Gian Paolo Barbieri nasce nel centro di Milano, da una famiglia di grossisti di tessuti dove, proprio nel grande magazzino del padre, acquisisce le prime competenze inerenti la fotografia di moda. Muove subito i primi passi nell’ambito teatrale diventando attore, operatore e costumista; in seguito, gli viene affidata una piccola parte non parlata in ”Medea” di Luchino Visconti. Ed è proprio il cinema noir americano ad incuriosirlo sulla gestione della luce e il senso di movimento, che rende gli attori e i personaggi ancora più affascinanti e dotati d’immensa autorità. A Parigi, inoltre, assiste il celebre fotografo di Harper’s Bazaar, Tom Kublin. Le campagne commerciali di Barbieri contribuiscono a definire la moda degli anni ’80 e ’90 dei marchi più famosi: Yves Saint Laurent, Chanel, Givenchy e Vivienne Westwood, Gianni Versace, Valentino, Giorgio Armani, Gianfranco Ferré.
I suoi ritratti si differenziano per una naturale e straordinaria eleganza. Cos’è, per lei, l’eleganza?
L’eleganza si può paragonare alla bellezza. L’eleganza è cultura. I greci dicevano: “Dove nasce la bellezza nasce la cultura”. L’iconografia della bellezza si fonde sulla visione radicale della libertà. La libertà come la bellezza, non si concede, si prende. Come diceva A. Camus, “La nostra epoca ha nutrito la propria disperazione nella bruttezza e nelle convulsioni”. Noi abbiamo esiliato la bellezza; i greci hanno preso le armi per essa.
Tra le donne che ha ritratto vi è anche la raffinata Audrey Hepburn. Cosa ricorda di lei?
Era il 1969 quando ho fotografato Audrey Hepburn. Eravamo a Roma nello studio di Valentino per Vogue Italia. Lei era molto gioiosa, mi disse che si era appena sposata con il Dott. Andrea Dotti. E’ arrivata con delle pantofole perché così, mi disse, non avrebbe sporcato il fondale bianco. Mi ricorderò sempre della sua estrema eleganza, quell’arte che nasceva dai suoi studi di danza, prima di approdare nel teatro e nel cinema.
Le sue immagini spiccano per un grande rigore formale. Come si pone rispetto all’errore?
Da ogni errore vedo un’opportunità, infatti, molte delle mie fotografie più belle nascono dai miei stessi errori.
Come nasce il suo interesse per la fotografia?
Attratto dal cinema e dal teatro sono andato a Roma. Per pagarmi la pensione, facevo i test ai ragazzi di Cinecittà con la mia prima macchinetta fotografica, poi sviluppavo la pellicola. Nella pensione mi davano il permesso di usare il bagno di notte, dove stampavo le mie foto e al mattino seguente le consegnavo dopo averle posizionate sotto il letto per farle asciugare. Poi un conoscente di mio padre, Gustave Zumsteg, nonché proprietario dell’azienda Abraham di tessuti di Zurigo, mi chiese di fargli vedere le mie fotografie, anche se erano totalmente amatoriali, gliele ho fatto vedere e mi disse: “Tu hai una sensibilità pazzesca e sei tagliato per fare la moda”. Io sono rimasto allibito, non sapendo nemmeno cosa fosse la moda. Dal momento che in Italia non esisteva ancora, le riviste compravano dei servizi fotografici già pronti, confezionati dalla Francia. Da lì, andai a Parigi per lavorare con Tom Kublin: un’esperienza che segnò decisamente l’inizio della mia carriera come fotografo.
Qual è l’aspetto a cui presta più attenzione mentre ritrae in particolare una donna?
Una donna deve essere estremamente femminile, non importa se presenta dei difetti poiché il più delle volte aiutano la fotogenia. Deve attrarre e sedurre chi osserva l’immagine. Lo sguardo è molto importante per me.
Creatività e fotografia di moda. Come si conciliano nei suoi lavori?
Tutte le arti influiscono sulla creatività fotografica. Una buona conoscenza della pittura, scultura ma anche cinema e letteratura, aiutano sicuramente il fotografo a conciliare la moda con la creatività. Per me non esiste la fotografia senza la propria capacità di invenzione. Molti pittori hanno influenzato la mia creatività unendola al mondo della moda come Gauguin, Michelangelo, Hockney, Holbein, Bacon e Rothko.
L’avvento dei social quanto ha influenzato la fotografia di moda?
Completamente. La fotografia di moda, intesa come lo era qualche anno fa, non esiste più in seguito all’avvento dei social. Con essi, infatti, si è persa quella poesia che c’era nell’utilizzare il negativo. E’ cambiato anche lo stile, non essendoci più la moda come era concepita una volta, ossia con dei temi ben precisi che la fotografia rispecchiava. Con i social oggi, ognuno fa quello che gli pare; non viene più rappresentato uno stile, un’eleganza o un modo di essere.
Se dovesse associare una parola alla sua fotografia, quale sceglierebbe?
Metafore della visione.
Fotograficamente parlando, si reputa soddisfatto di ciò che ha ottenuto finora?
Mi reputo abbastanza fortunato perché la fotografia è una profonda testimonianza della condizione umana. Fotografare è guardare in faccia la vita e fare della propria esistenza un’opera d’arte, come citava D’Annunzio.
Ci può accennare i suoi prossimi rendez-vous fotografici?
Sto lavorando su un nuovo progetto fotografico ispirato al poeta inglese Shakespeare, proprio in occasione della celebrazione dei 400 anni dalla sua morte. Prendo infatti ispirazione dalle più famose tragedie e dai sonetti del drammaturgo britannico, per poi trascriverle attraverso il mio occhio.
Inoltre, da quest’anno, è stata costituita la Fondazione Gian Paolo Barbieri; si tratta di un’istituzione culturale no-profit che promuove l’arte, la fotografia e ogni forma di espressione culturale nelle sue diverse realizzazioni attraverso workshop, collaborazioni con istituzioni e attività formative. (www.fondazionegianpaolobarbieri.it).
Gian Paolo Barbieri, tramite la sua sapiente fotografia, la collaborazione a riviste di grande importanza come Vogue America, Vogue Paris e Vogue Germania e grazie ai suoi eccellenti contributi a Vogue Italia con le campagne pubblicitarie dei marchi più noti, ha rinnovato profondamente la fotografia di moda italiana. Il senso di equilibrio, proporzione ed estrema armonia di derivazione classicistica sono il punto di forza del suo linguaggio personale e il riflesso di uno spirito di ricerca artistica, dovuto ad un’incessante curiosità. La sua Fondazione, costituita nel 2016 dallo stesso artista, è un’istituzione culturale che opera nel settore delle arti visive e che persegue finalità di promozione della figura artistica del Fondatore, delle sue opere fotografiche, dell’attività artistico-creativa nonché, più in generale, di promozione della fotografia storica e contemporanea.