALLAVICINI
Dal 07 settembre 2023 al 28 gennaio 2024 in via San Felice 24 

La mostra di Vivian Maier a Palazzo Pallavicini ci racconta l’architettura urbana tra New York e Chicago negli anni ’50-’60, l’eleganza delle auto e dei costumi, le abitudini e le mode.
La “bambinaia fotografa”, così l’hanno soprannominata quando le sue pellicole furono ritrovate in scatoloni nascosti e accumulati in un box dimenticato, ci svela tutta la bellezza della stranezza, negli scatti delle periferie abitate da prostitute, senzatetto, giganti buoni che guardano una vetrina insieme ad un amico “ordinario”, tanto da ricordare Diane Arbus e la sua ricerca amorevole dei “freak“.

La strada era il suo teatro di posa, non c’è immagine che risulti banale, ogni composizione è scelta per caratterizzare il soggetto, un dettaglio, un gesto, una coppia che si tiene per mano, un bianco che offre delle monetine ad un nero, un edicolante assonato, una coppia di amiche con un collo di pelliccia in volpe un poco macabro, un’elegante signora che guarda lontano. Tutto ci parla con intensità della sua visione del mondo; lo fa senza giudicare, avvicina solo un poco lo sguardo attraverso la sua macchina fotografica, per farci guardare meglio, ma sempre con estrema delicatezza.

Anche nei tagli netti, Vivian Mayer riesce a cogliere il cuore del momento, come nella foto datata 18 settembre 1962 dove una bambina di bianco vestita tiene per la gonna la madre dal tubino nero e le décolleté a spillo. La Mayer qui sceglie di tagliare i volti e concentrarsi sul bianco candido della piccina e il nero serioso della donna, mettendosi all’altezza dei più deboli, di chi necessita di attenzioni e conserva ancora la purezza dell’età.

Credo che con l’avvento del colore e l’utilizzo della Leica (siamo nei ’70), Vivian Maier abbia forse un po’ perso quell’intensità e quella crudezza dei primi tempi in bianco e nero; forse qualcosa è cambiato anche nella sua vita, anche se sul suo conto sappiamo poco o nulla, a parte il suo mestiere di bambinaia che le permetteva di acquistare pellicole e viaggiare parecchio insieme alle famiglie, e che era diventata un’accumulatrice seriale di giornali che trattavano tematiche sociali, politiche, ma soprattutto di cronaca nera. Pile e pile di quotidiani furono ritrovati nelle stanze dove viveva, e altrettante scene del crimine furono immortalate nelle sue fotografie e nei brevi video che in questa mostra troverete.

Il lavoro di Vivian Maier rimane comunque un mistero, qualcuno ancora pensa che sia una trovata di marketing fatta dallo scavatore d’oro di questa artista meravigliosa, ma i suoi autoritratti ci parlano di una donna in carne ed ossa, che ha rinunciato alla maternità per dedicarsi tutta una vita ai bambini degli altri, e che con grande generosità ci ha regalato immagini di un’epoca che possiamo vivere attraverso i suoi occhi, di una New York degli invisibili, di una street photography che ha potenza, ironia, evocazione, allusione, come quel profilo d’uomo col cappello nero, che tiene in mano un giornale da cui si legge solo “Killers”.

GUERCINO
Pinacoteca Nazionale di Bologna
28 ottobre 2023 -11 febbraio 2024

Dopo quasi un secolo di studi dedicati alla figura di Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino, l’esposizione della Pinacoteca Nazionale di Bologna intende fare luce sulle straordinarie doti imprenditoriali, tecniche e organizzative che, sin dalle prime fasi della sua attività, lo portarono a strutturare un atelier prolifico, caratterizzato da complesse dinamiche professionali che rispondevano alle esigenze del collezionismo e del mercato artistico.

Nato a Cento nel 1591, il Guercino studiò dapprima con Benedetto Gennari senior e poi completò la sua formazione tra Modena e Bologna, entrando in contatto con specialisti della pittura murale e con rinomati esponenti della scuola bolognese, tra cui Ludovico Carracci col quale ebbe un rapporto di reciproca stima. Dopo il soggiorno a Roma (1621-1623) su invito di papa Gregorio XV Ludovisi, che ne ammirava le straordinarie abilità di decoratore e la maniera sprezzante e robusta, la fama del Guercino crebbe e, con essa, anche la mole di lavoro che lo portò a organizzare il suo studio come un’azienda familiare e a disciplinare il lavoro dei suoi assistenti, tra i quali vi erano i Gennari e il fratello Paolo Antonio, ognuno con un preciso compito, artistico o gestionale.
Dal 1642 fino alla morte avvenuta nel 1666 il Guercino visse con i suoi familiari nella grande casa studio di via Sant’Alò 3, in cui l’abitazione privata e gli spazi professionali coincidevano.

In una delle sale, sotto una grande teca, è esposto il Libro dei conti (1629-1666), uno strumento insostituibile nello studio del Guercino, che consente di ricostruire con precisione l’attività dell’artista tra il 1629 e il 1666, anno della sua scomparsa. Grazie al prezioso registro è possibile mettere a fuoco la clientela dello studio, la tipologia delle opere prodotte – oltre che dal Guercino anche dal fratello Paolo Antonio Barbieri – e le variazioni dei prezzi nel corso degli anni. L’ultima nota, stesa da Benedetto Gennari il 22 dicembre 1666 ricorda la scomparsa del celebre pittore e la sua importante eredità: “II Sig. Zio Giovanni Francesco Barbieri terminò i suoi giorni, e le sue gloriose fatiche lasciando in tutte le Città d’Italia, et anche fuori memoria eterna della sua Virtù, come della sua bontà e delle sue facoltà ne lasciò Heredi noi Benedetto, e cesare Gennari suoi nipoti”.

