Il mondo magico di Harry Potter incontra la moda anni ’20 nell’attesissimo spin-off che arriverà nelle sale il 17 novembre, e questa notizia basta a mandare in visibilio i fan del maghetto con gli occhiali. Se poi, durante un evento in diretta mondiale, J.K. Rowling annuncia di aver moltiplicato il numero di film della nuova saga Animali Fantastici e dove trovarli, il delirio è assicurato. Ieri sera, durante un Q&A in mondovisione da Londra e Los Angeles e con collegamenti nelle maggiori città del mondo, l’autrice insieme al regista David Yates (che ha già firmato gli ultimi quattro Harry Potter) e il produttore storico David Heyman, ha spiazzato migliaia di fan accorsi e anche gli stessi attori di Animali Fantastici annunciando la grossa novità. “All’inizio è stato un po’ stressante scrivere un grande film hollywoodiano – ha raccontato J. K. Rowling, al debutto come sceneggiatrice – ma con il tempo ci ho preso gusto e oggi possiamo annunciare che la saga di Newt Scamander sarà di cinque capitoli“. Animali Fantastici e dove trovarli è ambientato nella New York degli anni ’20. Protagonista il magozoologo Newt Scamander, giunto da Londra con una valigia carica di creature magiche. Una volta scambiata la sua valigetta con quella del panettiere Jacob Kowalski dovrà affrontare mille avventure per recuperare i suoi animali. Così tante avventure da non riuscire a raccontarle in una trilogia, come previsto.
I fan di Harry Potter hanno risposto con entusiasmo all’idea di un prolungamento della nuova saga con protagonista Eddie Redmayne, premio Oscar nel 2015 per La teoria del tutto. L’attore inglese si è detto un po’ sotto pressione per la paura di non essere all’altezza del mondo creato da J.K. Rowling, ma allo stesso tempo euforico. Gli hanno fatto eco gli altri protagonisti, tra cui Katherine Waterston, Alison Sudol, Dan Fogler, Colin Farrell, entusiasti di impugnare la bacchetta magica e trovarsi sul set tra creature fantastiche e oggetti volanti. Merito dello scenografo Stuart Craig (Il paziente inglese, Le relazioni pericolose, Gandhi) che ha reso perfettamente l’atmosfera degli anni ’20 ricostruendo New York agli studios Leavesden di Londra e con l’aiuto del green screen. Sembra però che Animali Fantastici e dove trovarli renderà felici anche i fashion addicted: la costumista Colleen Atwood (premio Oscar per Alice nel paese delle meraviglie, Memorie di una geisha e Chicago) promette cloche e abitini da flapper girl per tutte le amanti della moda anni ’20. Il cappotto blu che Eddie Redmayne indossa nella locandina del film è già leggenda.
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La metamorfosi dell’amore
Un’opera dai molteplici spunti riflessivi, contraddistinta da un tema quanto mai attuale e delicato ed interpretata da un grande attore protagonista. Può essere così riassunto l’ultimo film del regista britannico Tom Hooper, vincitore del Premio Oscar per Il discorso del re, intitolato The Danish Girl, che vede primeggiare un istrionico e poliedrico Eddie Redmayne, supportato efficacemente dall’attrice svedese Alicia Vikander. Entriamo nei meandri della pellicola.
Danimarca, inizi del ‘900. La vita del pittore paesaggista Einar Wegener è scissa in due parti: la prima vissuta accanto alla moglie a Copenhagen, mentre la seconda a Parigi con una nuova identità, nei panni (in tutti i sensi )di Lili Elbe. Oltre che per i suoi dipinti, Wegener sarà ricordato per essersi sottoposto per la prima volta nella storia ad un’operazione chirurgica con lo scopo di cambiare sesso.
Tutto ebbe inizio con un gioco erotico con la moglie Gerda, in cui Wegener si travestì da donna. Da quel momento in poi il pittore danese rimase fortemente attratto dall’abbigliamento femminile, che divenne un’irresistibile calamita. Col passare del tempo crebbe la volontà di trasformarsi definitivamente in una donna: Einar desiderava ardentemente diventare Lili.
La medicina dell’epoca lo considerava uno schizofrenico da internare il più presto possibile. Nonostante questo, Einar Wegener si rifugiò nella chirurgia sperimentale, pur consapevole che ciò che si apprestava a subire rappresentava un intervento mai eseguito prima e dai rischi incalcolabili.
Distribuito nelle sale cinematografiche italiane a partire dal 18 febbraio dalla Universal Pictures, The Danish Girl racconta la storia di uno spirito libero intrappolato in una gabbia corporea che non riconosce come propria. Attraverso lo specchio dell’anima, Einar Wegener realizza di voler divenire Lili Elbe.
Non è azzardato affermare che il film si divida in due tronconi. Il primo narra e descrive le modalità con cui Wegener impara i movimenti dalle altre donne al fine di assumerli e padroneggiarli per completare la sua mutazione. Il secondo invece, molto più ampio, inquadra e si sofferma sull’esigenza del pittore di essere una donna a 360 gradi. In questa seconda parte, dunque, i corpi e i modelli femminili visualizzati nella prima sezione dell’opera scompaiono progressivamente, lasciando il posto alla mera trasformazione fisica, incarnata dal volto, dai lineamenti e dalle espressioni di Lili Elbe.
In un’esplosione continua di recitazione e primi piani, l’attore d’oltremanica Eddie Redmayne (di cui ricordiamo alcuni film quali La teoria del tutto, Jupiter – Il destino dell’universo e Les Misérables, pellicola diretta proprio da Tom Hooper) riesce ad ottenere meritatamente la nomination all’Oscar come miglior attore protagonista. Il suo Einar Wegener è un concentrato di mimesi e mutazione facciale, contorniato da un accentuato compiacimento nel ricoprire un ruolo dotato di un’indiscutibile eterogeneità somatica.
Accanto a Redmayne, nelle vesti della moglie Gerda Wegener, troviamo l’attrice scandinava Alicia Vikander (nota al pubblico per pellicole come Il quinto potere, Il settimo figlio e il recente Il sapore del successo, con Bradley Cooper), la quale riesce nell’intento di determinare le sorti di ogni scena nonostante non interpreti il ruolo da protagonista. Gli spunti più interessanti del film derivano proprio da lei, una sorta di motore emozionale nascosto che anima l’intera vicenda.
Dietro la macchina da presa troviamo il regista Tom Hooper (Red Dust e Il maledetto United, giusto per citare qualche esempio della sua filmografia), che con The Danish Girl ha saputo creare una pellicola gradevole e piacevole, caratterizzata da un tono leggermente retrò ed élite, elementi stilistici assolutamente inclini con la tipologia di film da lui diretti, vedasi a tal proposito Il discorso del re del 2010 e I Miserabili del 2012.
Ciò che spicca maggiormente in The Danish Girl sono gli sfondi e gli interni meravigliosi, nonché una rappresentazione cromatica praticamente perfetta (non per niente il protagonista è un pittore). La scenografia e la fotografia, quindi, combaciano armonicamente e il pubblico in sala potrà apprezzarne l’incantevole estetica.
Il tema sessuale viene affrontato con garbo e pudore. Le scene più erotiche, dai baci omosessuali alle inquadrature dei corpi nudi, vengono puntualmente (e forse eccessivamente) sfumate. Nonostante l’incombenza e la necessità di un’operazione chirurgica, non è dunque sbagliato affermare che The Danish Girl rappresenti la vittoria dello spirito e della mente nei confronti del corpo e della carne.