Giovani e liberi attraverso gli occhi di Pierpaolo Piccioli: dopo 25 anni il designer lascia la maison Valentino

Giovani e liberi attraverso gli occhi di Pierpaolo Piccioli: dopo 25 anni il designer lascia la maison Valentino

Dopo circa 25 anni di collaborazione, Pier Paolo Piccioli lascia la maison Valentino.  Un’esperienza iniziata nel 1999 quando il designer è approdato alla casa di moda fondata da Valentino Garavani e Giancarlo Giammetti. Inizialmente con l’incarico di realizzare la linea gioielli, passa poi alla direzione creativa del brand, prima in coppia con Maria Grazia Chiuri e infine nel 2008 da solista. Il contatto prolungato con l’artigianato italiano di questo lungo excursus gli ha permesso di apprendere quel ‘savoir faire che è alla base del mestiere di un designer’.

Pierpaolo Piccioli

Carattere poco avvezzo ai lati commerciali del settore, ritiene che ‘non si ha bisogno di nuovi oggetti, ma di sogni ed emozioni‘. Nel momento in cui scopre attraverso i grandi fotografi, come David Bailey, il potere narrativo della moda, decide di voler intraprendere la carriera come designer. La capacità che apprezza maggiormente di questi artisti è quella di saper raccontare le persone e coglierne la bellezza, ‘che non risiede negli attributi fisici ma in una grazia intrinseca‘. La realizzazione della sua prima collezione infatti non parte da un’idea di vestito, ma di bellezza. E il contrasto è palese visto che la moda è effimera mentre la bellezza è eterna.

Ma è la tensione del contrasto stesso, come nei due poli opposti di una pila, a creare l’energia che rende accattivanti le sua creazioni. La stessa tensione che si manifesta ad esempio nel dover conciliare il suo motto no rules is my rule con la tradizione ben consolidata della maison. In quest’ultimo caso Piccioli risolve l’apparente paradosso sostenendo che ‘non esiste innovazione senza conoscenza del passato e il limite stesso dà la possibilità di pensare a come superarlo‘.

La tendenza alla sovversione di un sistema consolidato, utilizzando la tradizione stessa, emerge da alcune delle sue collezioni più iconiche. E nel processo di cambiamento ritiene particolarmente fertili i momenti di transizione, quando menti libere possono dire qualcosa di nuovo e ‘mostrare il sentiero del futuro‘. Una delle collezioni manifesto di questa poetica della transizione come periodo di fertilità è la sua prima sfilata in solo per la la ss2017. 

In quell’occasione Piccioli unì all’arte rinascimentale le stampe fatte a mano della stilista Zandra Rodhes. È con quest’ultima infatti che sono stati realizzati gli abiti diafani con temi che richiamavano l’opera di Hieronymus Bosch The Garden of Earthly Delights. 

Un’altra sfida abbracciata dal designer è stata inoltre quella di modellare il significato che solitamente viene attribuito ai colori. ‘I colori sono in definitiva parte del messaggio che vuoi trasmettere‘, e in una sua celebre collezione ha voluto stravolgere in particolare il significato del pink. La fall-winter 2022-23 ha infatti reso il colore signature del brand con la collaborazione di Pantone: nasce così il PP Pink, un rosa super saturo che poco ha dei tratti dolci e femminili attribuiti solitamente a questa tonalità.

La stessa carica innovativa caratterizza la sfilata Black Tie, applicata ad un classico indumento corporate maschile. L’idea della sfilata gli è arrivata guardando la figlia quindicenne scegliere una cravatta dal suo armadio per un outfit serale, rimodellando inconsapevolmente il significato dell’accessorio. La cravatta così diventa simbolo della creatività individuale e non più del potere costrittivo maschile, un modo con il quale fare emergere la propria personalità.

È con collezioni come queste che Piccioli si è aggiudicato premi come il Designer of the Year nel 2022 ed è stato inserito dal Time tra le cento persone più influenti al mondo. Ma soprattuto ha creato un immaginario che ci ha regalato la sua visione, i suoi occhi, per ‘guardarci come lui ci vede’ e come egli stesso si sente, giovane e libero.

Tiffany & Co. nomina Reed Krakoff direttore artistico

Tiffany & Co., l’azienda di gioielleria più iconica del mondo, cambia rotta nominando un nuovo direttore artistico: il designer americano Reed Krakoff. La notizia ufficiale è stata diffusa ieri, 17 gennaio, e l’incarico avrà inizio dal prossimo mese. L’attuale guida creativa di Tiffany, Francesca Amfitheatrof, ha scelto infatti di lasciare l’azienda newyorchese per dedicarsi ad altri progetti. Sarà quindi Krakoff a prendere in mano le redini della gioielleria diventata luogo di pellegrinaggio grazie al film Colazione da Tiffany e al mito senza tempo di Audrey Hepburn. Il nuovo direttore artistico si occuperà della creazione dei gioielli e accessori di lusso che tanto fanno sospirare alla vista della scatolina blu Tiffany, ma avrà anche la responsabilità del settore marketing e pubblicità e della gestione creativa dei negozi fisici e dell’e-commerce.


