Christian Lacroix, è l’artefice di un meraviglioso restyling dello storico hotel Mandeville di Londra.
Il quinto piano della struttura, situata nel pieno centro di Marylebone, è stato arredato seguendo il gusto estetico del designer, esportando lo stile francese, oltremanica.
Le tappezzerie e gli arredi utilizzati, provengono dalla collezione Belles Rives, che si ispira al fascino della Costa Azzurra.
Ogni camera, ha una storia da raccontare: Midnight Blue è romantica e presenta un rivestimento marmoreo, ispirato al “Bain de Minuit“.
Jewel Box è la camera più glamour dello stabile con colori bizzarri e stravaganti decorazioni, come i gioielli Cartier sfoggiati dalla principessa Grace Kelly nel cult movie Caccia al ladro.
Nella stanza Classic Lacroix, riecheggia l’allure della città natale di monsieur Lacroix, Arles. Della città della Provenza, ha recuperato gli “Azelejos“, le maioliche spagnole (Arles vive fortemente l’influenza artistica della Spagna) che contrastano con i ricami e le stoffe in seta che raffigurano le “Taleguillas” dei toreri; infine, lussureggiante ed esotica, si rivela la suite Jardin Exotique che si ispira al giardino botanico di Monaco, con carte da parati che rimandano a motivi bretoni e provenzali.
Se fino ad oggi dominava il mercato dell’abbigliamento low cost, H&M si accinge a conquistare anche il mondo del design. Ha appena aperto in Italia, ad Arese, il primo punto vendita della linea H&M Home. Una home-couture esclusiva a prezzi competitivi, per collezioni ricche di fascino.
Il colosso svedese, leader nell’abbigliamento low cost, fa tremare l’avversario Ikea, da sempre leader indiscusso nel design nordico: ora oltre alle già apprezzate linee di abbigliamento, è online anche una collezione di arredo in chiave low cost per impreziosire la casa. Cuscini e federe, trapunte e tovaglie, ma anche vasi e pezzi di arredamento, a prezzi modici.
Il punto vendita di H&M di Arese sta già facendo parlare di sé: con un super corner dedicato all’arredamento e al decor, H&M trova nel centro commerciale lo store più d’Italia. “Superare le aspettative dei clienti”: questo sembra essere l’obiettivo che il brand si è prefissato, secondo Dan Nordstrom, country manager di H&M Italia.
Lo stile shabby chic viene sdoganato in chiave easy grazie al brand svedese. Ma H&M non è il primo ad offrire una linea dedicata alla casa: Zara Home aveva infatti già registrato un grande successo aprendo a Milano uno dei punto vendita più grandi al mondo. Inoltre chi non potesse visitare l’Arese Shopping Center può comunque acquistare la linea casa di H&M: basta collegarsi al sito web del brand.
Stampe floreali si mixano al paisley e al cachemire, per pattern sofisticati e unici: le vestigia di un glorioso passato rivivono in ambienti colorati e ricchi di charme, rivisitate in chiave contemporanea. Lei è una delle eccellenze italiane, un nome che, da Roma, sua città natale, è divenuto sinonimo e garanzia di stile anche oltreoceano.
Alessandra Branca ha imparato presto gli intrinsechi legami tra la bellezza classica e la vita di tutti i giorni, in una incessante ricerca estetica e stilistica che l’ha portata, nel 1981, a fondare la sua azienda di design. Oggi è una delle firme più apprezzate in Europa e America: con uffici a Chicago, New York e Roma, la sua clientela attraversa il globo.
Il suo stile è unico, caratterizzato da un’impronta facilmente riconoscibile e da un’eleganza senza tempo. Personalità e charme si uniscono in uno stile mirabile, che non lesina in elementi classici e suggestioni imperiali, sapientemente smitizzati attraverso una palette cromatica fresca e giovane. Tripudio di rosa e rosso, stampe e tessuti che formano arabeschi, in un inedito patchwork dal grande impatto visivo, che contribuisce alla creazione di ambienti dal fascino intramontabile.
Designer di fama mondiale, Alessandra Branca è stata curatrice di progetti per residenze private ed edifici pubblici e ha firmato anche collezioni esclusive di raffinati tessuti, elementi e corredi per la casa, pezzi di arredamento e accessori moda. I suoi lavori sono apparsi su riviste del calibro di Architectural Digest, Departures, Town and Country, il New York Times, Elle Décor. Vincitrice di numerosi riconoscimenti, dal 2011 il suo nome è una costante nella lista annuale dei migliori interior designer del mondo stilata da Elle Décor. Inoltre è autrice del libro New Classic Interiors (edito da Stewart Tabori & Chang, 2009, ora alla sua quinta ristampa).
