Expo del bello: il maxi evento di settembre 2017 a Milano

Milano apre le porte all’Expo del bello.

Ad annunciarlo è proprio il premier Renzi che ha voluto sottolineare con questa novità, l’intenzione di riportare Milano ai vertici della moda.

La manifestazione dovrebbe riallacciarsi con la Milano Fashion Week che si terrà il prossimo settembre 2017 e promette di esibire, all’interno dei padiglioni, tutto ciò che riguarda il mondo della moda e delle bellezza.

Verranno esposti, dunque, accessori di lusso come borse, occhiali, calzature etc…

Il protocollo è stato formato ieri, 12 ottobre 2016, dai massimi rappresentanti di Comune di Milano, dell’Agenzia  Ice e dal Sottosegretario Ivan Scalfarotto.

Il protocollo firmato nella sede del Mise prevede tre punti cardini: il potenziamento del sistema sfilate, il coordinamento e la razionalizzazione di tutto il polo fieristico di settore ed  il coinvolgimento delle istituzioni e degli enti per la promozione della città Meneghina con un’attenzione particolare al Comune di Milano che dovrà organizzare eventi che dovranno favorire la valorizzazione della città.

Facile quindi comprendere tutto l’entusiasmo del sottosegretario Scalfarotto che alla stampa ha dichiarato: “E’ stato compiuto un passo senza precedenti per il lavoro comune di una grande e articolata realtà produttiva che è anche un potente fattore identitario dell’Italia nel mondo.”

Ha poi concluso, dichiarando: “Il settore moda allargato rappresenta il 14% del nostro export” ed è cresciuto del 3% nel corso del 2015. L’Italia è l’unico Paese al mondo ad ospitare la filiera nel suo insieme, dal filato ai tessuti, dalle confezioni all’accessorio. Un’imponente sintesi di talento creativo, eredità e memoria, innovazione e positiva contaminazione. Eccellenze e primati di cui siamo orgogliosi e che dobbiamo valorizzare, rendendo Milano il crocevia di una convergenza creativa senza eguali.

Lavoriamo, seguendo le direttrici indicate dal Governo e dal presidente Renzi, ed in stretto rapporto con gli Enti Locali e le imprese” conclude Scalfarotto “per realizzare un vero e proprio Expo del bello e ben fatto, che dal settembre 2017  avrà luogo due volte l’anno a Milano.”

 

 

 

I selvaggi paradisi franco tahitiani di Gauguin: la mostra più attesa dopo la fine dell’Expo

Fino al 21 febbraio è possibile ammirare presso il nuovo Museo delle Culture una delle collezioni più complete al mondo dedicate a Paul Gauguin


Autoportrait au Christ jaune Paul Gauguin (1848-1903)
Autoportrait au Christ jaune Paul Gauguin (1848-1903)



La Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen ospita la più grande raccolta dei lavori di Paul Gauguin e, per la prima volta, un’ampia sezione viene esposta al di fuori di essa scegliendo come prestigiosa location espositiva il nuovo Mudec di Milano.
35 i lavori dell’artista, provenienti da 12 musei e altrettante collezioni private, accompagnati da quelli di Cézanne, Pissarro e Van Gogh, atti a illustrare le influenze e le sinergie di cui l’artista si circondava. Tra le perle esposte anche “Vahine no te tiare” (Donna col fiore), una delle prime testimonianze del suo filone polinesiano. L’approccio peculiare e originale al primitivismo e al selvaggio, costante fondamentale della produzione artistica di Gauguin, introduce il visitatore nel percorso, che si snoda in cinque sezioni e la cui ultima tappa l’arte della Polinesia, passando da quella popolare della Bretagna francese, a quella dell’antico Egitto, da quella peruviana delle culture Inca a quella cambogiana e javanese.


Gauguin Paesaggio Francese
Gauguin Paesaggio Francese



Un moderno globe trotter che, attraverso i suoi viaggi, onirici e reali, aprì gli occhi del mondo sugli universi paralleli, lontani nello spazio e nel tempo, fondendoli alla sua variegata produzione di matrice impressionistica francese.
Nella prima sezione espositiva viene presentato l’artista attraverso il suo autoritratto, introducendo il contesto storico e culturale francese del tempo, nella seconda, “Le visioni di Gauguin e il concetto di primitivo”, si ripercorre il suo lavoro dal 1876 al 1892, quando viene colto dal fascino della cultura incontaminata, fil rouge della sua produzione fino alla morte. La terza sezione, invece, “I viaggi di Gauguin, reali e immaginari”, racconta le sue esplorazioni fino al 1889 attraverso l’esposizione di alcuni lavori chiave e un video del poliedrico artista contemporaneo Filippo Timi. Nella quarta sezione, infine, “I dipinti di Gauguin: tecnica e visione”, si esplorano gli anni della maturità artistica fino a chiudere il racconto con la concretizzazione del suo credo. Mito, fantasia, sogno e realtà le chiavi di lettura dell’identità gaugainiana il cui omaggio alla figura della vahine polinesiana è il chiaro riconoscimento da parte della collettività.


Gauguin Donne Sdraiate
Gauguin Donne Sdraiate



Lo stesso incubatore espositivo riapproderà alla base la prossima Primavera, quando, un’ampliamento dell’esposizione sancirà il connubio tra il patrimonio artistico danese e l’ospitalità sopraggiunta dallo spazio italiano.

Le 4 migliori location della Milano da bere

Con l’avvento del social sharing i luoghi di tendenza per l’happy hour vengono presi d’assalto non solo per deliziare il palato con l’ultima variante del Moscow Mule ma, grazie alla particolare attenzione nei confronti dell’interior design, diventano ambite mete per immagini da condividere sui network. Scoprite, quindi, insieme a D-Art, quali sono le 4 imperdibili location milanesi dove dare appuntamento agli amici o organizzare un meeting nel segno delle ultimissime tendenze del lifestyle.

Nella centrale Porta Venezia sorgono Eppol e il Bar Basso.
Il primo, riaperto da poco, prende vita in una delle più belle strade della capitale lombarda, Via Marcello Malpighi, culla dello stile Liberty. In linea con ciò che lo circonda è arredato con una particolare attenzione ai dettagli. Nato come liquor bar, adesso Eppol offre variegati menù da gustare a tutte le ore, senza dimenticare le intolleranze e la scelta vegetariana. Il locale è anche luogo d’arte visiva e musicale, infatti, nei suoi angoli più intimi, troviamo i testi e i quadri di SOLO vinili | libri da consultare e ammirare.

