Hitler – discorso al Reichstag settembre 1939

Nel discorso al Reichstag del settembre 1939 Adolf Hitler si presenta al mondo dopo aver governato sei anni una Germania che da sconfitta e in crisi politica, sociale, economica, che aveva visto il suo territorio frammentarsi in numerose mini-rivoluzioni regionali, era ridiventata una nazione unita, forte, in crescita e una delle maggiori potenze europee.
La dimensione messianica del suo ruolo nella storia risale ai tempi della prima guerra mondiale, ed era stata già esposta nel Mein Kampf in linee ben note.
La sua ascesa al potere è essenzialmente dovuta a tre fattori. Il sentimento di revanscismo del popolo tedesco e le pesanti condizioni economiche. Il rischio più che concreto della frammentazione tedesca in regioni a governo bolscevico che avrebbero cambiato l’Europa con un contagio che le altre nazioni temevano fortemente. La visione della borghesia tedesca secondo cui solo un governo forte e sostanzialmente non democratico avrebbe garantito la rinascita e la potenza industriale tedesca, mettendo la nazione al riparo dai pericoli del socialismo.
Nel 1939 Hitler può rivendicare un cambiamento che dello scenario nazionale che nemmeno i più ottimisti tra gli utopisti avrebbero immaginato, e questo non fa che accrescere – prima di tutto in se tesso – l’idea concreta della sua missione quasi divina.
In questo discorso Hitler va oltre tutti gli elementi che – prevalentemente in politica interna – avevano caratterizzato la sua azione politica, e guarda fuori dai confini nazionali, esponendo il suo programma militare: è una sorta di dichiarazione di guerra al mondo.


Questo discorso delinea linee molto chiare, e ciò che a distanza di settant’anni dovrebbe davvero stupire è la miopia di come in molti ministeri e governi non solo europei si sia cercato di “non vedere” quale fosse il piano vero, quale fosse il disegno bellico, e di mediare per oltre un anno diplomaticamente difronte a tutte le avanzate tedesche, in Polonia (cui si riferisce direttamente questo discorso) come poi in Francia (che viene già dichiarata come nemico diretto) e in Cecoslovacchia di qui a pochi mesi.


Ma chi era Hitler e come giunse al potere?
Hitler conquistò il potere (e l’incipit di questo discorso lo delinea chiaramente) cavalcando l’orgoglio ferito del popolo tedesco, dopo la sconfitta nella prima guerra mondiale e la grave crisi economica che affliggeva la Repubblica di Weimar. Sfruttando la sua abilità oratoria e l’insoddisfazione delle classi medie, presentò un manifesto politico intriso di nazionalismo, anticomunismo e antisemitismo e dopo alterne vicende (fallito Putsch nel 1923 e conseguenti otto mesi di carcerazione, durante i quali iniziò la stesura del Mein Kampf), arrivò alla Cancelleria nel gennaio del 1933.


Nel 1934, dopo la morte del presidente Paul von Hindenburg, si attribuì per legge il titolo di Führer e Cancelliere del Reich, accentrando nelle sue mani i poteri dello Stato e instaurando un regime dittatoriale. Grazie a un possente ed efficace programma di ristrutturazione economica e riarmo militare, Hitler perseguì una politica estera estremamente aggressiva, volta principalmente a espandere il cosiddetto Lebensraum (spazio vitale) tedesco a spese delle popolazioni dell’Europa orientale. In un susseguirsi di atti di sfida alla comunità internazionale, giunse a invadere la Polonia il 1º settembre del 1939, provocando lo scoppio della seconda guerra mondiale.


Il punto di svolta delle fortune di Hitler giunse con la grande depressione che colpì la Germania nel 1930. Il regime democratico costituito in Germania nel 1919, la cosiddetta Repubblica di Weimar, non era mai stato genuinamente accettato dai conservatori e neanche dal potente Partito Comunista. I Socialdemocratici e i partiti tradizionali del centro e della destra si mostrarono inadeguati nel contenere lo shock della depressione ed erano, inoltre, tutti segnati dall’associazione con il “sistema di Weimar”. Nelle elezioni del 14 settembre 1930 il Partito Nazionalsocialista sorse improvvisamente dall’oscurità e si guadagnò oltre il 18% dei voti e 107 seggi nel Reichstag, diventando così la seconda forza politica in Germania.