Tra i maggiori ispiratori di Alessandra Branca spiccano nomi del calibro di Renzo Mongiardino, Parish-Hadley, Henri Samuel, Billy Baldwin e John Fowler. Versatile e ironica, la designer riesce a coniugare stili diversi senza mai perdere di vista la propria personalità. L’Italia, con il suo incredibile patrimonio artistico e culturale, è nel suo DNA ma anche nella sua estetica: è dal passato e dalla tradizione italiana che la designer attinge spesso per creare i suoi ambienti. “Nessuno cerca la perfezione, cercano semplicemente te”, sostiene Alessandra Branca. “Le tradizioni fungono da basi. Ma una volta che le hai acquisite puoi mischiarle con elementi diversi”, ha più volte dichiarato la designer, il cui stile tradisce una naturale inclinazione per ambienti dal gusto classico, mixati con ironia e grande consapevolezza ad elementi dal design moderno e contemporaneo.
Prada e Gucci tra i suoi stilisti preferiti, Alessandra Branca adora il paisley e tutte le tonalità di rosso. Attualmente la designer vive tra Chicago, New York, Roma e Harbour Island. I suoi pezzi di arredamento e le collezioni da lei firmate si possono acquistare sul sito web branca.com. Inoltre una selezione di esclusivi pezzi di arredamento vintage direttamente dalla boutique Branca di Chicago è disponibile su 1stdibs.com.
Profumo di spezie e incenso, tripudio di colori e suggestioni che vengono da lontano: nel design firmato Madeline Weinrib si respira l’atmosfera della Medina di Marrakech, tra i bazar in cui spiccano tappeti e vesti cariche di stampe e pattern.
Stoffe pregiate, patchwork di stampe che provengono da culture lontane e millenarie, tra Marocco, Nepal, India. Un design altamente contemporaneo che trae la sua linfa vitale dalle tradizioni di popoli lontani e di culture differenti dalla nostra. Madeline Weinrib è oggi una delle designer più apprezzate al mondo, che ha all’attivo collaborazioni con brand storici. I suoi showroom a New York e San Francisco contano ogni giorno migliaia di visitatori letteralmente estasiati dall’atmosfera che si respira lì dentro, mentre il suo sito web (madelineweinrib.com) si impone come una straordinaria fucina di spunti ed idee cariche di eleganza e stile.
Il design le scorre nelle vene: il bisnonno di Madeline era infatti Max Weinrib, storico fondatore di ABC Carpet & Home, tempio newyorkese del design. Una carriera iniziata come artista e pittrice, Madeline Weinrib ha anche lavorato come insegnante presso l’Università della Città di New York. Dopo un periodo di apprendistato in Venezuela, nei primi anni Novanta, la sua attività di design di tappeti inizia nel 1997.
Intanto colleziona antichi tappeti tibetani e diviene un’esperta nell’accostare le stampe: Suzani, Ikat, ma anche Batik e Wax, di chiara origine africana, divengono pattern privilegiati per cuscini, tappeti e monili pregiati con cui firma il suo design. Pur essendo rimasta sempre estranea rispetto al business di famiglia, le viene commissionato il design di alcuni tappeti proprio dalla celebre ABC Carpet & Home, la storica istituzione newyorkese fondata dal bisnonno. Per lei è la consacrazione a livello internazionale. Il resto è storia. I suoi tappeti stampati in pattern etnici sono divenuti la sua firma iconica, per un design a prezzo abbordabile (con prezzi che vanno dai 450 ai 35,000 dollari) ma ricco di suggestioni.
Madeline Weinrib è considerata esponente di spicco del “Gypset”, un nuovo lifestyle pensato anche per la casa, che unisce il tradizionale concetto di lusso allo stile gypsy: i suoi pezzi di arredamento stampati in tessuti ricchi di suggestioni folk ammaliano. Un concetto particolare di lusso, che trova nel folclore e negli elementi tribali spunti inediti per arredare con stile gli interni.
