Se esiste un capospalla perfetto, è certamente firmato Calcaterra, che in questa collezione Fall Winter 2024/25 lo rende il protagonista del guardaroba.
Dalle misure over e dalle strutture geometriche, il caposcala si fa comodo, dalle lunghezze maxi, lasciando libero il corpo e arricchendosi di dettagli femminili, come i maxi fiori applicati o lasciando uscire i fiocchi e le stoffe della camicie.
Chic, mai costretta in abiti seconda pelle, la donna Calcaterra è libera dalle costrizioni, gioca con le forme maschili, gli accessori come le borse diventano dei maxi contenitori dalle forme geometriche, rotondi, rettangolari e trapezoidali, quasi degli origami che aprendosi svelano uno spazio nascosto.
Notte o giorno non ha più importanza, bisogna essere sempre pronte ed eleganti, per cui il raso e le sete si coprono di pellicce e le giacche si scoprono con tagli alla Fontana.
Se il look è sciolto, i capelli sono perfetti, impomatati in un’acconciatura con riga laterale e dal taglio maschile, corto sempre più corto, per non doversene preoccupare.
Pantaloni con riga perfettamente stirata, dalla vita alta, altissima, sì ai guanti e meno ai gioielli, pochi ma dalle stesse linee dell’outfit, con cerchi e catene maxi; i colori sono quelli caldi dell’autunno, perfetti per un genere “autumn deep warm“, ruggine, bordeaux, zafferano, torba, bianco latte, dattero, rosa antico, geranio, verde bosco, tabacco, un bellissimo bouquet che scalda.
La collezione di Daniele Calcaterra è ricca della materia di cui è fatta la terra, dei suoi colori e delle sue profondità; sceglie i tessuti più pregiati, lane, sete, shetland, cotoni preziosi, alpaca e upcycled fur. I veri gioielli sono i fiori, che ritornano su capispalle e scarpe, il giglio pure e la peonia.
L’ispirazione della collezione autunno-inverno 2024/25 nasce dall’immagine senza tempo delle uniformi dei college inglesi, che Elisabetta Franchi ha reinterpretato partendo dall’estetica tomboy.
L’uniforme viene raccontata con un tocco di trasgressione per esprimere la personalità unica di ogni donna, che si riconosce all’interno di una community ma senza omologarsi.
La fusione di stili incarna il dualismo di una donna contemporanea e libera, che si muove con disinvoltura tra il silenzio della biblioteca ed il ritmo frenetico dei party, abbracciando con passione sia il fascino tradizionale della cultura accademica che glamour della vita notturna.
Microgonne a pieghe, maxi-cardigan e pullover indossati come fossero miniabiti si fondono armoniosamente in un gioco di sovrapposizioni con le camicie, vere protagoniste della collezione, e con giacche dal taglio maschile, mentre i cappotti lunghi in tweed e tartan, aggiungono un’allure di raffinata sartorialità.
Stemmi e blasoni, preziosamente ricamati, evocano il senso di appartenenza a un club esclusivo, accademico o sportivo. Il tartan gioca un ruolo centrale nel guidare la palette colori, dominata dal rouge noir, dall’oxford e dal grigio steel, a tratti illuminata da un vivace mimosa.
Gli eleganti abiti lunghi, preziosamente ricamati, scivolano su sneakers dal sapore vintage, e si fondono con avvolgenti sciarpe in maglia creando un irresistibile mix glamour e cozy. Le calzature spaziano dai combat boot alle slingback con tacco medio, da abbinare sempre ai calzini maschili.
Antonio Marras FW24/25, il legame indissolubile con la sua terra e un omaggio alla forza delle donne
Teatrale e poetico come sempre, Antonio Marras omaggia nella collezione autunno inverno 2024/25 un personaggio femminile che ha difeso i diritti delle donne, Eleonora d’Arborea, Principessa 👑 medievale di Sardegna.
