Madame Carven: basse è bello

Se pensate che la moda sia ad esclusivo appannaggio di donne alte 1.80 m, dovrete clamorosamente ricredervi. Essere piccole di statura può essere un valore aggiunto, e a sdoganarlo per prima, nei lontani anni Cinquanta, è stata una donna il cui nome è ancora oggi tra le firme più apprezzate della moda francese ed internazionale.

Marie-Louise Carven-Grog, all’anagrafe Carmen de Tommaso, della sua altezza aveva fatto un complesso: alta 1.55 m, minuta ma proporzionata, come d’altronde prevedeva la bellezza dell’epoca, madame Carven si diceva “alta quanto un gambo di cavolo” e sembrava soffrire profondamente per quei centimetri in più che Madre Natura le aveva negato.

Ma, forte della propria personalità, si rimboccò le maniche e promise a se stessa che la statura piccola non avrebbe mai più dovuto rappresentare un problema per nessuna donna. Fu così che creò una moda a misura di donne petite, entrando di diritto nell’Olimpo dello stile. Il suo marchio, Carven, ancora oggi è uno dei più seguiti, nell’ambito della settimana della moda di Parigi.

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Marie-Louise Carven-Grog, all’anagrafe Carmen de Tommaso, nacque il 31 agosto 1909 a Châtellerault
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Abito da ballo, 1951
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Mme Carven con Martine Laroche, 1961

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Una creazione Carven, 1963


La couturière francese nacque il 31 agosto 1909 a Châtellerault dall’editore di origine italiana Tommaso Carmen. Studiò Architettura ed Interior Design presso l’École des beaux-arts de Paris ed iniziò la sua carriera di designer di moda da autodidatta, confezionando abiti su misura per se stessa e per le sue amiche. Nel 1945 fondò la sua casa di moda sotto lo pseudonimo di Mme Carven, contrazione del suo cognome e del nome di una zia da lei prediletta, che la introdusse alla passione per la moda.

Figlia di una generazione che sfornò talenti del calibro di Elsa Schiaparelli, Coco Chanel, Christian Dior e Pierre Balmain, il successo per lei arrivò appena quattro anni più tardi, nel 1949, quando venne citata nel testo della canzone “Mademoiselle de Paris”, di Jacqueline François.

Ampie gonne a ruota, punto vita segnato e decolleté in vista, in perfetto stile Fifties: questo è il modello Carven, per un abito verde che diviene emblema dello stile della maison. Uno stile all’insegna della leggerezza e del colore, per suggestioni provenzali. Semplicità, pulizia e consigli strategici per donne piccole di statura: evitare il nero, in primis, come anche le maniche a sbuffo e le stampe troppo ampie, ed evidenziare il seno, per accentuare le forme burrose tipiche degli anni Cinquanta.

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Un modello del 1953
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L’Officiel De La Mode, 1957
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Punto vita in evidenza e colori vivaci: questo era lo stile Carven
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Una moda pensata per le donne minute degli anni Cinquanta

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La couturière sdoganò la bellezza petite e mise a punto il primo prototipo di reggiseno push-up


Madame Carven non viene cambiata dal successo: ottimista, il suo buonumore è proverbiale come anche la sua simpatia, che la rende vicina alla gente comune. I suoi capi colorati ricordano le uniformi delle hostess, e lei, grande viaggiatrice, adora trarre ispirazione da terre lontane. Tra le sue clienti ci sono nomi del calibro di Martine Carol, Leslie Caron, Michèle Morgan ed Édith Piaf. Realizzò l’abito da sposa di Mme Valéry Giscard d’Estaing e si rivelò brillante manager ante litteram: Madame Carven fu infatti tra i primi designer ad esportare le proprie creazioni all’estero, in particolare in Brasile, Portogallo, Egitto ed Iran. Inoltre fu una vera e propria trendsetter, essendo tra i primi couturier ad arricchire i propri capi di suggestioni etniche, introducendo elementi e materiali tipici di altri Paesi, come le stampe batik e la rafia. Le sue collezioni ottennero un successo incredibile in Giappone, dove le donne sono per antonomasia piccole di statura

Grande rivoluzionaria, madame Carven fu la prima a realizzare collezioni di prêt-à porter e dobbiamo a lei il primo prototipo di reggiseno push-up. Tanti sono i tabù infranti da questa piccola donna dall’enorme personalità, come l’aver fatto indossare una colonia maschile alle donne e l’aver accompagnato in giro per il mondo le sue modelle globetrotter.

