LUCIO VANOTTI ALLA MILANO FASHION WEEK – COLLEZIONE PRIMAVERA ESTATE 2017
Subito vengono alla mente le immagini di una abitazione giapponese, la sua semplicità, la linee pulite, l’ambientazione domestica dove il bianco e le sue sfumature sono protagonisti.
La collezione primavera estate 2017 di Lucio Vanotti riconferma il suo stile del “Less in more“.
Forme maxi, dai polsini alle felpe-mantello, dai pantaloni alle sacche, quelle bin bag o buste della spesa, dettagli che giocano sempre con la texture in vernice bianca o nera.
I materiali si alternano tra le texture pragmatiche del grill, del denim chiaro e delle stuoie fino alla fluidità dei cotoni camiceria, viscose, sete e jersey makò.
Candidi camicioni, quasi sacrali, vengono abbinati alle ciabatte a fascia, una donna pronta per un bagno turco, una giornata in uno stabilimento termale o nella vasca di casa, ma sempre in un quell’atmosfera intima e rarefatta che si respira durante le sfilate di Lucio Vanotti.
Ascetismo e sottrazione per divise che esulano dal frastuono dell’apparire.
E’ la donna della prossima stagione di Lucio Vanotti.
Malinconico brutalismo che distacca dagli eccessi terreni è la regola militare che guida il pensiero creativo di Lucio Vanotti per l’Autunno 2016.
Il fascino dell’uniforme, come prigionia interiore, viene percorso da righe orizzontali beton brut. Svuotati di ogni vezzo i capi sono ridotti all’essenziale, pronti per il guardaroba di un soldato alieno.
A avvolgere l’etereo corpo le coperte, rubate alle brandine di un campo base, che diventano tuniche. Una prigionia immaginata con l’aura del Nord Europa che si manifesta nei motivi trapuntati e nei tessuti grezzi come il panno di lana, gli spigati, il velluto 1000 righe e i cotoni garzati.
Cromaticamente marziale, la riduzione di ogni tono squillante e la ricerca della disciplina sono presenti anche negli accessori: asettici boots con suola slippers.
In ESCLUSIVA per i lettori di D-Art il MAKING OF delle sfilate più belle.
A sfilate della Moda Uomo concluse vi trasportiamo alla scoperta di ciò che avvenuto dietro le quinte.
Uno show dietro lo show dove truccatori, hairstylist, vestieristi e modelli sono nel massimo dell’operatività al servizio del brand. E’ una danza che affascina l’operatore che interviene sollecito ai fini di riportarne i contenuti per i nostri lettori.
A inaugurare tale filone è il backstage del fashion show di Lucio Vanotti, designer scelto da Giorgio Armani in qualità di talento up and coming in grado di meritare l’ambitissima sfilata presso l’Armani Teatro.
Solenne il debutto in linea con l’identità del marchio. L’austerità dell’ abito visto come uniforme, l’alienazione e il distacco dal caos terreno, l’ascetismo estetico a favore di una bellezza cruda e grottesca, presenti nuovamente in collezione, non hanno deluso i suoi estimatori.
Le righe orizzontali sono il leitmotiv che accompagna i corpi svuotati e alleggeriti di ogni vezzo.
No gender per i completi sartoriali, anche versione pijama, i cappotti vestaglia e le coperte militari in qualità di tuniche, elaborati in panno di lana, spigati, velluto 100 righe, cotone garzato e felpa.
A completare la marzialità dei look stivaletti con suole slipper per calcare il suolo di nuovi e inesplorati pianeti del puro essere.
E’ un mondo intimo, a tratti malinconico e senza fronzoli quello in cui ci accoglie il designer scelto da Giorgio Armani per sfilare all’omonimo teatro meneghino durante la man’s fashion week.
Delle caratteristiche che hanno reso celebre il re della moda italiana Lucio Vanotti ha certamente incorporato nel suo lessico di moda l’alleggerimento dei capi, la destrutturazione.
Pare che le giacche che hanno sfilato a Milano siano come state “svuotate”: i modelli (lontani dai canoni di bellezza classici) avanzavano mentre erano scandite le note di un pianoforte con incedere fluttuante e ritmato. Una parade che si faceva proclamatrice di un neo-purismo ha preso vita: la potremmo definire con il termine “Nuovo Ordine” che da il nome alla collezione.
