Tra le icone fashion contemporanee è la numero uno, la più affascinante e la più ammirata. Immancabile presenza nei front row delle sfilate, blogger e it girl, Miroslava Mikheeva Duma, detta Mira, è nata il 10 marzo 1985 a Surgut, nella ricca regione del Tyumen, in Siberia. Figlia di un senatore, nel 2008 si laurea in International Business and Business Administration presso il Moscow State Institute of International Relations (MGIMO).
In pochissimi anni Miroslava Duma si impone come icona di stile, autorevole trendsetter e fashion editor. Amatissima dai suoi followers su Instagram, per la sua bellezza minuta e la creatività dei suoi outfit si è imposta all’attenzione dei media a livello internazionale.
La sua carriera è iniziata come quella di quasi tutti i blogger, postando le foto dei suoi outfit su siti come The Sartorialist. La svolta si profila quando viene scelta come Special Projects Editor di Harper’s Bazaar: entra così nel giornalismo di moda dalla porta principale. Lavora poi come scrittrice contributor freelance per Vogue, Tatler, Forbes, Glamour Russia e OK Magazine.
Nel 2011 fonda Buro 24/7, una piattaforma online che tratta di arte, architettura, cinema, moda, lifestyle, musica e stile. Buro 24/7 viene definito dalla stessa giornalista come “un ufficio informazioni aperto 24 ore al giorno, sette giorni su sette”. La piattaforma dal lancio è cresciuta fino a contare undici Paesi, tra cui Australia, Azerbaijan, Europa centrale, Kazakistan, Malesia, Medio Oriente, Mongolia, Russia, Singapore e Ucraina.
Brillante investitrice, Miroslava Duma è stata ambasciatrice per la collezione di gioielleria di Chanel ispirata al design del 1932 e ha lavorato per Louis Vuitton per il lancio di una campagna intitolata “Small is Beautiful” per celebrare la nuova linea di mini borse.
Definita dal Financial Times“una forza dell’industria del fashion”, lodata da Vogue per le sue doti di brillante imprenditrice, per Fashion Diva Design lei è “la It Girl”. Icona dello streetstyle, il suo stile è sfarzoso e sofisticato: l’opulenza tipicamente sovietica si mixa brillantemente al misterioso charme siberiano. Largo a colbacchi di pelliccia, stampe optical, accessori importanti, per un mood barocco ed eclettico. Ma lo stile di Mira Duma non lesina elementi bon ton, evidenti nella sua predilezione per cappottini ladylike e colori pastello, nelle camicie con fiocco e nelle gonne. Outfit studiati con precisione certosina: il segreto dell’eleganza di Mira Duma è la capacità di osare, mixando capi extra lusso come le borse Hermès ad elementi low cost. La fashion editor è sposata con il magnate Aleksey Mikheev, dal quale ha avuto due figli, George nato nel 2010 e Anna nata nel 2014. Una icona che ci riserverà ancora molte sorprese.
Tra le icone di stile è la più aristocratica e famosa, è stata musa di numerosi fotografi, socialite internazionale e vedova dell’indimenticabile avvocato Gianni Agnelli. La principessa Marella Caracciolo di Castagneto ha incarnato la quintessenza dello chic italiano, universalmente riconosciuto.
La classe nella figura eterea, il lunghissimo collo eburneo, che incantò artisti di tutto il mondo, da Richard Avedon a Truman Capote, che la ribattezzò “The Last Swan”: Marella Agnelli è un’icona di stile tra le più ammirate, per la sua eleganza discreta e raffinata. Mai sopra le righe, spesso low profile, caratteristica di chi non ha bisogno di ostentare nulla. Ça va sans dire, sembra dire con il suo sguardo tagliente e il portamento austero. Una donna di grande spessore, ultima erede della dinastia torinese che più ha fatto discutere l’Italia.
Nata a Firenze il 4 maggio del 1927, il padre di Marella è il principe napoletano Filippo Caracciolo di Castagneto e la madre è l’americana Margaret Clarke, originaria dell’Illinois. Marella trascorre l’infanzia in giro per l’Europa al seguito del padre, diplomatico. La bellezza eterea della giovane spicca nei saloni dei palazzi dell’aristocrazia romana e nei circoli più esclusivi, ma la sua è un’eleganza diversa, fatta di sottrazioni e di un autentico charme. La fanciulla, alta e filiforme, fa il suo ingresso in società in lunghi abiti in impalpabile chiffon di seta: tra i couturier prediletti dalla principessa spicca il genio partenopeo di Federico Forquet, Balenciaga e Courrèges.
Inserita da Vanity Fair nella Hall of Fame dell’International Best Dressed List creata da Eleanor Lambert, insieme al marito Gianni Agnelli e al controverso nipote Lapo Elkann, la sua bellezza così diversa dai canoni vigenti negli anni Cinquanta la portò a divenire musa di fotografi del calibro di Richard Avedon e Henry Clarke; inoltre fu immortalata da Clifford Coffin e Andy Warhol.