Di particolare pregio, il dipinto “Ortolana” del 1655, ci introduce al tema delle specializzazioni praticate nello studio: Paolo Antonio è l’autore del brano di natura morta, con i commestibili investiti da un lume che ne rivela le consistenze e indugia sul sottile pulviscolo delle prugne, riverse accanto alla stadera della venditrice, che fu eseguita in un secondo momento dal Guercino. La tela è ricordata in termini elogiativi da Carlo Cesare Malvasia (1678), che informa della sua originaria collocazione nella villa suburbana dei Ludovisi a Roma, dove giunse dopo essere stata acquistata dal marchese Achille Albergati nel 1655.

Il dipinto “San Giovanni Evangelista” del 1653 circa raffigura il santo mentre sorregge un calice da cui esce un serpente, rievoca l’episodio secondo cui l’apostolo avrebbe bevuto del vino avvelenato rimanendone incolume. La luce, proveniente da destra, illumina i lineamenti delicati del giovane e produce riflessi sulla lamina dorata del calice che acquista un efficace effetto prospettico. Gli allievi del Guercino riproporranno, in quadri da stanza e mezze figure, la partecipazione emotiva e l’intimo raccoglimento espressi in questo dipinto, esposto per la prima volta in un museo.

Santa Maria Maddalena e San Paolo Eremita rispettivamente del 1652-1655 erano parte di una serie di quattro dipinti che il Guercino, secondo quanto tramanda Carlo Cesare Malvasia, che avrebbe eseguito per arredare la sua casa bolognese in via Sant’Alò. Esemplari dell’attività tarda, le opere testimoniano il perdurare dell’interesse per il paesaggio a cui il pittore concede un ruolo predominante. I toni accesi e contrastati della fase giovanile si trasformano in delicate tonalità pastello, testimonianza del rinnovato interesse classicista stimolato dall’incontro con la pittura di Guido Reni, il cui approfondimento avvenne col trasferimento del Guercino a Bologna nel 1642.


IRIDE
Via Caduti di Cefalonia, 2/d

C’è una parte del nostro corpo che vede ma che noi non possiamo guardare realmente da vicino. I nostri occhi. Che osservano e indagano, ma che lo specchio non riporta fedelmente. Di questo misterioso mondo che è l’iride,
nello studio Limbo Gallery di Bologna, sito in via Caduti di Cefalonia, potrete ottenere l’immagine ingrandita, nelle sue infinite sfumature, colori che non avreste immaginato, figure astratte e lapilli, aurore boreali, crateri e lune. L’iride diventa una vera e propria opera d’arte, e con un piccolo servizio aggiuntivo, potrete richiedere anche la lettura ad una iridologa legata al progetto; sì perchè se è vero il detto che “gli occhi non mentono”, l’esperta leggerà lo stato di salute dei vostri organi interni, fegato, reni, stomaco etc. e alcuni tratti del vostro carattere, similmente allo studio della fisiognomica.



OPERA UNICA
Via Caduti di Cefalonia, 2/d

In Via Caduti nel centro storico di Bologna, Marco Onofri ha fondato il progetto “Opera Unica“.
Non solo per nostalgici, Opera Unica è un bellissimo regalo che potrete fare a voi stessi o alla vostra famiglia, un ritratto intimo in bianco e nero, una foto stampata che vi racconta senza filtri, attraverso gli occhi di un fotografo che fa della gentilezza la sua firma. Marco Onofri riesce davvero a catturare quel tratto che cercate di nascondere e che in fondo, come spesso succede, vi rende invece speciali, unici. Uno sguardo malinconico, un sorriso spontaneo, un accenno di timidezza, Opera Unica sarà il ritratto onesto e fedele a voi stessi, che potrete portarvi a casa subito, scegliendo i diversi tipi di stampa.

Da Opera Unica i ritratti di famiglia accolgono anche i vostri amici a quattro zampe, simpatici cagnetti pelosi che negli scatti ricordano le ironiche immagini di Elliott Erwitt, il grande fotografo statunitense che ci ha lasciato il mese scorso. Momenti di grande ilarità, divertimento e grande commozione, da Opera Unica vivrete un’esperienza, unica.

Eisenberg Paris presenta a Caffè Trussardi il nuovo duo cosmetico anti-invecchiamento

Eccellenza in ambito cosmetico, Eisenberg Paris è riconosciuto da sempre per l’impegno nella ricerca costante degli ingredienti utili al mantenimento di una pelle giovane.

Dopo il grande successo della loro FORMULA TRIO-MOLECOLARE, una sinergia rivoluzionaria di tre molecole – enzimi, citochine e biostimoline – che rigenera, energizza e ossigena la pelle, oggi Eisenberg presenta al mercato un’accoppiata di prodotti unici che lavorano in maniera visibile e certificata, sui segni dell’invecchiamento, trattasi dei

 1. The Eye Serum 

 2. Crème Raffermissante Remodelante

Nella splendida location di Caffè Trussardi a Milano, Eisenberg festeggia il risultato di una lunga ricerca, che sicuramente farà innamorare le fedeli del brand e a chi ancora al grande marchio della cosmesi lusso non si è avvicinato.

1. The Eye Serum 
Un siero occhi super concentrato, composto da una miscela di vitamine extra liftanti, idratanti, defaticanti, vegetali e peptidi, che aiuta a correggere le rughe delle palpebre cadenti e delle zampe di gallina, ridurre le occhiaie e migliorare la microcircolazione. Un siero gel delicato ma potenziato per combattere l’invecchiamento precoce e ottenere un contorno occhi liftato, liscio e tonico.

2. Crème Raffermissante Remodelante
Una crema viso e occhi multivitaminica con potenti proprietà anti-age; contiene vitamine anti-radicali liberi, un estratto di Shiitake Selvatico, un principio attivo chiave per la compattezza e l’elasticità, così come oli, piante e peptidi. Una formula leggera ma nutriente per ridurre le rughe, levigare, illuminare e rimodellare il contorno del viso, che appare subito più giovane, rilassato e dall’incarnato radioso.

Il duo ideato da Eisenberg è la routine perfetta per liftare, rassodare, rimpolpare ed illuminare, frutto dell’expertise anti-age di EISENBERG riconosciuta a livello mondiale. L’esclusiva Formula Trio-Moléculaire® è un vero booster di giovinezza, arricchita da una potente miscela di ingredienti mirati come: Estratto di Tè Verde, Peptidi di Riso e Olio di Semi d’Uva, nonché principi attivi specifici per ogni formula. Risultati spettacolari e comprovati per dare alla pelle tutti i nutrienti di cui ha bisogno per rigenerarsi e ritrovare luminosità, compattezza e idratazione, riducendo la comparsa di rughe e linee sottili.




