Un progetto artistico che unisce musica e moda, nato dalla collaborazione tra la pianista italo-giapponese Elena Chiavegato e lo stilista Emilio Bonadio.
WOMEN OF LEGEND non è una sinergia che si limita a un semplice abbinamento tra musicista e stilista, ma affonda le sue radici in un’idea più profonda. L’ispirazione deriva infatti da “Femmes de Légende”, una raccolta per pianoforte della compositrice francese Mel Bonis, e celebra le donne straordinarie della leggenda e della mitologia.
Elena Chiavegato è da tempo impegnata nella valorizzazione e promozione delle compositrici donne del passato, mentre Emilio Bonadio crea collezioni che traggono ispirazione da figure femminili di grande impatto culturale.
Il progetto WOMEN OF LEGEND è stato ufficialmente lanciato durante la Paris Fashion Week 2025. Il 2 marzo, l’Avant-Première si è svolta al Petit Auditorium di rue Rome, nel cuore del quartiere musicale parigino. Durante l’evento, è stato presentato in dettaglio il progetto, con l’esecuzione di estratti dalla raccolta pianistica di Mel Bonis. Il 3 marzo, la sfilata ha avuto luogo nella suggestiva cornice di Satisfashion Paris, presso la Galerie Bourbon di Avenue Marceau. In questa occasione, è stata presentata la nuova collezione di abiti creata da Emilio Bonadio, ispirata a “Femmes de Légende”. Il progetto proseguirà con tappe in numerose città d’Italia e d’Europa.
Gli abiti della collezione sono creati per rappresentare una manifestazione tridimensionale delle emozioni suscitate dalla musica di Mel Bonis. Realizzati interamente a mano, drappeggiati e ricamati con cura, celebrano il savoir-faire italiano e la raffinatezza dell’artigianato tipico della tradizione Made in Italy. Creati con fibre vegetali vegane, la collezione dà vita a visioni moderne di donne legate al passato. Con un approccio haute couture, queste creazioni sono pensate per resistere al trascorrere del tempo, concepite come veri e propri classici, belli oggi, domani e, si spera, sempre, come opere d’arte piuttosto che semplici tendenze passeggere della moda.
Ispirati alle figure mitologiche proposte da Mel Bonis, i design incarnano un equilibrio perfetto tra una delicata sensualità, forza e raffinatezza artistica, creando l’immagine di una donna potente e determinata, che, sia chi ammira gli abiti, sia chi li potrà indossare, possa sentirsi come figura leggendaria. Le stampe sono inedite, disegnate a mano e i delicati cristalli ricamati a mano impreziosiscono gli abiti, conferendo loro un’aura mistica che si fonde armoniosamente con l’essenza romantica e femminile delle composizioni di Bonis.
Photography Mimì Interview Maria Grazia Ambrosio Abiti Antonio Riva Milano @ Press Office Guitar Location Museo Bagatti Valsecchi Thanks to Serazio Pianoforti
Il suo mondo è bianco e nero, una distesa di tasti dove la musica è il colore. Elena Chiavegato è una concertista italo-giapponese che si esibisce sui palchi e nei teatri di tutto il mondo, dove porta un programma speciale che ha lo scopo di educare il mondo della musica classica alla scoperta delle compositrici donne. Un progetto etico e tutto al femminile, con lo scopo di ridare luce e vita a donne che per secoli hanno dovuto restare nell’ombra a causa del loro sesso.
Insieme a noi, durante un nostro evento, ha dato vita ad un miniconcerto dove ha svelato nome e musica di queste donne creative e coraggiose. In questo servizio, ci ha raccontato la sua vita da musicista.
Hai iniziato a suonare quando avevi solo 3 anni. Com’è nata la tua passione per la musica? Raccontaci un aneddoto. La musica ha sempre fatto parte della mia vita in modo naturale. Mia madre, anche lei musicista, mi introdusse al pianoforte a tre anni, un po’ per gioco e un po’ per darmi un’educazione musicale. Non ricordo con precisione i miei inizi, ma mi raccontano che, ogni pomeriggio, dopo l’asilo, passavo almeno un’ora al pianoforte con mia madre, che è stata di fatto la mia prima insegnante. Fu lei a guidarmi nella preparazione dell’esame di ammissione al Conservatorio di Milano.
Cosa significa essere una concertista, qual è il tuo lavoro e quante ore di studio comporta? Essere una concertista significa innanzitutto viaggiare molto. Mi ritengo fortunata perché la musica mi porta in luoghi bellissimi. Tuttavia, la parte più consistente del lavoro si svolge lontano dal palcoscenico, nella fase di studio. Il concerto è solo l’ultimo tassello di un lungo processo di preparazione, che richiede dedizione e tempo. Per il pianoforte, in particolare, lo studio è fondamentale: oltre all’interpretazione, c’è una componente meccanica che implica l’apprendimento dei brani a livello muscolare e mnemonico. Il numero di ore di esercitazione varia in base agli impegni e alla complessità del repertorio da preparare. Nel mio caso, lo studio occupa spesso l’intera giornata; nei periodi più intensi, cerco comunque di dedicare almeno tre ore quotidiane allo strumento.
Hai mai avuto una passione grande quanto quella della musica? La musica occupa senza dubbio il primo posto per me, ma nutro anche una grandissima passione per l’arte visiva. Amo visitare mostre e musei ogni volta che ne ho l’occasione, soprattutto quando viaggio. Sono convinta che musica e arte siano strettamente interconnesse. D’altronde, molti compositori si sono lasciati ispirare dall’arte per creare le loro opere, così come molti artisti hanno trovato ispirazione nella musica. Credo che le due discipline si nutrano a vicenda, arricchendosi in un continuo scambio creativo.