Vissuta tra la metà del 1300 e i primi ‘400, la Judicissa si è battuta per le ingiustizie e ha redatto trattati a favore del “sesso debole”; sudditi e regnanti si mescolano in questa sfilata, dove compaiono cavalieri e dame, cotte di maglia e copricapi danteschi, acconciature prese direttamente dal ritratto “Dama con ermellino” di Leonardo da Vinci (1452-1519), testi scritti sui volti femminili che sembrano veli, maschere di perle, donne in armature dorate.
Qui Marras accarezza ancora una volta la donna, ne sottolinea il carattere e la forza, l’intelligenza e la perseveranza, un atto di amore a cui ci ha abituati, insieme ad una scenografia e ad un mini spettacolo teatrale che tiene incollati e che invoglia a vederne il finale.
La moda in passerella ci sta comunicando un ritorno all’eleganza e alla semplicità. Vestire è la parola chiave di Luisa Spagnoli che in questa collezione Spring Summer 2024 mette in mostra abiti boho chic dalle lunghe frange rimando ai liberi ’70, e omaggio ai colori della terra. Sabbia, beige, testa di moro, avorio, bianco, un universo caldo e giocoso, con abiti morbidi che creano movimento, frange ballerine, lunghe fusciacche da esibire al collo e lasciar cadere lungo i fianchi, nappine e nastri al girovita.
Sembra in viaggio la donna Luisa Spagnoli SS24, tra una passeggiata lunga un bagnasciuga, ad una cena romantica dove osa con trasparenze e maxi accessori dorati. Sarà forse l’Andalusia la terra dove si ripara dal caos, dove far brillare le lunghe frange sui passi di un flamenco, o la meditativa India, con i suoi sari intrecciati dai colori sgargianti? Certo è che ogni abito accarezza il corpo con grazia e femminilità, quella dimenticata negli ultimi anni, da una moda mescolata che aveva perso un po’ di sapore.
Luisa Spagnoli enfatizza la donna pur non strizzandola dentro abiti mini, è seducente nei long dress scollati e nei crochet day and night. Veli come seconda pelle, e giochi di geometrie sul corpo sono la nuova ispirazione Luisa Spagnoli, che vince su ogni stravaganza diventata ormai demodè.
L. WANG, IMPRENDITRICE E STILISTA DA MILIONI DI FOLLOWER SU TIKTOK, HA DEBUTTATO A MILANO
Stilista, imprenditrice, attrice, modella e regina di TikTok, dove i suoi video registrano milioni di like, Loora Wang, ha debuttato a Milano con il suo brand Loora Pwd, il 25 Settembre a Palazzo Serbelloni con uno show che è stato una vera e propria case history. Presente anche Tik Tok International che le ha dedicato uno speciale.
Un debutto a Milano inaspettato: basti pensare che Loora era un promettente ingegnere nucleare prima di abbandonare la carriera per dedicarsi alla sua più grande passione, la moda. Dopo gli studi, muove i primi passi nel mondo del fashion prima a Parigi e poi a Milano, città di cui Loora si innamora per l’artigianalità, il savoir fare e la creatività tipica dello stile italiano.
Nel 2017 fonda il suo brand e nel 2018 debutta con la sua prima collezione alla Shenzhen Fashion Week: un successo che porta oggi la sua azienda a fatturare circa 500 milioni di euro. Con un organico produttivo tutto al femminile e 200 monomarca nei più importanti shopping mall della Cina oggi Loora Pwd è uno dei brand più ricercati anche sul web.
Nei suoi video Loora non solo mostra le sue collezioni ma si propone come il simbolo di una femminilità consapevole, interprete delle nuove esigenze femminili cinesi e della loro naturale evoluzione. Determinata, femminista, emancipata e indipendente, la stilista si presenta ai suoi 10 milioni di follower come “una donna per le donne” con collezioni che vanno oltre i look di passerella o da red carpet ma che sanno esprimere personalità e incarnano un nuovo modello al femminile che trova riscontro nella sua moda, fatta di collezioni adatte al day by day, tanto da essere il secondo brand più venduto sul web in Cina.
