Photographer: ALE ALBERTI
Models: MARIA FERNANDA FERREIRA
, NATASA BOROZAN
Hair & Make-up: CONCETTA BILOTTA
Stylist: KDLONE FASHION BY KINE DIONE
Tag: fashion
Blondiefull for D-ART
Ciao tutti,
settimana scorsa vi ho parlato del LBD (little black dress), oggi vi vorrei parlare di un abito lungo nero ma non di un abito qualsiasi.
E’ uno di quegli abiti che noi donne abbiamo sognato quando eravamo bambine…..Glam!
Chi non ha sognato di essere agli Oscar indossando uno di questi abiti?!
Anche se non ero agli Oscars, ho avuto la possibilità di indossarlo per il Procida Film Festival.
E’ un abito couture, completamente fatto a mano ovviamente… e si vede! Non appena lo indossi, diventi magica.
Pesa moltissimo a causa di tutte le perline ma immediatamente si ha la sensazione di sentirsi principesse, e in questo caso un po’ rock.
L’abito è del brand “Amen“, un marchio che, garantisco, farà molto parlar di sè.
Non fanno solo abiti couture ma anche jeans pazzeschi (sempre validi per un gala) e di giubbotti di pelle spaziali, per nominarne due.
Spero vivamente di avere la possibilità di mostrarveli in altre occasioni.
Adesso che abbiamo il vestito, l’unica cosa che rimane è aspettare l’invito agli Oscar 😉
Buona settimana a tutti.
Love B
Hi everybody,
Last week I talked about the LBD (the little black dress), today I want to show a long black dress but not just any long black dress.
One of those dresses that we women all dreamed of when we were little girls….. Glam …
We have all dreamed of being at the Oscars wearing one of these…
Although I wasn’t at the Oscars, i still had the opportunity to wear it in occasion of the Procida filmfestival.
The dress is a couture dress completely handmade ofcourse and let me tell you it shows.The minute I put it on, it felt like magic.
It weighs a ton for sure because of all the beadings but you immediately get the princess feeling in this case a bit rock.
This dress is from the brand “Amen”, a brand that I will guarantee you will be hearing a lot about in the future.
They donnot only make couture dresses but also make the most amazing jeans (always gala worthy) and leather jackets among other things.
I hope I will have the opportunity to show you some more of their collection sono.
Now that we got the dress, all we gotta do is wait for the Oscar invitation;)
A great week to you all.
Love B
Dress/Abito – AMEN
Shoes/Scarpe – PINKO
special thanks to LA SUITE RESORT PROCIDA
Ph by HENRIK HANSSON
Intervista al fotografo Pino Leone
Siamo sull’ultima spiaggia, quella dei “nuovi fotografi”, quella dei “selfie tra le gambe fronte mare”, quella dei “workshop di nudo in una fabbrica abbandonata”.
L’era del digitale ha scaravoltato (alla Parodi) la fotografia e soverchiato il buon gusto, il rigore, a volte la decenza.
Eccezioni ne esistono ancora in questa valle di lacrime, un esempio è Pino Leone, che ancora sopravvive grazie alle sue idee e forse grazie alla collocazione geografica della sua dimora.
Chi è Pino Leone? Pino Leone è un ragazzino che alle scuole medie imparava “fotografia” – Chissà in quel periodo a quanti poteva interessare la materia. Vi rispondo subito: solo 8 suoi coetanei, mentre oggi probabilmente ci sarebbe la fila come alle ore 20.30 all’Esselunga di un sabato d’estate.
Pino scattava in pellicola, ebbene, quanti “nuovi fotografi” oggi scattano in pellicola? (conoscete la risposta) ed ebbe una gran botta di fortuna, diciamolo, incontrando il grande Oliviero Toscani, che subito gli propose di andare sul set a imparare il mestiere.
Con la sua prima Zenit, il povero ragazzino cadde in una trappola tesa dal fratello: un corso di fotografa nell’esercito, tra carri armati, motori, reportage di esercitazioni alla “Full metal jacket” di Kubrick. Un inganno per calmare lo spirito ribelle di chi, alla fine, a briglie sciolte, prenderà la sua strada, ma fregato dal suo stesso sangue si spara 9 anni e mezzo tra maschiacci e parolacce.
