Leonardo Di Caprio, Papa Francesco e Hieronymus Bosch

In attesa di ricevere il probabile Oscar come migliore attore per Revenant, Leonardo Di Caprio è stato ricevuto in udienza in Vaticano da Papa Francesco. Ne hanno dato notizia i mass-media di tutto il mondo. I quali hanno sottolineato la convergenza di vedute tra il divo hollywoodiano e il Sommo Pontefice sulla necessità, non più rinviabile, di richiamare l’attenzione di tutti sui grandi temi dell’ecologia e della salvaguardia del creato.
L’incontro si è concluso, come di consueto, con uno scambio di doni: il Papa ha regalato a Di Caprio un’edizione speciale della sua enciclica Laudato si’, dedicata appunto ai temi ecologici, mentre l’attore ha offerto al Pontefice un volume sui dipinti di Hieronymus Bosch, accompagnandolo con un ricordo personale: «Una raffigurazione della Terra di Bosch era appesa sopra il mio letto di bambino, l’aveva appesa mio padre. Per me ha sempre rappresentato il pianeta e l’utopia ecologica è stata un’ispirazione e una promessa di futuro» e commentando che le immagini di Bosch rappresentano ai suoi occhi un’efficace spiegazione del pensiero del Papa.


Leonardo Di Caprio, Papa Francesco e Hieronymus Bosch


Bello e interessante tutto ciò.
Chissà se i due protagonisti dell’incontro si siano accorti di una circostanza, che qui desideriamo evidenziare.
Hieronymus Bosch è stato un grandissimo pittore fiammingo. Visse tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento a ‘s-Hertogenbosch, da cui deriva il nome, lui che in realtà si chiamava Hieronymus van Aeken, cioè Girolamo di Aquisgrana.
I suoi dipinti sono di una bellezza allo stesso tempo rasserenante e inquietante. Bosch, infatti, avvertì con straordinaria intensità il mistero della natura e della presenza dell’uomo nel mondo e rese con ardite strutture compositive e colori squillanti o tenebrosi questo senso di stupore davanti all’enigma della vita.
Il maestro fiammingo è un pittore davvero originale, anzitutto per la sua epoca. Egli visse fra il tramonto del medio evo e l’alba della modernità, ma, tutto sommato, in pieno rinascimento. Ebbene, se il rinascimento è proporzione, equilibrio, misura, limpidezza, i suoi dipinti sono esattamente l’opposto: in lui trionfa non lo splendore della creazione ma l’assurdità del mondo, non uno spazio matematicamente organizzato ma una spazialità spettrale e deforme, non un ideale di bellezza apollinea ma un’espressività esasperata e grottesca.


Leonardo Di Caprio, Papa Francesco e Hieronymus Bosch


Anche per noi Bosch appare singolare e di difficile interpretazione. Ma forse, rispetto ai suoi contemporanei, noi siamo un po’ più fortunati: infatti siamo già stati educati (o, se si preferisce, diseducati) da Darwin, da Nietzsche, da Freud e seguaci a guardare la realtà con gli occhi non dell’evidente immediatezza bensì della trasformazione, del sogno, dell’inconscio, del surrealismo. E dunque le immagini di Bosch ci interpellano con straordinaria incisività, perché ci sfidano a oltrepassare il velo dell’apparenza per cogliere uno straordinario messaggio simbolico dentro il fluire delle cose e della loro opacità.
Interessante è l’interpretazione che Di Caprio ha dato dell’opera di Bosch collegandola con il pensiero di Papa Francesco. Basti pensare, ad esempio, all’inizio della Laudato si’, quando il Papa parla della natura come di una nostra sorella:
«Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Sia¬mo cresciuti pensando che eravamo suoi pro¬prietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla. La violenza che c’è nel cuore umano ferito dal peccato si manifesta anche nei sintomi di malat¬tia che avvertiamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi».
Ecco: i quadri di Bosch sembrano la traduzione visiva delle parole di Francesco, sembrano riprodurre quasi alla lettera quei «sintomi di malattia» che testimoniano con crudele consapevolezza l’avvelenamento del pianeta. Cosa dire, ad esempio, di dipinti come il Giardino delle delizie o le Tentazioni di Sant’Antonio? Da una parte contempliamo la bellezza del creato, dall’altra l’esplosione del male che incendia i cuori umani e l’universo intero. È un monito, quello che promana dai colori di Bosch e dalle parole di Francesco: un monito a considerare la natura non una materia inerte a disposizione di ogni capricciosa ambiguità, ma ad accostarci al mondo con amore, verità e giustizia, rispettandolo nella sua autonomia e nella sua dignità.