Una casa chic, fatta di souvenir di viaggio, ricordi vibranti e vivi nella memoria, per uno stile sofisticato e originale. Tra i consigli di Madeline Weinrib per arredare una casa con eleganza, vi è il privilegiare un mix di colori e patchwork di stampe, per non annoiarsi mai. Secondo la designer occorre inoltre investire sulla qualità degli oggetti. “Amo una casa che abbia un’anima”, ha detto più volte la Weinrib, che consiglia di mixare non solo le culture, ma anche i periodi storici, in un inedito ponte tra passato e presente. Avere sempre un occhio di riguardo per la contemporaneità e per gli artisti e i designer emergenti è utile per trarre sempre nuovi spunti.
Madeline Weinrib ha al suo attivo collaborazioni con Barneys e con Manolo Blahnik. Ora la designer si è aperta anche al mercato della bellezza, firmando prodotti realizzati con 100% di olio di Argan proveniente dal Marocco. Non solo pezzi di arredamento, cuscini e tappeti nei suoi atelier, ma anche un’ampia selezione di caftani stampati, borse e capi di abbigliamento in pieno stile boho-chic. Per intenditori.
Impegnata anche nel sociale, Madeline Weinrib è ambasciatrice internazionale di Project Mala, un ente benefico che lotta per l’eliminazione del lavoro minorile dalla produzione dei tappeti. L’organizzazione ha stanziato fondi per 45 villaggi rurali dell’India finanziando l’istruzione primaria e secondaria in 10 scuole nella provincia del Nord del Paese.
L’atelier di Madeline Weinrib sulla Fifth Avenue è uno spazio ricco di idee e dal fascino immortale: carte da parati decorate alle pareti, mobili e arredamento etnici, tappeti e cuscini, pattern tribali e colori vibranti, in un multiculturalismo chic e stylish. Il suo si conferma come uno stile sofisticato ed evergreen, in perenne bilico tra arte e design.
Un minimalismo in chiave chic che cede talvolta il posto a sontuosi elementi di design ultra moderno e avanguardistico, per poi rifugiarsi nuovamente nelle antiche vestigia della classicità, per ambienti sobri e funzionali. Antonia Hutt è oggi una delle interior designer più famose al mondo.
Nata a Londra, studia a Bedales, Hampshire. A 19 anni, dopo un anno di studio trascorso in Italia, a Siena, si iscrive alla Sir John Cass School di Londra, dove consegue la sua prima laurea in Gioielleria, oreficeria e arti artigianali. Un amore viscerale per le arti decorative la porta a collezionare pezzi di antiquariato provenienti da tutta Europa. Frequenti sono i suoi viaggi anche in America, a Los Angeles, dove Antonia si reca spesso proprio per la sua passione per il collezionismo.
È proprio a seguito di uno di questi viaggi, nel 1988, che decide di aprire un suo negozio di antiquariato a Melrose Place. Ormai la futura designer ha una grande cultura in materia, che la porta a prendere la decisione più importante della sua vita, studiare Architettura d’interni.
Antonia Hutt termina il suo percorso di studi presso l’Università della California e subito entra nel mondo del lavoro. Brillante e talentuosa come poche, tanti sono i lavori che le vengono commissionati, fin da subito. La sua inarrestabile ascesa la porta ad aprire la sua prima attività a Los Angeles, dove attualmente vive e lavora. Ultimamente è tornata all’Università della California, ma in veste di insegnante. Sul suo sito web, antoniahutt.com, si trova un’ampia sezione dedicata ai suoi lavori e ai progetti già pubblicati sui magazine più prestigiosi.
Una filosofia che parte da una innata passione per il design, poi trasformata in lavoro. Un buon gusto innato unito ad anni di studio ed esperienza l’hanno resa una delle firme più autorevoli nel mondo del design. Pubblicazioni su riviste prestigiose, del calibro di Vogue Living, Elle Decor, In Style, W Magazine, Los Angeles Times, Telegraph, l’hanno sdoganata in tutto il mondo. Un sapiente uso del colore, tocchi di ironia, grande attenzione e cura per i dettagli e un minimalismo chic che lascia il posto ad ambienti sontuosi e sofisticati: queste sono le caratteristiche dello stile prediletto da Antonia Hutt. Ambienti funzionali ma ricchi di classe, e la capacità di conferire un’anima anche ad ambienti tra loro molto diversi, dallo charme senza tempo di case d’epoca ad ambienti minimalisti ed ultra moderni.
Quando si parla di interior design, il suo nome è sinonimo di stile. Regina indiscussa di New York, Amanda Nisbet ha costruito un impero nel segno dello stile e di un’eleganza ricercata e mai scontata. Dai suoi esordi nel mondo del design, nel 1998, Amanda Nisbet si è imposta come una delle personalità di spicco, amatissima da celebrities e cultori dello stile.