Pino Leone, in semi-isolamento, nella sua camera oscura di 300 mq, sviluppa ritratti e la voglia di continuare con la fotografia. Le agenzie notano il suo tratto pulito, il suo bianco e nero secco, deciso e finalmente stacca il cordone ombelicale da quello che finora era stato il suo “laboratorio-sperimentale”.
La fortuna bussa alla sua porta in veste di amico – un designer di abiti da sposa – lui fa “clic” e finisce sulle pagine di Vogue. E come tutte le fortune, arrivano insieme colorate di numeri: è il 1991 , 128 pagine di pubblicità, 3 sale posa per 1 studio a noleggio e ben 7 assistenti. La moda è la sua nuova compagna.
Roma, Parigi, Milano, tra cataloghi, sfilate, pubblicità, è tutto leggero eppure così solido da dover dire “No” ad alcune offerte.
Ora, Pino Leone, ha ottenuto quello che desiderava. Cosa? La Libertà! La libertà di scegliere COSA fotografare. Ed inizia il suo linguaggio espressivo: il nudo.
Tutto va a pari passo con l’ascesa della moda, apre un’agenzia a Roma dove lavora in simbiosi con la sua compagna Sara, una Roma lontana dalle competizioni meneghine, lontana dagli “sgambetti” e dai preventivi da “calende greche”.
Quando gli chiedo se apprezza qualche giovane fotografo mi risponde secco “Non ho tempo per sfogliare il lavoro degli altri, non sono in competizione con nessuno e con tutti i miei amici fotografi c’è un rapporto di stima reciproco”.
Non stento a credergli – Pino è il tipo di persona cui è facile volergli bene – la nostra intervista si è consumata al tavolo di un grazioso ristorante romano, sorseggiando del buon vino, mentre Sara (sua compagna e collaboratrice) racconta del loro orto con la sigaretta in mano e lui fantastica, con l’entusiasmo di un bambino, su una vita alle Seychelles tra rocce, spiagge bianche e fitte foreste. Il luogo delle sue fotografie.
Fotografi preferiti: Helmut Newton – Richard Avedon- Horst P. Horst
LOOK OF THE DAY – COUNTRY STYLE
Blondiefull for D-ART
Ciao cari amici,
Come state?
Per qualcuno di noi le vacanze stanno per finire e per altri purtroppo lo sono già…
Oggi vorrei parlarvi del LBD (litlle black dress) che, come è già stato detto da tanti altri, ogni donna dovrebbe avere nel proprio armadio.
Il LBD è un passe partout, è adatto ad ogni occasione e dona quasi tutte.
Quando ho visto questo me ne sono subito innamorata: è classico ma originale grazie alla trasparenza e il pizzo davanti, e ovviamente di lunghezza diversa dai soliti.
Credo che questo tipo di vestito doni quasi a tutte noi ed è anche molto comodo da portare.
Lo puoi indossare con tacchi e una bella borsa per un’ occasione speciale, oppure con delle scarpe basse e un giubotto di pelle per un occasione un po’ meno formale.
Io l’ho portato ad un cocktail x lavoro e l’ho abbinato con dei tacchi alti e una borsa importante.
LBD is here to stay I say:)
Cosa ne pensate?
Hi my dear friends,
How are you doing?
For some the holidays are coming to an end and for others unfortunately they already did.
Today I wanted to talk to you about the LBD (little black dress), and as said by many every woman should have one in their closet…
I absolutely agree…It is a passe partout..
It works for almost every occasion and flatters most of us…
When i saw this LBD I immediately loved it, it classic but still a bit different, because of the transparancy and the lace in the front..and ofcourse the lenght..
I think this type of dress flatters most body types and is comfortable to wear..Dress it up or down to your own taste..with high heels for a special occasion or with flats and a leather jacket for a more casual occasion.
I choose to wear it for a cocktail for work and combined it with a pair of awesome heels and a shiny bag…
LBD is here to stay I say….
What do you think?
Dress/ vestito – PINKO
Pumps / Decollete -CERASELLA
Bag/ Borsa – GEDEBE
Earrings/ Orecchini -TIFFANY AND CO
Glasses/ occhiali- DSQUARED
Special thanks to La suite resort Procida
PH by Henrik Hansson
LOOK OF THE DAY – INTO THE BLUE
Cara Delevingne: moda, addio
La notizia è di quelle clamorose ed è destinata a suscitare uno stuolo di polemiche. Cara Delevingne, una delle modelle più famose al mondo, ha dichiarato di voler ritirarsi dalle passerelle ad appena 23 anni.
