È l’alba del mondo.
Su uno sfondo naturale spoglio e arido, si staglia la figura di Adamo, che, quasi sul ciglio di un abisso, tende un braccio verso Dio. Questo «contatto a distanza» delle dita è come una scintilla vitale che passa dal Creatore alla creatura e infonde energia nell’uomo, in modo tale che egli inizia a sollevarsi da terra e a distinguersi da quella materia dalla quale (e della quale) è stato fatto.
L’Eterno si avvicina in volo, con la veste purpurea. È circondato da un gruppo di angeli, impegnati nello sforzo di partecipare all’azione divina e descritti in vari atteggiamenti. Il gruppo è inserito in un grande manto violetto, gonfio di vento, che abbraccia Dio e gli angeli in una curva dinamica. Con il braccio sinistro l’Onnipotente cinge una figura femminile, la Sapienza, perché è soprattutto nella creazione dell’uomo che egli manifesta il suo infinito provvidenziale ordinamento.
In questo celeberrrimo affresco della Cappella Sistina Michelangelo ha tenuto ben presente l’insegnamento della Bibbia, che presenta Dio come «il vegliardo, i cui capelli sono candidi come la lana»: così si era espresso il profeta Daniele.
Adamo, dal corpo anatomicamente definito, poggia il braccio sul ginocchio piegato, in un significativo effetto di risveglio. Solleva lentamente il corpo e alza il dito ancora incerto verso quello assolutamente fermo di Dio. A differenza dell’intenso ritratto di Dio Padre, «l’antico dei giorni» ricco di bellezza e di energia, con la capigliatura grigia e la lunga barba fluttuante nell’aria, il volto di Adamo, di profilo e leggermente volto all’indietro, non assume un’espressione precisa: infatti l’uomo è un progetto aperto, chiamato a diventare sempre più somigliante al suo Creatore.