La fashion week di Milano ha visto, tra gli altri, il debutto di Francesco Risso come direttore creativo di Marni. Il giovane stilista, sconosciuto ma con una grande esperienza da Prada alle spalle, ha convinto la stampa grazie a una sfilata che è stata definita «molto italiana, con un tocco anni ’70». Risso ha creato, per il prossimo autunno inverno firmato Marni, una collezione che è un viaggio nel tempo alla ricerca delle molteplici sfaccettature della femminilità. La donna Marni è forte e indipendente, afferma la propria personalità con look estrosi e colori vivaci, silhouette anni ’70 e stratificazioni. Sembra un po’ presto per definire questo stilista, ma il suo debutto alla fashion week di Milano ha sicuramente lasciato il segno.
La sfilata Marni autunno inverno 2017-18 si apre con toni neutri e volumi over: maniche baloon danno un tocco futuristico ai tailleur color crema e ai capispalla grigi, inserti in shearling ricoprono tubini e cappotti dalle proporzioni esagerate. Poi arrivano i colori più accesi: il viola si combina con l’arancio, il blu con il giallo oro, il verde con il burgundy in pattern e fantasie tipicamente anni ’70. Quadretti e motivi a onde, insieme a un ramage astratto, firma dello stile Marni, rendono omaggio al decennio della disco music. Tocchi psichedelici e stampe seventies diventano attuali grazie a un particolare uso della stratificazione. I reggiseni si indossano sopra il tubino, le fantasie si mixano in libertà e gli accessori attirano gli sguardi. Per l’autunno inverno 2017-18 Marni propone stivali di vernice e sandali con tacco scultura, handbag voluminose dai colori sgargianti ed eccentriche collane con boule colorate in plexiglass. Se le silhouette da giorno ricordano la moda anni ’70, con pantaloni flare e gonne a matita, i look da sera hanno un aspetto futuristico: tubini al ginocchio, con collo alto e maxi paillettes, si indossano con sandali bordati di pelliccia in colori a contrasto. Così passato e futuro si incontrano sulla passerella di Marni alla fashion week di Milano.
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L’istrionico outsider di Marni
Istrionica e colorata la collezione AI2017-2018 di Marni, che segna il debutto di Francesco Risso alla direzione creativa del brand. Suggestioni infantili si mescolano a scenari onirici, in una magistrale prova stilistica: un ponte ideale tra infanzia ed età adulta, la collezione di Marni ruba al guardaroba di papà i pantaloni oversize in velluto a coste, da indossare con maglioni e pigiami: un’aria disinvolta e stropicciata, che ci porta nel calore del focolare domestico. Qui un eterno Peter Pan si aggira quasi segregato in una dimensione onirica, in cui i giochi infantili prendono forma e divengono capi di abbigliamento. Tripudio di sartorialità nei cappotti oversize, tra tailoring e maxi fur coat; ricordano quasi una masquerade gli iconici copricapi in pelouche, in bilico tra ispirazioni vittoriane e carnevalesche. Pelliccia, velluto e poliestere dominano una collezione sopra le righe, che non lesina in surreali coup de théâtre che regalano nuova vita al brand fondato da Consuelo Castiglioni nel 1994, che viene calato in una realtà distopica. Risso, direttore creativo di Marni dall’ottobre 2016, vanta nel suo curriculum l’esperienza in casa Prada e una visione ludica della moda. Tra tocchi naïf e suggestioni edipiche colpisce il primitivismo delle nuove sneaker. L’uomo Marni sembra essere un outsider, fuori posto nel suo pigiama in tessuti techno, eppure perfettamente a proprio agio nel ruolo che si trova ad interpretare. Non mancano suggestioni streetwear: lo stesso designer ha ammesso di trovare particolarmente affascinante l’universo della strada, fonte di ispirazione prediletta per la sua estetica. Una performance ironica ed affascinante, che sdogana un’estetica un po’ folle, ma con classe.
(Foto: WWD)
L’addio di Consuelo Castiglioni, stilista del brand Marni
20 anni fa Consuelo Castiglioni fonda Marni per dirne addio oggi 21 Ottobre 2016.
La decisione di lasciare il brand ad altre mani è stata presa in carico dalla sua fondatrice per questioni personali.
Niente di grave, nulla di scontato, solo il volersi occupare dopo anni della propria vita.