Dopo aver sfilato durante le principali Fashion Week cinesi come Bejing e Shenzhen e dopo aver ricevuto numerosi premi e prestigiosi riconoscimenti, oggi Loora ha fatto un passo in più: presentare la sua collezione a Milano il 25 settembre a Palazzo Serbelloni durante la settimana della moda.
Precursore di una moda senza limiti e prima designer in Cina a far sfilare sulle sue passerelle modelle transgender e nogender, oltre ad essere fondatrice del suo brand è anche Presidente del Comitato Permanente dell’Associazione degli Industriali dell’Abbigliamento della Provincia di Henan, Direttore esecutivo di China Garment Association e di China Haute Couture Association, oltre che Vice Presidente di Shenzhen Garment Association.
Il debutto a Milano è stato per l’intraprendente stilista cinese, un passo fondamentale per il suo brand sempre più orientato a una produzione maggiormente sostenibile: in programma per settembre l’accordo con una delle maggiori aziende italiane specializzate in materiali ecosostenibili che permetterà a Loora Pwd di dare ai suoi capi un indirizzo ancora più green e inclusivo.
L’Evoluzione Post-Futurista: Coevoluzione dell’Umanità e della Tecnologia
“Né gli esseri umani possono creare mutazioni, né possono impedire che avvengano mutazioni. Gli esseri umani semplicemente conservano e accumulano mutazioni che sono già avvenute.“
— Charles Darwin, “Sull’Origine delle Specie”
Nel 1859, Charles Darwin pubblicò l’importante opera “Sull’Origine delle Specie,” discutendo dell’evoluzione della vita. Affrontò principalmente due argomenti: le diverse forme di vita sulla Terra che si sono evolute, e l’evoluzione biologica che è guidata dalla selezione naturale. Infatti credeva che la specie umana non fosse un’entità invariabile ma che cambiasse in risposta ai cambiamenti ambientali, e che l’evoluzione fosse un processo graduale e continuo.
L’evoluzione umana segue una via simile. Dopo aver acquisito saggezza, abbiamo costruito la civiltà e inventato la tecnologia, mirando a plasmare il nostro futuro destino. Brian Arthur, un pensatore americano, presentò una prospettiva sull’evoluzione umana nel suo libro “La Natura della Tecnologia.” Suggerì che la tecnologia, come la biologia, può evolversi attraverso “aggiornamenti,” “miglioramenti” e “sviluppi.” Proprio come gli organismi biologici subiscono “mutazioni” come risultato di cambiamenti fondamentali, Arthur credeva che la tecnologia esistesse da sempre per servire agli scopi umani.
Negli ultimi dieci anni, i drastici cambiamenti nell’ambiente naturale, nelle dinamiche politiche globali e il rapido avanzamento della tecnologia, guidato dall’arrivo dell’intelligenza artificiale, ci hanno spinto a riflettere sull’era dell’informazione in rapida evoluzione e sul futuro incerto dell’umanità. Basandosi su questo contesto, la designer Anna Yang osa immaginare cosa succederebbe se gli esseri umani e la tecnologia co-evolvessero. Se processi come l’autoriparazione, le connessioni emotive e l’autocoscienza si verificassero contemporaneamente nella relazioni tra umani e tecnologia, e se gli esseri umani possedessero attributi sia meccanici che biologici, potrebbe ciò portare a nuove “mutazioni”? Con il coinvolgimento della tecnologia, il corpo umano potrebbe subire cambiamenti inediti, dando origine a forme di vita straordinarie?