Volto storico di maison come Yves Saint Laurent e Burberry, la top model inglese, classe 1992, si è detta vittima di un forte stress causato dalla vita frenetica a cui sono sottoposte le modelle. La grave forma di stress le avrebbe addirittura causato una forma di psoriasi.
Sguardo felino ed inconfondibile, folte sopracciglia che hanno fatto tendenza, la modella britannica è uno dei volti chiave del fashion biz. Una carriera iniziata nel 2009, a soli 17 anni, la Delevingne ha calcato le passerelle di Chanel, Fendi, Versace, Burberry, Victoria’s Secret ed è da molti ritenuta l’erede legittima di Kate Moss. Apparsa sulle copertine delle riviste più prestigiose, ritratta dai fotografi più famosi al mondo, Cara Delevingne è la modella che guadagna di più in assoluto.
Blasonata quanto basta, discendente dei baroni Faudel-Phillips, la top model non teme di apparire politically uncorrect con le sue dichiarazioni rilasciate in un’intervista al Times, secondo cui le pressioni imposte dal lavoro di modella l’avrebbero portata ad odiare il proprio corpo.
Niente peli sulla lingua per Cara, che si è sentita a suo dire a lungo sfruttata: femminista convinta, la top model britannica ha definito disgustoso il modo in cui ragazzine giovanissime siano costrette a posare in modo ammiccante, in un mondo fatto di enormi pressioni, competizione e sacrifici. Una vera e propria stigmatizzazione del fashion biz, mondo che l’avrebbe costretta a crescere troppo in fretta.
Espressività unica, bellezza anticonvenzionale ed un carattere ribelle, la Delevingne ha dichiarato la sua intenzione di volersi dedicare unicamente al lavoro di attrice. Già diversi film all’attivo, il suo è sicuramente un volto che buca lo schermo.
Auguri a Inès de la Fressange
Spegne 58 candeline Inès de la Fressange. Iconica musa di Karl Lagerfeld, volto storico di Chanel per tutti gli anni Ottanta, Inès Marie Laetitia Églantine Isabelle de Seignard de la Fressange nasce a Gassin l’11 agosto del 1957, figlia del marchese André de Seignard de la Fressange e della modella argentina Cecilia Sánchez Cirez. Aristocratica eleganza, Inès incarna la quintessenza dell’allure parigina.
Tra le più famose mannequin al mondo, adorata da Karl Lagerfeld, discendente di una famiglia dell’antica nobiltà francese imparentata con i celebri banchieri Lazard, Inès dal 1980 al 1989 lavora in esclusiva per Chanel, in un sodalizio storico con Lagerfeld. I rumours sostengono che l’armonia tra i due si sia rotta in seguito alla decisione della modella di accettare di prestare il proprio volto come Marianna della Repubblica Francese, decisione che sarebbe stata sgradita allo snob Lagerfeld, che riteneva questo un simbolo di provincialismo.
Nel 1990 Inès sposa l’imprenditore italiano Luigi D’Urso, da cui ha due figlie. Rimasta vedova nel 2006, dopo ha lavorato come designer e consulente per Jean-Paul Gaultier e come ambasciatrice per Roger Vivier, mette su un suo atelier al numero 24 di rue de Grenelle, nella celebre Rive Gauche di Parigi: qui vende le sue creazioni come anche opere di amici o di persone conosciute durante i suoi viaggi. I suoi capi -biancheria da notte e costumi da bagno, in primis– rivelano una delicata eleganza di ispirazione provenzale.
La modella, sottile e splendida anche in pantaloni a sigaretta e mocassini, si è dichiarata fortemente contraria alla chirurgia plastica. Emblema di un minimalismo chic dal gusto fortemente francese, è ancora oggi una donna bellissima e affascinante. Che dire, très chic.
VERBA: Come trasformare il PLURIBALL in Slippers!
Federico Verdiani e il Team Verba puntano su un “monoprodotto” confermando il potere delle SLIP-ON come Must-have, sia in versione maschile che femminile.