“Sono stai anni frenetici ed entusiasmanti, che hanno assorbito tutte le mie energie per realizzare un progetto di cui sono orgogliosa. Grazie anche al supporto costante della mia famiglia che mi ha permesso di restare fedele alla mia idea, ho costruito un marchio con un’identità precisa e riconoscibile. E’ arrivato ora il momento di dedicarmi alla mia vita privata. Ringrazio tutti coloro che hanno creduto nel mio progetto e che mi hanno, con fedeltà e dedizione, aiutato in questo fantastico percorso“, ha esordito la stilista.
Il marchio nel 2013 è entrato a far parte del gruppo Otb, ovvero Only The Brave di Renzo Rosso, imprenditore italiano, fondatore e azionista di Diesel, azienda di abbigliamento di rilevanza mondiale.
Al 2015 è indicato da Forbes quale 11° uomo più ricco d’Italia, così come cita Wikipedia.
A prendere le redini del brand sarà Francesco Risso, giovane stilista che lavora per Prada nella collezione sfilata donna dal 2008 e vanta un passato con Anna Molinari, Alessandro Dell’Acqua e Malo.
Così Francesco Risso si occuperà e sarà interno alle decisioni del brand per quanto riguarda le collezioni della stagione Autunno/Inverno 2017.
Un saluto caloroso, quindi, quello dedicato alla fondatrice di Marni Consuelo Castiglioni, commentato da Renzo Rosso con queste parole: “Il mondo rende omaggio all’originale visione della moda di Consuelo, e a un marchio unico che siamo orgogliosi di avere con noi. Le auguro il meglio che la vita possa offrirle. Sono felice di dare il benvenuto a Francesco, il cui talento contribuirà a scrivere un nuovo importante capitolo nella storia di questa casa di moda, italiana nel cuore, ma globale nello spirito“.
Milano Fashion Week. Sfila l’utility wear di Marni
Volumi estremi che confutano un’assoluta leggerezza. Studi di proporzioni e di sovrapposizioni. Una collezione che lascia il segno, quella di Marni.
Tutto l’eclettismo della designer Consuelo Castiglioni culmina in un’esasperazione delle ampiezze; con abiti che fanno trapelare un certosino studio di forme e proporzioni per sfidare la forza di gravità.
La primavera/estate 2017 dell’azienda gioca su colori tenui ora intervallati da papaveri stilizzati o pattern astratti.
Non c’è spazio per la femminilità: tutto è uno scorrere di metri di tessuti imbastiti e cuciti per creare vere opere d’arte.
La confusione delle sovrapposizioni viene accentuata da ampie tasche esterne che fuoriescono dai capi che spesso diventano vere e proprie borse da stringere in vita.
La modernità di questa collezione viene mitigata da plissettature generose che conferisco al défilé una vaga reminiscenza rétro.
Accenni di femminilità vengono trascritti nelle calzature che, con i cristalli che le illuminano, rappresentano l’unico nodo femminile di una collezione prettamente utility wear.
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Fonte immagini vogue.com
Fuorisalone 2016: Marni presenta la nuova collezione home a ritmo di Cumbia
Marni vi invita a scoprire la Cumbia, l’antica danza di coppia colombiana nata durante la conquista spagnola e, per l’occasione, crea ampie gonne a ruota coloratissime, indossate dalle donne durante i balli.
Ieri, durante la Milano Design Week 2016, Marni ha di fatto trasformato il suo spazio di Viale Umbria 42, in una balera: la Marni Ballhaus.
Fulcro della collezione home, pensata dalla maison italiana, è la Columbia che ha dato i nativi a questa particolare danza folkloristica. Lo spettacolo coreografico, ideato per l’occasione, si è rivelato la perfetta cornice per gli avventori della serata e per gli estimatori del brand: sedie a dondolo, tavolini, lampade, poltroncine e chaise lounge, in fili di PVC e legno, sono stati prodotti dalle mani laboriose delle donne colombiane che si sono servite dell’evento, per esprimere la loro voglia di emancipazione e il loro desiderio di libertà.
Con Marni Ballhaus, il marchio intende promulgare il suo impegno per il charity: parte della vendita verrà devoluta in beneficienza all’Associazione Vimala che si prodiga a sostegno dell’infanzia.
Dal 14 al 16 aprile 2016, ai visitatori verrà data la possibilità di imparare i passi tipici di questa danza grazie alla presenza di maestri di ballo che si esibiranno durante tutta la kermesse.
La giornata di oggi, 15 aprile 2016 sarà dedicata in particolar modo alle classi terze e quarte delle scuole elementari.
Per chi fosse interessato ad acquistare i capi creati per l’evento, il brand italiano ha messo a disposizione il suo shop online.