Il successo di Hitler si basava sulla conquista della classe media, colpita duramente dall’inflazione degli anni venti e dalla disoccupazione portata dalla depressione. Contadini e veterani di guerra costituivano altri gruppi che supportavano i nazisti, influenzati dai mistici richiami dell’ideologia Volk (popolo) al mito del sangue e della terra. La classe operaia urbana, invece, in genere ignorava gli appelli di Hitler; Berlino e le città della regione della Ruhr gli erano particolarmente ostili; infatti in queste città il Partito Comunista era ancora forte, ma si opponeva anch’esso al governo democratico, ragion per cui si rifiutò di cooperare con gli altri partiti per bloccare l’ascesa di Hitler.


Le elezioni del 1930 furono un disastro per il governo di centro-destra di Heinrich Brüning, che si vedeva privato della maggioranza al Reichstag, affidato alla tolleranza dei Socialdemocratici e costretto all’uso dei poteri d’emergenza da parte del Presidente della Repubblica per restare al governo. Con le misure austere introdotte da Brüning per contrastare la depressione, avare di successi, il governo era ansioso di evitare le elezioni presidenziali del 1932 e sperava di garantirsi l’accordo con i nazisti per estendere il mandato di Hindenburg. Tuttavia, Hitler si rifiutò e anzi corse contro Hindenburg nelle elezioni presidenziali, arrivando secondo nelle due tornate elettorali, superando il 35% dei voti nella seconda occasione, in aprile, nonostante i tentativi del Ministro degli Interni Wilhelm Groener e del governo socialdemocratico della Prussia di limitare le attività pubbliche dei nazisti, soprattutto bandendo le SA.


L’imbarazzo delle elezioni pose fine alla tolleranza di Hindenburg nei confronti di Brüning e il vecchio Maresciallo di Campo dimise il governo e ne nominò uno nuovo guidato dal reazionario Franz von Papen, che immediatamente abrogò il bando sulle SA e indisse nuove elezioni per il Reichstag. Alle elezioni del luglio 1932 i nazisti ottennero il loro migliore risultato, vincendo 230 seggi e diventando il partito di maggioranza relativa. In quel momento i nazisti e i comunisti controllavano la maggioranza del Reichstag e la formazione di un governo di maggioranza stabile, impegnato alla democrazia, era impossibile. A seguito quindi del voto di sfiducia sul governo von Papen, appoggiato dall’84% dei deputati, il nuovo Reichstag si dissolse immediatamente e furono indette nuove elezioni per novembre.
Von Papen e il Partito di Centro (cattolico) aprirono entrambi dei negoziati per assicurarsi la partecipazione nazista al governo, ma Hitler pose delle condizioni dure, chiedendo il cancellierato e il consenso del presidente che gli permettesse di utilizzare i poteri d’emergenza dell’articolo 48 della Costituzione. Il tentativo fallito di entrare nel governo, unito agli sforzi nazisti di ottenere il supporto della classe operaia, alienarono alcuni dei precedenti sostenitori e nelle elezioni del novembre 1932 i nazisti persero dei voti, pur rimanendo il principale partito del Reichstag.


Poiché von Papen aveva chiaramente fallito nei suoi tentativi di garantirsi una maggioranza attraverso la negoziazione che avrebbe portato i nazisti al governo, Hindenburg lo dimise e chiamò al suo posto il generale Kurt von Schleicher, che era stato per lungo tempo una forza dietro le quinte e successivamente Ministro della Difesa, il quale promise di poter garantire un governo di maggioranza attraverso la negoziazione con i sindacalisti Socialdemocratici e con la fazione nazista dissidente, guidata da Gregor Strasser.