La collezione Primavera/Estate 2024 di ANNAKIKI, intitolata “Alian Body,” è la risposta della designer a queste domande introspettive. Rappresenta i pensieri e riflessioni di Anna Yang sull’ambiente dinamico e incerto in cui gli esseri umani vivono e sul futuro ambiguo che ci attende. La designer immagina che le mutazioni genetiche possano scatenare “anomalie” umane future. In un mondo post-futuristico in cui tecnologia ed esseri umani coesistono, il corpo umano potrebbe subire nuovi cambiamenti, evolvendo in forme che offrono autodifesa contro minacce esterne, creando così una prospettiva futura completamente nuova. L’elemento predominante di questa stagione è la “spina”, Anna Yang ha tratto ispirazione dalle intricate forme delle mutazioni cellulari e le ha tradotte in sporgenze appuntite che ricordano spine argentate futuristiche. Realizzate in materiale PET rivestito d’argento, ogni spina è meticolosamente tagliata a mano e cucita dagli artigiani a creare un senso di profondità. Il nylon rigenerato dalla tecnologia è utilizzato per creare fitte boscaglie di spine, realizzate attraverso imbottiture e cuciture manuali, adornate con stampe a righe e pois. Perni metallici conici neri sono distribuiti in modo uniforme sugli abiti, simboleggiando l’irremovibile armatura del futuro dell’umanità nel mondo visionario di ANNAKIKI.
Allo stesso tempo, Anna Yang mira a creare un nuovo ordine dal caos. Utilizzando tessuto denim con bordi sfilacciati, preservandone la natura grezza e ruvida, contrapposta a tessuti in maglia elasticizzati sfrangettati e forati per incarnare i cambiamenti costanti della divisione cellulare. Tratto d’ispirazione dalla struttura a doppia elica del DNA, utilizza elementi circolari per scolpire varie forme, utilizzando tazze spiraliche e strutture circolari in 3D come base per creare un secondo corpo architettonico. Disserta la struttura a doppia elica, estendendola e trasformandola artisticamente, evolvendola in vari elementi mutati come punti e strisce, infusi con l’iconico logo di ANNAKIKI, simile a un esperimento di intervento genetico. La stella a quattro punte, emblema del brand, ispirata all’estetica dell’arte frattale, subisce una trasformazione e si fonde armoniosamente in abiti dal design minimalista dalle spalle larghe, simili a invincibili armature futuristiche.
LIGHTS, CAMERA, ACTION! Antonio Marras, a Spring Summer 2024 movie
“Everything I learned I learned from the movies.
Tutto quello che ho imparato l’ho imparato dai film.”
(Audrey Hepburn)
La prima sfilata che vidi, molti anni fa, era di Antonio Marras, sentivo in lontananza cavalcare, un rombo di cavalli che arrivavano non vedevo da dove, era il suono potente del primo fashion show della mia vita. Piansi per la commozione, d’altronde ero una ragazzina, il mondo della moda era ancora un sogno, così algido e chiuso, poi l’ho conosciuto come addetta ai lavori, e la magia è svanita. Ma quell’emozione, quella polverina che tutto avvolge come in una favola, Antonio Marras continua a regalarmela. Perchè? Perchè non è solo uno stilista, è un poeta, un pittore, un artista, un pensatore, ma soprattutto un uomo che mette in luce i nervi, li scopre senza paura delle conseguenze.
Lights, Camera, Action non sarà un semplice fashion show, lo vedo dall’allestimento, una Porsche Speedster del ’57, rossa brillante, un letto con lenzuola inamidate, un grande sofà azzurro Tiepolo accanto ad un carrellino degli alcolici, preziosi servizi da tè in porcellana, candelabri d’argento, un disco dei The Platters, “My Prayer”, e tutto uno staff pronto a girare un film, cameraman, sceneggiatore, regista, suggeritore, comparse, attori. Manca solo la protagonista: la diva!
Vittoria Marisa Schiaparelli Berenson, nipote della nota stilista surrealista, tra le modelle più pagate di sempre, e attrice cinematografica che iniziò la carriera nel ’70 con “La morte a Venezia” di Luchino Visconti interpretando l’elegantissima signora von Aschenbach, è quella diva.