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Madame Carven era alta appena 1.55 m e fu questo suo complesso ad ispirarne il lavoro
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Tailleur Madame Carven, 1951
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Tanti i tabù infranti da Madame Carven: fu la prima a fare indossare alle donne la colonia maschile
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Madame Carven trasse ispirazione dai Paesi dell’Africa e del Medio Oriente

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La designer si è spenta l’8 giugno del 2015, all’età di 105 anni


Secondo l’ex ministro francese della cultura Renaud Donnedieu de Vabres madame Carven ha contribuito largamente ad imporre l’eleganza francese come punto di riferimento internazionale. Amante dell’arte, numerosissime sono state le sue donazioni al Museo del Louvre, che nel 1997 ha aperto una sala in suo onore, intitolata Grog-Carven. Madame Carven si ritira dalla scena nel 1993, all’età di 84 anni. Due anni più tardi, nell’ottobre del 1995, ottiene la Legion d’onore. La piccola grande donna si è spenta l’8 giugno del 2015, all’età di 105 anni. Le donne piccole di statura le devono molto.


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Lo stile di Candela Novembre

Qualcuno diceva che lo stile è qualcosa di innato, qualcosa che parte da dentro, dai meandri dell’anima e da un indefinibile mix di personalità, intelligenza e garbo. Partendo da questo assunto, appare chiaro come per alcune donne la definizione di icona di stile appaia riduttiva.

Candela Pelizza Novembre è un nome tra i più conosciuti del fashion biz: it girl, trendsetter, brillante imprenditrice di se stessa e mamma di due bambine, oltre che modella. La sua personalità e un innato senso dello stile l’hanno portata a divenire una delle maggiori influencer, seguitissima su Instagram e acclamata come una diva ad ogni uscita pubblica, per i suoi outfit che rasentano l’arte.

Candela nasce in Argentina: eclettica e curiosa, fin da ragazzina è una mente vivace, desiderosa di conoscere il mondo e di aprirsi a nuove culture: il lavoro di modella la porta in Italia, appena diciassettenne. La sua è una bellezza sofisticata, forse lontana dai cliché imposti oggigiorno: aggraziata, delicata, ricorda quasi una Audrey Hepburn dei nostri giorni.

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A Milano la bella Candela trova la sua seconda patria, grazie al lavoro come modella. Non una bellezza aggressiva, ma un sorriso dolce e un candore rassicurante: in un mondo in cui apparire è condicio sine qua non, Candela Novembre non ha bisogno di ostentare la sua carica hot e questo la rende diversa. Una donna di carattere, mamma di due bellissime bimbe dai nomi evocativi, Verde e Celeste.

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Candela Novembre si impone all’attenzione del fashion biz in pochissimo tempo: la modella ama fotografare la vita che la circonda, che si tratti di abiti o di attimi rubati, di souvenir di viaggi in terre lontane o di un sorriso delle sue figlie. Il suo diario aperto al pubblico, su Instagram, attrae un pubblico sempre più vasto e il clamore mediatico non tarda ad arrivare: Grazia la vuole come it girl, mentre Glamour la nomina nel 2014 “Migliore donna dell’anno”, accanto a nomi del calibro di Poppy Delevingne e Diane Kruger.