Leonardo Di Caprio, Papa Francesco e Hieronymus Bosch


E veniamo alla circostanza di cui si parlava precedentemente. Eccola: Bosch chiudeva gli occhi alla luce di questo mondo nel 1516. Quest’anno, dunque, ricorre il quinto centenario della sua morte.
È riecheggiata questa memoria nel dialogo tra Papa Francesco e Leonardo Di Caprio?
Non lo sappiamo.
Ma, se per caso fosse sfuggita ai due illustri protagonisti dell’udienza vaticana, lo facciamo noi per loro.
E, con animo sincero, ringraziamo il grande Bosch per aver donato al mondo i suoi mostri.
Così inquietanti.
E così belli.

A caccia dell’Oscar

Immerso nei ghiacciai di un’America ancora sconosciuta, tra lande desolate sommerse dalla neve, con la minaccia dei lupi e degli orsi che vagabondano in cerca di cibo e del freddo artico pronto a raggelare il sangue e ad immobilizzare gli arti.


Con The Revenant – Redivivo, Leonardo Di Caprio sfoggia un repertorio di espressioni mimiche facciali estremizzate, toccando tutte le corde emotive possibili. Un’avventura ai limiti dell’impossibile che consacra per l’ennesima volta un attore che merita di vincere l’Oscar, ora più che mai. Tuttavia, modificando leggermente una delle battute principali del film, l’assegnazione dell’ambito trofeo è nelle mani di Dio…


Leonardo Di Caprio nasce a Los Angeles (California) l’11 novembre 1974. Dopo aver preso parte ad alcuni spot pubblicitari televisivi all’inizio degli anni ’90, debutta sul grande schermo in occasione dell’adattamento cinematografico del libro di memorie Voglia di ricominciare del 1993 a fianco di Robert De Niro. Egli ricevette numerosi attestati di stima per il suo ruolo nella pellicola drammatica intitolata Buon compleanno Mr. Grape del 1993, grazie alla quale ottenne la sua prima nomination all’Oscar come miglior attore non protagonista a soli 19 anni.

Leonardo Di Caprio
Leonardo Di Caprio


Riuscì a conquistare gli elogi del pubblico in virtù dei ruoli da protagonista ricoperti in Ritorno dal nulla del 1995 e Romeo + Giulietta dell’anno successivo, con cui si aggiudica l’Orso d’argento per il miglior attore al Festival di Berlino.


Ovviamente non si può non citare la celebre storia d’amore in Titanic (1997) a fianco di Kate Winslet, con tanto di candidatura al Golden Globe.


Uno dei film più noti e significativi della carriera di Di Caprio è senza dubbio The Aviator del 2004, grazie al quale ottenne il Golden Globe come miglior attore in un film drammatico, ricevendo al contempo la candidatura all’Oscar nella medesima categoria.


È altrettanto indubbio che La maschera di ferro (1998), Prova a prendermi (2002) e Gangs of New York (2002) fungano da testimonianza del talento immenso dell’attore californiano.


Con il thriller Blood Diamond del 2006 Di Caprio riceve la sua terza candidatura all’Oscar come miglior attore, mentre con la perla cinematografica The Departed (dello stesso anno) dimostra ancora una volta di essere uno degli attori più in forma del panorama hollywoodiano.