Reed Krakoff ha già conosciuto Tiffany: per la gioielleria di culto ha realizzato una collezione di accessori che sarà in vendita alla fine del 2017. Si tratta di borse, occhiali da sole, oggetti per la tavola e per l’ufficio firmati dal designer. Quello che prende in mano oggi, però, è un incarico ben più importante: quello di guidare interamente l’azienda dal punto di vista creativo. Krakoff ha lavorato per anni in Ralph Lauren e ha poi ricoperto la carica di direttore artistico per Tommy Hilfiger, prima di approdare a Coach come direttore dell’area marketing e pubblicità. All’interno del gruppo Coach nel 2013 lo stilista ha fondato un brand che porta il suo nome, salvo poi metterlo da parte per altri progetti. Quest’anno diventa anima creativa di una delle griffe più amate, grazie al contributo del cinema che l’ha resa un simbolo di glamour e di amore eterno: ricevere una scatolina azzurra con un anello Tiffany è il sogno di milioni di ragazze. Spetta a lui, adesso, mantenere vivo quel sogno e renderlo sempre attuale e contemporaneo.

Donna Karan: lasciano il CEO e i direttori creativi

Cambio di rotta da Donna Karan International (DKI): Caroline Brown, CEO della maison, e Maxwell Osborne e Dao-Yi Chow, designer della diffusion line DKNY starebbero infatti per rassegnare le proprie dimissioni. I tre sarebbero pronti a lasciare i loro incarichi entro la fine dell’anno. La notizia è emersa in concomitanza con la vendita di DKI (che controlla i marchi Donna Karan e DKNY), che è passata dal gruppo Lvmh all’americano G-III Apparel Group: secondo le fonti l’operazione, annunciata lo scorso luglio, avrebbe avuto il valore di 650 milioni di dollari.

Caroline Brown, CEO del brand dal gennaio 2015, vanta nel suo curriculum la presidenza di Carolina Herrera, incaricato lasciato per l’attuale. Ma ora sarebbe stata convinta dalla nuova direzione a lasciare il timone «per esplorare nuove opportunità di carriera». I direttori creativi di Dkny, Maxwell Osborne e Dao-Yi Chow, arrivati nell’aprile 2015, avrebbero deciso di concentrarsi unicamente sulla loro linea Public School, considerato «il cambio di proprietà e di strategie» che si è consumato all’interno dell’azienda.

G-III Apparel è un gruppo da 2,34 miliardi di dollari di ricavi l’anno, che controlla marchi come Vilebrequin, Andrew Marc, Bass, G.H. Bass e G-III Sports by Carl Banks. In più ha in licenza brand come Calvin Klein, Tommy Hilfiger, Karl Lagerfeld, Kenneth Cole, Cole Haan, Guess, Levi’s e Dockers. In un comunicato pubblicato ieri, in occasione dell’acquisizione, Morris Goldfarb, CEO di G-III, ha dichiarato: «Donna Karan International va ad aggiungersi al nostro portafoglio di marchi iconici e rafforza la nostra posizione di fashion leader».

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«Pensiamo -ha quindi aggiunto- che il mercato abbia bisogno di questi brand e che la sola linea Dkny abbia il potenziale di generare 1 miliardo di dollari di vendite l’anno. Lavorando in stretto contatto con i partner e il licensing network puntiamo a immettere in breve tempo sul mercato un lifestyle convincente, che riporterà Donna Karan in primo piano».

Alber Elbaz lascia Lanvin

Non si può mai star tranquilli, è proprio il caso di dirlo: dopo l’inaspettato divorzio tra Raf Simons e Dior tocca ora a Lanvin creare scalpore.

Aber Elbaz, dopo quattordici anni alla direzione creativa della celebre maison francese, ha lasciato il suo incarico.

A dare per primo la notizia è stato il sito Women’s Wear Daily: secondo rumours fidati, il designer israeliano avrebbe maturato la decisione di abbandonare la maison a causa degli ormai insormontabili contrasti con la dirigenza aziendale del marchio, in primis con Shaw-Lan Wang e Michèle Huiban, CEO di Lanvin.

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Classe 1961, Alber Elbaz è nato a Casablanca

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Lo stilista israeliano era alla guida della maison dal 2001


Una riunione straordinaria convocata questo pomeriggio tra i vertici del brand e i dipendenti avrebbe visto Elbaz fare già le valigie e lasciare il suo studio in Rue du Faubourg Saint-Honoré. Ora riflettori puntati sul suo successore.

Certo è che questi divorzi in seno alle maison più autorevoli del panorama internazionale non sono passati inosservati agli occhi degli addetti ai lavori. Se è vero che la moda è una tra le più nobili forme d’arte, assai difficile appare talora il connubio tra le strategie di marketing e le ispirazioni -mutevoli e assolutamente scevre dalle logiche di mercato- dei loro direttori creativi. Una piccola rivoluzione che sta suscitando clamore nel fashion biz, ma che auspichiamo possa magari riportare le case di moda a riscoprire la propria essenza più autentica.


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Raf Simons lascia Dior

La notizia è arrivata come un fulmine a ciel sereno: Raf Simons lascia la direzione creativa di Christian Dior. È Sidney Toledano, CEO della celebre maison francese, a darne conferma in un comunicato stampa diffuso questo pomeriggio. Lo stilista belga avrebbe motivato la sua scelta affermando di volere concentrarsi sulla sua linea e sulle sue passioni.

Direttore creativo di Dior dallo scorso 2012, Simons subentrò a John Galliano, licenziato per le sue affermazioni antisemite. Un fatturato in continua crescita per la storica maison, grazie anche all’operato di Simons.

Si chiude quindi con la collezione Primavera/Estate 2016, appena presentata a Parigi, la parentesi Raf Simons per Christian Dior. Adesso ci si interroga su chi prenderà il suo posto: tra i nomi più papabili sembra ci siano Riccardo Tisci, direttore creativo di Givenchy, e Phoebe Philo, attualmente alla guida di Céline.

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