La sua firma sono i colori, pattern dal forte impatto visivo, texture ricche di giochi cromatici, stampe caleidoscopiche: tutto è in mirabile equilibrio, a partire dalla ricercatezza e dalla cura per il minimo dettaglio, per ambienti sofisticati e unici. Gli spazi curati dalla designer si riconoscono facilmente per quell’impronta femminile e per la saturazione del colore, vibrante, vivo, ricco di sfumature. La palette cromatica non teme colori audaci e vitaminici: dal giallo al violetto al fucsia, fino all’amato rosa: l’uso del colore diviene prerogativa per la creazione di spazi ricchi di eleganza e comfort.
Nata a Montreal e cresciuta negli Stati Uniti, Amanda Nisbet ora vive a New York. Da ragazza voleva diventare attrice: dopo aver ottenuto piccoli ruoli in alcuni spot pubblicitari, la giovane ha cambiato settore. Da sempre amante dello stile, il suo appartamento era ammirato da tutti i suoi conoscenti e spesso le veniva chiesto un aiuto nel decorare gli interni di abitazioni di amici. Un talento innato, per la designer, fieramente autodidatta.
Amore per il bello declinato in ogni sua forma, ricercata eleganza e raffinatezza ma anche comfort e vivibilità, per ambienti prestigiosi e pregni di cultura e storia. Una passione per la storia dell’arte, coltivata durante gli anni della sua formazione presso la celebre casa d’aste Christie’s, ma anche durante gli anni degli studi, in Italia. E quale migliore location poteva scegliere la designer numero uno d’America, per coltivare quel gusto che ha poi reso i suoi lavori così unici, permettendole di firmare l’interior design delle più esclusive residenze tra Europa e Nord America. Il suo sito, amandanisbetdesign.com,seguitissimo, è una fucina di idee e charme.
Dal suo studio di New York, sito su Madison Avenue, la designer cura svariati progetti, riuscendo ad offrire servizi anche attraverso gli uffici di Harbinger (Los Angeles), Travis (Atlanta) e Tigger Hall (Australia). Amanda Nisbet ha firmato diverse collezioni, da quella realizzata con The Urban Electric Company a quella con Studio Four e Kyle Bunting. Nel 2014, il lancio della sua prima linea di arredamento, in collaborazione con Niermann Weeks. Pezzi unici, ricchi di colore e appeal, per un talento che non smette di sorprendere, anche in veste di creatrice.
I progetti firmati Amanda Nisbet sono apparsi su numerose pubblicazioni all’interno delle principali riviste di settore, tra cui Elle Decor, House Beautiful, Coastal Living, The New York Times, Town & Country, The Washington Post, fino alla Bibbia del design, Architectural Digest.
Nel settembre 2012 la designer ha pubblicato il suo primo libro, Dazzling Design, edito da Stewart Tabori & Chang: qui Amanda presenta una selezione dei lavori da lei curati negli ultimi quindici anni di attività, prendendo per mano il lettore per un viaggio attraverso i colori e i pattern tipici del suo stile, unico ed altamente riconoscibile. Personalità, genio e cura per il dettaglio hanno reso i suoi lavori esempi di stile.
Amanda Nisbet predilige un approccio energetico e fresco, versatile, che coniuga mirabilmente la tradizione al design più moderno. Un mix di stili variegati, motivi classici si sposano a simboli della contemporaneità, in un continuo gioco di rimandi. Convinta che una casa sia fatta soprattutto per essere abitata, e che il lavoro primario di un designer sia quello di rispondere ai bisogni del cliente, ma anche ai suoi desideri, e, perché no, trasformare i suoi sogni in realtà: e le case con interior design curato da lei sono ambienti ricchi di charme e stile.
Ambienti chic e ricchi di stile, che coniugano suggestioni vintage al design contemporaneo. Il tradizionale concetto di lusso viene ora rivisitato in chiave contemporanea, per uno stile funzionale che non lesina in colori e tocchi di geniale femminilità. Ormai famosa in tutto il mondo per i suoi spazi, caratterizzati da colori vitaminici e da una ricerca estetica incessante, volta alla conquista del bello, la designer americana è ormai un’autorità in fatto di stile, apprezzata a livello internazionale.
