E’ morta Laura Biagiotti. La stilista, che avrebbe compiuto 74 anni ad agosto, era ricoverata da mercoledì sera all’ospedale Sant’Andrea di Roma dopo essere stata colpita da un arresto cardiaco.
La conferma in un tweet sul suo profilo ufficiale, un brano del Vangelo di San Giovanni scelto dalla figlia Lavinia: “Nella casa del padre mio vi sono molti posti. Se no, ve lo avrei detto. Io vado a preparavi un posto”.
Laura nasce a Roma nel 1943 e si può considerare a tutti gli effetti una figlia d’arte: la madre è proprietaria di un noto atelier romano e dagli anni sessanta serve la migliore clientela della capitale. È il momento in cui il mondo va a Parigi a copiare il lavoro dei grandi per poi portarlo in tutti i piccoli laboratori sartoriali e poi renderlo disponibile a più persone possibile. Durerà ancora poco perché dietro l’angolo non ci saranno solo Biagiotti, ma anche Valentino, Krizia, Missoni, Versace, Armani e Ferrè, ovvero quei cavalieri coraggiosi che inventeranno quello che oggi tutto il mondo ci invidia.
Come loro, Laura studia ma si appassiona alla moda. Lavora per Schuberth (nel 1966 realizza la sua prima collezione), Litrico e presto decide di fondare col marito Gianni Cigna la Biagiotti Export per esportare le sue creazioni.
E’ stata definita dal New York Times The Queen of Cachemire, la “regina del cachemire”, per l’utilizzo di quella lana preziosa in quasi tutti i suoi abiti. Ed è stata anche la prima stilista italiana a sfilare a Pechino, alla conquista negli anni Ottanta di una Cina ancora tutta da scoprire. Ed è l’emblema di una storia imprenditoriale tutta italiana, anzi romana. Con la figlia Lavinia, ha portato avanti e fatto conoscere in tutto il mondo, l’azienda di famiglia creata dalla mamma Delia, che cominciò, in pieno boom economico, con una sartoria in via Salaria. Azienda che iniziò a decollare con la commessa delle divise delle hostess dell’Alitalia.
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Il genio “Futurista” di Giacomo Balla in mostra a Londra
Sono 116 le opere scelte tra bozzetti e capi di moda che fanno parte della grande collezione di Laura Biagiotti e del marito Gianni Cigna (appassionato collezionista), e che saranno in esposizione dal 5 Aprile al 25 Giugno presso l’Estorick Collection of Modern Italian Art (MIA) con la mostra intitolata “Giacomo Balla: Designing the Future”.
Una scelta desiderata e voluta quella dei coniugi, di portare a Londra le opere più significative del grande artista.
Curata da Fabio Lenzi, direttore scientifico della Fondazione “Biagiotti – Cigna”, la mostra è la prima del millennio del grande maestro a Londra.
Il percorso di Giacomo Balla si snoda tra divisionismo, dipinti dedicati ai paesaggi, alle famose opere futuristiche e alla moda.
Già nel 2015 la stilista dedicò a Balla il progetto “Tombini Art”; “Modello di prendisole per mare” del 1930 fu l’opera scelta dalla designer, che con il nome di Futurballa” fu impressa anche su una shopping bag in limited edition.
Laura Biagiotti da sempre amante dell’arte, dedicò alle opere di Balla la passerella del 2015, e fece inoltre in modo che in occasione dell’Expo milanese (sempre dello stesso anno), il dipinto “Genio Futurista” (già presente alla grande Esposizone di Parigi del 1925 e ritenuta opera cardine per lo sviluppo dell’Art Decò), fosse presente nelle sale di rappresentanza di Palazzo Italia.
Tra alcune delle opere in mostra, è presente una scelta di 36 dipinti a olio, tempera e pastello: Autospalla (1903), Inverno (1905), La siepe di Villa Borghese e Donna a Villa Borghese (1906), i ritratti di Egle Casarini e di Grethel Löwenstein (1911), il noto Ritratto di Tolstoij, Compenetrazioni Iridescenti e Vortice+Paesaggio.