La saletta di Eppol Milano
La saletta di Eppol Milano

Spostandosi verso Viale Abruzzi ecco sorgere un altro iconico bar meneghino.
La ricerca che, da anni, rende il Bar Basso unico nel suo genere conduce il cliente alla scoperta dei primi drink degli anni 30 fino a quelli delle mode più attuali.
Nato nel 1967, nel pieno dei moti rivoluzionari, ai suoi esordi offriva proposte esclusive in bicchieroni dall’aria pop mixandole alla tradizione alcolica italiana.
E’ qui che sono nati gli esperimenti in puro stile “Milano da bere” come il Rossini, il Negroni Sbagliato e il Fragolino.
Frequentato assiduamente dai baluardi dello stile e dell’ intelletto è il luogo prescelto da designer, giornalisti, stilisti e da chi lavora nel mondo della comunicazione per i propri incontri lavorativi e il tempo libero. La particolare attenzione e il rispetto per la creatività hanno ispirato il Bar Basso nella produzione di oggetti di design, come la collezione di bicchieri di vetro soffiato a mano e il maxi cubettone di ghiaccio che, per merito del designer Jacopo Pavesi, che ne ha progettato lo stampo, è inserito nei drink come firma esclusiva del bar.

La storica insegna del Bar Basso
La storica insegna del Bar Basso

Andando verso Porta Romana si giunge in uno spazio che, con le sue proposte gourmet, ci invita a vivere il fascino di un’antica drogheria intenta a vendere tabacchi.
A ideare la Tabaccheria Giacomo è l’omonimo chef Bulleri, da oltre 50 anni uno dei più rinomati in città, che propone una formula easy per degustare le sue prelibatezze.
Dalla colazione all’aperitivo, i grandi classici della cucina italiana, scoperti dallo stesso nei meandri della Penisola, sono accompagnati dai migliori vini senza tralasciare la vendita diretta. Ottime le idee regalo da esporre e fotografare, corredate di un elegante packaging con l’effige di Giacomo, che spaziano dalla colatura di alici di Cetara al pecorino bagnolese alla passata di pomodoro giallo, dal burro al tartufo bianco di Gubbio al profumato olio extravergine di oliva di Spello.

Un angolo della Tabaccheria di Giacomo Bulleri.
Un angolo della Tabaccheria di Giacomo Bulleri.

Dal fascino della tradizione italiana al glam di ispirazione newyorkese dell’American bar Ceresio7 diretto da Dario Gentile e situato sul tetto dell’ ex palazzo Enel, oramai divenuto sede del gruppo Dsquared2.
E’ lo skyscraper della nuova Milano, quella sorta grazie all’Expo, a accompagnare uno dei luoghi più cool della città. Due le piscine sulla sua terrazza, tante le preziose selezioni di super alcolici e drinks miscelati nel migliore dei modi grazie alla lungimirante esperienza dei barman.
Aperto dalle 18,30 alle 1,00, è ideale per lo sharing del dopo lavoro di coloro che vogliono concedersi momenti di lusso informale, lontani dallo stress ma sempre connessi grazie allo smartphone.

L'American bar Ceresio7 e la sua vista mozzafiato
L’American bar Ceresio7 e la sua vista mozzafiato

Un panorama in evoluzione, quindi, quello degli ambienti curati nei minimi dettagli per mettere a proprio agio gli ospiti 2.0, intenti non solo ad esaltare il gusto personale ma anche a catturare l’apprezzamento dei propri followers.

LELLA COSTA: DALLA PARTE DELLE DONNE

Attrice, scrittrice, doppiatrice e Ambassador Women for Expo. Una donna, mille volti. Questa Lella Costa uno dei personaggi femminili oggi più noti del panorama artistico italiano che, con la sua sensibilità e dolcezza, miste a determinazione, ha conquistato intere platee… e anche noi.

Dagli inizi nel mondo dello spettacolo ad oggi si è dedicata a radio, cinema, teatro. Quando ha capito che questa sarebbe stata la sua strada?

“Non vi è stato un momento preciso ma bensì è stata la raccolta di ami gettati intorno a me, come l’accademia filodrammatica, i seminari con Renzo Rosso o Mrozek, che ad un certo punto mi hanno reso consapevole di ciò che volevo essere nella vita. Poi nel 1980 il mio lavoro d’esordio con un’autrice altrettanto esordiente che fece da anticamera, nel 1987, al mio primo vero monologo semplice, Adlib. Quella fu la presa di coscienza assoluta che forse potevo farcela da me”.

Cosa ricorda della sua prima volta sul palco?

“Il saggio finale della scuola di Mrozek, quando Maurizio Michetti mi scaraventò in scena per un’improvvisazione. Ricordo la grande emozione mista a tensione ma anche, in antitesi, quella tranquillità dettata dalla consapevolezza di essere dove volevo essere. L’emozione poi, non va mai dimenticato, é il carburante del nostro lavoro: se non la provi sarà dura tu possa perseguire questa strada”.

Oltre quindi all’emozione cos’ altro ha caratterizzato in questi anni la sua carriera?

“Sicuramente la consapevolezza della grande fortuna di poter fare questo mestiere e la gratitudine verso un pubblico che mi ha sempre seguito, indipendentemente io facessi un lavoro al cinema, in tele o in radio. E in questo ho scoperto una grande magia: quella di cambiare città e di trovare sempre persone pronte ad accogliermi e ad applaudirmi e, diversamente da quanto immaginavo, non solo persone che con gli anni mi avrebbero seguito e sarebbero “invecchiate”con me, ma anche gente giovane, interessata alle mie parole. Forse questa la risultante di aver sempre messo in scena temi urgenti in un dato “momento sociale”.

Oggi quale tematica vorrebbe affronterebbe sul palco?

“L’immigrazione, ma non considerata come “gli altri che vengono nel nostro Paese” bensì un fenomeno che riguarda tutti noi, gente di paesi privilegiati, che stiamo vivendo comunque un medesimo fenomeno di migrazione verso altri stati. Questo come conseguenza di un’urgenza, di uno smarrimento dei popoli alla ricerca di una nuova identità e un tema che, non a caso, sarà il fulcro dello spettacolo che ho scritto con un mio caro collega, Marco Mariani, dal nome Uman che tratterà appunto di questa sorta di Odissea o Eneide del quale tutti siamo partecipi ogni giorno”.

Entrando in questo campo così controverso, quale visione ha di questa “Italia 2015”?

“Uno dei privilegi di fare il mio mestiere è quello di avere un contatto diretto con le persone, girando in largo e in lungo. Quello che posso dire è che, diversamente da quanto si può pensare, le brave persone, con sani principi e valori ci sono, e sono tantissime. Certo lo spaccato vuole anche che una certa parte sociale non rispecchi questo stesso identikit ed ecco forse spiegato il perché l’afflusso alle urne oggi è sempre meno, sintomo senza dubbio di uno scoramento, una disillusione tangibile che spero tanto possa cambiare”.

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Expo ormai agli sgoccioli. Lei è stata Ambassator Women for Expo: com’è andata?

“Avremmo potuto avere maggiore visibilità e voce in capitolo per sottolineare l’emancipazione femminile ma nel complesso siamo riuscite a dare segnali precisi. Poi certamente non va dimenticato che il tema dell’Esposizione è stato centrato appieno sia a livello di contenuti che di idee, per cui non posso che darne un giudizio positivo”.

