Twitter fa gola, a molti. Ma costa troppo.
È questa la sintesi dell’ultimo anno di voci sul social network più discusso.
Se ne è parlato come “arma” occidentale per destabilizzare durante la “primavera araba”, come strumento di propaganda dell’Isis, come macchina di popolarità per le star (e non), come mezzo di comunicazione “più veloce” del mondo, battendo tv e siti web.
E forse è proprio questa popolarità unita a quest’ultima caratteristica, che rende twitter “interessante” nella battaglia senza confine dei grandi conglomerati media.
Partiamo dalla quotazione.
Tra alti e bassi Twitter ha una quotazione borsistica che oscilla tra i 18 e i 22 miliardi di dollari.
Quello che la appesantisce tuttavia sono dipendenti e manager con un ricco portafoglio di azioni e opzioni, che la appesantiscono di circa altri 4/5 miliardi.
Un po’ troppo per un’azienda che direttamente e indirettamente non ne incassa 1 all’anno di fatturato.
Il business.
Non è mai stato ben definito un modello di business per Twitter, tentando strade abbastanza complesse passando da vere e proprie pubblicità a profili aziendali con possibilità di inserzioni, analytics e statistiche a pagamento, a messe in evidenza… senza un focus sugli utenti, e forse sottovalutando la via del broadcasting, un modello consono per la diffusione di contenuti.
Tra i possibili pretendenti si è parlato di Google.
Il colosso del web ha un suo social, G+, che però fatica ad uscire dagli utenti propri e allarga poco e male. Google è abituata a far da sé, a “creare il web che vuole”, ma questo finisce con l’essere un limite nel conquistare nuovi utenti fuori da sé.
Nel caso non sarebbe un problema di soldi, ovviamente, ma di visione e management. E le due famiglie mal si conciliano. Soprattutto per la grande propensione degli utenti naturali di Twitter “alla libertà”.
La vera ipotesi era Disney, colosso media da 56 miliardi di dollari di fatturato annuo, che già disse no a Lycos (e fece bene). Ma il gigante caiforniano sarebbe in corsa per l’acquisto della tv via web Netflix replicando una tattica già messa in atto negli anni ’50 quando scommise sul potere mediatico della neonata televisione: grazie alla partnership con il network Abc, il fondatore Walt Disney mise in onda la serie Disneyland, la più lunga mai trasmessa in orario prime time nella storia della tv. La serie diede anche il nome ai parchi tematici che, dal 1954 in poi e nel corso degli ultimi 60 anni. Per Abc fu l’inizio di una lunga collaborazione che culminò con l’acquisto da parte di Disney del network televisivo. E lo stesso potrebbe capitare con Netflix, basti pensare che solo qualche mese fa è stato siglato un colossale accordo di esclusiva tra le due società. Insomma, un copione già visto con la differenza che, in 60 anni, Disney ha decuplicato la sua capacità di produrre contenuti spaziando dai cartoni animati ai film di avventura, alle serie televisive di successo.
Oggi è la seconda società media al modo dietro a Comcast (che tentò di acquistarla nel 2004) e possiede, oltre ad ABC anche il network via cavo Disney Channel, ESPN specializzata in eventi sportivi e ABC Family, attiva nel settore musicale e teatrale e nel merchandising. A corollario del tutto ci sono 14 parchi a tema gestiti direttamente, con alberghi, negozi e ristoranti.
Secondo gli analisti un’offerta per Twitter consentirebbe alla società di rafforzarsi nei social media, soprattutto sul fronte dello sport. Dove ha una forte presenza televisiva grazie a Espn, ma è assente dalla rete. «Un’acquisizione di Twitter avrebbe senso strategico per Disney», ha detto Richard Greenfield, analista di BTIG. E Jack Dorsey, il co-fondatore di Twitter, siede già nel cda Disney.
Per ora sia Google che Disney che la “sempre in lizza” Apple avrebbero però fatto un passo indietro, almeno formalmente, per questione di prezzo (principalmente) ma anche perché Twitter avrebbe dichiarato di voler chiudere entro ottobre le trattative.
Segno che Twitter ha fretta, e che quindi ci sono margini per chiudere ben al di sotto delle aspettative. E mentre Twitter perde anche il 20% in borsa, sulla scia delle notizie di mancanza di acquirenti, resta in corsa, come unica acquirente la società di software di cloud Salesforce.com. L’effetto è stato che le azioni di Twitter sono sceso fino a 20,10 dollari , valutando la società a circa 14,2 miliardi.
Mentre però per Google, Apple e Disney un’acquisizione avrebbe un senso, e il portafogli consentirebbe l’investimento, Salesforce.com perde il 4%. Gli analisti non comprendono né il senso dell’operazione né l’eccessivo indebitamento che ne deriverebbe.