Quando Schleicher si imbarcò in questa difficile missione, von Papen e Alfred Hugenberg, Segretario del Partito Popolare Nazionale Tedesco (DNVP), che prima dell’ascesa nazista era il principale partito di destra, cospirarono per persuadere Hindenburg a nominare Hitler come cancelliere in coalizione con il DNVP, promettendo che sarebbero stati in grado di controllarlo. Quando Schleicher fu costretto ad ammettere il suo fallimento e chiese ad Hindenburg un altro scioglimento del Reichstag, Hindenburg lo silurò e mise in atto il piano di von Papen, nominando Hitler Cancelliere con von Papen come Vicecancelliere e Hugenberg come Ministro dell’Economia, in un gabinetto che comprendeva solo tre nazisti: Hitler, Göring e Wilhelm Frick. Il 30 gennaio 1933 Hitler prestò giuramento come Cancelliere nella camera del Reichstag, sotto gli sguardi e gli applausi di migliaia di sostenitori del nazismo.


Usando il pretesto dell’Incendio del Reichstag, Hitler emise il cosiddetto “Decreto dell’incendio del Reichstag” il 28 febbraio 1933, a meno di un mese dall’insediamento. Il Decreto dell’incendio del Reichstag (in tedesco, Reichstagsbrandverordnung) è il termine con cui viene indicata la legge che venne passata dal governo nazista in risposta diretta all’incendio del Reichstag del 27 febbraio 1933. Occorse solo un giorno al governo per farla passare il 28 febbraio, dal momento che bastava soltanto la controfirma del Presidente della Repubblica alla proposta scritta del Cancelliere per farla approvare: era un decreto volutamente inserito dal legislatore come “decreto d’emergenza” e volto a schiacciare i tentativi di colpo di stato e – come tale – non necessitava dell’approvazione parlamentare per divenire operativa. Il vero nome del decreto è “Verordnung des Reichspräsidenten zum Schutz von Volk und Staat” (“Decreto del Presidente del Reich per la protezione della popolazione e dello stato”). Emanato dall’anziano (e ormai senile) presidente Paul von Hindenburg sulla base dell’articolo 48 sottosezione 2 della Costituzione, che consentiva al Reichspräsident di prendere ogni misura appropriata per rimediare ai pericoli per la sicurezza pubblica, rappresentò uno dei principali passi compiuti dal governo nazista per stabilire il suo dominio, tali passi vengono normalmente indicati dal termine Gleichschaltung.


Il decreto sospese o soppresse gran parte dei diritti civili garantiti dalla costituzione del 1919 della Repubblica di Weimar in nome della sicurezza nazionale: i leader comunisti, assieme ad altri oppositori del regime, si trovarono ben presto in prigione. Al tempo stesso le SA lanciarono un’ondata di violenza contro i movimenti sindacali, gli ebrei e altri “nemici”. Tuttavia, Hitler non aveva ancora la nazione in pugno. La nomina a Cancelliere e il suo uso dei meccanismi incastonati nella costituzione per approdare al potere hanno portato al mito della nazione che elegge il suo dittatore e del supporto della maggioranza alla sua ascesa. In verità Hitler divenne Cancelliere su nomina legale del Presidente, che era stato eletto dal popolo, ma né Hitler, né il partito disponevano della maggioranza assoluta dei voti. Nelle ultime elezioni libere, i nazisti ottennero il 33% dei voti, guadagnando 196 dei 584 seggi disponibili.


Anche nelle elezioni del marzo 1933, che si svolsero dopo che terrore e violenza si erano diffuse per lo Stato, i nazisti ricevettero solo il 44% dei voti. Il partito ottenne il controllo della maggioranza dei seggi al Reichstag attraverso una formale coalizione con il DNVP. Infine, i voti addizionali necessari a far passare il Decreto dei pieni poteri (Ermächtigungsgesetz), che investì Hitler di un’autorità dittatoriale, furono assicurati con l’espulsione dei deputati comunisti dal Reichstag e con l’intimidazione dei ministri del Partito di Centro.
Con una serie di decreti che arrivarono subito dopo, vennero soppressi gli altri partiti e bandite tutte le forme di opposizione. In soli pochi mesi Hitler aveva raggiunto un controllo autoritario senza aver mai violato o sospeso la costituzione del Reich, minando tuttavia il sistema democratico. Sfruttando infatti il quadro giuridico fornito dalla Costituzione, Hitler fece approvare dal Parlamento la legge che gli concesse i pieni poteri. È il 24 marzo del 1933 e tutti i partiti, anche quelli di ispirazione democratica che avevano governato in precedenza, votarono le norme che trasformano la Germania in una dittatura. Dopo l’espulsione dal Reichtstag dei comunisti solo la SPD votò contro la Ermächtigungsgesetz. In base a questo decreto, Hitler sciolse d’imperio tutti i partiti politici tedeschi e promosse soltanto il Partito Nazista ad unico partito ammesso in Germania (14 luglio 1933).