Quale messaggio vorrebbe lanciare alle donne, in particolare a quelle italiane?

“Io amo ascoltare quindi faccio fatica a pronunciare messaggi. Quello che però posso dire è che credo nell’aiuto reciproco tra donne e nella solidarietà femminile, diversamente da come molti pensano. Questa a mio avviso è una potentissima arma al servizio delle donne e in questo vorrei fungere da “altoparlante” per fare sì che tutte le donne lo capiscano. Un esempio? In questi anni di crisi quante attività sono state salvate dall’impegno delle donne, dalla loro capacità di mantenere una rotta, con chiarezza? Questo è un chiaro dato di superiorità femminile”.

Nonostante la sua formidabile carriera coltiva ancora un sogno?

“Continuare a lavorare fino a quando riuscirò e finché avrò qualche cosa da dire e trasmettere al mio pubblico. E poi di essere riconosciuta un giorno come una voce che ha avuto un senso e le cui parole seminate non sono andate perdute”.

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MOSTRA PERSONALE DI MARIANO FRANZETTI “CHORIPAN”

MOSTRA PERSONALE DI MARIANO FRANZETTI
“CHORIPAN”


Lo Spazio Sanremo di Milano ha ospitato venti opere su tela a tecnica mista, sculture ed installazioni multimediali di Mariano Franzetti artista argentino che ora vive in Italia. Lo scopo della mostra è stato quello di creare un rapporto tra la sua patria e la nostra e dal successo che ha riscosso il messaggio è arrivato!
Il titolo della mostra “Choripan”, un preparato gastronomico di origine argentina costituito da due fette di pane che contengono chorizo accompagnato da salse, rappresenta qui l’unione, il concetto universale di condivisione sul piano dei valori umani. Mariano durante l’intervista illustra la sua idea di come interpreta questo alimento e lo vede come l’unico elemento che unisce in quanto è mangiato da tutti indistintamente che siano borghesi o individui della favela. Alcune sue opere sono collegate all’Expo e trattano il tema della nutrizione essendo l’Argentina uno dei più grandi esportatori di prodotti agricoli del mondo.

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Entrando nello spazio espositivo sembra di essere atterrati nella “sua” terra grazie all’ambientazione e all’originalissima idea di esporre le opere secondo un percorso bifronte. Esso si struttura in due dimensioni differenti: una parte folkloristica un po’ pop dove esce il lato ironico e stravagante dell’artista che comunica attraverso questo canale e una paesaggistica ricca di colori dove si ammirano deserti aridi, paesaggi suggestivi, una pampa sconfinata e spettacolari salares – resti salini di antichi laghi. Si è davanti a una terra dura e difficile, ma anche intrigante e dispensatrice di profonde emozioni.

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Colpisce ancora la sua ricerca dei materiali inusuali. Un esempio è l’opera “Mano larga”, una scultura che raffigura due mani unite e rimanda al messaggio di condivisione, essa è stata realizzata utilizzando un tipo di argilla molto particolare raccolta dove il fiume fa una curva durante un viaggio in Umbria. Dopo la cottura questa argilla prende un colore insolito che affascina ed incuriosisce.
Franzetti mi ha accompagnata in questo viaggio artistico e concettuale dove tutte le sue opere hanno una storia da raccontare. Vi invito a continuare questa esplorazione su

http://www.marianofranzetti.com/

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Silvia Ceffa

EXPO 2015 Viaggio intorno al cibo: una sosta letteraria

Proprio per i suoi tanti significati materiali, spirituali e sociali, è ovvio che l’arte si è interessata fortemente al cibo.

Riflettendo sul rapporto tra arte e cibo, possiamo evidenziare tre tipi di arte:


1. l’arte del cibo: la gastronomia e la preparazione della mensa.

2. l’arte per il cibo: ad esempio la ceramica utilizzata per contenere gli alimenti.

3. l’arte sulcibo: il gesto del mangiare e tutto ciò che lo prepara, lo accompagna e lo segue e l’ambiente in cui ciò avviene diventano oggetto di descrizione nella musica, nella pittura, nel cinema e nella letteratura.


Riguardo a questo terzo punto, in tanti romanzi o nelle poesie ci sono scene e situazioni che si svolgono in rapporto al bere o al mangiare. In esse, però, il cibo è più occasionale che centrale: cioè i personaggi dicono o fanno altre cose mentre mangiano, ma non è il cibo il centro dell’interesse del’autore. In una breve commedia di Luigi Pirandello (1867-1936), invece, notiamo che un frutto è proprio l’elemento centrale della composizione, il nucleo intorno al quale si svolge il racconto. La commedia, Lumìe di Sicilia (lumìe significa limoni nel dialetto siciliano), risale al 1910 ed è la riduzione teatrale di una novella precedentemente pubblicata.


La trama è molto semplice. Micuccio Bonavino è un giovane campagnolo siciliano e suona nella banda del paese. Ha aiutato una sua compaesana, Teresina Marnis, nella carriera di cantante lirica e si è fidanzato con lei. Nel frattempo Teresina si è affermata e ora vive in una grande città dell’Italia settentrionale, dove ha conosciuto e frequentato altri uomini, dimenticandosi di Micuccio. Preso contatto con la madre di Teresina, il giovane, che aveva portato anche del denaro ricevuto in prestito durante una malattia, scopre l’amara verità.


I personaggi principali sono Micuccio, Teresina (che, trasferendosi al Nord ha abbreviato il nome in Sina) e la madre di lei. L’azione si svolge in un solo atto.

Pirandello nella didascalia iniziale presenta l’ambientazione:

«La scena rappresenta una camera di passaggio, con scarsa mobilia: un tavolino, alcune sedie. […] Attraverso la camera si scorge un salone splendidamente illuminato con una sontuosa mensa apparecchiata».


Abbiamo dunque due luoghi: uno modesto, l’altro ricco e sfarzoso, pronto per una cena. Qui già si incomincia ad accennare al tema che ci interessa, cioè il cibo e i suoi significati.

Entra in scena il cameriere Ferdinando seguito da Micuccio, il quale ha compiuto un viaggio di due giorni per incontrare la signora Marta, madre di Teresina; ma la chiama ancora con un’espressione tipica del paese: “zia Marta”. Ferdinando e la cameriera Dorina escludono che il giovane possa incontrare la signora, perché: «Vedete, caro. Ci sarà una gran festa. La serata d’onore […] Questa notte si cena. Ah! E che tavolata! Che luminaria!».