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Un gusto personalissimo nel creare i suoi fatidici outfit e un approccio quasi ludico alla moda, che le fa scegliere cosa indossare in base al mood della giornata. Disimpegno e carattere unito alla capacità di mixare: tanti sono i nomi prediletti dalla it girl, da Moschino a Jil Sander, da Costume National a MSGM, da Normaluisa alle borse di Paula Cademartori. Ma accanto alle firme e ai pezzi di design spuntano i capi low cost, e l’amore per i mercatini vintage, inedite fucine di idee sempre nuove. Lo stile di Candela Novembre riflette la sua personalità: una predilezione per il total white, indossato anche durante l’ultima settimana della moda parigina; largo a colori vitaminici, stampe optical, denim patchwork ed una vera passione per le fantasie geometriche, che su di lei diventano quasi un omaggio al Cubismo.

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Spontanea, entusiasta e brillante, Candela Novembre è anche un’imprenditrice di successo. Creatrice di Lampoon, fucina di idee e scambio tra designer e stilisti nonché e-shop per veri gourmet: si respira un’eleganza di stampo internazionale, declinata in vere e proprie chicche di cultura visiva e non solo, per un magazine che vede al suo interno professionisti del calibro di Carlo Mazzoni, apprezzato scrittore e già direttore de L’Officiel Italia, e Giovanni Dario Laudicina, fashion editor.

“È di moda non essere di moda”: questa è una delle massime preferite da Candela Novembre: perché la personalità è un valore evergreen.

(Foto copertina Settimio Benedusi)


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MILANO FASHION WEEK: VIVETTA, ROMANTICISMO IN PILLOLE

Se prediligete i look androgini e non amate perdervi in fronzoli e vezzi, astenetevi da quest’articolo. Era stata scelta lo scorso anno da Re Giorgio Armani per sfilare nel suo Armani Teatro; ora si riconferma come una delle designer più originali del panorama italiano. Lei è Vivetta Ponti, in arte Vivetta: non una neofita della moda, dal momento che le sue creazioni -dallo stile sofisticato e delicato- sono da anni in vendita nelle più prestigiose boutique del mondo, come la parigina Colette.

La designer umbra, classe 1977 e una lunga esperienza alle spalle in brand del calibro di Roberto Cavalli e Daniele Alessandrini, propone una full immersion nella femminilità più autentica con un tocco di chic parisien e tanta ironia per una collezione raffinata e fresca. Suggestioni anni Cinquanta nei volumi, in particolare nelle gonne a ruota, negli occhiali da diva e nei colori, dal rosa baby al light blue; omaggiano invece i Sixties gli abitini a trapezio declinati in delicate stampe vichy.

Fil rouge della collezione il gatto: gatti piacioni stesi sul divano fanno capolino dagli angoli di uno shift dress per inedite suggestioni surrealiste di sofisticata eleganza, o diventano inconsapevoli protagonisti di cammei dal sapore antico. Un tocco di romanticismo nei cigni innamorati, che ricordano i celebri disegni di Peynet, come anche nei fiorellini che tempestano abitini e gonne.

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Una collezione che trae spunto dagli scatti del fotografo dei divi, Slim Aarons, esimio rappresentante del jet set internazionale a cavallo tra gli anni Cinquanta e i Settanta. Indimenticabili le sue foto con i divi all’epoca più famosi intenti a sorseggiare cocktail a bordo piscina nelle loro ville hollywoodiane, che sprizzavano glamour da tuti i pori. Omaggi allo stile neoclassico di residenze come quella di C.Z.Guest vengono sapientemente riposti nei capi profilati con stampe che ricordano i fregi dei monumenti ellenistici.

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Sofisticata la scelta dei materiali usati: prevalgono il popeline, il crêpe de Chine e l’organza di seta. Dettagli iperfemminili negli abiti con gonna a ruota, nei fiocchi e nell’immancabile colletto, segno distintivo della maison. Per uno stile delizioso.

(Foto Madame Figaro)


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Marella Agnelli: l’eleganza del “cigno”

Tra le icone di stile è la più aristocratica e famosa, è stata musa di numerosi fotografi, socialite internazionale e vedova dell’indimenticabile avvocato Gianni Agnelli. La principessa Marella Caracciolo di Castagneto ha incarnato la quintessenza dello chic italiano, universalmente riconosciuto.