Dopo aver ultimato gli studi superiori in Svizzera, la giovane studia presso l’Académie des beaux-arts e poi presso l’Académie Julian di Parigi. Successivamente inizia a lavorare a New York, come fotografa: sarà l’assistente del celebre fotografo di moda Erwin Blumenfeld. Successivamente al suo rientro in Italia, Marella Caracciolo lavora come fotografa e redattrice per la Condé Nast, celebre casa editrice di Vogue.
Nel 1953 sposa l’erede della Fiat Gianni Agnelli, nella sfarzosa location del castello di Osthoffen, a Strasburgo, in Francia. L’unione sancisce la scalata sociale del celebre avvocato, eccentrico protagonista della Dolce Vita. Dalle nozze nascono i figli Edoardo, morto suicida, e Margherita, madre di John e Lapo, componenti dell’attuale board di FIAT e della Juventus. Intima amica di Truman Capote, indimenticabile il suo ingresso al celebre Black & White Ball organizzato da quest’ultimo in un caftano in seta firmato Mila Schön e scenografico copricapo di piume nere. Amica di John e Jacqueline Kennedy, spesso fotografata con loro a Capri e Positano, a differenza del marito Gianni non fu mai presa d’assalto dai paparazzi, forse in virtù del suo aristocratico savoir-faire, roccaforte assai ardua da espugnare.
Nel 1973 Marella Agnelli intraprende l’attività di designer di alta moda, specializzandosi nella realizzazione di disegni per stoffe d’arredamento, attività questa che la principessa continua tuttora. Tra le passioni coltivate dalla vedova Agnelli il giardinaggio è al primo posto: un pollice verde di notevole talento, il suo, al punto che la principessa ha curato personalmente la progettazione dei giardini nelle sue dimore, da Villa Frescot sulla collina di Torino a Villar Perosa nei pressi di Torino fino alla sua abitazione a Marrakech in Marocco, dove si è trasferita nel 2005.
Marella Agnelli è autrice di numerosi libri di giardinaggio e fotografia. Membro dell’International Council del MOMA di New York, del Tate International Council di Londra, del Board degli Amici dei Giardini Botanici Hanbury, nonché presidente dell’Associazione Amici Torinesi Arte Contemporanea, la principessa è anche una grande collezionista d’arte: famosa la collezione posseduta dai coniugi Agnelli, che includeva opere di Canaletto, Bellotto, Canova, Manet, Renoir, Picasso, Matisse, Severini e Modigliani. La classe non è acqua.
Ci sono donne che nascono con’aura particolare e che per un particolare mix di bellezza, eleganza e circostanze divengono indimenticabili icone. La viscontessa Jacqueline de Ribes ha incarnato per decenni la quintessenza del glamour parigino.
Socialite della Parigi più chic, filantropa, produttrice e designer di successo, è stata musa di stilisti del calibro di Yves Saint Laurent, Valentino e Guy Laroche.
Un fascino esotico, zigomi pronunciati e lunghissimi capelli d’ebano spesso legati in acconciature di stampo etnico, il profilo severo, il taglio orientale degli occhi, sapientemente rimarcato con un filo di eyeliner: Jaqueline de Ribes è un’icona di stile tra le più famose al mondo.
Aristocratica da generazioni, presenza fissa dell’International Best Dressed List a partire dal 1962, la contessa Jacqueline Bonnin de La Bonninière de Beaumont nasce a Parigi in una data emblematica per la Francia: il 14 luglio del 1929. “Ero già una piccola rivoluzionaria”– ironizzerà lei stessa a questo proposito. Figlia di Jean, conte Bonnin de la Bonninière de Beaumont, esponente di spicco dell’aristocrazia francese, e della contessa Paule de Rivaud de La Raffinière, traduttrice di Ernest Hemingway, Jacqueline cresce nella Francia più ricca e glamour.
La giovane -lunghe gambe e portamento altero- coltiva il sogno di diventare una ballerina, ma la sua infanzia è caratterizzata da una profonda solitudine: la freddezza che i suoi genitori le dimostrano fa sì che la piccola si affezioni moltissimo al nonno. Amante della bella vita, il nonno non lesina in spese folli e vive tra yacht di lusso, automobili sportive e belle donne. La giovane è già una sognatrice, come dichiarerà lei stessa più avanti. Ma alla morte del nonno, la piccola Jacqueline, che non ha ancora 10 anni, avverte un vuoto affettivo talmente forte che lo scoppio della guerra la lascia quasi indifferente. Durante l’occupazione viene mandata ad Hendaye, sui Pirenei, insieme alla sua nanny scozzese. Poco lontano da qui, quando la ragazza ha da poco compiuto diciotto anni, avviene l’incontro della sua vita: durante un party a Saint-Jean-de-Luz la giovane nota un ragazzo bruno in tenuta da tennis. È il visconte Édouard de Ribes, eroe di guerra appartenente alla Legion d’Onore, all’epoca 24enne. “Vidi questa gazzella e me ne innamorai all’istante”, dirà di lei.