Sulla passerella va in scena “Boom“, il meraviglioso film interpretato dalla regina dagli occhi purple, Liz Taylor, in quella casa da sogno a picco sul mare, sulla scogliera di Capo Caccia, vicino ad Alghero, luogo di Marras che ricorda:
“Quando, nel 1967, ad Alghero è sbarcata la troupe di Joseph Losey alla ricerca di un set ideale, io avevo sei anni ma mi ricordo, eccome se mi ricordo. E con il tempo il film, le star, gli avvenimenti, le comparse del luogo, i pettegolezzi, i tentativi di rapimento, il mega yacht Kalizma della coppia stellare con cani, bambini, cuochi, capitani e marinai al seguito, i gioielli di Bulgari della Diva, gli abiti realizzati apposta dall’Atelier Tiziano da un giovane Karl Lagerfeld, copricapi di Alexander da Parigi, il cibo fatto arrivare direttamente da Londra con l’aereo ogni giorno, il tanto alcool, le liti fra i due protagonisti, la falesia di 186 metri di Capo Caccia e la villa bianca stratosferica a picco sul mare che, agitato, continua a sbattere sugli scogli e il vento, hanno assunto un’aurea di mito.”
“Io uso la moda per raccontare e l’ho imparato andando al cinema. Il cinema, fonte inesauribile di storie, di sogni, di mood, di personaggi, di costumi, di set, di racconti di esistenze eccezionali o di straordinaria normalità. Il cinema è indispensabile compagno di vita. E ancora di più per me, per il lavoro che mi sono ritrovato a fare. Io, onnivoro di cinema, ho trascorso la mia adolescenza seduto tra il Selva e il Miramare di Alghero vedendo e rivedendo in loop film che ancora ora fanno parte del mio vissuto.“
Come Liz, la Berenson indossa un copricapo scintillante che le dona regalità, kimono dai disegni Hokusaiani, che solo la maestria di Marras può accostare a pizzi e merletti; hanno le maniche lunghe come si addicono alle donne impegnate del Giappone; lo staff è in trepidante attesa della diva, che cerca di ammansire con complimenti e frasi sdolcinate.
A sfilare, caftani dai rimandi orientali, fiori e broccati, long dress di seta che sembrano impalpabili e pronti a volare con una folata di vento; il macramè, il vichy, il pied de poule, sono quel pot-pourri delicato e così aggraziatamente antico, che anche se pensato per essere indossato oggi, conserva un fascino e una personalità di un capo ricco di storia.
BYBLOS SS24 INNER SELF: DOES YOURSELF HAVE A SOUL?
Is Your “Self” Just an Illusion? Can Your “Self” Survive Death?
Corpo e anima. Coesistono tra loro? L’anima sopravvive al corpo? Siamo anima o è il nostro cervello? La nostra personalità è impressa dall’anima o è il risultato di codici genetici materiali, il prodotto di reazioni organiche… o è l’unione indivisibile dei due?
Questo intricato enigma ha affascinato Manuel Facchini, direttore creativo di Byblos per la collezione SS24.
Nulla è come sembra. Le forme si dissolvono, si diluiscono, si fluidificano, solo per ritornare, nitide, scolpite, rigorose. In questa danza circolare tra anima e corpo, la collezione Byblos SS24 si evolve.
La spirale, da cui la collezione trae forma, rappresenta simbolicamente l’unione tra anima e corpo, che nella sua evoluzione tende paradossalmente a diventare fluida, fino a dissolversi, quasi vaporizzarsi.
Così, il blazer “si scioglie” in un abito, plasticità e geometrie rigorose. La tuta e gli abiti in jersey ad alta tecnologia rappresentano una continua evoluzione di flussi che accarezzano le curve, in un dialogo di effusioni tra anima e corpo, che rivelano eppure nascondono.
A volte, si legano indissolubilmente, come le iconiche coppe Byblos, sia nella versione termoformata 3D ad alta tecnologia che nella versione in gel, con sfumature cromatiche siderali.