“L’abito non fa il vino”, cosa rivela la collaborazione irriverente tra Caseo e Santè Couture.

L’abito non fa il vino
è il proverbio che si potrebbe coniare dopo la collaborazione tra Caseo, azienda vinicola e Santè Couture, brand di abbigliamento. La partnership nata per vestire letteralmente le bottiglie di vino. Non una glacette, ma un abito, una gonna, una camicia da abbinare eventualmente alla mise en place; le iconiche camicie Santè Couture, abbottonate anarchicamente a caso, o la loro firma a plissé delle gonne genderless, una stramba accoppiata che certamente fa parlare, perchè eravamo abituati a vestire le bambole da piccine, ed oggi potremmo tornare a giocare da adulte scambiandoci gli indumenti per il vino a tavola.

Irriverente questa collaborazione tra la Tenuta Caseo dell’Oltrepò Pavese della storica famiglia Tommasi e il nuovo marchio moda fondato da due giovani stilisti veronesi, Anna Michelotto e Mattia Tirapelle, che certamente di vino se ne intendono.
Una capsule collection che conta solo 100 bottiglie ed è in vendita sul sito ufficiale.
Vestiamo bambole, vestiamo in nostri cani, da oggi vestiremo anche il nostro vino, nelle tre versioni Caseo Metodo Classico:

– 410 Chardonnay
– 470 Pinot Nero
– 530 Pinot Nero Rosé

Il primo, un classico per iniziare o per un welcome drink, il secondo, una eccellenza del territorio e della forma più elegante di bollicine, e un rosè per colorare le tavole e dare il benvenuto ad un nuovo modo di comunicare, che Tenuta Caseo ha certamente abbracciato.

Siamo fedeli alla tradizione e rigorosi nella tecnica solo in vigna e in cantina!” afferma Giancarlo Tommasi, direttore tecnico di Tommasi Family Estates.  “L’Oltrepò Pavese è una regione da riscoprire e rappresenta una nuova opportunità di mercato e per il Made in Italy sia per il territorio meraviglioso sia per la qualità dei vini prodotti, in particolare il Pinot Nero. La personalità di Caseo è irriverente, fuori dagli schemi, per certi versi dissacrante. Un’attitudine non convenzionale che sonda nuovi contesti e si rivolge ad un pubblico giovane. Un’anima che si immerge e si intreccia in modo fluido nel mondo dell’arte, della moda, e dell’estetica con l’obiettivo di scardinare i preconcetti e sondare nuovi linguaggi ed espressioni. Con questo progetto vogliamo che il vino parli in chiave contemporanea e creativa. Come un ready-made dadaista, l’oggetto viene estrapolato dal suo contesto originario perdendo ogni funzione pratica. Il vino “vestito” si eleva a divulgatore di nuovi significati, valori e tendenze. Indossando le creazioni di Santé Couture, Caseo sfida le norme di genere, sostiene l’inclusività e l’espressione di sé, senza curarsi dei pregiudizi, mantenendo la propria identità e suggerendo occasioni di consumo originali“.

Genius, il film sul più grande editore di tutti i tempi

Genius non è solo un film sul grande scrittore Thomas Wolfe o sul grande editore Maxwell Perkins, Genius è un film che parla di una grande amicizia, quella di una penna eccellente che ha ispirato scrittori della Beat Generation come Kerouac e del primo grande editor degli autori, lo scopritore di Hemingway, Fitzgerald, Wolfe e Caldwell.

Cos’è l’amicizia se non la scoperta di avere al mondo qualcuno con cui poter parlare la stessa lingua, un’anima simile che può comprendere i tuoi umori, assecondare i tuoi gusti ed esaltarli, scoprire in te le qualità più nascoste ed elogiarle, uno spirito neutro a cui poter confidare i tuoi più intimi segreti e gli stessi occhi con cui guardare le luci di un palazzo che si accendono la notte, commuovendosi per l’immensità e la potenza della vita?

E’ questo il tipo di amicizia che ha legato due grandi uomini del ‘900, in un’America fatta di sogni e speranze, di grandi autori distrutti, di vite spentesi troppo presto.

Se il genio sregolato di Thomas Wolfe non aveva mai avuto alcun amico al di fuori del suo editore, Perkins era invece noto per la sua cordialità e l’affabilità con cui trattava i suoi protetti; un legame nato sull’onda della voracità della parola. Wolfe sempre con la penna in mano a scrivere fiumi di righe, Perkins totalmente dedito al mestiere e dentro le storie che andava via via leggendo, tanto da dimenticarsi di togliere il cappello a tavola.

Chi ha aiutato l’altro? Wolfe ha dato a Perkins un grande libro da vendere, Perkins ha dato a Wolfe una carriera, la realizzazione di un sogno, la visione d’insieme che sono i libri sul mercato, fatti non solo di un unico pugno, ma della maestria di una figura che sta nel backstage, per l’appunto l’editore. Un editore che taglia, che lima, che strappa parole che hanno fatto male nel venir fuori, che “arrivano dalle budella” come dice lo scrittore nel film di Michael Grandage, ma che grazie al rimodernamento di un professionista, diventano dei bestseller.

Genius è un bel film, non solo per l’eccellenza attoriale di Colin Firth (Max Perkins), che ha anche il dono di avere un viso amabile, ma perchè ci ricorda che esistevano (ne esistono oggi? Forse un paio) ancora degli editori interessati all’arte, alla letteratura, alla forza della parola, alla speranza che un libro potesse cambiare i pensieri, e modellare le anime oggi domani e nei secoli a venire. Oggi le grandi case editrici si sono date al gossip e all’influencer marketing. Cosa insegnamo, cosa impariamo, cosa ci rimane di tutta questa carta straccia? Dove sono i nuovi Roth, le piccole Plath?