Il progetto lanciato da Verba pone in primo piano l’aspetto estetico, combinando il fascino di una forma classica con la progettualità contemporanea, lavorando su un design essenziale che trasforma tutto in un look di grande personalità.
E’ cosi che sono nate le Slippers e Slip-On realizzate interamente in Pluriball (il materiale a bolle d’aria comunemente usato per gli imballaggi), studiato e realizzato in una consistenza particolare e ideale per la realizzazione di questo non convenzionale tipo di calzatura; mixando il massimo comfort alla qualità e al design.
Ideato, progettato e realizzato interamente in Italia, per uno stile deciso che non passa inosservato.
Un modello estremamente Chic quello di Verba, dalla forma lineare e sobria, ma abbinata ad un fondo gomma Extra Light leggermente rialzato.
L’utilizzo di concetti forti e mirati è totalmente riuscito, in un gioco di tonalità Shocking tradotto e rielaborato perfettamente dal brand per la creazione di un prodotto “unico”.
Una Slip-On fuori dagli schemi che propone una visione creativa con uno spiccato twist concettuale, valorizzata dalla semplicità di alcuni dettagli che rispecchiano una personalità del nostro “customer”.
“Ogni collezione – afferma Federico Verdiani, designer Verba- parte dal colore e dagli abbinamenti tra materiale e trattamenti che posso sviluppare insieme agli artigiani che lavorano per me. Le mie slippers sono prima di tutto italiane, 100% made in Italy. Era questo che volevo prima di tutto, portare nelle mie collezioni un twist raffinato, italiano da tutti i punti di vista, per questo motivo le slippers Verba hanno un design riconoscibile”
Le slippers Verba oggi sono indossate da molti fashion addict e grazie a loro sono diventate dei veri passepartout dello stile urban-chic.
Il marchio è distribuito nei migliori concept store italiani ed all’estero in Francia, Belgio, Paesi Bassi, Austria, Germania, in Giappone ed in Corea del Sud
Giorgio di Sant’Angelo, genio della moda
Ci sono talenti unici, che nascono una sola volta ogni secolo. È certamente il caso di Giorgio di Sant’Angelo, genio della moda a trecentosessanta gradi, che ha fortemente influenzato gli anni Sessanta e Settanta.
Designer poliedrico e progressista, stylist ante litteram, visionario e ribelle, Giorgio aveva una sua personalissima visione della moda, che ancora oggi si pone come un unicum assoluto.
Sangue blu nelle sue vene, il conte Giorgio di Sant’Angelo (nome completo Jorge Alberto Imperatrice di Sant’Angelo e Ratti di Desio) nasce il 5 maggio 1933 a Firenze ma trascorre la sua infanzia nella tenuta del nonno, tra Argentina e Brasile, prima di fare ritorno in Italia all’età di 17 anni.
Dopo aver conseguito la laurea in Architettura presso l’università di Firenze, studia Design industriale a Barcelona e Storia dell’arte alla Sorbona. Artista poliedrico e dall’instancabile creatività, vince una borsa di studio che gli permette di conoscere Picasso, con cui lavora per sei mesi.
Successivamente il giovane si cimenta anche con l’animazione, sottoponendo un cartoon alla Walt Disney che, fortemente colpita dall’estro del ragazzo, gli offre uno stage. Giorgio parte quindi alla volta di Los Angeles, ma il suo inglese non eccellente lo riporta bruscamente alla realtà e lo costringe ad abbandonare l’esperienza dopo appena 15 giorni. Dopo qualche tempo si trasferisce a New York: a questo periodo risalgono le prime esperienze lavorative, come artista tessile ed interior designer.
Inizia a creare, per puro hobby, gioielli in plastica e lucite, dalle forme geometriche, che impressionano fortemente la fashion editor Catherine Murray di Montezemolo e Diana Vreeland, che lo vuole subito su Vogue. La sagace mente della Vreeland, già scopritrice di molti talenti, fiuta immediatamente il genio che ha davanti e lo assume come stylist freelance. È da questa collaborazione che nacquero perle rimaste ancora insuperate nel panorama della moda mondiale.