La spirale, simile all’anima e al corpo, subisce una graduale dissoluzione all’interno dell’evoluzione dinamica dei capi, dovuta alla forza centrifuga. Si scioglie, liberandosi gradualmente, creando lunghe strisce di tessuto che sembrano fondersi e staccarsi dai capi stessi che adornano. Questo effetto è splendidamente esemplificato nell’interpretazione dei pantaloni cargo, disponibili sia in cotone Shibaya ecosostenibile, che nella versione tinta in capo.
Tuttavia, ci sono casi in cui gli elementi rimangono intrecciati. Come, ad esempio, gli abiti da sera leggeri e svolazzanti in jersey che abbracciano delicatamente le curve del corpo, accarezzandole delicatamente. In questi design, l’anima e il corpo sono armoniosamente uniti, creando un’aura di eleganza. Allo stesso modo, nell’abito “signature”, il corpetto si avvolge, separando simbolicamente il seno destro e sinistro, un’allegoria dell’interazione tra l’anima e il corpo, solo per dissolversi e svanire in una splendida coda asimmetrica.
Manuel Facchini mette in mostra il potere dinamico della moda, nella quale la fusione degli aspetti fisici e metafisici dell’essere si intrecciano in modi affascinanti.
Tra gli accessori, un “must-have” sono gli originali orecchini a spirale in rhodium 3D ecologico e sostenibile, placcati in nero o cromo, creati attraverso sofisticati programmi di architettura parametrica, e la borsa “Thrill” interpretata con tonalità che mescolano il bianco con il fucsia, l’arancione o il nero.
I colori della collezione Byblos sembrano riprodurre gli orizzonti celesti di galassie lontane, sfumando tra il fucsia, l’arancione di Marte e il verde Wimbledon, solo per illuminarsi con il lime.
Il concetto di fusione va oltre le sfumature cromatiche e la connessione tra corpo e anima: infatti si manifesta anche nella sublimazione tra realtà e 3D. Il carattere innovativo e tecnologico del mondo Byblos prende vita anche attraverso la collaborazione con Style3d, attraverso cui, in un continuo divenire tra realtà e 3D, i modelli digitali si fondono e trasformano in una metamorfosi continua e inaspettata tra realtà e virtuale.
Un’induzione continua che abbraccia anche la fusione dei generi, tra i quali i confini si assottigliano e a volte si fondono e confondono. In questo messaggio di inclusività e diversità, i confini diventano indistinti, consentendo una convergenza senza soluzione di continuità che non conosce limiti. Questa fusione simboleggia una celebrazione dell’individualità e dell’accettazione, in cui la fluidità delle identità di genere permette un profondo apprezzamento per la bellezza che si trova nelle nostre differenze. È una testimonianza della natura illimitata dello spirito umano, in cui l’essenza dell’anima trascende i confini convenzionali.
MARYLING SS24 “MARYLING UNIVERSITY, ALLA RICERCA DELLA NUOVA TE”
“MARYLING University, finding the new you”: un manifesto e insieme una dichiarazione di intenti quella racchiusa nella SS24 di MARYLING che riflette i momenti di trasformazione della vita, racchiudendo le esperienze che derivano dall’avventurarsi nell’ignoto, dalla curiosità e dalla libertà di esplorare.
È proprio la personale esplorazione dell’esistenza portata avanti dagli artisti contemporanei a farsi chiave di lettura dell’ispirazione del brand, che fa leva tanto su icone pop come Britney Spears che su protagonisti del milieu artistico – Michael Landy, Tracey Emin, Magdalena Abakanowicz – capaci di rileggere le proprie vite con un filtro personale ad alto tasso di spettacolarità. E con l’ausilio, naturalmente, di scultura e pittura, fotografia e ricamo, ma anche distruzione e fermo immagine di istanti vissuti e ricreati. È qui che il percorso del singolo artista, la sua visione giocosa e nostalgica insieme, il coté emotivo mai slegato dalla pratica crea un archetipo dell’esperienza universitaria, in cui c’è posto tanto per la reinvenzione di sé che per la nostalgia del passato.