Fonte cover ©Marni
Milano Moda Uomo: l’eleganza concettuale di Marni
Linee pulite ed essenziali, ma anche stampe floreali e romanticismo in passerella da Marni. Una collezione Autunno/Inverno 2016-2017 all’insegna del minimal-chic.
Consuelo Castiglioni, alla direzione creativa del brand, propone una collezione dal mood easy e dall’eleganza concettuale, ma la cura per il dettaglio è evidente nelle camicie allacciate sulla schiena, che ricordano i camici dei chirurghi o addirittura delle puerpere. Completano il quadro le bluse sovrapposte e senza bottoni.
Le stampe sono basic, dalle classiche righe al mood floreale, per un pattern definito dalla designer «broken promise». Gli avvolgenti cocoon coat rivelano linee nuove e inedite, come la cintura laterale a scomparsa. A metà tra la vestaglia e il kimono, i nuovi cappotti esaltano la comodità. Marni sdogana ufficialmente l’uomo in pelliccia: la parola d’ordine è osare. Che sia una stola o un cappotto, l’uomo che calca la passerella non teme il freddo, facendo proprio un capo luxury tipicamente femminile. Il lusso diviene ora alla portata di tutti, e viene sapientemente sdrammatizzato, grazie a sneaker e berretti.
“Tutto è in movimento”- questo sembra essere il mood alla base della collezione disegnata dalla Castiglioni. La passerella stessa divine un labirinto su cui si muove sicuro un uomo futurista, perfettamente a suo agio nel minimalismo, che diviene un nuovo trend. Forse il più auspicabile, in tempi in cui il concetto classico di eleganza appare lontano.
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Biennale Arte Venezia 2015: gli artisti promossi e bocciati
Nella città più romantica al mondo si svolge l’evento d’arte internazionale più atteso dell’anno: la Biennale Arte di Venezia.
Okwui Enwezor, curatore, critico d’arte, giornalista e scrittore nigeriano, nonché direttore dell’Hauns Der Kunst di Monaco di Baviera, firma questa 56esima edizione, presieduta da Paolo Baratta.
Il tema della mostra è ‘All the World’s Futures‘, (tutti i futuri del mondo) , un tema che vuole porre l’accento sulle crisi sociali e geopolitiche del nostro secolo; l’idea è quella di mettere in scena, sull’enorme parco che si affaccia alla laguna, tutto il potenziale degli artisti che “hanno qualcosa da dire” sui “futuri del mondo” attraverso l’arte. Ma prima di parlarne è doveroso fare una riflessione – Cos’è l’arte e cosa esprime?
L’arte non esprime sentimenti che l’artista prova, ma sentimenti che l’artista conosce – è per lo stesso motivo che l’osservatore rimane toccato e colpito – come usiamo dire – da alcune opere ed altre invece passano inosservate. Pensiamo alla sindrome di Stendhal – “Ero giunto a quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti ed i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, ebbi un battito del cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere”-. Queste le parole dello scrittore Stendhal dopo il suo Grand Tour a Firenze e gli effetti al cospetto di opere d’arte di straordinaria bellezza. E’ provato che la sindrome viene riscontrata solo su persone con un alto livello di istruzione, questo per dire che solo“conoscendone la bellezza” e solo avendola veduta, la si può percepire. Allo stesso modo se un’opera ci ispira un senso di tristezza o dolore, vorrà dire che quel genere di dolore lo abbiamo già provato in vita. In fondo l’arte tocca la sensibilità umana, l’esperienza vitale di un individuo, i suoi sensi più reconditi.
I sentimenti che interessano la gente hanno delle recinzioni di tempo e luogo, sono i sentimenti della nostra cultura, sono quello che ora, in questo istante viviamo, sono l’attualità. Interessante quindi mischiarle queste culture, come fa la Biennale di Venezia in fatto di Arte oppure Expo Milano in fatto di cibo; entriamo in questo modo in contatto con altri sentimenti, altri individui, altri temi, e allora veniamo contagiati da altre bellezze, dall’arte polinesiana, da quella asiatica e così via, ed è un’educazione al bello anche questa, attraverso immagine e immaginazione.
Andiamo a vedere nel dettaglio cosa e come hanno espresso la loro idea di arte gli artisti di diverse nazioni presenti alla Biennale Arte Venezia.