Per anni abbiamo sofferto la tortura del Diktat di Versailles che è diventato per noi ormai intollerabile. Danzica era ed è una città Tedesca. Il Corridoio di Danzica era ed è in Germania. Entrambi questi territori devono il loro sviluppo culturale esclusivamente al popolo Tedesco. Danzica è stata però separata dalla Germania e il Corridoio annesso alla Polonia. Come avviene in altri territori Tedeschi dell’Est, le minoranze Tedesche che vi vivono sono maltrattate nel modo più angoscioso. Negli anni 1919 e 1920 più di 1,000,000 di persone di sangue Tedesco sono state costrette a lasciare la madre patria.
Ho tentato più volte con mezzi pacifici di proporre la revisione dell’iniquo Trattato ed è una menzogna affermare che volevamo ottenerla con la costrizione. Quindici anni prima che il Partito Nazional Socialista salisse al potere c’è stata l’opportunità di concretizzare questa revisione con accordi ed intese pacifiche.
Non una ma più volte ho assunto personalmente l’iniziativa di formulare proposte per modificare questa intollerabile situazione, ma come sapete sono state tutte rifiutate. Erano proposte di limitazione degli armamenti e se necessario, perfino di disarmo; proposte per limitare la produzione di armi e per eliminare certi metodi di guerra moderna. Voi conoscete le proposte che ho presentato per sostenere la necessità di ristabilire la sovranità della Germania sui territori Tedeschi e sapete anche dei tentativi senza fine che ho intrapreso per trovare una soluzione pacifica al problema dell’Austria e più tardi a quello dei Sudeti, della Boemia e della Moravia. E’ stato tutto vano!
Non è ammissibile chiedere di risolvere pacificamente un problema e allo stesso tempo rifiutare ogni proposta di soluzione avanzata in questo senso. Non è neanche possibile affermare che chi si assume la responsabilità di realizzare questa revisione guardando ai propri interessi, trasgredisce la legge, poiché per noi il Diktat di Versailles non rappresenta affatto la legge. La firma su quel Trattato ci è stata estorta puntandoci una pistola alla testa e con la minaccia della fame per milioni di persone. E ora questo documento con la nostra firma estorta con la forza, viene solennemente proclamato legge!
Ho anche tentato di risolvere il problema di Danzica, del Corridoio etc. etc. proponendo una pacifica discussione tra le parti. Che il problema dovesse essere risolto era chiaro, ma per noi era altrettanto evidente che le potenze occidentali non avevano alcun interesse a risolverlo rapidamente. Per noi questo problema non ha un’importanza secondaria e non la può avere per coloro che ne soffrono.
Nel corso dei miei colloqui con i rappresentanti del Governo Polacco ho discusso le idée che vi ho illustrato durante il mio ultimo discorso al Reichstag. Nessuno potrebbe affermare che questa è una inammissibile procedura o una indebita pressione. Ho semplicemente formulato delle proposte e devo ancora una volta ripetere che non c’è nulla di più leale e ragionevole di quelle proposte. Vorrei dire questo al mondo; soltanto io sono stato in grado di fare quelle proposte, nonostante fossi consapevole che esse avrebbero incontrato l’opposizione di milioni di Tedeschi. Quelle proposte sono comunque state rifiutate! Non solo hanno risposto con la mobilitazione, ma hanno intensificato il terrore e la pressione contro i nostri compatrioti e condotto un lento strangolamento economico, politico e nelle ultime settimane anche militare, della città di Danzica.
La Polonia non era disposta né a risolvere la questione del Corridoio in modo equo, né ad ottemperare ai suoi obblighi nei confronti delle minoranze etniche. 
Devo qui affermare inequivocabilmente che i Tedeschi hanno rispettato questi obblighi; le minoranze che vivono in Germania non sono perseguitate. Nessun Francese che vive nel territorio della Saar può sostenere di essere oppresso, torturato o privato dei suoi diritti. Nessuno può affermare una cosa simile!
Per quattro mesi mi sono limitato ad osservare con calma gli sviluppi della situazione sebbene non abbia mai cessato, soprattutto negli ultimi giorni, di dare avvertimenti sui pericoli che si stavano creando. Tre settimane fa ho informato l’Ambasciatore Polacco che qualora la Polonia avesse continuato ad inviare a Danzica note in forma di ultimatum e non avesse posto fine alle inique misure doganali che stavano distruggendo l’economia della città, il Reich non sarebbe rimasto a guardare. Ho cercato di dissipare ogni dubbio sul fatto che la Germania di oggi non ha nulla in comune con quella del passato e che se qualcuno affermasse il contrario ingannerebbe se stesso.