Come ti prepari per andare sul palco? Hai un gesto scaramantico? Nei giorni dei concerti, cerco di preservare le energie per il momento della performance, così da poter dare il massimo sul palco. Dormo a sufficienza, seguo un’alimentazione equilibrata e ripasso l’intero programma a metà della velocità di esecuzione, in modo da scaldarmi senza affaticarmi troppo. Arrivata sul luogo del concerto, provo alcuni frammenti per adattarmi allo strumento (i pianisti suonano su un pianoforte diverso ogni volta—una sfida, ma anche il fascino di questo mestiere). Poi arriva il momento trucco e parrucco e del mio piccolo rito scaramantico: mangio sempre una banana (digeribile e ricca di energia), ricevo tre bacini dalle persone intorno a me… e poi via, in scena!
Porti in giro per il mondo il progetto sulle compositrici donne, sconosciute alla maggioranza delle persone. Cosa ti ha spinto a volerle raccontare? Da alcuni anni faccio parte di Young Women Network, un’associazione femminista non-profit che promuove l’empowerment femminile. Le tematiche legate alla condizione delle donne mi stanno particolarmente a cuore e, inizialmente, il mio attivismo si concentrava soprattutto sul mondo del lavoro e delle imprese. Col tempo, però, ho sentito il bisogno di portare questi temi anche nella mia arte, attraverso la mia disciplina e il mio strumento. Nella storia della musica classica, il panorama della composizione è stato dominato quasi esclusivamente da uomini: quando pensiamo ai grandi nomi, ci vengono subito in mente Mozart, Beethoven, Brahms… Ma dove sono finite le donne? La risposta è tristemente semplice: per secoli, a causa di barriere storiche e culturali, alle donne non è stato concesso lo spazio per costruire grandi carriere, soprattutto nella composizione. La creatività femminile è stata sottovalutata, e le compositrici spesso relegate nell’ombra. Eppure, le loro storie e la loro musica sono troppo preziose per restare dimenticate.
Ci aiuti a conoscerle meglio? Tra le meno sconosciute ci sono Clara Schumann e Fanny Mendelssohn, ma vengono sempre associate al marito o al fratello, come “la moglie di” o “la sorella di”. Eppure, la loro musica meriterebbe di essere ricordata ed eseguita per il proprio valore, indipendentemente dai legami familiari. Oltre a loro, esiste un importante filone di compositrici francesi, molte delle quali gravitavano attorno a Parigi, città che nei secoli scorsi è stata un centro artistico d’avanguardia e offriva alle donne maggiori margini di libertà rispetto ad altri luoghi. Tra queste spicca Mélanie Bonis, conosciuta come Mel Bonis, la cui vita fu segnata da enormi difficoltà. Per poter pubblicare le sue opere senza subire discriminazioni, fu costretta a utilizzare uno pseudonimo che celasse la sua identità femminile. Un’altra figura straordinaria è Cécile Chaminade, grandissima virtuosa del pianoforte e protagonista di tournée internazionali. Acclamata dal pubblico, dovette però affrontare aspre critiche dalla stampa, che giudicava la sua musica in base a stereotipi di genere: i brani più leggeri erano considerati “troppo femminili”, mentre quelli più elaborati venivano liquidati come un tentativo di imitare gli uomini.
Ti ispiri ad una di loro? Ogni compositrice di quell’epoca ha una storia straordinaria, fatta di coraggio e determinazione, da cui possiamo trarre ispirazione. Ciò che le accomuna è la quantità di ostacoli e pregiudizi che hanno dovuto affrontare: per secoli, si è creduto che le donne non potessero essere musicalmente creative e di successo al pari degli uomini. Sono figure che hanno sfidato gli stereotipi del loro tempo, aprendo la strada alle generazioni future. La loro battaglia continua a darci forza oggi, nella nostra lotta per la parità di genere. Tra le compositrici a cui mi sento più vicina c’è Louise Farrenc, che si batté per ottenere lo stesso compenso dei suoi colleghi uomini, anticipando di secoli la questione del gender pay gap. Un’altra figura per me fondamentale è Nadia Boulanger, prima donna a dirigere le più grandi orchestre internazionali e straordinaria didatta, che ha formato alcuni dei musicisti più illustri del Novecento.
Dalla passione al lavoro, è cambiato il tuo rapporto con la musica? Mi trovo in una condizione in cui il mio mestiere si intreccia profondamente con la mia identità. Beethoven diceva: “Dove le parole non arrivano, la musica parla”. La musica ha il potere unico di toccare le emozioni più profonde dell’animo umano. Per me, il concerto è prima di tutto un momento di condivisione, e il mio obiettivo principale è trasmettere emozioni al pubblico. È questa la vera magia della musica. Certo, la mia vita non si riduce solo a questo, ma la musica rimane il fulcro di tutto. In realtà, anche da bambina vivevo il palcoscenico con una certa dose di pressione e consapevolezza, non è mai stata un’esperienza spensierata per me: ho capito presto di avere una responsabilità, sia verso la musica che verso chi ascolta. Un aspetto che devo anche alla mia straordinaria insegnante del Conservatorio, che ci preparava con rigore e dedizione per affrontare al meglio ogni performance.
Progetti futuri? Sto lavorando al mio debutto discografico, è arrivato il momento… Si tratta di un progetto complesso, che oltre all’incisione include ideazione, ricerca, studio e molto altro. Tuttavia, preferisco non anticipare troppo per ora; i dettagli verranno rivelati nei prossimi mesi!