Genius è un film del 2016 diretto da Michael Grandage
con Colin Firth, Jude Law e Nicole Kidman

Il membership Club SNOB, lancia “EMPOWERMENT FEMMINILE”, uno speech con 5 importanti leader donne

SNOB Club, il membership Club che organizza eventi culturali, ha lanciato uno speech sul tema “EMPOWERMENT FEMMINILE”, una round table con 5 importanti Guest speaker

SIMONA TIRONI Assessore all’Istruzione, Formazione, Lavoro, della Regione Lombardia; NICOLETTA BESIO Director di Twitch Italia; AYA YAMAMOTO Amministratore Delegato di Gastronomia Yamamoto (associata Ambasciatori del Gusto); SARA ZUCCHINI Founder ViaFratelliLombardi1; GAIA ROMANI Il più giovane assessore donna del Comune di Milano ai Servizi Civici e Generali 

Il video integrale:

Ridurre la disparità di genere nel mondo del lavoro rappresenta non solo una grande sfida ma una reale opportunità per le aziende con effettivi benefici sul piano sociale ed economico.
La situazione dell’Italia risulta preoccupante, i dati ci rivelano che è tra i Paesi europei con il più basso tasso di occupazione femminile. Quest’ultima rappresenterebbe statisticamente un valore aggiunto in termini di produttività e competitività; secondo le stime di Banca d’Italia, qualora si arrivasse al 60% di tasso di occupazione femminile, il PIL dell’Italia aumenterebbe di 7 punti percentuali. Per raggiungere tale risultato bisognerebbe scardinare stereotipi di genere ancora radicàti nella nostra società e incuneati ad una concezione patriarcale della famiglia.

Con questa fotografia, il Direttore Responsabile di SNOB, progetto editoriale di approfondimento culturale e Founder del membership Club SNOB, Miriam De Nicolò, ha aperto il dibattuto della round table che si è tenuta il 18 ottobre presso Doping Club di Milano.
5 importantissime speaker, ma soprattutto 5 storie di leadership femminile totalmente diverse tra loro, talune contrapposte, che ci hanno reso possibile uno spaccato italiano da cui raccogliere idee, spunti, ispirazione, per poter migliorare la condizione femminile in Italia.

Uno speech che ha mosso gli animi e ha lasciato grandi domande in sospeso (è così che iniziano i cambiamenti, con i dubbi, non con le certezze).

Come abbattere gli stereotipi di genere?

In che modo un’azienda può facilitare l’equilibrio tra lavoro e vita privata e come le imprese possono intraprendere azioni concrete per promuovere l’equa condivisione delle responsabilità assistenziali?

Possiamo affermare che esistono aspettative più alte quando una donna rivendica la propria responsabilità in ambito lavorativo?

Quali sono le misure che la Regione Lombardia ha adottato al fine di ridurre la disparità di genere?

A questa domanda ha risposto l’Assessore al Lavoro, Formazione, Istruzione della Regione Lombardia, Simona Tironi:

Numerose le misure che la Regione ha adottato al fine di eliminare le differenze di genere. A favore delle donne ci battiamo tutti i giorni con progetti di orientamento, incentivi alle aziende per l’assunzione di forza lavoro femminile. Sono state create misure come “Formare per assumere”, deliberate da poco misure per donne manager over 50 con destinazione 500.000 euro all’empowerment delle donne che rientrano in questa categoria, per l’aiuto al reinserimento lavorativo e aggiornamenti di competenze, e creato progetti solidali sempre a favore delle donne.
Ma il concetto che vogliamo far passare all’imprenditore, prima di tutto, è il valore della donna, in qualità di profitto, in termine di gestione aziendale, in termini di risultati di compattezza all’interno del gruppo di lavoro, che dalle statistiche risulta più sano, e in termini di profitto più alti rispetto ai periodo precedenti.
La Regione ha messo a disposizione 10 milioni di euro per le aziende lombarde (stessa cifra stabilita dal Governo), al fine di ridurre questa disparità, andando a coprire costi della consulenza e il rimborso del 100% di tutte le pratiche che lo accompagnano
.”

La Regione Lombardia offre numerose misure e altrettanti canali per le Pari Opportunità, offre formazione ai giovani per inserimenti in ambienti lavorativi, e concede contributi per il sostegno di progetti e iniziative a tutela delle donne.
Lasciamo qui il link dei bandi online per la Regione Lombardia.

Per rimanere in ambito politico, il più giovane assessore donna del Comune di Milano, Gaia Romani (25 anni quando iniziò il mandato, 15 quando iniziò a fare politica), spiega l’enorme lavoro di una delega strettamente legata al territorio e i grandi risultati che ne sono derivati, l’apertura del primo centro MILANO DONNA (oggi ne esistono 8), la creazione di Onde Rosa (un collettivo di giovani under 30 che combatte le disuguaglianze tra i sessi), la Stop tampon tax, il ciclo non è un lusso (petizione sottoscritta da oltre 600.000 persone per chiedere l’abbassamento dell’Iva dal 22% al 4% sui prodotti per l’igiene femminile), un lavoro costante a contatto diretto con i cittadini di Milano.

Ho sentito dire da qualcuno “Se ricopre quella posizione alla sua età, sarà sicuramente una miracolata”, ignari che il mio inizio avviene ben 11 anni fa in politica, all’età di 16 anni , quando ancora studiavo. Tre anni da Consigliere in Municipio, poi Presidente alla Commissione Politiche Sociali, con deleghe sulle politiche giovanili, pari opportunità, i servizi socio-sanitari e l’associazionismo.

Il cambiamento, a nostro parere, dovrebbe partire dai banchi di scuola, incoraggiando le studentesse a superare gli stereotipi e avvicinarsi al campo dell’innovazione e della tecnologia, discipline dove il divario di genere è ancora fortissimo. A tal proposito il Pnrr ha previsto un investimento di 1,5 miliardi di euro per incrementare l’offerta formativa degli Istituti Tecnici Superiori; Amazon ad esempio ha scelto di aderire a questa iniziativa quale socio fondatore di un ITS della logistica.