Ideale punto di partenza è Break Down, l’opera -performance che ha portato alla ribalta Michael Landy, incentrata sulla distruzione di tutti i suoi beni in un’ideale indagine sulle reali necessità di ognuno, a cui si rifanno i look chiave della proposta di MARYLING. L’audacia dell’artista è stata incanalata nell’ardimentoso collage di stampe che caratterizza la collezione, oltre a suggerire quell’idea di cura e di rispetto per sé tipica della donna MARYLING il cui guardaroba riflette la sua identità.
Sono inaspettate combinazioni di colori tra il grigio elefante, il giallo narciso e l’indaco, accesi da accenti al neon, a essere incorniciati da tonalità più scure e dal classico bianco e nero. Strisce ispirate alla cravatta sono applicate, come stampe, sugli orli mentre texture organiche di maglia caratterizzate da diamanti geek chic e chevron utilizzano cachemire, mohair e lana come base. E ancora il tocco vintage della collezione continua nella seta stampata, la georgette e il raso, dai colori vivaci che omaggiano il tempo passato e la novità stessa insita nel nuovo. Le forme sono sartoriali ed essenziali, spesso abbinate alla seta multicolor mentre gli abiti sono stratificati e danno vita a combinazioni eclettiche. C’è poi chiaro il concetto stesso di riutilizzo che allude allo straordinario processo di creazione dell’identità. Una collezione che sovverte le aspettative invitando a una giocosa reinvenzione di sé.
MILAN, ITALY – SEPTEMBER 20: A model walks the runway at the Maryling fashion show during the Milan Fashion Week Womenswear Spring/Summer 2024 on September 20, 2023 in Milan, Italy. (Photo by Marco M. Mantovani/Getty Images for Maryling)
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MILAN, ITALY – SEPTEMBER 20: A model walks the runway at the Maryling fashion show during the Milan Fashion Week Womenswear Spring/Summer 2024 on September 20, 2023 in Milan, Italy. (Photo by Marco M. Mantovani/Getty Images for Maryling)
MILAN, ITALY – SEPTEMBER 20: A model walks the runway at the Maryling fashion show during the Milan Fashion Week Womenswear Spring/Summer 2024 on September 20, 2023 in Milan, Italy. (Photo by Marco M. Mantovani/Getty Images for Maryling)
Grande successo per Step into the Green Side: il progetto che vede Cuoio di Toscana protagonista delle migliori vetrine italiane
Il Consorzio ha scelto 10 Corso Como per presentare il progetto con una speciale live performance e una serata all’insegna del Green Pret–à–Porter.
Cuoio di Toscana inizia ufficialmente il suo tour italiano nei migliori negozi con una serie di eventi speciali che valorizzeranno le eccellenze del Bel Paese. Un percorso per il consorzio CDT reso possibile grazie alla partnership con CBI-Camera Buyer Italia rivolta a più obiettivi, primo tra tutti il garantire una conoscenza più approfondita, da parte dei compratori e del pubblico, del marchio creato nel 1985 per diffondere la cultura del cuoio da suola e basato sui principi di sostenibilità, qualità e tracciabilità.
Principi oggi fondamentali per il futuro del fashion system, che verranno veicolati attraverso storytelling e iniziative ad hoc nei top shop del territorio, mettendo in primo piano il talento dei giovani e il valore della materia prima. Il cuoio è infatti un materiale naturale, plastic free e riciclabile, oltre che ottenuto dalla trasformazione di uno scarto dell’industria alimentare, destinato altrimenti alla discarica o all’inceneritore.
Il debutto ha avuto luogo ieri, 18 settembre, in occasione dell’avvio di Milano moda donna e Lineapelle, in 10 Corso Como, storico concept store milanese, simbolo di Milano, del Made in Italy e della creatività internazionale.