Si è tentato di giustificare la persecuzione nei confronti dei cittadini di etnia Tedesca con il fatto che essi avrebbero commesso atti di provocazione. Io non so in cosa consisterebbero queste provocazioni compiute da donne e bambini, ma una cosa sicuramente so e cioè che nessuna grande Potenza può con onore assistere passivamente a questi eventi.
Ho compiuto l’ultimo sforzo accettando una proposta di mediazione presentata dal Governo Britannico secondo la quale Germania e Polonia si sarebbero dovute incontrare per tornare a discutere.
Ho accettato quella proposta e ho elaborato una serie di punti da porre in discussione che peraltro vi sono noti. Per due giorni interi insieme al mio Governo, abbiamo aspettato di sapere se fosse possibile per il Governo Polacco inviare o meno un plenipotenziario. Ieri sera ci hanno informato, attraverso il loro Ambasciatore, che stavano ancora considerando se e in quale misura erano in grado di accettare la proposta Britannica. Inoltre il Governo Polacco ci ha fatto sapere che avrebbe informato della propria decisione prima la Gran Bretagna.
Se il Governo Tedesco e il suo Capo tollerassero pazientemente tale trattamento, allora la Germania meriterebbe di scomparire dalla scena politica europea. E’ inoltre un grave errore interpretare il mio amore per la pace e la mia pazienza come segno di debolezza o addirittura di codardia. Ieri sera ho quindi deciso di informare il Governo Britannico che date le circostanze, non colgo nessun segno di buona volontà nel comportamento del Governo Polacco tale da dimostrare che esso desideri realmente condurre un serio negoziato.
Questi tentativi di mediazione sono purtroppo falliti perché nel frattempo ci è giunta come risposta l’improvvisa mobilitazione dell’esercito Polacco e la recrudescenza di atrocità commesse nei confronti di cittadini Tedeschi. Ciò si è ripetuto ancora ieri sera. Recentemente vi sono stati ventuno incidenti di frontiera in una notte e ieri sera ne sono avvenuti quattordici di cui tre molto gravi. Ho quindi deciso di usare con i Polacchi la stessa lingua che negli ultimi mesi essi hanno usato con noi. Questo atteggiamento da parte del Reich non cambierà!
Gli altri Stati Europei comprendono solo in parte la nostra posizione. Vorrei qui ringraziare soprattutto l’Italia che ci ha sempre sostenuto, ma voi comprenderete che per portare avanti questa battaglia non possiamo chiedere l’aiuto di un paese straniero. Noi la porteremo a termine autonomamente. Gli Stati neutrali ci hanno assicurato di mantenere la loro neutralità così come noi ci siamo impegnati a rispettarla.
Quando gli uomini di stato occidentali dichiarano che ciò influisce sui loro interessi posso solo rammaricarmi di tale affermazione, ma essa non può farmi recedere neanche per un momento dal compiere il mio dovere. Cosa si vuole di più? Ho solennemente assicurato, e lo ripeto, che non intendiamo chiedere nulla a questi Stati Occidentali nè mai lo chiederemo. Ho dichiarato inoltre che la frontiera tra la Francia e la Germania è definitiva.
Ho ripetutamente offerto la nostra amicizia e se necessario la più completa cooperazione alla Gran Bretagna, ma questa disponibilità non può essere unilaterale; deve trovare un eguale riscontro dall’altra parte. La Germania non ha interessi presenti e futuri di alcun tipo in Occidente e quindi ad Ovest la frontiera del Reich è immutabile. Nel dare questa assicurazione siamo profondamente sinceri e finché altri manterranno la loro neutralità noi la rispetteremo scrupolosamente.
Sono particolarmente felice di potervi parlare di un evento importante. Tutti voi sapete che la Russia e la Germania sono governate da due differenti dottrine politiche. Vi è solo un punto che doveva essere chiarito e lo è stato; e cioè che la Germania non ha alcuna intenzione di esportare il suo credo politico in Russia così come la Russia non ha alcuna intenzione di esportare il proprio in Germania. Non vedo più quindi alcun motivo di conflitto fra noi poiché su questo principio siamo entrambi d’accordo.
Ogni conflitto tra i due popoli si tradurrebbe in un vantaggio per altri e abbiamo perciò deciso di sottoscrivere un patto che esclude per sempre ogni ricorso alla violenza tra noi. Esso ci impone l’obbligo di consultarci preventivamente su alcune questioni Europee, rende possibile la cooperazione economica e soprattutto assicura la pace tra le due Potenze. Qualsiasi tentativo da parte Occidentale per modificare questo patto sarà destinato al fallimento.
Vorrei qui dichiarare che questa decisione politica è di grande importanza per il futuro. Russia e Germania si sono combattute durante la Grande Guerra ma ciò non avverrà una seconda volta. A Mosca questo Patto è stato salutato con entusiasmo esattamente come lo è stato da noi. Sottoscrivo parola per parola il discorso pronunciato da Molotov, Commissario agli Esteri Russo.