Dal dialogo tra Micuccio e i due inservienti veniamo a conoscere che la bellissima voce di Sina è stata scoperta proprio grazie all’affetto di Micuccio, suonatore di ottavino nella banda musicale di Palma Montechiaro. Alla domanda di Dorina circa i suoi sentimenti, Micuccio risponde:


«Io? A Teresina? Mi fate ridere! Mia madre pretendeva che la abbandonassi perché lei, poverina, non aveva nulla, orfana di padre … mentre io, bene o male, il posticino ce l’avevo, nella banda».

E questa povertà di Teresina si precisa anche nella mancanza di alimentazione. Infatti, quando Micuccio decide di impegnarsi per far studiare canto alla ragazza, aggiunge:

«Il pianoforte costava, le carte costavano … e poi Teresina doveva nutrirsi bene per aver forza di cantare. […] Carne, ogni giorno! Me ne posso vantare!».

Anzi, Micuccio fa molto di più:


«Quando un maestro sentì Teresina e disse che sarebbe stato un peccato, un vero peccato non farle proseguire gli studi in una città, in un gran Conservatorio … io presi fuoco: la ruppi con tutti; vendetti il podere che m’aveva lasciato, morendo, un mio zio sacerdote, e mandai Teresina a Napoli, al Conservatorio. […] Quattro anni la mantenni agli studi. Quattro».

E conclude amaramente: «Non l’ho più riveduta, da allora». Nel frattempo la carriera artistica di Teresina aveva preso il volo: Napoli, Roma, Milano, Spagna, Russia. E dunque è tempo di coronare con il matrimonio il sogno d’amore di Micuccio verso la cantante.

All’improvviso suona il campanello: arrivano la madre di Sina e numerosi invitati. Il contrasto tra gli abiti sontuosi indossati da zia Marta e la sua vecchiaia sottolinea la contraddizione che la donna sta vivendo: da una parte vorrebbe tornare alla vita semplice e ai valori del paese siciliano, dall’altra accompagna la figlia ed è costretta a condividerne le scelte. Questo contrasto si esprime nel dialogo che ha con Micuccio:

«MARTA: Adesso di là si cena, capisci? Ammiratori, l’impresario … La carriera, capisci? Ce ne staremo qua noi due. Dorina ci apparecchierà subito subito questo tavolino … e … ceneremo insieme, io e tu, qui, eh? Che ne dici? Noi due soli. Ci ricorderemo dei bei tempi»

E questa distinzione tra «di là» e «di qua» tornerà continuamente nelle parole della donna.

Naturalmente non è possibile andare avanti senza porre la domanda che indica lo scopo della visita del giovane:

«MICUCCIO: E … verrà, vi ha detto? Dico … dico per … per vederla, almeno …

MARTA: Ma certo che verrà! Appena avrà un momentino …».



I due interlocutori continuano a parlare di persone e fatti del paese di origine.

Finalmente anche Marta e Micuccio mangiano. Marta si sente libera di farsi il segno della croce, perché quando è con la figlia e i suoi ammiratori ciò non le è consentito. Così tra ricordi e malinconia trascorrono i minuti, mentre ogni tanto si sentono risate che provengono «di là» e producono in Micuccio un crescente scoraggiamento.

All’improvviso giunge Sina, «tutta frusciante di seta, parata splendidamente di gemme, nudo il seno, nude le spalle, le braccia, si presenta frettolosa». Micuccio «che aveva steso la mano al bicchiere, resta col volto in fiamme, gli occhi sbarrati, la bocca aperta, abbarbagliato e istupidito, a mirare, come innanzi ad un’apparizione di sogno; balbetta il nome di Teresina». Ma lei è tutta sbrigativa e scappa via di nuovo per raggiungere i commensali.

Scende il gelo tra Marta e il giovane. È la presa di coscienza che il sogno di poter sposare la ragazza si è definitivamente infranto. In una tensione crescente che raggiunge il dramma, le parole di Micuccio e di Marta mostrano tutto il degrado morale in cui Teresina è sprofondata per «la carriera». Il giovane decide di andarsene:


«MICUCCIO: State tranquilla. Non le faccio niente. Me ne vado. Che sciocco, zia Marta! Non lo avevo capito … Non piangete, non piangete … Tanto, che fa?».

Ma proprio mentre riprende la valigetta e il sacchetto e si prepara a uscire, gli viene in mente che dentro il sacchetto ci sono i bellissimi limoni, che egli aveva portato per Teresina dal paese. «Oh, me ne scordavo: guardate, zia Marta … Guardate qua …»

«Scioglie la bocca al sacchetto e, facendo riparo d’un braccio, versa sulla tavola i freschi frutti fragranti».

In quel momento giunge Teresina: «Oh! Le lumie! Le lumie!»


«MICUCCIO: (subito fermandola) Tu non le toccare! Tu non devi neanche guardarle da lontano! (ne prende una e la avvicina al naso di zia Marta) Sentite, sentite l’odore del nostro paese … E se mi mettessi a tirarle a una a una sulle teste di quei galantuomini là?

MARTA: No, per carità!

MICUCCIO: Non temete. Sono per voi sola, badate, zia Marta! Le avevo portate per lei … (indica Sina) E dire che ci ho pagato anche il dazio … (vede sulla tavola il danaro, tratto poc’anzi dal portafogli; lo afferra e lo caccia nel petto di Sina, che rompe in pianto). Per te c’è questo, ora. Qua! Qua! Ecco! Così! E basta! Non piangere! Addio, zia Marta! Buona fortuna!».


Ed esce definitivamente, mentre cala il sipario.

Come si può vedere, in questa commedia pirandelliana il cibo diventa occasione d’incontro e di tensione e soprattutto è un simbolo che indica molti significati. Tra i principali, potremmo notare:

a. il rapporto tra città e campagna: la tavola ricca, simbolo di vita artificiale e superficiale, e i bei limoni siciliani, ricordo di una vita semplice e genuina;

b. i valori morali della tradizione in contrasto con l’immoralità e l’egoismo della modernità;

c. rapporto tra presente e passato;

d. due mondi diversi si incontrano e si scontrano: chi dei due vincerà?

e. la nascente industria dello spettacolo, che non raramente corrompe e strumentalizza i sentimenti;

f. il rapporto educativo tra madre e figlia e il senso di fallimento avvertito dalla madre.

Tutto questo e molto altro si concentra intorno alle due cene e soprattutto intorno ai limoni, che in questa commedia diventano simbolo di un’intera visione della vita, che Teresina ha ormai rifiutato.

EXPO 2015: Viaggio statistico intorno al cibo

La statistica è una tecnica e un metodo per indagare i fenomeni collettivi o di massa, quelli che si possono misurare in base a molte osservazioni. In modo particolare si usano gli strumenti matematici e il calcolo delle probabilità, per studiare i fenomeni demografici e sociali. Oggi la statistica è una vera scienza che studia, in base a metodi matematici, fenomeni collettivi di carattere variabile.

Lo studio dei fenomeni collettivi mette in luce relazioni, regolarità, leggi che non erano inizialmente previste e forse nemmeno intuite.