Nel 1966 Giorgio inizia a lavorare come designer, creando la sua prima linea di prêt-à-porter. Per la sua collezione attinge alle tradizioni culturali di diversi popoli, come quella dei nativi americani, per dar vita a capi dall’impatto fortemente scenografico. Suggestioni tratte dalle Ande, come si evince dalle stampe patchwork e dalla caratteristica lavorazione all’uncinetto. E ancora elementi rubati agli amerindi, come la lana mohair, le piume, le frange e i pellami tipici dei costumi dei nativi americani, stampe tratte dalla cultura azteca ed incas, il jersey, il mix di pattern e fiori ripresi dai costumi dei Navajo e degli Eskimo, l’opulenza di trecce e broccati di ispirazione gipsy, capolavoro indiscusso di styling.
Il suo contributo più grande nonché la sua rivoluzione fu bandire le cerniere lampo e progettare per la prima volta materiali stretch, che non costringessero il corpo femminile ma che vi si adattassero perfettamente. Designer pluripremiato, fu insignito del prestigioso Coty Award per ben due volte, la prima nel 1968 e la seconda nel 1970. Nel 1967 eliminò la “di” dal suo cognome e rinunciò al titolo nobiliare. Creò ben presto una linea più economica, denominata Sant’Angelo 4U2, seguita da un’altra più attenta alle tendenze del momento, la Marjer parts.
Le sue creazioni furono apprezzate da Bianca Jagger, Faye Dunaway, Isabella Rossellini, Cher, Diana Ross e Lena Horne. Posarono per lui modelle del calibro di Veruschka, Marina Schiano ed Elsa Peretti. Lo stilista, ricordando quei primi tempi, disse che all’epoca non avevano un soldo e che le ragazze posavano per lui la notte, dopo aver trascorso tutto il giorno a lavorare.
Celebre e ancora oggi insuperato esempio di perfezione stilistica, lo shooting del 1968 per Vogue, scattato nel deserto dell’Arizona con Veruschka come modella e con la fotografia di Franco Rubartelli, all’epoca legato sentimentalmente alla modella. Ideato da Diana Vreeland, fashion editor di Vogue, ambientato nella magnifica cornice del Deserto Dipinto, in Arizona, qui il genio di Giorgio vede la consacrazione ufficiale: la fashion editor alla fine concesse ben 8 pagine a quello shooting, in cui esplose la manualità di Giorgio, che dal nulla creò degli splendidi outfits. Lì dove chiunque avrebbe visto solo un mucchio di stoffe, lui vide dei vestiti. “Faceva caldo, terribilmente caldo”, ricorda Veruschka. Ad un certo punto, fasciata dentro un outfit che ricordava una specie di sacco a pelo, la modella perse i sensi.
Lo stilista, genio ribelle ed anticonformista, si spense il 29 agosto 1989 per un cancro ai polmoni, ad appena 56 anni, lasciando però un’eredità immensa, che influenzò designer come John Galliano, Anna Sui e Marc Jacobs. Ammirato da Bill Blass, da Donna Karan per il comfort offerto dai suoi capi, Giorgio amava definirsi “un artista prestato alla moda, un ingegnere del colore e della forma”.
Genuinamente convinto che moda e arte fossero strettamente correlate, auspicava la nascita di uno studio in cui architetti e creatori di moda lavorassero fianco a fianco, sulla falsariga delle Bauhaus di Vienna di inizio Novecento. Un talento insuperabile che meriterebbe di essere ricordato più spesso dagli addetti ai lavori.
Wang lascia Balenciaga
Si rincorrevano voci già da tempo ma ora pare sia ufficiale: secondo fonti molto vicine alla maison, Alexander Wang starebbe per lasciare la direzione di Balenciaga. Il giovane designer, da due anni a capo della direzione creativa dello storico marchio francese, si appresterebbe a lasciare il suo incarico.
Raramente uno stilista ha diviso tanto gli esperti di moda. C’era chi lo adorava e chi invece non riusciva proprio a capirlo. Forse lo stile iper funzionale e minimalista del designer americano poteva apparire lontano da un brand che, fin dagli albori, aveva puntato tutto su un concetto classico di stile.
Classe 1983, nato in California da genitori originari di Taiwan, Wang era direttore creativo di Balenciaga dallo scorso 2013. Secondo le indiscrezioni, il gruppo Kering di François Pinault, proprietario del brand, non sarebbe intenzionato a rinnovare il contratto allo stilista.