Bettie Page in mostra a Bologna

Raramente un personaggio è entrato tanto nella cultura visiva e popolare di un’epoca da diventarne icona inimitabile. Ma Bettie Page, prima modella pin-up, antesignana del bondage, emblema della femminilità anni Cinquanta, ha sicuramente influenzato forse come nessun altro la cultura pop del Novecento.

L’icona viene ora celebrata, a sette anni dalla scomparsa, in una mostra organizzata dalla galleria ONO di Bologna, che apre i battenti il prossimo 29 agosto.

Bettie Mae Page nasce a Nashville il 22 aprile 1923. Dopo un’infanzia trascorsa in una famiglia poverissima con un padre che abusava di lei e delle sue due sorelle, Bettie viene lasciata in orfanotrofio dalla madre. Tutto ciò non ferma la brillante personalità della ragazza: gli ottimi voti che consegue le permettono di laurearsi in Arte nel 1943, dopo aver mancato per appena un quarto di punto una prestigiosa borsa di studio per la prestigiosa Vanderbilt University.

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Dopo il matrimonio fallito con Billy Neal, suo compagno al liceo arruolatosi durante la Seconda Guerra Mondiale, la giovane Bettie decide di trasferirsi a New York. Qui inizia a lavorare come segretaria, ma questa routine le sta stretta. Bettie sa bene di avere una grande fotogenia ma la sua bassa statura e le curve esplosive non sono in linea con le tendenze della moda, che esige mannequin assai più eteree. Tuttavia la ragazza mostra una grande consapevolezza del proprio fisico e una straordinaria spontaneità davanti l’obiettivo. Felicemente curvilinea, Bettie sfodera sorrisi ed un’irresistibile innocenza.

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Sarà in una spiaggia di Coney Island che la sua vita cambierà per sempre: l’incontro con il fotografo Jerry Tibbs segna l’inizio dell’epopea Bettie Page. Tibbs nota per primo la carica sensuale della giovane e le consiglia di adottare un nuovo taglio di capelli con la particolarissima frangetta corta, che diverrà emblema della pin-up. Come lei stessa ha dichiarato, rispetto al suo nuovo lavoro: “Guadagnavo in un giorno quello che come segretaria guadagnavo in una settimana”.

Nel 1951 Bettie posa per Irving Klaw insieme ad altre modelle. Le foto ritraggono giovani fanciulle intente a maneggiare languidamente corde e frustini: nessuno lo sa ma è l’inizio del bondage.

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Nel 1954, durante un viaggio a Miami, in Florida, Bettie conosce Bunny Yeager, ex modella nonché famosa pin-up di New York, ora aspirante fotografa. Bunny intende realizzare uno shoot ambientato nelle spiagge bianche della Florida e in particolare nel parco naturale africano di Boca Raton, location perfettamente en pendant con gli outfit animalier usati da Bettie. Le foto sono l’apice della sensualità con una Bettie versione wild che posa felina nella giungla. Ben conscia del potenziale della giovane che ha davanti, Bunny manda le foto a Playboy. La freschezza di Bettie conquista subito il patron della rivista Hugh Hefner, che la sceglie come Playmate del mese e come modella protagonista del poster per l’anniversario dei due anni del magazine, nel gennaio del 1955.

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La frangetta nera, gli outfit maculati, le scarpe a punta tonda, i look alla marinaretta sono tutti elementi salienti di una subcultura anni Cinquanta, che ha stravolto e ampliato i confini della moda ufficiale allora vigente. La cultura Rockabilly in toto deve moltissimo a Bettie Page. Quel particolare filone della moda Fifties, ancora oggi seguitissimo e redditizio per le aziende di tutto il mondo, rende interamente omaggio a questa donna e ai suoi look femminili e freschi. Ed è forse un unicum nella storia che una subcultura venga ideata ex novo da un singolo individuo.

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Prima fotomodella della storia, iniziatrice del BDSM e del Burlesque, grazie ad un fisico a clessidra dalle proporzioni degne delle statue greche, Bettie quando posa sfoggia un entusiasmo da bambina che contagia tutti. Donna concreta e misurata, dalla professionalità svizzera e dalla rara integrità morale, ha dichiarato fieramente di non essere mai uscita con un fotografo o con altre persone del settore. Numerosi però sono stati i suoi amanti, semplicemente estasiati dalla sua carica sessuale, a partire dal designer Richard Arbib, con cui viene colta in flagrante durante un focoso amplesso.

Brillante manager della sua carriera, fu designer dei suoi celebri costumi, che disegnava da sola: peccò però di ingenuità la giovane Bettie, quando la società a suo nome se ne impadronì senza mai versarle i dovuti diritti d’autore. Idolatrato oggetto del desiderio, si dice sia stata amante anche di Katharine Hepburn, che la sedusse in una stanza d’albergo. Modella richiestissima anche oltre i trent’anni, lavorò fino al 1957.

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Le sue foto scandalo suscitarono rivolte popolari e fu varato persino un provvedimento dalla sottocommissione sulla delinquenza giovanile del Senato -la cosiddetta audizione Kefauver-, che vietò le sue foto a tema sadomaso, come quelle scattate da Irving Klaw, incolpando indirettamente l’ignara pin-up di aver contribuito a causare la morte di un giovane durante un tentativo di emulazione finito tragicamente.

Temuta dalla puritana America perbenista degli anni Cinquanta, dopo il ritiro si convertì al protestantesimo nel 1958 e si trasferì in Florida. Fervente religiosa, nel tentativo di praticare la parola dei Cristiani Rinati arrivò a risposare il primo marito, che per tutta risposta cercò di ucciderla.


Alle prese con uomini che tentano invano di dominarla, Bettie è insieme tenera e ribelle nel difendere la propria indipendenza. La cifra della sua intera esistenza sta tutta nel comprendere il paradosso Bettie Page, per cui una donna divenuta per sua scelta iconica figurina del sesso è stata in realtà icona ante litteram del femminismo ed emblema dell’emancipazione femminile.

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Segnata dalla vita, la vecchiaia la vede poverissima e ricoverata per schizofrenia per ben otto anni in un ospedale psichiatrico della California. Sarà Hugh Hefner ad aiutarla: Bettie è un marchio vivente e, sebbene lei non ne sia consapevole, per risollevare le sue sorti economiche basta far sì che le vengano finalmente pagati i diritti degli innumerevoli gadget o prodotti culturali recanti il suo nome.

Idolatrata da stuoli di aspiranti modelle, sono tantissime le celebrities che continuano ad ispirarsi a lei, da Dita von Teese, odierna paladina del burlesque, a Katy Perry, da Beyoncé a Madonna.

Scomparsa l’11 dicembre del 2008, oggi l’Italia celebra il mito di Bettie Page con una mostra organizzata presso il museo ONO Arte contemporanea di Bologna. Il vernissage (29 agosto-29 settembre 2015) è composto da 55 scatti provenienti dalla collezione di Michael Fornitz e da 20 immagini a tiratura limitata: si tratta del patrimonio personale che la stessa Page donò ad un amico in punto di morte. Immagini che ritraggono una giovanissima Bettie di fronte alla macchina fotografica, ancora acerba ma già entusiasta. Il ritratto di una donna che ha avuto il coraggio di essere profondamente libera.