Sono determinato a risolvere (1) la questione di Danzica; (2) la questione del Corridoio; e (3) trovare il modo di migliorare le relazioni tra la Germania e la Polonia per assicurare ad entrambe una coesistenza pacifica. Sono fermamente deciso a lottare fino a quando l’attuale Governo Polacco non sarà disposto a perseguire insieme a noi questi obbiettivi o finché un altro Governo Polacco sarà pronto a farlo. Intendo eliminare dalle frontiere Tedesche questa situazione di incertezza e questa atmosfera da guerra civile. Farò in modo che al confine Orientale ci sia la pace esattamente come alle altre nostre frontiere.
Per ottenere ciò prenderò le necessarie misure che non siano in contraddizione con le proposte che ho rese note dal Reichstag al resto del mondo; vale a dire che non condurrò una guerra contro donne e bambini. Ho ordinato quindi alla nostra Aviazione di limitare i propri attacchi ad obbiettivi esclusivamente militari. Qualora il nemico pensi di avere carta bianca nel combattere con altri metodi, riceverà una risposta che lo ammutolirà.
Questa notte per la prima volta, soldati dell’esercito regolare Polacco hanno aperto il fuoco all’interno del nostro territorio. Dalle 5.45 di questa mattina abbiamo risposto al fuoco nemico e d’ora in poi risponderemo alle bombe con le bombe! Chiunque ricorra ai gas tossici subirà lo stesso trattamento! Chiunque eluda le regole di guerra può solo aspettarsi che ci comporteremo allo stesso modo. Continuerò a lottare, non importa contro chi, fino a quando non sarà garantita la sicurezza del Reich e il rispetto dei suoi diritti.
Per sei anni ho lavorato per la ricostruzione delle forze armate di difesa della Germania e sono stati spesi per questo molti miliardi di Marchi. Ora esse sono ad un livello che non trova paragone con quello esistente nel 1914. La mia fede in esse è incrollabile. Se ora chiedo sacrifici al popolo Tedesco e se necessario ogni sacrificio, ho il diritto di farlo poiché anch’io oggi sono pronto a compierli.
Non ho chiesto a nessun Tedesco di fare più di quanto io stesso non sia stato pronto a fare durante questi quattro anni. Per i Tedeschi non ci saranno privazioni alle quali io stesso non mi sottoporrò. La mia vita d’ora in poi apparterrà più che mai al mio popolo. Da oggi sarò il primo soldato del Reich Tedesco. Ho indossato ancora una volta quell’uniforme, la più sacra e cara per me, e non la toglierò finché la vittoria non sarà certa.
Qualunque cosa dovesse accadermi, il mio successore sarà il Camerata Göring e qualunque cosa dovesse accadere a Göring, il successore sarà il Camerata Hess. Avete quindi il dovere di riservare ad essi la stessa lealtà e la stessa cieca obbedienza che assicurate a me. Qualora accadesse qualcosa al Camerata Hess, allora verrà convocato il Senato che sceglierà al suo interno il mio più degno e coraggioso successore.
Come Nazional Socialista e come soldato Tedesco mi accingo a combattere questa battaglia con cuore indomito. La mia vita non è stata altro che una continua lotta per il mio popolo e per la Germania. C’è una sola parola d’ordine per questa lotta: “fede in questo popolo” e una sola parola non ho mai voluto imparare: “la resa”!
A coloro che temono di dover affrontare tempi duri, ricordo che una volta un Re Prussiano, con uno stato ridicolmente piccolo, si oppose ad una forte coalizione e dopo tre guerre alla fine uscì vincitore perché quello Stato possedeva quel cuore indomito di cui noi oggi abbiamo bisogno. Vorrei perciò informare il mondo che un Novembre 1918 non si ripeterà mai più nella storia della Germania. Così come io sono pronto in qualunque momento a rischiare la mia vita, chiedo a tutti i Tedeschi di comportarsi allo stesso modo.
Chiunque pensi di potersi opporre direttamente o indirettamente a questo impegno nazionale, crollerà. Non abbiamo nulla a che fare con i traditori e siamo tutti fedeli ai nostri vecchi principi. Non è importante che noi viviamo, ma è essenziale che il nostro popolo viva, che la Germania viva! Il sacrificio che ci viene chiesto non è più grande di quello compiuto da molte altre generazioni. Se formeremo una comunità strettamente legata da un solenne giuramento, pronti ad affrontare qualunque avversità, risoluti a non arrenderci mai, allora la nostra volontà ci permetterà di superare ogni difficoltà. Vorrei chiudere con una frase che pronunciai quando iniziai la battaglia per il potere: “Se la nostra volontà sarà tanto forte da non essere vinta dalla fatica e dalla sofferenza, allora la potenza della Germania prevarrà.”