Giacomo Balla si dedicò anche alla moda, realizzando una collezione di opere che costituiscono la più importante fusione tra arte e moda futurista: studi per giacche e completi maschili e femminili, cravatte, scarpe, borsette, foulard, ventagli, gilet, ma anche studio dei tessuti futuristici e dei bozzetti sulla figura.
Di grande interesse è anche lo studio e la realizzazione delle arti applicate futuristiche inerenti al design: paralumi, arazzi, mobili, tappeti, lumi, ceramiche, progetti per l’arredamento; questo suo studio è da attribuire all’attività di Balla con la redazione del “Manifesto della ricostruzione futurista dell’universo” (1915), il primo segno d’avanguardia nell’applicazione dell’estetica e delle opere d’arte nella vita quotidiana.
“Giacomo Balla: Designing the Future” – dal 5 al 25 Giugno – Estorick Collection of Modern Italian Art (MIA)
Photo credit: La Stampa, Pinterest, Thants all trends, Arts Life,Mazzoleni art
ELISABETTA PELLINI: L’EQUILIBRIO DEI SOGNI, TRA CINEMA E REALTA’
Una domenica mattina a Milano, tra la frenesia della MFW ed una pausa caffè al tavolino di un bar, dove incontri per una chiacchierata a tu per tu la bellissima Elisabetta Pellini, volto noto del cinema e della televisione. Sguardo limpido, dolcezza infinita ed una semplicità disarmante per parlare di se, dei suoi lavori in uscita e di alcuni sogni che partono dal profondo per andare lontano, molto lontano..
Elisabetta a Milano per la MFW. Come è andata?
“Qui ho le mie origini e ogni volta che ritorno è sempre un grande piacere ritrovare le persone care, i luoghi vissuti. Milano è una città che vive di un battito suo e mai come durante la settimana della moda ne senti le pulsazione e l’energia. Sono stata invitata ad alcune sfilate che mi hanno molto colpito per la matrice comune del volere riportare la donna ad una femminilità vera, senza spacchi o scollature ma semplice e pulita, proprio come sono state le proposte di Emporio Armani, Elisabetta Franchi con la sua collezione ispirata ad Evita Peron ed agli anni 40 o Laura Biagiotti che celebra una donna charment, vestita di bianco, rosso o colori tenui”.
Qual è il tuo ideale di femminilità?
“Femminilità va a braccetto con il concetto di eleganza ovvero riuscire ad essere sensuali pur mantenendo la semplicità. Tradotto in poche parole: non è un abito che fa diventare una donna sexy ma il contrario”.
In tema di moda anche la tua famiglia era nel settore ma la tua via è stata un’altra…
“Sì, fino a qualche anno fa erano proprietari di una pelleria e da li ho ereditato la mia passione. Ma il mio amore è sempre stato il cinema, fin da piccola. Del resto crescere con papà che ogni minuto ci rendeva protagonisti delle sue foto non ha certo aiutato (sorride..). Scherzi a parte, realmente il ruolo di papà, il suo amore per i viaggi, per la fotografia e soprattutto per il cinema (non a caso realizzò due documentari cult negli anni 70) mi trasmisero un fascino verso questo mondo al quale non ho saputo resistere. Il principio fu la danza classica a 7 anni: l’impegno era massimo e tutto girava intorno al saggio per il quale mi allenavo duramente anche un anno intero. Così fu anche quando entrai nel mondo del cinema, il meccanismo è lo stesso”.
Ovvero?
“La preparazione per interpretare un personaggio deve essere molto profonda, devi entrare in quel personaggio, lo devi sentire tuo, lo devi analizzare quasi come a creare una sorta di “amico” che in parte ti porterai appresso per tutta la vita”. Allo stesso modo sarà anche molto forte la sensazione dell’abbandono quando il copione si sarà concluso. Per fare tutto questo ovviamente ci vogliono determinazione, preparazione e una grande passione”.
Piccolo e grande schermo ti hanno vista interpretare tantissimi personaggi. Qual è il ruolo che hai amato di più?