I visconti appartengono all’élite di Parigi: sono i tempi dell’haute couture e dei balli di lusso e la splendida Jacqueline risplende dall’alto del suo stile. Soprannominata “la De Gaulle della moda”, nella Parigi del Folies Bèrgere Jacqueline de Ribes diviene un’icona ammirata e dallo stile imitatissimo. “Elegante fino a farti distrarre”, dirà di lei Oleg Cassini, l’altera eleganza si unisce in lei ad una forte carnalità: il mix ideale in ogni donna, si potrebbe dire. Iniziata alla moda durante un ballo a Venezia, a cui la giovane si presenta con un abito da sera creato da lei, durante un viaggio a New York la sua bellezza esotica conquista la più grande talent scout dell’epoca, Mrs. Diana Vreeland, che la fa immortalare da Richard Avedon.
Dal 1956 il suo stile raffinato e barocco entra a far parte dell’International Best Dressed List, ideata nel 1940 da Eleanor Lambert e, a partire dal 1962, Jacqueline divenne presenza fissa nella Hall of Fame. Nel 1983 venne nominata “la donna più elegante del mondo” da Town and Country. Intima amica di Oleg Cassini, era la “giraffina” prediletta da Emilio Pucci, mentre Valentino Garavani la soprannominò “L’ultima regina di Parigi”.
Al compimento dei 53 anni, nel 1982, la viscontessa organizzò un meeting familiare per annunciare a suo marito e ai loro figli la sua improrogabile decisione di iniziare una carriera come fashion designer. Caparbia e temeraria, Jacqueline dichiarò fermamente che niente e nessuno avrebbe mai potuto farle cambiare idea. Gli stessi Yves Saint Laurent e Pierre Bergé, suoi confidenti, si dichiararono fortemente preoccupati per la sua scelta: erano tanti gli ostacoli che la contessa doveva superare, in primis il suo stesso status sociale, che poteva suscitare facilmente pregiudizi nel pubblico.
La sua prima collezione sfilò nella regale location di casa sua nell’ambito della Fashion week di Parigi del 1983. Una linea sontuosa -pur trattandosi di prêt-à-porter– che si rivelò subito un grande successo: negli Stati Uniti Saks Fifth Avenue le offrì un contratto di tre anni. Nel 1984 la contessa creò anche una linea di gioielli. Jacqueline continuò a disegnare le sue collezioni fino al 1995. Tra le sue clienti più affezionate troviamo Joan Collins, Raquel Welch, Barbara Walters, Cher, Danielle Steel, la baronessa von Thyssen e Olympia de Rothschild.
Le sue creazioni ottennero i favori del pubblico e della stampa: l’International Herald Tribune e il Women’s Wear Daily scrissero recensioni entusiastiche sulle sue collezioni. La contessa fu costretta da problemi di salute a chiudere la sua linea di abbigliamento nel 1995. Nel 1999 Jean-Paul Gaultier le dedicò una sua collezione. Insignita nel 2010 del prestigioso titolo di Cavaliere della Legion d’Onore, Jacqueline de Ribes non è stata soltanto un’icona di stile: produttrice teatrale, televisiva e cinematografica, ha finanziato alcune delle attività culturali più importanti del teatro e della televisione francesi, dalla metà degli anni Cinquanta. Inoltre è stata ecologista, filantropa, mercenario per diversi musei ed istituzioni nonché accanita sostenitrice di cause umanitarie. Nel 1980 ha vinto il Women of Achievement Award.
La bellezza e l’intramontabile eleganza di Jacqueline de Ribes saranno celebrate con una mostra organizzata presso il Metropolitan Museum of Art di New York in cui saranno esposti 60 pezzi, tra haute couture e ready-to-wear — da Giorgio Armani a Pierre Balmain, Bill Blass, Marc Bohan per Dior, Roberto Cavalli, John Galliano, Madame Grès, Valentino Garavani e creazioni della linea della viscontessa —dal 1959 fino ai giorni nostri. “Jacqueline de Ribes: The Art of Style” sarà esposta all’Anna Wintour Costume Center del MET dal 19 Novembre 2015 fino al 21 Febbraio 2016. Per veri gourmet dello stile.
È la it girl più amata in assoluto. Con il suo stile si è guadagnata il titolo di icona fashion e con la sua fotogenia è richiestissima come testimonial dei brand più famosi. Oltre 2 milioni e mezzo di followers su Instagram, Olivia Palermo è figlia della New York più chic, quella delle copertine patinate e dei party esclusivi.
Origini italiane, nata a Greenwich il 28 febbraio 1986, Olivia Toledo Palermo è diventata famosa nel 2009, in seguito alla sua esperienza come attrice nel reality show di MTV“The City”, che documenta la vita di Whitney Port.
Socialite e trendsetter, Olivia è figlia di un ricco costruttore e di una interior designer. Cresciuta tra l’Upper East Side di New York e Greenwich, nel Connecticut, Olivia ha frequentato le scuole più prestigiose, a partire dalla Nightingale-Bamford School.
Nel 2009 la famosissima agenzia Wilhelmina Models le offre un contratto come modella. Olivia Palermo ottiene la cover di Elle Messico e compare in magazine come Marie Claire UK, Tatler, ASOS Magazine.