(Tutte le foto sono tratte da amandanisbetdesign.com)
L’aria vispa e sbarazzina, i capelli alla garçonne, la vita a dir poco rocambolesca: Maxime de la Falaise è stata un’icona fashion, trendsetter tra Londra, Parigi e New Tork e sublime incarnazione dello stile bohémien. Mannequin durante gli anni Cinquanta, matriarca di una lunga generazione di modelle, stilista, e, ancora, critica gastronomica ed interior designer: con una carriera così versatile, la mannequin si impone di diritto come una delle personalità più affascinanti del Novecento.
Immortalata da fotografi del calibro di Richard Avedon, Georges Dambier, Gordon Parks, Cecil Beaton e Horst P. Horst, fu musa di Elsa Schiaparelli e di Yves Saint Laurent. Tutto in lei faceva tendenza: dai suoi look, all’insegna di una disinvolta eleganza, alla sua casa, arredata in stile shabby-chic. Nel 2004 l’Independent la definì una delle più grandi icone di stile viventi, ma già l’amico Cecil Beaton nei lontani anni Cinquanta l’aveva eletta “l’unica inglese veramente chic della sua generazione”.
Maxine Birley (questo il suo nome all’anagrafe) nacque in una famiglia di artisti il 25 giugno 1922 a West Dean, nel West Sussex. Suo padre era Sir Oswald Birley, famoso ritrattista dalla fine dell’età edoardiana che aveva immortalato personalità del calibro di Sir Winston Churchill, la regina Elisabetta II e altri membri della famiglia reale. Oswald, dopo aver prestato servizio nella Prima Guerra Mondiale, aveva sposato una bellissima quanto eccentrica artista irlandese, molto più giovane di lui, Rhoda Lecky Pike.
I Birley erano bohémien di lusso, proprietari di un appartamento nell’elitario sobborgo di Hampstead, a nord di Londra, il cui interior design era stato curato da Clough Williams-Ellis. Più tardi i coniugi acquistarono anche la magnifica residenza di Charleston Manor, nell’East Sussex, che Rhoda riuscì a recuperare dallo stato di rovina in cui versava e che si dice sia stata costruita nell’Undicesimo secolo per il coppiere di Guglielmo il Conquistatore. Mentre Oswald ritraeva nobili, politici e artisti, Rhoda si occupava di giardinaggio e organizzava cene lussuose. La coppia ebbe due figli, Maxine e il fratello minore Mark (futuro fondatore del nighclub Annabel’s). I bambini crebbero in solitudine, spesso abbandonati dai genitori, perennemente in viaggio tra India e Sud-est asiatico, Messico e Stati Uniti. La piccola Maxine viveva a Wexford con i nonni irlandesi e spesso, in assenza della madre, rubava i capi eccentrici del suo guardaroba, che prediligeva capi di stile orientale uniti a pezzi haute couture firmati Elsa Schiaparelli. Nelle memorie che inizierà a scrivere poco prima della sua morte, Maxime de la Falaise ricorderà la madre come un’eccentrica lady irlandese che nutriva le sue rose con un misto di aragosta e cognac.
Chiusa, di indole solitaria e spesso nervosa, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale la giovane Maxine decise di unirsi al Women’s Royal Naval Service ma alla fine fu reclutata dal Bletchley Park, dal momento che parlava francese. “Il khaki non mi stava poi così bene, a differenza del blu”, dirà più avanti a proposito delle uniformi delle due diverse milizie. Ma quell’esperienza sarà poi ricordata con sgomento dall’icona di stile. I quartier generali erano sporchi e freddi, la continua tensione danneggiò la sua salute al punto che la giovane sviluppò una grave forma di cleptomania, rubando qualsiasi cosa brillasse. “I miei amici capirono che ero impazzita”, ricordò, “e guardavano nella mia borsa per riprendersi ciò che apparteneva loro”. Successivamente Maxine fece ritorna a Londra ma i suoi genitori le dissero che non c’era più posto per lei in quella casa e la spedirono in America, nella speranza che trovasse un marito benestante in grado di provvedere a lei.
A New York la giovane ottenne un lavoro per Vogue ed iniziò una relazione con un fotografo che lavorava per la celebre testata. Ma fu durante un party che conobbe il conte Alain Le Bailly de la Falaise, più vecchio di lei di venti anni, di cui divenne la seconda moglie con un matrimonio celebrato il 18 giugno 1946. Scrittore e traduttore, La Falaise era il fratello minore di Henry de la Falaise, regista e terzo marito di Gloria Swanson, e il figlio della medaglia d’oro olimpica nella scherma Louis Venant Gabriel Le Bailly de La Falaise.