Il sodalizio con il noto regista Martin Scorsese, iniziato con Gangs of New York, prosegue con lo psyco-thriller Shutter Island del 2010 e con il film biografico The Wolf of Wall Street del 2013, in cui Di Caprio interpreta il ruolo di Jordan Belfort. Grazie alla sua performance riesce ad aggiudicarsi il secondo Golden Globe ed a ricevere la candidatura all’Oscar come miglior film e miglior attore protagonista.


Infine, eccoci all’ultima fatica: The Revenant – Redivivo, datato 2015 ed uscito nelle sale cinematografiche italiane a partire dal 16 gennaio grazie alla 20th Century Fox.


The Revenant – Redivivo

Siamo giunti all’ultima opera con protagonista Leonardo Di Caprio, The Revenant – Redivivo, un film d’avventura a forti tinte western che attesta, se mai ce ne fosse ancora bisogno, la bravura recitativa del grande attore statunitense.

Leonardo Di Caprio in una scena del film
Leonardo Di Caprio in una scena del film


La storia è ambientata intorno agli anni ’20 dell’800. Tutti cercano di trarre profitto dai territori semisconosciuti di un’America ancora tutta da scoprire. Soldati, esploratori, cacciatori di pelli e mercenari, non manca nessuno all’appello, nemmeno gli indiani autoctoni, costantemente in agguato e pronti a sottrarre il prezioso bottino a chiunque passi nelle loro vicinanze.


Glass (Di Caprio) fa parte di un gruppo di americani in spedizione alla ricerca di pelli. Egli conosce più di tutti gli impervi territori in cui si sono inoltrati. La sua unica missione è quella di riportare i suoi compagni al forte e, allo stesso tempo, preservare l’incolumità di suo figlio Hawk, un ragazzo indiano della tribù dei Pawnee.


Staccatosi dal gruppo per trovare una via di fuga che consentisse di evitare spiacevoli incontri con gli indiani, Glass viene attaccato da un enorme grizzly, che lo lascia in condizioni fisiche pessime e quasi irreversibili. Fitzgerald, il più arrogante e scontroso della compagnia, si offre di rimanere accanto a lui per dargli una sepoltura dignitosa, ma il tradimento è dietro l’angolo. Armato di un’infinita forza di volontà e spronato dall’accecante desiderio di vendetta, Glass cercherà di rimettersi in piedi, dando così inizio ad un’epica odissea.

Lo sguardo sofferente di Di Caprio
Lo sguardo sofferente di Di Caprio nella scena finale


Il regista messicano Alejandro Gonzalez Inarritu (di cui ricordiamo pellicole quali 21 grammi, Babel e Birdman) decide di puntare i riflettori sull’essenza della natura dell’uomo. Gli strumenti da lui utilizzati per compiere questa operazione sono rappresentati dalla neve (che gela ed intorpidisce l’anima) e dal fuoco (che scalda e rincuora), dal mantenimento della parola data e dal tradimento.


La prova attoriale di Di Caprio si attesta come sempre su livelli eccellenti. Nell’eterna lotta per la sopravvivenza e circondato da un ambiente selvaggio ed estremo, la sua performance raggiunge l’apice soprattutto nelle scene di muto, in cui le diverse smorfie di dolore del suo volto rendono bene l’idea sulla sofferenza patita dal suo corpo e dalla sua mente.


Tra coltelli che affondano la loro lama nella carne e pratiche chirurgiche ed alimentari estreme, i personaggi lottano strenuamente immersi in una geografia primitiva e spietata pronta a fagocitare il malcapitato di turno.


Un plauso va fatto anche per l’attore britannico Tom Hardy nei panni del traditore Fitzgerald, il cui paragone di Dio con uno scoiattolo potrà far sorridere, ma anche riflettere il pubblico in sala.