Ma per discutere del tema abbiamo chiesto a Nicoletta Besio, Director di Twitch Italia, che ha esperienze lavorative nel mondo tech (Google, Microsoft…), qual è la fotografia di genere nella realtà dove lavora.

Ho dovuto ricorrere ad un coach per superare il senso di inadeguatezza di sedere ad un tavolo dove l’unica donna ero proprio io. Ma il mio motto è sempre stato – L’insuccesso è solo uno step per il successo – e da questo mantra il mio team, il primo di Twitch in Italia, è fatto al 50% da donne e 50% da uomini.
Non amo sentire frasi come – quella donna ha le palle – perché trovo sia scorretto mascolinizzare terminologie ad una natura femminile, è corretto invece dire che una donna porti valore aggiunto all’azienda, valore e cultura.


Oggi più che mai ci appare chiaro che l’EMPOWERMENT FEMMINILE sia un tema trasversale, parte di una sfida più ampia che consiste nel costruire società capaci di accogliere le differenze, per cui inclusive.
Ci racconta la sua esperienza personale Aya Yamamoto, Amministratore Delegato di Gastronomia Yamamoto, che dal Giappone decide di investire nel campo della gastronomia in Italia.

Ero così giovane che i fornitori in negozio mi chiedevano di parlare con il proprietario (il proprietario ero io), ero così diversa che un agente immobiliare mi ha intimato di non fare trattative perchè io cosa ne potevo sapere del mercato di Milano! Mi ha aiutato la psicoterapia in quel periodo.

Oggi Aya Yamamoto è Ad di Gastronomia Yamamoto, due libri pubblicati con Corraini Edizioni tradotti in tre lingue, una collab con Uniqlo ed è associata italiana di Ambasciatori del Gusto, l’Associazione che riunisce tutte le eccellenze gastronomiche italiane.

Importante testimonianza arriva da Sara Zucchini, Founder di ViaFratelliLombardi1, concept store che tratta brand moda artigianali e made in Italy; un’esperienza diversa dalle big tech che possono accedere ai crediti d’imposta, ed una realtà più piccola che quotidianamente si scontra con grandi difficoltà monetarie e di risorse:

“Le istituzioni chiedono a noi giovani di rimanere in Italia, di fare impresa, io sono felice di farlo e non pretendo di essere aiutata, ma nemmeno di essere presi a schiaffi dal sistema. Burocrazia ed imposte sono provanti. In più aggiungiamo la grande difficoltà di capire come ottenere sgravi o finanziamenti, abbiamo bisogno di semplicità, ad oggi siamo soli”“.


Il Direttore di SNOB, Miriam De Nicolò, chiude il dibattito con una frase:

Credo sia tempo di lasciare andare le rivoluzioni (su cui spesso a mio parere si scade) e annunciare il tempo della Comprensione. Per farlo, noi donne abbiamo non solo il diritto, ma il dovere di parlare.

A fine serata, per tutti gli ospiti, si è tenuta una degustazione guidata curata da Matteo Melara, Brand Ambassador Brugal, marchio storico di eccellenza del rum, oggi capeggiato da Jassil Villanueva Quintana, quinta generazione della famiglia Brugal, prima donna maestra ronera per la famiglia e la più giovane Master of Rum della Repubblica Dominicana, un esempio di leadership femminile in un contesto da sempre dominato dagli uomini. 

Un grazie a Doping Club e alla sua Community Manager Maria Bellotto per l’accoglienza.




EMPOWERMENT FEMMINILE è un evento organizzato da SNOB CLUB, il membership Club che ha a cuore il tema culturale.

Per iscriversi al Club e partecipare ad eventi, speech, tour culturali ed exclusive party, scrivere una mail a info@snobnonpertutti.it con oggetto “SNOB CLUB”. Vi aspettiamo numerosi. Crediamo nella forza delle unioni. Grazie


(foto di Peppe Tortora)


Speech EMPOWERMENT FEMMINILE – 18 ottobre presso Doping Club Milano, un evento organizzato da SNOB

Un grande mosaico alla Cittadella degli Archivi di Milano per celebrare Donyale Luna, la prima top model nera della storia

Alla Cittadella degli Archivi, il polo archivistico del Comune di Milano che raccoglie documenti della città dal 1802, è stato inaugurato un grande mosaico dedicato a Donyale Luna, la prima top model nera della storia.

L’immagine risale ad una foto scattata dal marito Luigi Cazzaniga, in una Milano degli anni ’60 dove essere nera, avere dei sogni ambiziosi e inserirsi in un contesto come quello della moda, dove tutto era bianco, non solo le modelle, era veramente difficile.

Donyale Luna, nome d’arte di Peggy Anne Freeman, ci riuscì, non solo per la propria bellezza, ma per quel fascino e quel carisma, che solo la forza e l’intelligenza possono regalare. Morì troppo presto, a 33 anni, come tanti in un periodo storico dove le droghe e la perdizione erano forti, e troppo presto fu dimenticata; ma oggi la HBO dedica a questa donna un docu-film, Supermodel, che uscirà in Italia su Sky nel 2024.

Sono felice che Donyale abbia questo omaggio in una città dove ci siamo amati e divertiti a scattare molte foto.” – commenta il marito Luigi Cazzaniga, che da oltre 40 anni vive e lavora a New York – ” Donyale era creativa e faceva spesso i dei vestiti con pellicce e mantelli, e acconciature fantasiose che la rendevano unica. Tra queste foto, tante diventate poi le cover di Vogue America, è rimasta questa immagine che oggi le rende giustizia, su questo mosaico, tecnica perfetta per riportare gli stessi colori e quella luce negli occhi“.

Il mosaico dedicato a Donyale Luna, esposto presso i muri a La Cittadella degli Archivi di Milano

Francesco Martelli, Direttore della Cittadella degli Archivi racconta – “La moda è una storia importantissima nella città di Milano e Donyale è un pezzo di questa storia, così come lo è Luigi Cazzaniga, nato qui.
Ci sono insomma tutti gli elementi affinché La Cittadella ospiti questo mosaico, creato dalla società Stone di La Spezia con quarantaquattromila tessere in pasta di vetro e intagliate a mano, nel grande progetto che portiamo avanti “Muri d’artista”, che vede impegnati più di 70 artisti decorare quasi 2000 metri quadrati di superficie di un museo a cielo aperto.”