“Tutti perché come dicevo prima diventano quasi degli amici per me. E’ stato così con Laura delle “Tre Rose di Eva” oppure Anna Ronco per “Provaci ancora Prof!” così come una grande empatia l’ho creata con il personaggio del film in uscita i prima di marzo “La mia famiglia a soqquadro” nel quale interpreto una donna che abbandona la sua veste di “casalinga”per una carriera nella moda, diventa magra ed attraente e vi sarà un avvicinamento all’uomo del quale è sempre stata innamorata (interpreto da Marco Cocci) a sua volta sposato e con figli. E da qui “mio figlio” che invidiava le famiglie degli altri compagni in quanto convito di tanti vantaggi nell’aver i genitori divorziati capirà come ciò non corrisponde alla realtà. Un film intelligente, uno spaccato perfetto della società moderna”.
A tal proposito qual è il tuo pensiero?
“Io sono stata fortunata perché la mia famiglia era un po’ come quella del mulino bianco, con due genitori che si sono amati tantissimo e che hanno trasmesso a noi figli dei valori fondamentali. Sono però consapevole che non sempre può andare così: capita che due persone si separino, anche per terze persone, ma la cosa più importante è che non scordino mai le loro responsabilità come madre e padre. Non è giusto che due persone stiano insieme per forza, facendo poi ricadere sui figli le loro guerre”.
Oltre a “La mia famiglia a soqquadro” hai altri lavori in uscita?
“Sì, i primi di marzo arriva nelle sale “Gomorroide”nel quale interpreto l’esilarante parte di una moglie isterica tradita dal marito, una milanese in trasferta a Napoli, autrice di scene esilaranti che sono sicura faranno sorridere. Inoltre a breve vedrete in onda la fiction “Sorelle” di Cinzia Th Torrini, un thriller melo nella quale ho interpreta un ruolo piccolo ma fondamentale per lo svolgersi della trama. Un vero e proprio giallo con sfondo romantico diretto da una grande donna e regista che non lascia nulla al caso ma curando ogni dettaglio crea dei lavori magnifici. Lavorare per lei è stato un vero onore…”.
Oltre a Cinzia Th Torrini sei stata diretta da molti registi nella tua carriera. Un ricordo tra tutti al quale sei più legata?
“Ve ne sono tantissimi in quanto ogni volta che sono su un set cerco di creare una famiglia, tessendo poi con tutto il cast e la produzione dei legami che permettano di generare la giusta empatia anche per la realizzazione del film. Quindi da Vanzina, a Salvatores, Ozpetek che dopo uno spot girato sotto la sua direzione mi ha voluto in un suo film, con tutti questi grandi Maestri del cinema italiano ho un ricordo speciale. E oltre a loro ho sempre un pensiero per Vincenzo Verdecchi, regista delle “Tre Rose di Eva” che purtroppo ci ha lasciato: una persona gioiosa, che amava la vita, dal quale ho imparato tantissimo”.
Oltre al cinema nella tua carriera annoveri anche molte esperienze televisive come “Miss Buona Domenica” e altre ancora. Torneresti al piccolo schermo?
“Il mio grande amore è e resterà il cinema ma se dovessi ricevere una proposta potrei valutarla. Presentare è una cosa che ho sempre fatto, ma preferisco allontanarmi da me stessa, recitare piuttosto che presentarmi in prima persona. Se devo essere me stessa preferirlo esserlo con gli amici e con chi mi circonda, accettando le critiche per un’interpretazione più che come persona”.
Un sogno?
“Ne ho tantissimi ma sono superstiziosa per cui preferisco non rivelarli. Dirò quello generale che è di trovare serenità e felicità nei tanti sali e scendi che la vita ci riserva, dettati spesso dalla perdita delle persone care che abbiamo accanto. Questa è una delle cose con il quale sto ancora cercando di trovare il mio equilibrio che contrasti la mia parte più sensibile ed emotiva che quando sei attore serve ma va gestita nel modo migliore. E per gli altri sogni più grandi…incrociamo le dita”.