Eletta nel 2010 da ASOS “nuova regina dello street style”, è stata testimonial Hogan e ora è il volto di Max & co. per l’autunno/inverno 2015-2016. Inoltre ha posato per Mango nella campagna autunno/inverno 2010, in compagnia del suo attuale marito, Johannes Huebl. Nello stesso anno ha lanciato una linea di gioielli insieme a Roberta Freymann ed è diventata testimonial di Carrera y Carrera.
L’anno seguente, nel 2011, il celebre brand Stuart Weitzman le chiede di disegnare una linea di scarpe per beneficenza. Inoltre diviene guest editor per Paperlime.com e partecipa in qualità di giudice alla nona stagione di Project Runway.
Nell’ottobre 2011 lancia il suo sito (www.oliviapalermo.com), in cui documenta i suoi viaggi e i suoi fantastici outfit: avviene così la consacrazione dello stile di Olivia Palermo. Eletta nel 2012 dal New York Post la meglio vestita della Grande Mela, ha al suo attivo diverse partnership con siti di e-commerce. Attualmente scrive per Vogue UK la sua rubrica personale, dall’esauriente titolo “Today I’m wearing”. Soprannominata “la ragazza dal guardaroba perfetto”, il suo stile conquista in modo garbato e sofisticato.
Dallo stile iperfemminile, Olivia è la tipica ragazza americana dell’Upper East Side. Classe da vendere, la sua corporatura minuta (non arriva al metro e settanta) le permette di indossare qualsiasi capo al top. Viso dall’eleganza antica, lo stile di Olivia Palermo è invece pienamente contemporaneo. Abiti lunghi, che tradiscono una predilezione per il moodboho-chic. Gonne maxi, indossate con ballerine e camicie in seta. Grande femminilità nella predilezione per minigonne, Olivia Palermo mantiene sempre un’allure perfetta.
Suggestioni Seventies nei maxi abiti boho-chic, come quello di Mango, brand per cui Olivia è stata testimonial. Stampe jacquard o paisley anche nei suoi outfitBurberry. Svettanti le sue gambe in minigonna e cuissardes indossati sotto il poncho Burberry con le iniziali personalizzate.
Considerata una dea della moda, contesa dalle maison e dai magazine, Olivia Palermo è la prova vivente di quanto la classe sia evergreen. Mai sopra le righe, la sua eleganza sempre discreta non sbaglia un colpo.
Il suo volto è impresso nella memoria di intere generazioni. Il suo stile ha rappresentato per tutto il Novecento la somma eleganza. Una vita vissuta tra copertine patinate e abiti extralusso: ma di Babe Paley, a distanza di un secolo dalla sua nascita e di quasi quarant’anni dalla sua scomparsa, non resta solo questo. La parabola di una donna che ha modellato tutta la sua esistenza all’insegna dell’eleganza e della bellezza, scontando sulla propria pelle le conseguenze delle proprie scelte.
Barbara Cushing detta Babe nasce a Boston, in Massachusetts, il 5 luglio 1915. Figlia di un rinomato neurologo, cresce in un ambiente raffinato. Babe fa il suo debutto in società nel 1934, durante la grande depressione. Inizia così per la giovane, dotata di grande fascino, una clamorosa scalata sociale. Le sue due sorelle sposano uomini molto facoltosi, tra cui il figlio del presidente Roosevelt, ma per Babe, socialiteante litteram dalla bellezza altera, si prospetta una vita ancora più brillante.
Nel 1938 Babe inizia a lavorare come fashion editor per la Bibbia della moda: Vogue America. Qui conosce l’ereditiere Stanley Grifton Mortimer Jr., con cui convola a nozze nel 1940. Ma è il 1941 l’anno in cui Babe Paley entra nel mito: viene assunta dal Times nell’olimpo dell’eleganza, seconda solo a Wallis Simpson. Nel 1945 e nel 1946 viene invece collocata al primo posto della classifica delle Best Dressed Women, divenendo a tutti gli effetti un modello di eleganza.
Grazie al suo lavoro per Vogue, Babe è corteggiatissima dai designer dei brand più lussuosi, che spesso le prestano le loro ultime creazioni, data la visibilità di cui gode la fashion editor. Impeccabile in ogni occasione, Babe predilige Chanel, Balenciaga, Givenchy, Valentino, Charles James e i gioielli di Fulco di Verdura e Jean Schlumberger.
Viso lungo e sottile, collo da cigno e classe senza precedenti fanno di lei una vera icona. Un’immagine che incanta, nessun dettaglio lasciato al caso, ogni outfit è un successo per Babe. “Aveva un solo difetto: era perfetta”-dirà di lei Truman Capote, che la incluse tra i cosiddetti “cigni” dell’alta società, insieme a Gloria Guinness, Marella Agnelli e C. Z. Guest. Forse la prima fashion icon nel vero senso del termine, Babe ha un gusto innato nel vestire ed è in grado di mixare i capi in modo fantastico. Tutto ciò che indossa diviene immediatamente oggetto di culto. Capace di abbinare pezzi di haute couture ad accessori economici, Babe diviene una trendsetter ammirata a livello internazionale. Sarà anche la prima donna famosa a dichiarare guerra alle tinture, perfetta anche nel suo tentativo di sdoganare i capelli bianchi come nuovo fashion trend.
