Lucia Marcucci. Poesie e no
Lucia Marcucci. Poesie e no è un’esposizione dedicata all’artista fiorentina nata nel 1933, che ha compiuto proprio quest’anno 90 anni, è stata concepita in collaborazione con Ar/Ge Kunst ove ha aperto lo stesso 9 giugno la mostra L’offesa che si concentra, tuttavia, sui suoi ultimi lavori fino a toccare la produzione degli anni Novanta.
Tutto nasce dal titolo di una performance, concepita da Lamberto Pignotti ed Eugenio Miccini. Da una versione di lancio del 1963 in un piccolo teatro d’avanguardia, il Grattacielo, dove Lucia Marcucci svolgeva un’assidua attività di aiuto regista, la performance finì per includere Marcucci stessa.
LA MOSTRA AL MUSEION
Si inaugura la mostra al MUSEION di Bolzano nello spazio dei Passage. In contemporanea apre anche Time Frame, ospitata invece nel Padiglione di Dan Graham, in quest’ambito si trova esposto il lavoro artistico-documentativo di Jeff Preiss, regista che filmò gli opening di una selezione di mostre dal 2005 al 2008 dell’ORCHARD Gallery di New York.
L’allestimento di Lucia Marcucci. Poesie e no, a cura dello Studio Bruno di Venezia, rispecchia la sua poetica – dirompente e spinta oltre i limiti – in maniera architettonica: a terra è tracciata una linea che va oltre il confine della parete e alcune opere sono collocate all’ingresso del Passages, come un autoritratto dell’artista datato 1967. In questo contesto viene ricostruita la sua poetica attraverso opere e documenti dal 1963 al 1979.
Si è puntato sull’esposizione di opere inedite come i cartelli stradali che Marcucci ha prelevato e modificato come “lavori forzati”, molte opere sono accumunate dalla tecnica del collage, mentre altre sono frutto di interventi pittorici diretti delle sperimentazioni degli anni Settanta.
È esposto uno dei tre “manifesti tecnologici” che Marcucci strappava davanti agli occhi del pubblico, durante le performance di Poesie No. Il manifesto tecnologico L’offesa dà infatti il nome all’esposizione parallela, ospitata nella galleria Ar/Ge Kunst. Per “tecnologia” il Gruppo 70 intendeva il prelievo e l’estrazione, dai mezzi di comunicazione di massa, di significati e parole e il loro successivo rimontaggio, in forma di collage, per dare vita a nuovi concetti e allusioni. In alcune opere, ad esempio, l’artista fa uso dei caratteri mobili, li riordina e assembla a piacimento, in modo tale che, decontestualizzando le frasi di giornali e magazine patinati, il significato risulti riconfigurato in maniera corrosiva: Marcucci gioca spesso sugli stereotipi e sui luoghi comuni, cercando di rompere le righe, usa l’ironia per evidenziare come la donna venga confinata socialmente e investita di un ruolo subalterno, in qualità di diletto per gli occhi, madre, angelo del casolare, nuova consumatrice di prodotti per la cura del corpo e dell’ambiente domestico; prende, inoltre, nutrimento espressivo da testi filosofici, come gli scritti di Marcuse, sia attinge dalla cultura popolare, dal mondo del cinema e della pubblicità. Spiccano collage ricavati ritagliando le pagine dei quotidiani con la donna al centro della composizione.
Presso il Museion, sotto teca, è possibile anche leggere alcune pagine dei copioni, utilizzati per le performance “Poesie e no”, la cui struttura ricorda quella delle pièce teatrali. Queste performance, solitamente, partivano con la sigla dell’Eurovisione, poi ognuno dei 3 componenti leggeva la sua parte, accompagnando le parole con gesti, in apparenza banali, eppure iconici e significativi, come bere una Coca-Cola, o azioni dissacranti, in contrasto con le abitudini comportamentali collettive.
Il display dell’esposizione non è organizzato secondo un ordine cronologico, al contrario, funziona per rimandi: sono presenti manifesti politici che si focalizzano sugli anni della guerra in Vietnam e sugli anni di Guantanamo a Cuba; ritagli di articoli di giornale che raccontano le reazioni sconcertate di pubblico e critica di fronte alle performance e alle operazioni di poesia visiva del Gruppo 70; poesie e scritti dell’artista. Interessanti soprattutto la copia originale del suo romanzo “tecnologico” Io ti ex amo composto con continui collage di testi scritti di suo pugno a macchina e estratti da testi di altri autori; l’originale lungo 6 metri del poema “tecnologico” L’indiscrezione è forte (1963), risultato di un assemblaggio di poesie, saggi, porzioni di poemi e letteratura in prosa che sembra alludere alla condizione femminile; la giuntatrice che utilizzava per creare le sue “cinepoesie”, unendo insieme pezzi di film ricavati da vecchie bobine. Purtroppo, a causa dell’alluvione di Firenze del 1966 che ha distrutto il suo studio, si sono salvate solo due delle sue “cinepoesie”, in mostra è presentata quella ricavata dal montaggio sequenziale di scene di baci, sparatorie e pugni “rubate” da pellicole western o americane degli anni Cinquanta e Sessanta. È impossibile non pensare al capolavoro di Giuseppe Tornatore Nuovo Cinema Paradiso (uscito nel 1988): i momenti più passionali in cui i protagonisti si baciavano venivano tagliati per eccessivo pudore, nella “cinepoesia” di Marcucci avviene il processo contrario ma senza intenti romantici, è come se l’artista stesse portando avanti un’indagine antropologica… emerge infatti un’estrema passività da parte dei soggetti femminili, quasi in balia del desiderio erotico dell’uomo, fragili prede e, raramente, femme fatale ma comunque sempre ninfe compiacenti nel mirino paralizzante dello sguardo maschile.