La misura dei fenomeni può avere come oggetto: l’intensità di un fenomeno, le relazioni fra le intensità di due o più fenomeni, la distribuzione di un fenomeno su un territorio o su una fascia sociale, le relazioni fra le distribuzioni di due fenomeni, le relazioni fra le singole modalità delle distribuzioni di due fenomeni.

Il campo di applicazione della statistica è enorme. Basti pensare alla statistica demografica, che studia lo stato e il movimento naturale e sociale della popolazione, i censimenti, le cause di mortalità, le malattie sociali, i fenomeni migratori, la nuzialità, la natalità, le dinamiche di una singola popolazione e così via.


Nel campo che qui ci interessa, cioè il rapporto con il cibo, ogni giorno i mass media ci informano di alcune varianti e di alcune costanti nelle statistiche mondiali. Ecco alcuni degli ultimi dati, elaborati dalle Nazioni Unite e in particolare dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), dal World Food Programme (WFP) e dall’United Nations International Children’s Emergency Fund (UNICEF), osservatorio privilegiato sulla realtà dell’infanzia.

Ogni anno nel mondo muoiono di fame da 5 a 20 milioni di persone, di cui la maggior parte sono bambini. La fame deriva dal fatto di non disporre della quantità sufficiente di generi alimentari per soddisfare i bisogni nutrizionali.


I segni più evidenti della sottoalimentazione sono la perdita di peso negli adulti e la mancanza di sviluppo nei bambini. Oltre ai morti, grandissimo è il numero di persone che si ammalano per l’indebolimento del sistema immunitario: perciò l’organismo colpito non è in grado di reagire a una serie di infezioni.

I dati dell’OMS indicano che circa 1 miliardo e 300 milioni di persone, cioè statisticamente 1/3 della popolazione mondiale, viaggia verso le 1.500 calorie al giorno. Di queste il 30%, cioè 500 milioni, ha meno di 1.500 calorie.

Il problema più grande, però, consiste nel fatto che circa la metà dei cereali prodotti sulla terra vengono consumati in Occidente, non solo come alimento degli uomini ma anche per gli animali. Con la sola quantità di cereali che gli Stati Uniti e la Russia destinano al bestiame, si potrebbero nutrire un miliardo di persone.


Molte sono le cause che ostacolano o impediscono l’accesso di tanti uomini e donne all’alimentazione: il clima non sempre favorevole, l’arretratezza delle tecniche agricole, la squilibrata distribuzione delle risorse naturali nel mondo, l’instabilità politica di tanti paesi. Va notato che, sempre secondo i dati statistici dell’ONU, le carestie e le guerre provocano solo il 10% delle morti rispetto alla fame, anche se non se ne parla molto nei mezzi di comunicazione.

Molti popoli sono ancora colpiti dalla piaga della fame. È soprattutto il continente africano a essere interessato: lì si soffre una povertà praticamente cronica e molte volte gli aiuti inviati dai paesi progrediti non sono riusciti a produrre effetti di lunga durata. Basti pensare che tre anni fa, su quasi 3 milioni di persone morte per AIDS, il 79% erano africani. Il Corno d’Africa è stato definito «il cuore della disperazione», perché l’80% dei suoi abitanti soffre di gravi malattie legate alla malnutrizione e i bambini perdono i capelli, le unghie e anche il primo strato di pelle.


Sono quasi 1 miliardo le persone che soffrono la fame.


Nel 2001 il WFP ha presentato un rapporto in base al quale si afferma che nel mondo c’è cibo a sufficienza per l’intera popolazione del pianeta. Si tratta, dunque, di mettersi con impegno non tanto nella produzione degli alimenti ma nella loro distribuzione. Bisogna, perciò, sviluppare l’agricoltura nelle zone più povere, proteggere l’economie rurali, introdurre tecnologie agricole più moderne, organizzare centri di allevamento di bestiame, liberare i paesi poveri dall’indebitamento, correggere i cattivi effetti della globalizzazione (specialmente la caduta dei prezzi dei prodotti agricoli, la diffusione incontrollata delle colture industriali volute dai gruppi economici più forti).

Come si diceva prima, sono soprattutto i bambini le vittime di questo «sterminio per fame». L’UNICEF ha calcolato che ogni anno 11 milioni di bambini muoiono per cause facilmente prevedibili, mentre molti altri sono colpiti dalla miseria fin dalla nascita e sono costretti a lavorare in condizioni assolutamente disumane: bambini-soldato, vittime di sfruttamento sessuale e forse anche di trapianti abusivi di organi. Oltre 600 milioni, sotto i 5 anni, devono sopravvivere con meno di 1 dollaro al giorno; 200 milioni sono affetti da rachitismo per malnutrizione; 110 milioni non vanno a scuola; 170 milioni sono sottopeso; 2 milioni muoiono per malattie legati al consumo di acqua non potabile; ogni minuto 6 ragazzi sotto i 25 anni vengono infettati dall’HIV.


Più di 1 miliardo di persone continua a non avere accesso all’acqua potabile e 1/3 della popolazione mondiale non dispone di servizi igienici, soprattutto in Cina, Congo, Etiopia, India.


Certamente dei passi avanti sono stati compiuti. Le statistiche ONU, infatti, ci informano che:

· nel 1980 i morti per fame furono 41 milioni;

· nel 1990 furono 35 milioni;

· nel 2000 furono 24 milioni.

Molto, dunque, si potrà e si dovrà fare anche in futuro.

Purtroppo alcune statistiche evidenziano la grande diseguaglianza che continua a regnare nel mondo:

· 9 miliardi di euro: la cifra necessaria per garantire acqua potabile e impianti sanitari in tutto il mondo;

· 11 miliardi di euro: cifra spesa in Europa nel mercato del gelato;

· 13 miliardi di euro: cifra necessaria per garantire condizioni di salute e alimentazione in tutto il mondo;

· 17 miliardi di euro: cifra spesa in Europa e Stati Uniti per gli animali domestici.


Questi dati mettono in risalto che il problema dell’accesso al cibo non è tanto una questione economica ma culturale e politica.

EXPO 2015: Viaggio economico e giuridico intorno al cibo

L’alimentazione è una necessità fisiologica fondamentale. Perciò, oltre al profilo individuale, il regime alimentare di un popolo è indice del suo livello economico.

Il fabbisogno alimentare viene espresso in calorie e varia a seconda dell’età, del peso, del sesso, della salute, del lavoro, del clima, del metabolismo e delle abitudini alimentari. La caloria è l’unità usata per indicare il contenuto energetico dei vari alimenti e il fabbisogno energetico dell’organismo umano per mantenere il suo bilancio organico. In genere il fabbisogno energetico essenziale per un adulto si calcola in duemila calorie al giorno.


Sul problema fisiologico si innesta quello economico.