I lustrini della vita pubblica di Babe lasciano però il posto a numerose delusioni nella sfera privata. Dopo aver dato alla luce due figli, Amanda Jay Mortimer e Stanley Grafton Mortimer III, Babe decide di separarsi dal marito. Tante sono le indiscrezioni che svelano un rapporto praticamente inesistente tra i due, e tante sono le voci che dipingono Babe come un’avida arrampicatrice sociale, totalmente dipendente dal marito dal punto di vista economico e troppo a suo agio in un certo stile di vita per non proseguire la sua ricerca di un secondo buon partito che potesse garantirle quegli stessi standard.
La ricerca durò poco: nel 1946, appena dopo la separazione da Mortimer, Babe incontra William S. Paley, fondatore della CBS. Segni particolari: milionario. La donna, esponente di spicco dell’alta società newyorchese grazie anche al suo prestigioso lavoro nel fashion biz, può offrire a Paley l’opportunità concreta di far parte di quella élite da cui finora l’uomo si è sempre sentito escluso. Lui dall’altra parte può offrire a Babe una sicurezza materiale vissuta dalla donna come un’esigenza fondamentale. La coppia convola a nozze nel 1947 e ha due figli, Kate e Bill Jr.
Babe e il nuovo marito Bill Paley formano una coppia semplicemente perfetta: mondani, eleganti e pieni di charme, i due non si perdono un evento e si fanno fotografare nelle occasioni ufficiali più disparate, raccogliendo favori per il loro stile. Inoltre acquistano un sontuoso appartamento all’Hotel St. Regis e affidano il compito di arredarlo secondo il loro gusto al famoso interior designerBilly Baldwin. Contemporaneamente la coppia acquista una tenuta principesca a Long Island: Kiluna Farm si estende per una superficie immensa e comprende un giardino curato dai più famosi architetti paesaggisti. Una sorta di Eden di lusso, il ritiro più lontano –Kiluna Nord, nel New Hampshire– divenne meta del jet-set internazionale, ospitato dalla coppia, nonché location per film di fama mondiale come “Sul lago dorato”, del 1981.
Tuttavia anche il secondo matrimonio si rivela infelice e le numerose relazioni extraconiugali di Paley gettano Babe nell’occhio del ciclone mediatico: lei, che della perfezione aveva fatto uno stile di vita, si vede ora pubblicamente tradita ed umiliata. Costretta a mantenere il suo status di icona della moda, Babe si ritrova a vivere una vita che non è quella che desiderava. Lontana da quel paradiso di cartone mirabilmente documentato dalle foto di Slim Aarons, che la immortala spesso a bordo piscina intenta a sorseggiare drink, confinata nella torre d’avorio che lei stessa si è costruita, Babe accumula forti tensioni che la spingono a fumare due pacchetti di sigarette al giorno. Presto arriva la diagnosi più terribile: nel 1974 le viene diagnosticato un cancro ai polmoni.
Il suo bisogno di controllare tutto -ennesimo tentativo di conferire ordine e bellezza alla realtà circostante- non la abbandona nemmeno negli ultimi giorni, quando Babe pianifica con sconcertante lucidità ogni particolare del proprio funerale, arrivando a scegliere persino i piatti che sarebbero stati usati per il servizio funebre. Inoltre la fashion editor elabora un codice quasi segreto per stabilire a chi dovesse toccare la sua eredità: numerosissimi i gioielli e gli oggetti personali che amici e parenti dovettero distribuire dopo la sua morte.
Babe Paley si spegne il 6 luglio del 1978, il giorno dopo il suo sessantatreesimo compleanno. Ancora oggi la sua figura leggiadra continua ad ispirare generazioni di designer e registi. Ricordata anche nel celebre film “Colazione da Tiffany” come la musa di Truman Capote, la moda rende ancora omaggio a questa donna tanto perfetta quanto infelice.
È la modella più cosmopolita ed intellettuale nonché madrina del prossimo Festival del Cinema di Venezia: Elisa Sednaoui è una delle top model più affascinanti degli ultimi tempi.
Classe 1987, un’infanzia trascorsa in Egitto, Elisa è una vera cittadina del mondo: numerosissimi i viaggi, che, dopo una breve parentesi italiana, la portano a Parigi e infine a New York. La brillante carriera nella moda inizia dopo il conseguimento del diploma di maturità: nel 2008 debutta sulle passerelle newyorkesi di Dolce & Gabbana.
Definita nel 2010 rising star della moda da vogue.it, appare nelle campagne pubblicitarie di Emilio Pucci, Diane von Fürstenberg e Moschino. Bellezza aristocratica, la top model italo-egiziana fa il pieno di cover su magazine prestigiosi quali L’Officiel e Vogue.
Elisa Sednaoui ha due calendari Pirelli al suo attivo: l’edizione firmata Karl Lagerfeld, nel 2011, e quella del 2013. Inoltre Elisa ha già preso parte a diversi film e ha ricevuto critiche entusiastiche anche per le sue interpretazioni da attrice.