L’Hitler di Cattelan battuto all’asta per 17 milioni di dollari

“Him”, la statua di cera e resina che raffigura Hitler in preghiera, è stata battuta all’asta di Christie’s a New York, per ben 17 milioni di dollari.

L’opera di Maurizio Cattelan, stimata inizialmente tra i 10 e i 15 milioni di dollari, è stata aggiudicata in poco più di 5 minuti.

Qualche hanno fa, l’artista dichiarò che il dittatore tedesco, gli incuteva pura paura. Raffigurarlo in contemplazione, non fu altro che una provocazione: “Hitler è pura paura. Si tratta di un’immagine di dolore terribile – dichiarò Maurizio Cattelan – Fa male anche solo pronunciare il suo nome. Eppure quel nome ha conquistato la mia memoria, vive nella mia testa, anche se rimane un tabù. Hitler è ovunque, è lo spettro tormentoso della storia; eppure è innominabile, irriproducibile, avvolto in una coltre di silenzio.

Creata nel 2001, l’opera destinata a far riflettere sulla natura del male, ha rischiato di essere distrutta dallo stesso artista padovano, solo qualche anno dopo il suo completamento.

“Him”, suscitò indignazione nell’opinione pubblica internazionale tra le fine del 2012 e l’inizio del 2013 quando, venne esposta nel cuore del ghetto di Varsavia, luogo che ha visto l’uccisione di centinaia di migliaia di ebrei, durante il nazismo.

L’asta, intitolata “Bound to Fail” ha registrato un successo inatteso con un incasso totale di ben 78 milioni di dollari.

 

 

Fonte cover corriere.it