Le voci principali per definire un progetto di politica economica sono:

a. le risorse naturali di un territorio: i prodotti forniti dal suolo sono sufficienti per gli abitanti anche in vista del futuro; oppure bisognerà far ricorso ad accordi internazionali, rapporti con i mercati esteri a volte anche per delle convenienze più che veri e propri bisogni;

b. la sua posizione geografica;

c. l’economia agricola e industriale;

d. la demografia;

e. eventi straordinari: carestie, terremoti, …


C’è un aumento complessivo di generi alimentari molto intenso dopo la II Guerra Mondiale. Il patrimonio zootecnico si arricchisce e la produzione di carne raggiunge delle cifre mai viste prima. Forte è l’incremento dei consumi, nonostante alcune crisi ricorrenti, al punto che s’incomincia a parlare di “consumismo” come una nuova ideologia, che sostituisce sia il capitalismo sia soprattutto il comunismo.

Sotto l’aspetto economico è molto importante l’industria alimentare, cioè la trasformazione dei prodotti naturali in generi di consumo più o meno immediato. Le materie prime vengono trasformate in prodotti ormai con criteri industriali, sia utilizzando le macchine che organizzando tutte le fasi del processo. Vediamo così sorgere e svilupparsi industrie interessate a:


a. cereali: la produzione della farina, la pastificazione, il riso, i dolci;

b. latte e derivati: industria del latte, conservazione, produzione di latte in polvere, industria casearia, formaggi, creme, yogurt;

c. materie grasse di origine animale e vegetale: burro, olio d’oliva e di semi;

d. carni: insaccate, inscatolate, …;

e. pesce: conservazione per congelamento, essiccamento, sott’olio, ecc.;

f. prodotti ortofrutticoli: tutto l’ambito della frutta e degli ortaggi, i succhi di frutta, …;

g. vino e derivati: produzione di vini da pasto, vini speciali, aceto, grappa, prodotti alcolici;

h. zuccheri: estrazione dalla bietola, fabbrica di dolci, gelati, marmellate;

i. bevande: acque minerali, birra, aranciata, ecc.


In questo elenco, che potrebbe ancora continua, si nota comunque lo sforzo dell’industria di raggiungere due obiettivi principali: la riduzione dei costi e il consumo di massa.

Varie leggi sanitarie favoriscono la vigilanza sui generi alimentari, basandosi sui concetti fondamentali di lealtà commerciale e di pubblica incolumità. Leggi della macellazione, ad esempio, prevedono che l’abbattimento degli animali va fatto con determinati metodi, in luoghi adeguati ed evitando il più possibile la sofferenza degli animali stessi.

Le norme di legge tendono a evitare un’alimentazione nociva alla salute. Sono norme che proibiscono di contraffare e adulterare gli alimenti e disposizioni che prescrivono delle cautele. L’autorità pubblica ha il potere di ispezionare fabbriche, botteghe, negozi, di prelevare campioni per sottoporli ad analisi, procedere al sequestro e alla distruzione di merci. Controllo importante è quello di tipo doganale, allo scopo di evitare che siano introdotti nel territorio nazionale delle merci non compatibili con le norme d’igiene pubblica.


Un alimento è genuino quando corrisponde per natura, sostanza e qualità al nome sotto il quale è indicato. C’è una differenza tra alterazione e adulterazione degli alimenti: la prima è involontaria, la seconda di solito è intenzionale. Miscele e addizioni producono dei surrogati non sempre adeguati a una sana alimentazione.

Oggi c’è il grande tema degli organismi geneticamente modificati, sui quali è in atto un acceso dibattito.

Un altro argomento che interessa l’opinione pubblica è la gestione dell’acqua. È evidente che l’acqua è un bene essenziale alla vita, perciò ognuno ha diritto di accedere a essa: l’acqua è di tutti. Essa, però, a differenza della luce, se viene utilizzata da uno non è disponibile ad essere usata anche da altri. Inoltre, nel panorama mondiale di oggi, le risorse idriche subiscono un’utilizzazione sconosciuta nei secoli precedenti, a causa dell’accresciuto numero della popolazione, della densità degli agglomerati urbani, dell’emissione di gas che riscaldano l’ambiente e della deforestazione. Perciò la realizzazione concreta di esercitare il diritto all’acqua oggi appare problematico. L’ideale sarebbe la disponibilità effettiva per tutti. Ma assistiamo alla privatizzazione delle risorse idriche da parte d’imprese che operano per conseguire un profitto economico.

I tentativi di riforma si concentrano su alcuni punti: accorpamento dei servizi, tariffe che incoraggino gli investimenti, evitare il monopolio di una singola impresa, controllo da parte di un’istituzione indipendente. Siccome molti di questi passaggi sono affidati alle regioni, non tutte le aree sono organizzate allo stesso livello.


L’aspetto che maggiormente interessa le forze politiche, il dibattito parlamentare e l’opinione pubblica è quello dell’affidamento: si nota una tendenza alla liberalizzazione, cioè ad affidare la gestione delle risorse idriche ai privati; ma c’è anche una controtendenza che preferisce le aziende pubbliche. La competizione tra le varie industrie pubbliche o private dovrebbe avvenire non in base a principi astratti, ma sul concetto di efficienza: i requisiti del servizio, l’operatore più affidabile, vigilanza ed eventuali sanzioni.

C’è, tuttavia, una norma che è alla base di ogni ulteriore intervento legislativo. La norma è stata stabilita dall’ONU nel 2001 ed è un articolo del Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali: «Gli Stati parti del presente patto, riconoscendo il diritto fondamentale di ogni individuo alla libertà dalla fame, adotteranno, individualmente e attraverso la cooperazione internazionale, tutte le misure, e fra queste anche programmi concreti, che siano necessarie per assicurare un’equa distribuzione delle risorse alimentari mondiali in relazione ai bisogni».

EXPO 2015 Viaggio pedagogico intorno al cibo

I figli dipendono per lungo tempo dai genitori. Ciò influisce sull’educazione alimentare dei piccoli, ma i gusti e le scelte giovanili condizionano anche il mondo degli adulti.

Non tutto ciò che siamo in grado di mangiare viene mangiato. È necessaria la ricerca di un equilibrio.


Anche nell’educazione dei bambini il simbolo del pane è molto importante. Forse oggi lo è un po’ di meno nella società consumistica e sempre più abituata al fast food, ma fino a pochi anni fa si baciava il pezzo di pane che cadeva a terra: era ritenuto un oggetto sacro, fonte di vita. Il semplice fatto che questa abitudine oggi è scomparsa ci fa capire che nella nostra alimentazione i condizionamenti sociali e culturali sono molto importanti. Inoltre c’è una grande massa d’informazioni, non sempre corrette o non sempre adatte a tutti gli organismi, alle quali facciamo ricorso nella speranza di trovare un buon orientamento per la vita.