La classe nella figura eterea, il lunghissimo collo eburneo, che incantò artisti di tutto il mondo, da Richard Avedon a Truman Capote, che la ribattezzò “The Last Swan”: Marella Agnelli è un’icona di stile tra le più ammirate, per la sua eleganza discreta e raffinata. Mai sopra le righe, spesso low profile, caratteristica di chi non ha bisogno di ostentare nulla. Ça va sans dire, sembra dire con il suo sguardo tagliente e il portamento austero. Una donna di grande spessore, ultima erede della dinastia torinese che più ha fatto discutere l’Italia.

Nata a Firenze il 4 maggio del 1927, il padre di Marella è il principe napoletano Filippo Caracciolo di Castagneto e la madre è l’americana Margaret Clarke, originaria dell’Illinois. Marella trascorre l’infanzia in giro per l’Europa al seguito del padre, diplomatico. La bellezza eterea della giovane spicca nei saloni dei palazzi dell’aristocrazia romana e nei circoli più esclusivi, ma la sua è un’eleganza diversa, fatta di sottrazioni e di un autentico charme. La fanciulla, alta e filiforme, fa il suo ingresso in società in lunghi abiti in impalpabile chiffon di seta: tra i couturier prediletti dalla principessa spicca il genio partenopeo di Federico Forquet, Balenciaga e Courrèges.

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Marella Agnelli ritratta da Erwin Blumenfeld, 1950
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Marella Agnelli, foto di Horst P. Horst, 1967
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Un altro scatto di Horst P. Horst, 1967

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Marella Caracciolo di Castagneto è nata a Firenze il 4 maggio del 1927


Inserita da Vanity Fair nella Hall of Fame dell’International Best Dressed List creata da Eleanor Lambert, insieme al marito Gianni Agnelli e al controverso nipote Lapo Elkann, la sua bellezza così diversa dai canoni vigenti negli anni Cinquanta la portò a divenire musa di fotografi del calibro di Richard Avedon e Henry Clarke; inoltre fu immortalata da Clifford Coffin e Andy Warhol.

Dopo aver ultimato gli studi superiori in Svizzera, la giovane studia presso l’Académie des beaux-arts e poi presso l’Académie Julian di Parigi. Successivamente inizia a lavorare a New York, come fotografa: sarà l’assistente del celebre fotografo di moda Erwin Blumenfeld. Successivamente al suo rientro in Italia, Marella Caracciolo lavora come fotografa e redattrice per la Condé Nast, celebre casa editrice di Vogue.

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Marella Agnelli in posa per Philippe Halstman, abito Balenciaga, Villefranche sur Mer, Villa Leopolda, 1963
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Nata in una famiglia dell’antica aristocrazia napoletana, Marella Agnelli è designer e collezionista d’arte
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Ritratta da Richard Avedon, 1953

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Marella Caracciolo Di Castagneto in un ritratto giovanile di Arturo Ghergo, abito di Federico Forquet, Vogue, 1945


Nel 1953 sposa l’erede della Fiat Gianni Agnelli, nella sfarzosa location del castello di Osthoffen, a Strasburgo, in Francia. L’unione sancisce la scalata sociale del celebre avvocato, eccentrico protagonista della Dolce Vita. Dalle nozze nascono i figli Edoardo, morto suicida, e Margherita, madre di John e Lapo, componenti dell’attuale board di FIAT e della Juventus. Intima amica di Truman Capote, indimenticabile il suo ingresso al celebre Black & White Ball organizzato da quest’ultimo in un caftano in seta firmato Mila Schön e scenografico copricapo di piume nere. Amica di John e Jacqueline Kennedy, spesso fotografata con loro a Capri e Positano, a differenza del marito Gianni non fu mai presa d’assalto dai paparazzi, forse in virtù del suo aristocratico savoir-faire, roccaforte assai ardua da espugnare.