Il cast di “Gomorroide” in uscita al cinema
Laura Biagiotti porta il golf alla Milano Moda Donna
Citazioni sporty-chic sono protagoniste della collezione primavera/estate 2017 firmata Laura Biagiotti. La stilista romana si ispira all’estetica del golf, portando in passerella una femminilità sportiva ma sofisticata. L’inedito connubio tra sport e moda, di cui già Donatella Versace ha intuito la forza nella collezione che ha sfilato qualche giorno fa sempre nell’ambito della settimana della moda milanese, trova da sempre una portavoce autorevole in Laura Biagiotti: la stilista romana, che ha sfilato nella cornice del Piccolo Teatro di Milano, ben 25 anni apriva alle porte della Capitale il Marco Simone Golf & Country Club, impianto sportivo tra i più esclusivi, che nel 2022 ospiterà la prestigiosa Ryder Cup, il terzo evento sportivo più seguito al mondo dopo i mondiali di calcio e le Olimpiadi. La designer disegnerà una linea di golf per l’occasione. E il golf sfila anche in passerella a Milano, riletto in chiave chic. Largo a maxi dress con collo a polo, gonne fluttuanti e motivi Sixties. Domina l’argyle che impreziosisce abiti in maglia. Al golf si ispirano anche le stampe: tra pois, fiori, paillettes troviamo palline e prati verdi, come quello che fa da sfondo al défilé. Citazioni sportswear anche nei lacci intrecciati. Femminilità raffinata negli abiti con stampa foulard mentre torna dal passato un capo simbolo della maison, il modello bambola, declinato in denim. Chiude la sfilata un omaggio a Carla Fracci, che ad agosto ha compiuto 80 anni. L’etoile, grande amica di Laura Biagiotti, riceve commossa un mazzo di rose bianche.
La Cina contemporanea di Laura Biagiotti
Laura Biagiotti è stata la prima italiana a sfilare in Cina, nel 1988. Da allora l’amore della stilista per l’oriente è cresciuto fino a concretizzarsi nella poetica collezione autunno inverno 2016-17 che ha sfilato la scorsa domenica a Milano Moda Donna. L’ispirazione arriva da una tavoletta che il calligrafo Pu Jie, fratello dell’Ultimo Imperatore, ha regalato alla Biagiotti in occasione del loro incontro. «Sintonia e affinità mi legano al Celeste Impero – dichiara la stilista – e alla più grande comunità di donne del pianeta a cui, pioneristicamente, ho rivelato l’incanto del Made in Italy».
Questa sintonia tra culture si rivela nel perfetto equilibrio tra est e ovest, Yin e Yang, della sfilata di moda che ha incantato Milano. Metri di frange adornano pull e cappotti, gli abiti da sera hanno il collo-imperatrice tempestato di minuscoli bottoncini, i tailleur di velluto dialogano con le leggerissime camicette d’organza. Gli abiti in mikado con borchie sono quasi delle armature da guerrieri, mentre i completi kimono in seta raccontano scene quotidiane della città di Suzhou, ispirate all’omonimo capolavoro di pittura del XVIII secolo. Le frange dei capi in maglia oversize creano un effetto astrakan e i materiali impalpabili come la seta e l’organza diventano quasi incorporei grazie al gioco di ruches. Ma il tessuto che domina la collezione è il cashmere: Laura Biagiotti ne è la regina, secondo il New York Times, e lo dimostra rivisitandolo in questa collezione autunno inverno. Migrando dal guardaroba maschile a quello femminile, il prezioso filato viene lavorato effetto jaquard oppure smagliato in seducenti squarci che lasciano la pelle nuda. La palette di colori ricalca le tonalità simbolo della Cina: rosso imperiale, giallo mandarino, bianco e beige come la carta di riso si mescolano a sfumature inedite come il fucsia e il viola intenso. Con l’eleganza che la contraddistingue, la sfilata di Laura Biagiotti si rivela una delle più raffinate e culturalmente ricche dell’intera Milano Fashion Week.
Photo Courtesy: Laura Biagiotti press office