Oggi esiste una vera e propria scienza dell’alimentazione, formata da tre parti:

a. la fisiologia dell’alimentazione: lo studio dei meccanismi e dei processi mediante i quali i fattori nutritivi dei cibi vengono modificati e usati dall’organismo;

b. la fisiopatologia dell’alimentazione: lo studio delle alterazioni e dei disturbi della nutrizione, le insufficienze caloriche, gli squilibri fra i componenti dell’alimentazione;

c. la dietetica clinica: lo studio delle leggi generali dell’alimentazione dell’uomo malato, indicazioni e controindicazioni.


Prendiamo un esempio frequente nella società occidentale, quello dell’eccesso alimentare: vediamo che si produce una perturbazione metabolica, alla quale fa seguito l’obesità, l’aumento del colesterolo, le alterazioni della glicemia e l’ipertensione arteriosa. Ma sono state identificate molte altre relazioni tra la cattiva alimentazione e la patologia: mancanza di vitamine, comparsa dell’anemia, deficienze di accrescimento e di sviluppo dei bambini, diabete, gotta, epatiti croniche e così via.

L’educazione dovrà concentrarsi soprattutto nella prevenzione. Infatti oggi il cibo, se in molte zone della terra scarseggia, nel mondo occidentale è sovrabbondante rispetto al necessario. In questo ambiente sviluppato, negli ultimi anni si sono manifestate soprattutto due tipi di disturbi legati all’alimentazione: l’anoressia e la bulimia.


La prima si presenta come una perdita di peso dovuta alla volontà e come rifiuto di assumere cibi nella quantità sufficiente. In questa scelta molto importante è l’aspetto psicologico, per cui si evidenzia una distorsione dell’immagine corporea, la paura di ingrassare, la depressione dell’umore, insonnia, aggressività, isolamento sociale, scarsa capacità di concentrazione. Il sottopeso e le conseguenze negative sono immediatamente percepibili. Si può giungere perfino alla morte, qualche volta anche per suicidio: sembra, infatti, che l’anoressia sia la seconda causa di mortalità negli adolescenti dopo la tossicodipendenza.


La bulimia, invece, ha il percorso inverso: il paziente assume una grande quantità di cibo in un tempo molto breve. Ci troviamo in presenza di una totale perdita di autocontrollo, perché il soggetto interessato avverte di non essere capace di fermarsi né di scegliere tra i vari cibi. Egli inoltre prova un senso di vergogna.

Ci sono naturalmente anche altre patologie legate all’alimentazione o alla dieta. Un notevole influsso sembra che venga esercitato dai mass-media, che propongono continuamente modelli non facilmente eguagliabili oppure tipi di diete che promettono benessere immediato e permanente.


È necessario attivare una vera educazione alimentare. Infatti non basta la terapia farmacologia, ma occorre cambiare i nostri comportamenti se essi risultano dannosi per l’organismo. La ricerca di uno stile di vita sano e corretto è la migliore prevenzione e la migliore cura dei disturbi legati all’alimentazione; ma essa richiede una buona motivazione e una certa perseveranza.

La terapia dietetica va regolata sulla massa corporea, sull’entità del soprappeso e su eventuali complicanze che ogni paziente può presentare. Lo scopo fondamentale di ogni dieta è quello di ridurre l’apporto calorico rispetto al fabbisogno quotidiano. Ciò si ottiene con il consumo di latte e yogurt, carni magre, pesce e legumi (che hanno contenuto proteico), cereali e frutta (per i carboidrati), verdure, acqua e fibre; sono da sconsigliarsi le bevande alcoliche e quelle zuccherate, come pure vanno evitate quelle diete che escludono per lunghi periodi alcuni tipi di alimenti, come le diete a base di sola verdura o solo frutta, ecc.


In definitiva, un’alimentazione sana deve essere:

a. varia: orientata a soddisfare tutte le esigenze nutrizionali dell’organismo;

b. moderata: non esagerata nella quantità;

c. completa: soddisfare anche il gusto;

d. nutriente: facilitare l’assimilazione.

Occorre mettere insieme i cibi, abbinandoli tra loro e diversificando le scelte.

Va tenuto presente anche una constatazione elementare: il mangiare non è un’azione staccata dalla vita; perciò va collegata con le altre attività, fra le quali è di grande importanza l’attività motoria, ed è opportuno ripartire il fabbisogno energetico in tutto l’arco della giornata.


Una giusta educazione prende atto dei principali errori alimentari dei ragazzi (e, purtroppo, anche degli adulti, che poi li trasmettono ai ragazzi): c’è un eccesso di calorie rispetto al consumo energetico, molte volte si salta la prima colazione, non si ripartiscono bene i tempi così che ci sono troppi momenti vuoti e altri pieni di eccessi, ci si abitua a consumare disordinatamente merendine e patatine anche senza sentirne il bisogno, si diffonde l’uso di bevande troppo ricche di zuccheri e anche di bevande alcoliche, si svolge una vita troppo sedentaria e lontana da spazi all’aria aperta.

È chiaro che qualsiasi intervento pedagogico non deve essere portatore di ansie e di preoccupazioni, ma deve tendere a un risultato da conseguire in un clima sereno e collaborativo. A tal fine può essere utile coinvolgere i ragazzi nel fare la spesa, nel preparare i cibi e apparecchiare la tavola e così via. La cosa più importante è che i ragazzi non associno l’idea di assunzione del cibo con quella di tensione psicologica.

EXPO 2015: Viaggio storico intorno al cibo

L’importanza del cibo nella storia dell’umanità e delle singole persone è talmente evidente che non ha bisogno di dimostrazioni. Tutta la nostra vita, dalle azioni più banali a quelle più sacre, indica un rapporto costante con il cibo. Tra le azioni banali, quante volte, passeggiando per Roma, notiamo che i nomi delle strade e delle piazze indicano un rapporto speciale con tutto ciò che riguarda l’alimentazione: Via dell’Acqua Acetosa, Via dell’Agnello, Sant’Angelo in Pescheria, Piazza dei Caprettari, Vicolo del Farinone, Via dei Fornari, Vicolo dei Granari, Piazza del Mattatoio, Via della Mole dei Fiorentini, Piazza della Pollarola e potremmo continuare ancora per molto. Stessa “musica gastronomica” si avverte in tante altre città italiane ed estere. Tra le azioni sacre, ricordiamo che tutte le religioni fanno riferimento al cibo, dai sacrifici offerti agli dei fino alla Messa che è un banchetto, dal frutto proibito di Adamo ed Eva alla festa di Pasqua. Anche Gesù ha insegnato a pregare dicendo «dacci oggi il nostro pane quotidiano».


Raccontare una storia del nostro approccio al cibo è praticamente impossibile, perché bisognerebbe raccontare tutta la storia dell’umanità. Tuttavia si possono indicare alcune tappe principali di come è cambiato il nostro comportamento di fronte alla necessità di mangiare.