The Revenant – Redivivo, la caccia all’Oscar continua…

Cavalca e spara

Non è certo un mistero che il celebre regista e sceneggiatore statunitense Quentin Jerome Tarantino sia da sempre un grande ammiratore del cinema italiano targato anni ’70. Tra i suoi idoli incontrastati spicca senza dubbio Sergio Leone. È proprio in virtù dell’amore e dell’interesse per la filmografia di questo periodo storico che è scaturita negli ultimi anni la volontà di coniugare la passione per il B-movie e l’exploitation (presente fin dagli albori nelle opere di Tarantino) con il genere western. Vengono così alla luce Django Unchained e The Hateful Eight, quest’ultimo in proiezione nelle nostre sale cinematografiche da giovedì 4 febbraio. Prima di analizzare le due pellicole, approfondendo in maniera particolare il secondo lavoro, introduciamo come di consueto il protagonista del nostro articolo con una succinta nota biografica.

 

Quentin Tarantino


Quentin Tarantino
Quentin Tarantino



Quentin Tarantino nasce il 27 marzo del 1963 a Knoxville (Tennessee). La sua carriera da regista ebbe inizio nella prima metà degli anni ’90 con il film di debutto intitolato Le iene (1992). La consacrazione definitiva arrivò con Pulp Fiction del 1994, grazie al quale si aggiudicò la Palma d’oro al Festival di Cannes, sette nomination e il premio per la miglior sceneggiatura originale nel 1995.

 

Django Unchained


Il primo film di Quentin Tarantino di stampo western è Django Unchained, datato 2012 ed uscito nelle sale italiane il 17 gennaio 2013 grazie alla Warner Bros Pictures. L’opera rappresenta un omaggio dedicato alla pellicola del 1966 Django diretta da Sergio Corbucci e con protagonista Franco Nero (che tra l’altro compare nel film in un cameo). Il film ottenne 5 nomination ai premi Oscar 2013, vincendone 2: l’attore Christoph Waltz conquistò il premio come miglior attore non protagonista nei panni del cacciatore di taglie di origine teutonica King Schultz (secondo trofeo consecutivo dello stesso tipo dopo quello conseguito con Bastardi senza gloria nel 2010), mentre il secondo fu assegnato a Tarantino per la migliore sceneggiatura originale.


Leonardo Di Caprio, Jamie Foxx e Christoph Waltz, i protagonisti di Django Unchained
Leonardo Di Caprio, Jamie Foxx e Christoph Waltz, i protagonisti di Django Unchained



La storia è ambientata nel sud degli Stati Uniti, alle soglie della guerra civile. Comodamente seduto sul suo carretto da dentista, il dottor King Schultz è sulle tracce dei fratelli Brittle per consegnarli (morti) alle autorità competenti in cambio di una lauta ricompensa. Al fine di raggiungere il suo obiettivo, egli libera dalle catene lo schiavo Django (interpretato da Jamie Foxx), promettendogli la libertà una volta portata a termine la missione. I due attraverseranno insieme le piantagioni di cotone americane e vivranno in prima persona gli orrori della schiavitù e del razzismo imperanti in quell’epoca. Ma anche Django ha una missione: ritrovare la moglie Broomhilda, venduta come schiava a qualche ricco e spregevole possidente (Leonardo Di Caprio, assistito dal suo fedele maggiordomo Samuel L. Jackson).

 

The Hateful Eight


Il secondo, nonché ultimissimo lavoro di Quentin Tarantino appartenente al filone western è The Hateful Eight, nelle nostre sale cinematografiche a partire da giovedì 4 febbraio grazie alla 01 Distribution.