Madre del piccolo Jack, avuto da Alexander Dellal, la modella è stata scelta come madrina della 72esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, che si terrà dal 2 al 12 settembre 2015.
Lo stile della top model rispecchia perfettamente la sua anima bohémien: lunghi abiti svolazzanti si mixano ad un tocco rock per uno stile moderno e giovane. Coroncine sui capelli, lunghe gonnellone gipsy e ankle boots, la top model sfoggia spesso un look boho-chic. Perfetta sulla cover di The Edit nel giugno del 2014 in un lungo caftano prezioso, Elisa Sednaoui ha lo charme delle dive di una volta. Un volto interessante come pochi e un gusto particolare nel vestire ne hanno fatta una vera icona di stile.
Se ne andava tragicamente il 31 agosto 1997, a causa di un incidente automobilistico avvenuto sul tunnel dell’Alma, a Parigi, Lady Diana Spencer.
La principessa triste, così come viene ricordata, è stata il simbolo di un’epoca. Bella ed infelice, è stata a lungo al centro delle cronache per il suo matrimonio con il principe del Galles. È una favola al contrario, quella di Diana. Lei, fine aristocratica, sposando giovanissima Carlo diviene futura regina di un regno che sembra non appartenerle. Dalla bellezza assai più delicata rispetto alla rivale Camilla Parker Bowles, Diana è stata un’icona di stile tra le più ammirate degli anni Novanta. Una sensualità castigata che forse quel matrimonio infelice tendeva a reprimere; ma bastava un tubino ed il suo sex appeal veniva fuori.
Amata da Versace e Valentino, Diana si è distinta anche nel sociale: numerose le sue opere di beneficenza. Struggenti le note di Elton John che hanno accompagnato la cerimonia funebre. Resteranno sempre impressi nella nostra memoria quei versi originariamente dedicati a Marilyn Monroe, altra diva tormentata e fragile, poi cambiati in onore della Rosa d’Inghilterra, prematuramente scomparsa.
Lo stile di Lady D. era figlio dei tempi: una principessa moderna, dalla grande personalità, e forse per questo in triste contrasto con l’etichetta imposta alla corte della rigida Elisabetta. Da film il suo ballo alla Casa Bianca con John Travolta, durante una cena ufficiale. Immortalata per Vogue da Mario Testino, la principessa è stata oggetto del gossip più sfrenato, durante gli ultimi mesi di vita, a causa della sua relazione con Dodi Al-Fayed, scomparso con lei nel medesimo incidente avvenuto a Parigi.
Bellissima in jeans e camicia, indimenticabile il buffo abito da sposa, in perfetto stile Eighties, sontuoso, quasi una meringa, stemperato dalla dolcezza dei lineamenti della principessa triste. Tante le mise con spalline, must-have degli anni Ottanta. Una linea perfetta che rendeva la principessa impeccabile in tailleur, nonostante la bulimia che l’attanagliava. Perfetta in LBD, come nel celebre modello Valentino. Famosa la sua predilezione per Tod’s, di cui era solita indossare il modello passato alla storia come D-Bag, e per la Lady Dior, spesso paparazzata tra le sue mani.
Numerosi sono gli outfit di Diana citati dalla nuova principessa, Kate Middleton, dal 2011 sposa di William. Un’eredità pesante che forse trova il più naturale sbocco nell’affetto sincero che il popolo britannico sembra provare nei suoi confronti.
Nasino alla francese e bocca a cuore, grande fotogenia e personalità ribelle: Charlotte Casiraghi si è imposta sempre più come un’icona di stile tra le più ammirate.
La bellezza della mamma Carolina e il fascino senza tempo della mitica nonna Grace Kelly si incontrano in lei in modo mirabile. Ventinove anni compiuti lo scorso 3 agosto, una laurea in Filosofia alla Sorbona, Charlotte Marie Pomeline Casiraghi è la secondogenita della principessa Carolina di Monaco.
Blasonata it girl dallo stile copiatissimo, la principessina appena sedicenne è stata inclusa dalla rivista Vanity Fair nella Lista delle donne meglio vestite al mondo.
Seguitissima dai giornali di gossip per le sue vicende sentimentali, provetta amazzone e mamma di Raphaël, avuto dall’attore Gad Elmaleh, il viso pulito e la bellezza acqua e sapone hanno fatto della principessina un’icona di bellezza. Il suo stile piace e affascina, a partire dalle uscite ufficiali della giovane, che ammette che, sebbene ami cambiare spesso d’abito, non ne ha mai fatto un’ossessione.
La principessa sfoggia nella vita di tutti i giorni uno stile fresco e giovane. Suggestioni grunge in certe mise sfoggiate dalla Casiraghi in giro per Parigi si alternano a linee pulite ed essenziali. Uno stile sofisticato ed una grande femminilità messa in risalto dai tacchi vertiginosi e dai lunghi abiti da sera indossati nelle occasioni ufficiali, come il Ballo della Rosa, che la vede da anni protagonista indiscussa.