Dal conte Maxime ebbe due figli: Louise Vava Lucia Henriette Le Bailly de La Falaise (detta Loulou) e Alexis Richard Dion Oswald Le Bailly de La Falaise, e nipoti come Lucie de la Falaise, modella molto quotata negli anni Novanta.
È in questo periodo che la futura icona di stile cambiò il suo nome in Maxime, dopo il trasferimento a Parigi. Sebbene colto e affascinante, il conte non si rivelò in grado di provvedere alla famiglia, e fu lei a doversi occupare di salvaguardare le finanze. Fu così che ottenne un lavoro come mannequin e venditrice per Elsa Schiaparelli: il suo ruolo doveva essere quello di una sorta di musa che doveva incoraggiare le vendite. Il suo fisico ricordava quello della madre, i capelli erano corti e scuri, gli zigomi alti, il corpo sottile, e aveva nello sguardo una grande vivacità. Come modella ottenne un successo sempre crescente e lavorò anche per Dior. Ma Maxime era uno spirito libero e ben presto il suo matrimonio naufragò a causa delle sue numerose infedeltà. Il divorzio fu sofferto e la donna dovette combattere per ottenere la custodia dei figli, spediti in collegio tra Inghilterra, New York e Svizzera. Tra gli amanti di lei, l’ambasciatore britannico Duff Cooper e numerose liaisons. Dopo il divorzio ebbe una relazione con il regista Louis Malle, più tardi amore di Jeanne Moreau, e con il pittore Max Ernst.
Trasferitasi a New York alla fine anni Cinquanta, convolò in seconde nozze con John McKendry, curatore delle stampe e delle foto del Metropolitan Museum of Art. In questo periodo Maxime, che cambiò il suo nome in Maxime de la Falaise McKendry, iniziò a lavorare come food editor, ottenendo una rubrica su Vogue, con aforismi che fecero storia. Ma anche la relazione con McKendry nascondeva dei segreti: secondo i rumours lui perse la testa per il giovane genio della fotografia Robert Mapplethorpe mentre lei iniziò una relazione con Paul Getty III, toy boy ante litteram che aveva oltre trent’anni meno di lei. Erano gli anni in cui l’icona di stile si scatenava sulla pista della famosissima discoteca Le Jardin, a New York. Dopo ore passate a ballare insieme a Diane von Fürstenberg, Bianca Jagger, Yves Saint Laurent e Betty Catroux, alle 4 del mattino tornava a casa con un taxi indossando un cappotto e pantaloni Yves Saint Laurent o un LBD da nascondere sotto il cappotto, uniforme passepartout per imbucarsi al party più esclusivo. Amante della vita, genuina e moderna, nessuna incarnò lo spirito boho-chic meglio di lei.
McKendry morì di cirrosi epatica nel 1975 e la storia tra Maxime e John Paul Getty III naufragò. Intanto l’icona di stile si dedicava alle molteplici attività che svolse nel corso della sua vita, in primis la food editor, e poi la designer di moda (haute couture, sportswear e ready-to-wear), l’interior designer (creando mobili e tappeti) e la consulente di Yves Saint Laurent negli USA.
Il successo riscontrato dagli aforismi che pubblicava su Vogue la spinse a raccogliere le ricette inglesi e irlandesi della sua infanzia in un libro dal titolo Sette secoli di cucina inglese (Weidenfeld & Nicolson, 1973, edito da Arabella Boxer), ristampato nel 1992 da Grove Press. Inoltre curò i menu per Andy Warhol e il suo entourage. Su di lei quest’ultimo modellò l’idea per un format mai sviluppato, una sorta di reality ante litteram sul cibo. Nel 1980 scrisse Food in Vogue, con illustrazioni di suo pugno, collezionando le ricette più amate dalle celebrities. Inoltre nel 1974 il regista Paul Morrissey la scelse per il personaggio di Lady Difiore nel film horror del 1973 Blood for Dracula.
Mentre la figlia Loulou divenne musa prediletta di Yves Saint Laurent, Maxime continuava la sua brillante carriera come designer: nel corso dwlla sua vita disegnò collezioni per numerose maison, da Gérard Pipart a Chloé. Alla fine degli anni Ottanta si ritirò in una casa a Saint-Rémy-de-Provence per scrivere le sue memorie. Qui morì per cause naturali, il 30 aprile 2009, all’età di 86 anni. Il figlio Alexis la precedette, mentre la figlia Loulou morirà nel 2011 a seguito di un brutto male.