Si entra in uno spazio che potrebbe sembrare un’ enorme vasca per i pesci, di quelli d’allevamento, oppure delle mini-piscine per bambini; nel Padiglione dell’Isola Tuvalu, ospite per la seconda volta alla Biennale, il tema invece è tutt’altro che giocoso. L’artista taiwanese Vincent J.F. Huang (1971), è sempre impegnato nella denuncia dei cambiamenti climatici che si manifestano con l’aumento dei livelli dei mari e delle temperature, con conseguente rischio a danno di Tuvalu, già in serio pericolo. Lo spettatore prende parte a quest’inizio di catastrofe, egli stesso tra i mari, immerso in un’ambiente nebuloso, costretto a fare attenzione ad ogni passo, perché in alcuni punti il livello di acqua si alza e copre gli stretti lembi di terra. Un’installazione ambientale diretta, nelle forme e nel linguaggio.
L’artista Katharina Grosse crea un’installazione che avvolge l’intero ambiente architettonico, drappeggi colorati, rocce, sabbia, quasi delle catene montuose che ricordano le Danxia Mountain della Cina, le meraviglie color arcobaleno, ma lo fa con un’effetto meno sorprendente di quanto ci si potesse aspettare, cartoni rotti e torri di ferro, il caos totale lascia molti dubbi.
“Ninfee” di spade create da Adel Abdessemed riempiono il giardino illuminato dai neon di Bruce Nauman, parole si alternano tra “guerra” e “pace” , “amore” e “odio”, “vita” e “morte” ; un silenzio onirico rotto dai passanti che inciampano tra le spade facendole cadere: l’illusione che quelle ninfee fossero fiori! Il paradosso!
Maestose, dignitose per definizione, la coppia di Fenici sospese sull’acqua al posto delle galee della Repubblica di Venezia, dell’artista Xu Bing, un augurio alla rinascita, a risorgere dalle proprie ceneri così come fa l’uccello mitologico egizio. Sculture lunghe 30 metri ciascuna, interamente realizzate riciclando materiali di scarto prodotti dai cantieri edili di Pechino, un progetto che ama il territorio e rida’ significato all’ambiente. Non solo mito, la spiritualità arriva anche con lo Stato del Vaticano – per il secondo anno presente alla Biennale – che espone al centro del padiglione un albero completamente realizzato con interiora di animali. A voi giudicare.
L’Arsenale è un campo minato, fatto di bombe, guerre, cannoni, motoseghe, carri armati, ma una voce, un rintocco di pace arriva dall’opera di Hiwa K, artista iracheno. “The bell” è una campana costruita con la fusione di resti di bombe, i metalli vengono raccolti e poi sciolti per creare un simbolo di pace. Tra il vociare dei giornalisti e dei passanti, una donna suona la campana e il silenzio si staglia in commozione. Il suono diviene presa di coscienza, qualche lacrima scende.
qui il video:
Mimmo Paladino, pittore, scultore, incisore tra i principali esponenti della Transavanguardia Italiana, pensa ad un’installazione in cui la memoria torna sotto forma di numeri, forme bidimensionali e volumetriche, simili a geroglifici, interrotti da un presenza statuaria, l’uomo, che sorregge elementi naturali – probabilmente una nuova reinterpretazione dell’uomo vitruviano.
Si passa tra gli spazi cubici del Padiglione Italia, da un artista all’altro, e in Jannis Kounellis si ha come un flash back del passato storico, cupo nell’atmosfera e nei colori, giacche nere cadono dalla rigidità dei binari come i deportati di guerra dai letti di Auschwitz. L’arte è anche questo, interpretazione e capovolgimento del messaggio e dell’intento, perché in fondo i loro scandagli, smuovono l’indifferenza.
Numerosi gli eventi collaterali in occasione della Biennale d’Arte, tra le più prestigiose e in tema con l’atmosfera della laguna, Becoming Marni, l’esposizione curata da Stefano Rabolli Pansera – architetto e fondatore dell’agenzia curatoriale Beyond Entropy Ltd con la supervisione di Carolina Castiglioni. Nell’esclusiva location solitamente chiusa al pubblico, l’ Abbazia di San Gregorio diventa casa e dimora di 100 sculture in legno realizzate dall’ artista brasiliano autodidatta Véio. Rami secchi a cui l’artista dona il soffio della vita, vivono la casa veneziana in veste di cani, tori, uomini, uccelli fantastici grazie all’uso audace e giocoso del colore.
Véio raccoglie pezzi di legno, ciocchi e rami che trova lungo il fiume e dopo una lavorazione di scorticatura, rasatura e colorazione, spunta la nuova fisicità di questi esseri in(animati).
All’interno dell’Abbazia di San Gregorio è stato ricreato un piccolo chiostro che ospita il laboratorio dell’artista, per ricerare lo stesso heimat del suo piccolo villaggio di Nossa Senhora da Loria, nel nord-est del Brasile. Becoming Marni è l’esempio di come arte e moda siano inseparabili.
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