Dream, la figlia di Donyale che perse all’età di due anni, ricorda con commozione – “Mia madre ha rotto tante barriere, ha avuto un successo contrastato e dimenticato, ma credo realmente che oggi i tempi siano maturi per concederci il lusso di inseguire i nostri sogni. Lei non ha potuto definitivamente farlo negli anni ’60, perchè essere nera e avere una vocazione così forte, non aiutava. La bellezza di mia madre è vero, è oggettiva, ma la sua vera bellezza veniva da dentro, e per me oggi è come risentirla, riaverla qui, e per la prima volta tutti e tre insieme, nelle foto che ci state scattando.

Dream, figlia di Donyale Luna, e Luigi Cazzaniga, il marito della prima top model nera della storia, con le nipoti

Gaia Romani, assessora ai beni civici “Siamo a fianco di tutte le giovani donne che vogliono realizzare i propri sogni; Donyale Luna è un modello, un esempio che ha ha avuto difficoltà ma che ha raggiunto il suo intento. Oggi per noi è un onore poter omaggiare un esempio di donna così grande”.

L’assessora Tiziana ElmiCon queste iniziative, la Cittadella degli Archivi diventa sempre più fonte di attrazione ed educazione culturale importantissima per il nostro territorio“.












Luisa Spagnoli Spring Summer 2024, la semplicità che vince

La moda in passerella ci sta comunicando un ritorno all’eleganza e alla semplicità.
Vestire è la parola chiave di Luisa Spagnoli che in questa collezione Spring Summer 2024 mette in mostra abiti boho chic dalle lunghe frange rimando ai liberi ’70, e omaggio ai colori della terra. Sabbia, beige, testa di moro, avorio, bianco, un universo caldo e giocoso, con abiti morbidi che creano movimento, frange ballerine, lunghe fusciacche da esibire al collo e lasciar cadere lungo i fianchi, nappine e nastri al girovita.

Sembra in viaggio la donna Luisa Spagnoli SS24, tra una passeggiata lunga un bagnasciuga, ad una cena romantica dove osa con trasparenze e maxi accessori dorati.
Sarà forse l’Andalusia la terra dove si ripara dal caos, dove far brillare le lunghe frange sui passi di un flamenco, o la meditativa India, con i suoi sari intrecciati dai colori sgargianti? Certo è che ogni abito accarezza il corpo con grazia e femminilità, quella dimenticata negli ultimi anni, da una moda mescolata che aveva perso un po’ di sapore.

Luisa Spagnoli enfatizza la donna pur non strizzandola dentro abiti mini, è seducente nei long dress scollati e nei crochet day and night. Veli come seconda pelle, e giochi di geometrie sul corpo sono la nuova ispirazione Luisa Spagnoli, che vince su ogni stravaganza diventata ormai demodè.

“Vera”, il film su Vera Gemma disponibile su MUBI

Il film è la sintesi dell’ossessione sulla verità. “Vera”, vita vera, come il nome della protagonista Vera Gemma, che interpreta nessun altro al di fuori di se stessa.

Vera Gemma, figlia del grande attore e stuntman Giuliano Gemma, quello bello che faceva roteare pistole come fossero carte da gioco tra le mani, quel padre famoso che ogni figlio non vorrebbe, perchè il peso della notorietà grava sempre su chi lo segue. Solo i non famosi lo sognano, appesi all’illusione che il cinema e la celebrità regalano, nascondendo la polvere sotto il tappeto. In questo film tutto lo sporco salta fuori; con una secchezza e un minimalismo quasi da Nouvelle Vague, i registi Tizza Covi e Rainer Frimmel fanno sfilare le presenze venali e superficiali che circondano il mondo di Vera, dall’agente al fidanzato che chiede, dietro la finzione dell’amore, denaro.
Sarà sempre Vera a pagare, per il compagno, per una famiglia a cui si lega, vittima di un imbroglio.

Vera con Manuel

Vera viene rappresentata così com’è, eccentrica nel vestire, indossa sempre un cappello da cowboy, tacchi vertiginosi, gilet di pelliccia, e un trucco da trans. “Mi ispiro alle trans. Più somiglio a una trans e più mi sento bella. Da piccola ero innamorata pazza di Eva Robin’s.

Lo sguardo è sempre imbronciato, un po’ triste, amareggiato dalla vita, a volte rassegnato quando si parla di lavoro e di persone.
Vera è la figlia d’arte che potrebbe avere le porte spalancate, e invece le si chiudono in faccia, con una ferocia e una noncuranza che la porta a dire “basta”. Basta casting, basta film, buttandosi senza paracaduta nella vita vera.

È qui che si scontra con il padre di Manuel, disperato vedovo che vive nella borgata di Roma che tira a campare aggiustando motorini, vivendo nella casa dell’anziana madre (costretta a riempire secchi d’acqua alla fontana pubblica) e fingendo incidenti con il figlio per racimolare qualche spiccio dalle assicurazioni.
È così che si guadagna da vivere, così che irretisce Vera, arrivando a drogarla e derubarla di tutti i gioielli regalatole dal padre, nella sua piccola casa a Trastevere. Vera, combattuta se denunciarlo o no, preoccupata di quel figlio senza madre che potrebbe ritrovarsi a vivere pure senza un padre, rinuncia per compassione, come quando capisci che nella vita tutto ha un inizio ed una fine, e non puoi farci nulla se le regole sono queste, puoi solo accettarle, puoi solo accogliere la sofferenza o crogiolartici.

Vera Gemma con Asia Argento

È nella scena con l’amica di sempre Asia Argento, che si legge un momento di complicità e leggerezza, quando Asia la porta al cimitero acattolico di Roma, a vedere la tomba del figlio di Goethe. Una tomba senza nome, solo il “figlio di”, come si sentono le due donne, le figlie di Dario Argento e di Giuliano Gemma. Si chiedono se qualcuno ha pensato mai ai dolori di quel ragazzo, se hanno mai parlato dei suoi sogni e delle ambizioni, se lo hanno mai chiamato per nome. Qui Vera accenna un sorriso, quei sorrisi amari che si svelano solo nella complicità, come quando due animali braccati si annusano e si riconoscono; e così anche il dolore ha lo stesso odore.