EXPO 2015: Viaggio storico intorno al cibo


Il primo elemento da tener presente nella storia del cibo è il suo rapporto con il territorio. È chiaro che l’uomo si è servito di ciò che la terra spontaneamente riusciva a fornirgli. Forse in un primo momento i gruppi umani sono stati nomadi o seminomadi, cioè si spostavano di terra in terra ed esercitavano la caccia e la pesca, la raccolta dei frutti, un allevamento piuttosto selvaggio e uno sfruttamento parziale e temporaneo dei campi. Quando, però, essi hanno deciso di fermarsi su una determinata porzione di terra, allora lo sviluppo della civiltà è stato notevole e l’utilizzazione del terreno è progredita sempre di più.


Con uno sguardo panoramico lungo i millenni, possiamo immaginare cosa mangiavano gli uomini primitivi: termiti, cavallette, topi di campagna, qualche uovo di uccello, tuberi, radici ed erbe varie. La caccia aveva un’importanza enorme, com’è documentato anche dalla prima arte delle caverne. Con l’“invenzione” dell’agricoltura le cose cambiarono sensibilmente, anche perché, insieme alle coltivazioni, iniziò a organizzarsi anche l’allevamento degli animali: cereali e carne diventavano sempre più abbondanti, grazie anche alla scoperta del fuoco e alla possibilità di cuocere gli alimenti.


Entrando nella storia, cioè con l’invenzione della scrittura, vediamo le antiche civiltà dell’Egitto e della Mesopotamia. Grazie soprattutto ai celebri fiumi Nilo e Tigri ed Eufrate, si sviluppa un’intensa attività agricola. Di conseguenza il pane di farina o di orzo diventa l’alimento principale, insieme con i pesci, i formaggi, i legumi e la frutta. Non mancava il miele, il vino e una bevanda simile alla birra. I Babilonesi, in Mesopotamia, preferivano la carne lessa, accompagnata da cipolle, porri, aglio e piante aromatiche.


In questo periodo delle prime civiltà storiche appare un prodotto che avrà un grande successo, cioè l’olio. Di esso si parla anche nella letteratura di un altro popolo, gli Ebrei: se si legge qualche pagina della Bibbia, si vedono anche le usanze alimentari dell’epoca, fra cui la proibizione di mangiare carne di maiale, che era ritenuto un animale impuro.


Con la Grecia si entra in una di quelle epoche che fanno registrare un grande progresso alla cultura nel suo insieme. Non può mancare, perciò, anche un riferimento al cibo: l’Iliade e l’Odissea in diversi momenti parlano dell’alimentazione e delle circostanze in cui avvenivano i pasti, per esempio anche in occasione dei funerali. Questa usanza si trova ancora oggi presso molti popoli. Sembra addirittura che in Grecia esistessero settantadue tipi diversi di pane: quello di farina, di orzo, quello senza lievito, un pane scuro, quello fatto con fior di grano, un altro composto di varie farine, ecc. Pesce sotto sale o affumicato, legumi, olive, uva passa, fichi secchi, salsa di erbe aromatiche, ciliegie, fragole, …: di tutto questo narrano i racconti di Omero, le tragedie e i dipinti sui vasi.


Lentamente questi prodotti invadevano i mercati del Mediterraneo, anche grazie ai viaggi dei Fenici e di altre popolazioni.


Naturalmente, man mano che la civiltà si organizzava, si notava anche una certa differenza sociale tra i poveri e i ricchi, così che la tavola dei primi era piuttosto essenziale, mentre i secondi avevano modo di gustare pasti più raffinati. Nell’antica Roma non mancano scrittori e poeti che mettono in risalto queste distinzioni sociali ed economiche, che trovavano nell’alimentazione uno dei simboli più espressivi. Con l’Impero Romano praticamente non manca niente, perché l’estensione territoriale del grande stato abbraccia tutto il bacino del Mediterraneo ed entra in contatto con esperienze africane, asiatiche e nordeuropee.


Con le invasioni barbariche si assiste a un’epoca di grande crisi economica: di conseguenza anche il cibo tende a scarseggiare sia come quantità che come qualità, ma c’è molta selvaggina. Alla fine di questo periodo inizierà il Medio Evo e ci sarà una straordinaria fioritura culturale in tutta Europa. Le campagne torneranno a dare frutti, i contadini avranno di che vivere all’ombra dei castelli, i monasteri organizzeranno i lavori agricoli, verranno costruite le grandi cattedrali: tutto questo è segno di un benessere che tende a diffondersi e di un’alimentazione che incomincia a diventare migliore. Ci sono ancora, però, troppe pestilenze e carestie, oltre che un infinito numero di piccole e grandi guerre che distruggono i raccolti oltre che le persone.


EXPO 2015: Viaggio storico intorno al cibo


Tra le questioni polemiche, che accompagnano fino ai nostri giorni questo periodo, si delineano le crociate e il rapporto con il mondo arabo. Sotto l’aspetto alimentare l’apporto degli Arabi è notevole, sia per quanto la riguarda la preparazione dei cibi sia per le spezie e gli agrumi che essi coltivano e diffondono.


E arriviamo al periodo del Rinascimento. La scoperta dell’America nel 1492 è l’avvenimento che più di tutti gli altri incide per questa svolta che dà origine a una nuova fase della civiltà. Dal nuovo immenso continente arrivano nuovi generi alimentari: riso, mais, asparagi, spinaci, pomodori. Il mais dà origine, soprattutto nel Nord Italia, a quel cibo così tipico che è la polenta. Con il Rinascimento le grandi corti d’Europa fanno a gara ad allestire una mensa sempre più ricca, al punto che perfino i re si dedicano all’arte culinaria: Luigi XIV, il Re Sole, amava molto i liquori, mentre il successore Luigi XV favorì la produzione di alcuni alimenti speciali, quali il consommé, la fricassea di pollo e di piccione, la besciamella e la maionese. I viaggi intercontinentali in questo periodo permettono di introdurre in Europa il caffè, il tè e la cioccolata.


Dall’America erano giunte anche le patate, che nei secoli si dimostreranno come l’alimento che più di tutti contribuì a sconfiggere la fame in Europa.


Nei secoli successivi le tavole si arricchiscono di salumi, salsicce, molti tipi di formaggi e tanti dolci. Nell’Ottocento s’iniziano ad applicare le scoperte scientifiche anche all’agricoltura che, grazie al crescente impiego delle macchine, produce in misura sempre maggiore. In Francia viene impiantata la prima industria di lavorazione della barbabietola: da questo momento lo zucchero diventerà un alimento molto frequente e normale.


Al termine di questa corsa nella storia dell’alimentazione, ci domandiamo: e oggi, com’è il nostro modo di accostarci al cibo? È chiaro che oggi c’è tutto; però molto spesso i nostri pasti si riducono a un mordi e fuggi presso un fast food oppure ad un panino al bar. Naturalmente ci sono anche pasti più ricchi e importanti. E qualche volta anche un po’ troppo ricchi!