Tanti i look bon ton sfoggiati da Charlotte, che veste spesso Chanel: indimenticabile è la mise rosa baby con veletta nera sfoggiata al matrimonio di Alberto di Monaco e Charlene Wittstock.
Mood sporty chic in Gucci, che ha reso omaggio all’equitazione, la passione preferita di Charlotte, amazzone a livello agonistico. Bella anche senza un filo di trucco addosso, la gravidanza non ha cambiato il suo fisico atletico, messo in evidenza anche in un outfit semplice come jeans e camicia.
Un volto dai tratti fanciulleschi e dalla sensualità appena accennata che Gucci ha saputo mirabilmente mettere in evidenza, volendola a tutti i costi come testimonial.
Apparsa più volte sulla cover di Vogue, fotografata -tra gli altri- da Mario Testino e Peter Lindbergh, Charlotte è camaleontica e versatile: quasi una diva per l’obiettivo di Testino, che ne immortala lo charme blasonato, intellettuale e sofisticata nelle foto che la ritraggono per Vogue UK di luglio 2013.
Una preferenza per i look bohémien, come il lungo abito Zara sfoggiato recentemente alle isole Borromee, location scelta dal fratello Pierre per il suo matrimonio con Beatrice Borromeo, la Casiraghi ha gusto e personalità da vendere. Eclettica e glamour in Missoni, sempre per il matrimonio del fratello, ha incantato tutti indossando per il ricevimento un lungo abito floreale. Uno stile da copiare.
Nasceva il 27 agosto Gloria Guinness, icona di stile mai dimenticata. Il buon gusto innato e la vita alquanto avventurosa ne fecero un mito che ancora oggi non smette di affascinare.
Socialite, icona d’eleganza e contributing editor di Harper’s Bazaar dal 1963 al 1971, Gloria Rubio Alatorre nacque a Veracruz, Messico, il 27 agosto 1912.
Un’aura di mistero avvolge molte fasi della sua vita: si dice che da giovanissima lavorò in un night club, prima di sposarsi, per ben quattro volte.
Affascinanti i suoi matrimoni, rigorosamente blasonati: dal conte Franz-Egon von Fürstenberg-Herdringen nacque la figlia Dolores; successivamente convolò a nozze col principe Ahmed Abdel-Fettouh Fakhry e in quarte nozze con il capitano Thomas Loel Guinness, magnate dell’omonima birra ed appartenente ad una ricchissima famiglia di origine irlandese. Tra i suoi amanti vi furono l’ammiraglio David Beatty e il politico britannico Duff Cooper, che la descrisse come una donna dalla passionalità indomabile.
Definita da Eleanor Lambert la donna più elegante al mondo, dal 1959 al 1963 Gloria Guinness fu presenza fissa nella International Best Dressed List, ideata dalla Lambert nel 1940. E dal 1964 conquistò il podio, superando, in fatto di stile, teste coronate e stelle del cinema.
Predilesse abiti Balenciaga, Elsa Schiaparelli, Yves Saint Laurent, Hubert de Givenchy, Chanel, Christian Dior, Valentino Garavani, Antonio del Castillo, Halston e Roger Vivier per le scarpe. Fu tra le prime ad indossare i pantaloni capri proposti da Emilio Pucci e poi sdoganati da Jackie Kennedy. Apparve in riviste come Vogue e Harper’s Bazaar, di cui fu editor; posò per Cecil Beaton, Richard Avedon, Horst P. Horst, John Rawlings, Toni Frissell, Henry Clarke e fu ritratta da artisti del calibro di René Bouché, Kenneth Paul Block e Alejo Vidal-Quadras.
Numerose le sue donazioni al Victoria & Albert Museum, che comprendono diversi abiti da sera: capi di Cristóbal Balenciaga, Jeanne Lafaurie, Marcelle Chaumont, Antonio del Castillo, Hubert de Givenchy, Yves Saint Laurent, André Courrèges, Christian Dior. Altri capi di Balenciaga ed Elsa Schiaparelli vennero invece donati al Costume Institute del Metropolitan Museum of Art di New York.
Brillante editor per Harper’s Bazaar, celebre è un suo aforisma apparso nel numero di luglio 1963 del celebre magazine, in cui afferma che “l’eleganza risiede nel cervello, nel corpo e nell’anima. Gesù Cristo è l’unico esempio che abbiamo di un uomo che le possedeva tutte e tre nello stesso tempo”.
Gloria Guinness si spense nella sua casa in Svizzera nel 1980, all’età di 68 anni. Ma il suo stile rimarrà per sempre come un mirabile esempio di eleganza.
Una donna di rara bellezza, icona hippie chic ed incarnazione dello spirito bohémien degli anni Sessanta. Talitha Getty è stata protagonista di quegli anni. Le foto che la ritraggono insieme al marito Paul, vestiti con caftani damascati sul tetto di un elegante palazzo di Marrakech, sono diventate simbolo di un’epoca. Una rivoluzione all’insegna del mood gipsy.