La Funzionalità priva di orpelli è il trait d’union di tracksuit, giacche, maglie, completi pijama e cappotti vestaglia ridotti all’essenza. In palette: toni di bianco, nero, kaki ed ecru. I materiali scelti sono: panni di lana, spigati, velluto 1000 righe, cotoni garzati e felpa.
Uniformi puriste: piaciute molto le coperte militari messe a mo’ di tunica, di un’eleganza genderless che più di così non si può.
« La forma è davvero uno scopo? Non è piuttosto il risultato del processo del dare forma? Non è il processo essenziale? Una piccola modifica delle condizioni non ha come conseguenza un altro risultato? Un’altra forma? Io non mi oppongo alla forma, ma soltanto alla forma come scopo. Lo faccio sulla base di una serie di esperienze e di convinzioni da queste derivate. La forma come scopo porta sempre al formalismo. »
Con queste parole l’architetto Mies Van Der Rohe rivela che secondo il suo modo di vedere la forma non è il punto di partenza, bensì il risultato finale del suo processo progettuale. Un altro creativo, un fashion designer nello specifico, è giunto alla qualificazione della struttura visiva delle componenti del suo linguaggio: dopo anni di lunga gavetta, durante un percorso caratterizzato da grande professionalità e umiltà, secondo tutti gli addetti ai lavori che lo conoscono.
Non a caso Re Giorgio l’ha scelto per sfilare al Teatro Armani durante la prossima settimana della moda uomo a Milano: ho rivolto alcune domande a Lucio Vanotti, il quale ha fatto dell’essenzialità e del rigore della forma, oltre al rifiuto dell’ornamento, la sua estetica assai riconoscibile.
Non a caso il suo architetto preferito è Mies Van Der Rohe.
· La prima cosa che fai al mattino?
Do’ un bacino a Clean , il mio cane.
· Il tuo colore preferito?
Da indossare il Blu , da vedere il rosso .
· Vegetariano, carnivoro, vegano oppure onnivoro?
Principalmente vegetariano .. ma con concessioni al pesce .
· Party animal, abitudinario oppure borghese (della serie “ ligio ai doveri fino a scatenarsi nei weekend”)?
Fui un po’ tutto , ora cerco tranquillità e bellezza.
· Il film che più ti ha fatto ridere?
Parigi o Cara , di Caprioli,con Franca Valeri.
· La canzone che descrive questo momento della sua vita?
Wild is the wind, di David Bowie.
· Qual è la domanda che proprio non sopporti?
In genere la domanda troppo aperta ..che chiederebbe una discussione approfondita di trenta minuti. Non amo essere frainteso.
· Sei religioso?
No , e rimango sempre sorpreso difronte a chi lo è.
· Un paese che ancora non hai visto e che vorresti visitare?
Lo Yemen.
· Credi nell’amore a prima vista?
Si, a me capita solo cosi.
· Se potessi avere un super potere, quale vorresti?
Anche se rischioso ed impegnativo ..vorrei avere il potere di vedere solo la verità.
· Tre aggettivi per descrivere Milano?
Intima , indifesa , accogliente.
· Cosa sognavi di fare da piccolo?
Più meno quello che faccio .. il designer .
· Famiglia moderna o tradizionale?
Moderna.
· Attrice preferita?
Anna Magnani
· Qual è il periodo della storia del costume che preferisci?
Anni 20
· Un’epoca in cui avresti voluto vivere?
Mi affascina tutta la prima metà del 900 , anche se è stato un periodo difficile.
· Architetto preferito?
Mies Van Der Rohe.
· Dove vorresti vivere?
In una casa sulla scogliera .
· Come ti vedi tra trent’anni?
Paterno e buffo.
· Hai dei rituali scaramantici? Se si, quali?
Un dado in studio che deve essere sempre sul numero quattro.
· C’è un trend della moda in cui non ti riconosci?
La mania di riempire di metallo vestiti e accessori .
· Cosa ti aspetti per il 2016?
Pane amore e fantasia.