Quanti avranno pensato che Vera Gemma sarebbe stata così talentuosa? Il film è stato premiato al Festival di Venezia 2022 Sezione Orizzonti con due premi: migliore attrice femminile e migliore regia.

È il pregiudizio ad averci fregato, come confessa lei con grande onestà, “non ho mai la faccia giusta, non sono mai abbastanza bella come mio padre, sono sempre sbagliata“, un viso segnato dalla chirurgia, pratica iniziata alla tenera età dalla madre.
Perchè ha voluto rifarci il naso?” – chiede Vera alla sorella mentre riguardano delle diapositive “erano così belli“.

Una ricerca ossessiva della bellezza, quella bellezza esteriore che ci mette tutti sotto torchio, sotto esame, dalla Barbie che ci regalano da bambine, alle mode che cambiano repentinamente. Eppure, la bellezza che vediamo in questo crudo e trasparente documentario, come attraverso un cristallo, è quella più pura, l’empatia più sacra, la genuinità più integra, la generosità più calorosa.
Vera è l’amica che vorrei.

Vera è Disponibile su MUBI.





Torre Ristorante in Fondazione Prada, il nuovo appuntamento alla moda di Milano

TORRE RISTORANTE FONDAZIONE PRADA, MILANO

La vista è affascinante, soprattutto in una giornata di nuvole dense e scure che lasciano passare una luce fitta sulle guglie dei grattacieli, che creano un riverbero scintillante sulle vetrate circostanti.
Siamo al sesto piano della Torre in Fondazione Prada, sede del Ristorante Torre, un edificio ad ampia vetrata, dentro il metallico labirinto d’arte, dove ogni piano sembra essere un livello di un videogioco futurista. Subito all’entrata, la prima ad accogliervi sarà la luce, e il bancone centrale dietro cui sfila l’immensa bottigliera sospesa con una invitante esposizione di distillati e liquori di ogni angolo di mondo.

A servirvi Tommaso Cecca, responsabile e anima di Camparino in Galleria, l’iconico locale milanese fondato nel 1915 da Davide Campari, per questa giornata speciale che inaugura la nuova stagione gastronomica del ristorante Torre, seguendo stagionalità e ritmo della natura.
E a proposito di ritmo, ad accompagnare il delizioso brunch, la musica di Roy Paci e Roxy, un mix di elettronica che sembra seguire gli umori di queste nuvole curiose, sempre più vicine a noi, quasi vogliano entrare.

Torre brunch sarà il nuovo appuntamento fisso del week end milanese, un approccio culinario che rispetta la materia prima e la tradizione. In cucina, lo chef Lorenzo Lunghi, formatosi professionalmente al ristorante ‘Gambero Rosso’ (due Stelle Michelin) di Emanuela e Fulvio Pierangelini a San Vincenzo, Livorno. Propone un’originale interpretazione del classico brunch newyorkese con un menu dalle radici italiane, dall’uovo poché con salsa al pecorino, al pesce crudo e pomodoro, dalla milanese di vitello, alla focaccia barese con aggiunta di burratina.
Un percorso a ritroso nei ricordi d’infanzia e nei viaggi italiani che la vostra memoria e il vostro dna nostalgico non possono dimenticare.

L’ambiente ha qualcosa di veramente eccezionale, il cammino all’entrata è attorniato da poltroncine Soviet e tavolini Tulip di Eero Saarinen, e la cappa per caminetto (1949) con accanto la Testa di medusa (1948-54) sono opere di Lucio Fontana; qui anche un semplice caffè vi sembrerà il più aromatico del mondo.

Progettato da Rem Koolhaas con Chris van Duijn e Federico Pompignoli dello studio OMA, il Ristorante Torre è come diviso in 3 zone ad altezze diverse, bar, ristorante e terrazza. Gli ambienti interni sono arredati con tavolini in legno e sedie Executive di Eero Saarinen e presentano una selezione di quadri e fotografie di Thomas Demand, Jeff Koons, Goshka Macuga e John Wesley. Lo spazio più rialzato accoglie arredi originali del Four Seasons Restaurant di New York progettato da Philip Johnson nel 1958 ed elementi dell’installazione di Carsten Höller The Double Club (2008-2009). I piatti d’artista appesi alla grande parete sono realizzati per il ristorante Torre da John Baldessari, Thomas Demand, Nathalie Djurberg & Hans Berg, Elmgreen & Dragset, Joep Van Lieshout, Goshka Macuga, Mariko Mori, Tobias Rehberger, Andreas Slominski, Francesco Vezzoli e John Wesley, una piccola parte che attende compagnia di altri autori.

Torre Ristorante è un’alternativa alle location modaiole e chiassose, qui la moda passeggia tra i tavoli ma è riservata, al massimo la ritrovate su qualche account Instagram; si beve bene e potete godervi Milano dall’alto.



Ristorante Torre
Via Lorenzini 14, 20139 Milano

+39 02 23323910 reservationtorre@fondazioneprada.org

Antonio Marras fa sfilare il cinema alla Milano Fashion Week

LIGHTS, CAMERA, ACTION!
Antonio Marras, a Spring Summer 2024 movie

“Everything I learned I learned from the movies.

Tutto quello che ho imparato l’ho imparato dai film.”

(Audrey Hepburn)


La prima sfilata che vidi, molti anni fa, era di Antonio Marras, sentivo in lontananza cavalcare, un rombo di cavalli che arrivavano non vedevo da dove, era il suono potente del primo fashion show della mia vita. Piansi per la commozione, d’altronde ero una ragazzina, il mondo della moda era ancora un sogno, così algido e chiuso, poi l’ho conosciuto come addetta ai lavori, e la magia è svanita. Ma quell’emozione, quella polverina che tutto avvolge come in una favola, Antonio Marras continua a regalarmela. Perchè? Perchè non è solo uno stilista, è un poeta, un pittore, un artista, un pensatore, ma soprattutto un uomo che mette in luce i nervi, li scopre senza paura delle conseguenze.