The Hateful Eight
The Hateful Eight, gli 8 personaggi dell’ottavo film di Quentin Tarantino



Wyoming. Una diligenza corre a più non posso lungo i sentieri rocciosi innevati per giungere a Red Rock. La sua corsa viene arrestata dall’irruzione del Maggiore Marquis Warren (Samuel L. Jackson), cacciatore di taglie di colore dedito all’Unione. John Ruth detto “Il Boia” (Kurt Russell), un bounty hunter fermamente convinto dei valori della giustizia, lo ospita non senza qualche riserva all’interno della diligenza. Il viaggio riprende, ma per poco. Daisy Domergue (Jennifer Jason Leigh), scorbutica e strafottente ragazza condannata alla forca, causa una nuova sosta, durante la quale fa la comparsa un nuovo personaggio: Chris Mannix (Walton Goggins), un rinnegato sudista promosso sceriffo di Red Rock. Una tumultuosa tempesta di neve costringe il gruppo a fermarsi e a trovare riparo presso l’emporio di Minnie Mink (Dana Gourrier), dove avranno l’occasione di rifocillarsi davanti ad una tazza di caffè bollente e ad un bel bicchiere di cognac, ma anche di fare la conoscenza di quattro sconosciuti, i quali verranno interrogati a turno dallo scettico John Ruth. Tuttavia, nessuno è chi dice di essere…


L’ottavo film di Tarantino (il più lungo in assoluto, ben 167 minuti di durata) oscilla costantemente tra il concetto d’identità (reale o fittizia che sia) dei suoi personaggi e l’indecisione di una nazione di abbracciare le scelte morali o la violenza delle armi. Inoltre, è facilmente intuibile la volontà del regista statunitense di racchiudere gli 8 personaggi in un ambiente circoscritto (l’emporio di Minnie), esaltando in tal modo lo sviluppo scenografico orizzontale, un formato ormai risalente agli anni ’60.


Il clima di paranoia sale vertiginosamente col trascorrere dei minuti e con il susseguirsi dei vari capitoli, e l’interazione tra i protagonisti consente al pubblico di non perdere mai l’attenzione su di essi. La diffidenza esplosa dopo la guerra civile non risparmia nessuno. Nonostante ognuno dei presenti cerchi di dimostrare la propria identità sventagliando documenti, lettere, mandati, ordini di missione ed avvisi di ricerca nulla sembra scalzare definitivamente i dubbi che aleggiano nella mente di John Ruth. Siamo di fronte ad una sorta di tribunale che parla di impiccagioni, omicidi più o meno legali, legittima difesa con l’ausilio della violenza e decodificazione della giustizia. Il branco di sciacalli riuniti sotto la macchina da presa di Tarantino deciderà autonomamente a suon di colpi di pistola chi merita di continuare a vivere e chi invece è destinato alla tomba.


Questa volta a vestire i panni del cacciatore di taglie troviamo Samuel L. Jackson, il quale riesce nell’intento di svelare poco a poco la sua natura “tarantiniana” tra una parola pronunciata e una pallottola sparata.


Samuel L. Jackson nelle vesti del Maggiore Marquis Warren
Samuel L. Jackson nelle vesti del Maggiore Marquis Warren



Degni di nota sono anche Tim Roth (Oswaldo Mobray), James Parks (O. B. Jackson) e Michael Madsen (Joe Gage), con la canaglia in gonnella Jennifer Jason Leigh (Daisy Domergue) e Channing Tatum (Jody Domingray) altrettanto capaci di suscitare emozioni nello spettatore. Ci sono anche delle conferme dal punto di vista recitativo, come quelle di Walton Goggins (lo sceriffo Chris Mannix) e Bruce Dern (il Generale confederato Sanford Smithers), in rappresentanza degli intenti politici di Tarantino. Se poi aggiungiamo la partitura originale di Ennio Morricone, il piatto è servito.


Nel momento in cui gli otto personaggi carichi di odio finiscono le parole, ecco che iniziano ad imperversare le pistole. Sotto l’incessante neve del Wyoming, Quentin Tarantino riconcilia la vita e la morte, con l’obiettivo di politicizzare il suo cinema, un percorso intrapreso a partire da Bastardi senza gloria del 2009.