Dalle 17 alle 23 la serata è stata animata da una live performance con un artigiano che ha mostrato come lavorare il cuoio, mentre una personal stylist ha spiegato agli ospiti come abbinare i capi presenti in negozio alle calzature in Cuoio di Toscana. Infine, sono stati esposti due look dei designer emergenti Marco Rambaldi e SSHEENA vincitori dell’ultima edizione del Cuoio di Toscana Prize, iniziativa on going che ha come obiettivo il supporto dei giovani creativi e dei progetti ecosostenibili. La suola verde, simbolo del marchio, è realizzata seguendo la tecnica di lavorazione della concia vegetale lenta in vasca, che prevede la trasformazione delle pelli grezze in un materiale durevole, riconosciuto in tutto il mondo. A presentare la serata Lucrezia Guidone, giovane attrice e una dei protagonisti della terza stagione di Mare Fuori.
Guardando ai prossimi goal, il Consorzio presieduto da Antonio Quirici, che riunisce sette concerie dei distretti di San Miniato e Santa Croce sull’Arno (Pisa), punta a superare nel 2023 i 200 milioni di euro di fatturato grazie alle aziende virtuose del distretto, che lavorano secondo criteri ecosostenibili. Questi sono regolati da norme stringenti che passano per il benessere animale e la depurazione delle acque, per il riciclo dei residui solidi e l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili. Una tradizione simbolo del Made in Italy che oggi vede in prima linea come clienti i mercati europei, tra cui Francia, Portogallo, Germania e Gran Bretagna, fino ad America, Cina e Giappone.
Infine, Cuoio di Toscana ha ribadito l’impegno green nel suo Sustainability Statement, un decalogo in 10 punti che fissa gli standard qualitativi dell’intera filiera italiana del cuoio verso soluzioni rigenerative naturali e la circolarità per un modello no-waste.
Veronica Iorio, con la sua SS 24, racconta di una donna dal gusto deciso, forte, dalle linee rigorose e nette, tagli sartoriali, contrapposte a tessuti fluidi, impalpabili con applicazioni metalliche, preziose e luminose. Pur riecheggiando nelle forme e nei modelli la semplice complessità del less is more degli anni ‘90, Veronica Iorio disegna la sua collezione volgendo uno sguardo, ammaliato, al trend ’70 del Safari, alle applicazioni di tasche, alle giacche impunturate, alla palette sfumata dei colori della sabbia, che raccontano, come un sogno, il mondo esotico dei safari ma in chiave elegantissima, esclusiva, fatto di lodge dalle atmosfere magiche ed ovattate, place to be per donne viaggiatrici ma mondane, che visitano il mondo e dispongono di un guardaroba quite luxury ma in una versione tutta al femminile.
I tailleur, i completi, sono perfetti per il deserto come per le città, e gli abiti si adattano al contesto senza sforzarsi di essere altro da sé, semplicemente capi che scivolano addosso, cingendo il corpo femminile senza sacrificarlo, e si possono indossare sulla sabbia, ovunque essa trovi il proprio paesaggio, tra le dune del deserto o sulla riva del mare. La giacca ed i pantaloni continuano ad avere un ruolo fondamentale nella collezione Veronica Iorio: il tailleur seguita a comporsi, e scomporsi, di giacche over size, doppio petto o 2 bottoni e di pantaloni palazzo, a sigaretta o regular fit. I tessuti sono tanti, spaziano dal lino al cotone, nella consistenza costruita della gabardina e del drill, del twill, fino a quella impalpabile e scivolosa del jersey o del raso; in tinta unita o rigati, con applicazioni metalliche o ricami floreali. La collezione nel suo insieme offre una palette colore naturale, con bianchi sfumati o più intensi fino al sabbia, celesti cielo per il giorno o azzurri decisi e scuri per la sera, ocra brillanti e verdi intensi.
La donna di Veronica Iorio è una donna che nella natura trova sé stessa, si lascia ispirare dalle sue atmosfere, dai suoi colori mutanti, e indossa capi che la fanno stare bene, senza orpelli o strutture, capi sartoriali e dalla qualità curata, dal lusso sussurrato e dall’estetica essenziale.