Lights, Camera, Action non sarà un semplice fashion show, lo vedo dall’allestimento, una Porsche Speedster del ’57, rossa brillante, un letto con lenzuola inamidate, un grande sofà azzurro Tiepolo accanto ad un carrellino degli alcolici, preziosi servizi da tè in porcellana, candelabri d’argento, un disco dei The Platters, “My Prayer”, e tutto uno staff pronto a girare un film, cameraman, sceneggiatore, regista, suggeritore, comparse, attori. Manca solo la protagonista: la diva!

Vittoria Marisa Schiaparelli Berenson, nipote della nota stilista surrealista, tra le modelle più pagate di sempre, e attrice cinematografica che iniziò la carriera nel ’70 con “La morte a Venezia” di Luchino Visconti interpretando l’elegantissima signora von Aschenbach, è quella diva.

Sulla passerella va in scena “Boom“, il meraviglioso film interpretato dalla regina dagli occhi purple, Liz Taylor, in quella casa da sogno a picco sul mare, sulla scogliera di Capo Caccia, vicino ad Alghero, luogo di Marras che ricorda:

Quando, nel 1967, ad Alghero è sbarcata la troupe di Joseph Losey alla ricerca di un set ideale, io avevo sei anni ma mi ricordo, eccome se mi ricordo. E con il tempo il film, le star, gli avvenimenti, le comparse del luogo, i pettegolezzi, i tentativi di rapimento, il mega yacht Kalizma della coppia stellare con cani, bambini, cuochi, capitani e marinai al seguito, i gioielli di Bulgari della Diva, gli abiti realizzati apposta dall’Atelier Tiziano da un giovane Karl Lagerfeld, copricapi di Alexander da Parigi, il cibo fatto arrivare direttamente da Londra con l’aereo ogni giorno, il tanto alcool, le liti fra i due protagonisti, la falesia di 186 metri di Capo Caccia e la villa bianca stratosferica a picco sul mare che, agitato, continua a sbattere sugli scogli e il vento, hanno assunto un’aurea di mito.

Io uso la moda per raccontare e l’ho imparato andando al cinema.
Il cinema, fonte inesauribile di storie, di sogni, di mood, di personaggi, di costumi, di set, di racconti di esistenze eccezionali o di straordinaria normalità. Il cinema è indispensabile compagno di vita. E ancora di più per me, per il lavoro che mi sono ritrovato a fare. Io, onnivoro di cinema, ho trascorso la mia adolescenza seduto tra il Selva e il Miramare di Alghero vedendo e rivedendo in loop film che ancora ora fanno parte del mio vissuto.


Come Liz, la Berenson indossa un copricapo scintillante che le dona regalità, kimono dai disegni Hokusaiani, che solo la maestria di Marras può accostare a pizzi e merletti; hanno le maniche lunghe come si addicono alle donne impegnate del Giappone; lo staff è in trepidante attesa della diva, che cerca di ammansire con complimenti e frasi sdolcinate.

A sfilare, caftani dai rimandi orientali, fiori e broccati, long dress di seta che sembrano impalpabili e pronti a volare con una folata di vento; il macramè, il vichy, il pied de poule, sono quel pot-pourri delicato e così aggraziatamente antico, che anche se pensato per essere indossato oggi, conserva un fascino e una personalità di un capo ricco di storia.


Farmily Group firma la drink list di Soulgreen

SOULGREEN PRESENTA ‘ANYTIME GREEN’,
LA NUOVA DRINK LIST FIRMATA FARMILY GROUP



Alcuni matrimoni nascono per caso, spesso il destino ci mette al momento giusto con le persone giuste, talvolta più di frequente per lanciarci dei segnali, com’è capitato tra Soulgreen e Flavio Angiolillo, founder di Farmily Group. Cosa ne è nato? Un bellissimo progetto chiamato “Anytime Green”, la nuova drink list del nuovo place to be di Milano, Soulgreen, non un semplice ristorante, non un semplice cocktail bar.

Soulgreen apre nel 2017 con un concept tutto verde, plants based, che prevede una scelta eccellente di materie prime, elaborate internamente, evitando quindi lavorazioni industriali. Non troverete carne nel menu, né latticini, ma pesce che arriva da pesca sostenibile e una carta vini biodinamici e naturali.

L’incontro con Flavio Angiolillo è stato casuale, ma abbiamo capito subito fosse la persona giusta per curare una drink list che rispecchiasse l’etica di Soulgreen. La carta cocktail cambierà stagionalmente, a seconda della disponibilità dei prodotti, per assicurarne la freschezza e rispettare il corso della natura”.

– Federica Grasso, General Manager Soulgreen

Anytime green e tutti i cocktails della drink list firmata Farmily Group, hanno un comune denominatore, sono low alcol. Anzitutto perchè perfetti per pasteggiare ad ogni ora della giornata, pranzo o cena; inoltre sono pensati per essere come una ciliegia: uno tira l’altro.
Sono bevute morbide, fresche e poco zuccherine, con un grado alcolico che non supera i 5 gradi, una nuova generazione di drink allungati con acqua di cocco o acqua tonica.


– Flavio Angiolillo, founder Farmily Group


La divisione food & beverage del grande gruppo Percassi, di cui Soulgreen fa parte, continua a posizionarsi sul mercato con idee innovative e di qualità, scommettendo sempre più nel made in Italy, ma posizionandosi anche sui nuovi mercati, come quello di Dubai dove ha sede il fratellino di Soulgreen.
La figura di Flavio Angiolillo, leader sul territorio milanese con all’attivo 6 locali di successo, punto di riferimento della movida meneghina ma anche di chi sceglie qualità ed eccellenza del bere bene, è certamente una scelta ponderata e mirata a raggiungere un pubblico consapevole ed esigente.
Ma il matrimonio tra le due realtà ha in serbo nuove sorprese, per il momento top secret.