Il flower power ha trovato una splendida rappresentante in Talitha Dina Pol. Nata nel 1940 a Giava, all’epoca facente parte delle Indie Orientali Olandesi, Talitha trascorre i suoi primi cinque anni di vita in un campo di prigionia giapponese insieme alla madre, per poi trasferirsi con lei a Londra nel 1945.
La giovane ha il dono della bellezza e sogna di diventare un’attrice. Per questo si iscrive alla Royal Academy of Dramatical Art. Sangue misto nelle vene, un viso da copertina ed una bellezza selvaggia, Talitha incanta icone del calibro di Diana Vreeland, Rudolf Nureyev e Yves Saint Laurent, che ne fa la sua musa. Nureyev, dichiaratamente omosessuale, prova per lei una fortissima attrazione erotica, al punto che dichiara di aver pensato di sposarla. Il giornalista Jonathan Meades la definisce “la donna più bella che abbia mai visto”.
Nel 1965 avviene l’incontro che segna la vita della bellissima Talitha: ad un party organizzato da Claus von Bülow la ragazza conosce John Paul Getty Jr., magnate americano che sposerà l’anno seguente in Campidoglio, a Roma, indossando una minigonna in velluto bianco bordata di visone. La sua carriera di attrice è decollata qualche anno prima, e la giovane prende parte a sette film. Ma è il suo stile unico a destare l’attenzione dei media.
Emblema dello stile wild degli anni Sessanta, Talitha mixa perfettamente il mood boho-chic con le suggestioni della Swinging London. Un look che privilegia caftani coloratissimi e preziosi e fiori tra i capelli e contaminazioni stilistiche. Frequenti sono i viaggi dei coniugi Getty a Marrakech: proprio questa diviene la location per il celebre servizio fotografico realizzato nel 1969 da Patrick Liechfield, che li immortala sul tetto del Pleasure Palace in caftani e gioielli etnici. Una coppia perfettamente assortita anche nel look.
Nel 1968 Talitha ha una figlia da Getty e poco dopo decide di ritirarsi dal cinema. Una vita fatta di eccessi e finita tragicamente. Nel 1971 Talitha Getty muore nel suo appartamento a piazza d’Aracoeli a Roma, a soli trent’anni, per un’overdose di eroina e barbiturici. Ma il suo charme non smette di affascinare.
Ci sono donne che con la propria forza sono riuscite a vincere anche contro le peggiori avversità che la vita può riservarti. Questa è la parabola della vita di Gabrielle Coco Chanel.
Un’infanzia difficile trascorsa a Courpière, la madre, cagionevole di salute, muore quando Gabrielle è solo una bambina, il padre assente, tra infedeltà coniugali e sperpero di denaro.
Gabrielle Bonheur Chanel nasce a Saumur il 19 agosto 1883. La piccola cresce in fretta perché la vita le impone di fare così e quel che resta della sua infanzia lo trascorre presso l’orfanotrofio di Aubazine tra le umiliazioni che le suore riservano agli orfani meno abbienti.
“Se sei nato senza ali, non fare nulla per impedire loro di crescere”: un simile monito non può che venire da chi le difficoltà le ha vissute sulla propria pelle. Fino a quel primo impiego presso la sartoria di Madame Desboutins, a Moulins. Un impiego modesto, in un atelier del quale la giovane Gabrielle non condivide minimamente lo stile, da lei giudicato pacchiano e volgare; ma lì, dove quella ragazza bruna e dal gusto minimal viene additata come la peggiore delle provinciali, avviene la prima rivoluzione firmata Coco Chanel.
Prima l’incontro con Étienne Balsan, ricco giocatore di polo dell’alta borghesia francese, poi l’addio a Madame Desboutins, la burbera titolare. Non un gesto di ubris ma una dichiarazione di stile e di assoluta coerenza con se stessa, per la giovane Gabrielle, che diviene in quel momento Coco. L’amore che Étienne prova per lei le porterà un solido aiuto materiale, ponendosi come deus ex machina per una donna geniale, che meritava per diritto divino di avere un posto nella storia.
Battagliera come nessuna, granitica, leonessa astrologicamente e non solo, Chanel è stata forse la sola designer ad avere attraversato due crisi fortissime ma ad essere riuscita a rialzarsi ambedue le volte.
Il secondo amore è forse quello della vita e viene dalla grigia Inghilterra: scandaloso e proibito, perché spesso è così che iniziano le storie migliori. Anche Boy Capel aiuterà Coco, divenuta ormai forse troppo sicura di sé e troppo poco gestibile dal più insicuro Balsan, migliore amico di Capel. Quest’ultimo la aiuterà ad aprire il suo primo atelier a Parigi, al fatidico numero 31 di rue Cambon. Da lì è storia. Ma Coco restituirà all’amante l’intera somma ricevuta in prestito e offrirà per tutta la vita aiuto alla sorella Adrienne.
Durante l’occupazione tedesca Chanel fu la sola ad esser tollerata all’Hôtel Ritz, che restò la sua residenza anche in quegli anni. Generosa anche col nipote e con i suoi numerosi amanti più giovani, durante la vecchiaia, la sua vita ci insegna a non smettere mai di lottare e ad indossare sempre un girocollo di perle, of course.