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Dopo aver studiato Arte, Marella Agnelli ha lavorato come assistente fotografa per Erwin Blumenfeld
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Il 19 novembre del 1953 Marella Caracciolo di Castagneto ha sposato Gianni Agnelli
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Un ritratto del 1955
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Uno scatto della vita dei coniugi Agnelli
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Marella Agnelli indossa un abito da sera di Jean Patou, foto di Henry Clarke, 1956

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Ritratta da Richard Avedon, 1976


Nel 1973 Marella Agnelli intraprende l’attività di designer di alta moda, specializzandosi nella realizzazione di disegni per stoffe d’arredamento, attività questa che la principessa continua tuttora. Tra le passioni coltivate dalla vedova Agnelli il giardinaggio è al primo posto: un pollice verde di notevole talento, il suo, al punto che la principessa ha curato personalmente la progettazione dei giardini nelle sue dimore, da Villa Frescot sulla collina di Torino a Villar Perosa nei pressi di Torino fino alla sua abitazione a Marrakech in Marocco, dove si è trasferita nel 2005.

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Marella Caracciolo in uno scatto di Riccardo Moncalvo risalente agli anni Settanta
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Ritratta ancora da Avedon, che ne adorava il lunghissimo collo, che le fece ottenere il soprannome di “cigno”
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In uno scatto di Pasquale de Antonis, la principessa indossa un abito di Carosa, Palazzo Torlonia, 1948
Marella Agnelli in posa per Andy Warhol, 1972
Marella Agnelli in posa per Andy Warhol, 1972
Marella Agnelli per Harper's Bazaar, 1965
Marella Agnelli per Harper’s Bazaar, 1965

La principessa Marella Caracciolo di Castagneto in posa per Henry Clarke, 1962
La principessa Marella Caracciolo di Castagneto in posa per Henry Clarke, 1962


Marella Agnelli è autrice di numerosi libri di giardinaggio e fotografia. Membro dell’International Council del MOMA di New York, del Tate International Council di Londra, del Board degli Amici dei Giardini Botanici Hanbury, nonché presidente dell’Associazione Amici Torinesi Arte Contemporanea, la principessa è anche una grande collezionista d’arte: famosa la collezione posseduta dai coniugi Agnelli, che includeva opere di Canaletto, Bellotto, Canova, Manet, Renoir, Picasso, Matisse, Severini e Modigliani. La classe non è acqua.


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Irene Galitzine: la principessa della moda

Nel panorama della moda anni Sessanta una figura unica nel suo genere è stata Irene Galiztine.

Sangue blu nelle vene, Irene nasce nel 1916 a Titflis, nel Caucaso, dalla Principessa Nina Larazeff e da Boris Galitzine, ufficiale della Guardia Imperiale.

Portata a Roma ad appena un anno dalla madre, profuga della Rivoluzione d’Ottobre, viene accolta nella Capitale dai duchi Sforza Cesarini e viene educata come si addice ad una nobildonna: frequenta il famoso Sacro Cuore di Trinità dei Monti, antica e prestigiosa scuola privata dove venivano iscritte le ragazze della Roma bene; successivamente completa la sua formazione studiando Storia dell’arte, sempre a Roma, inglese a Cambridge e francese alla Sorbona.

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Un ritratto della couturière
Principessa Irene Galitzine nella casa di Via Po con uno dei suoi celebri pyjama palazzo, 1962
La principessa Irene Galitzine nella sua abitazione di via Po con uno dei suoi celebri pigiama palazzo, 1962
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Un modello Galitzine, 1962
Ivy Nicholson in Irene Galitzine, foto di Federico Garolla Roma 1953
Ivy Nicholson in Irene Galitzine, foto di Federico Garolla Roma 1953
Veruschka in Irene Galitzine, Vogue UK Luglio 1965
Veruschka in Irene Galitzine, Vogue UK Luglio 1965

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Irene Galitzine 1965 – Foto di Elsa Haertter in Siam – Da Grazia n.1923


La giovane Irene, capelli corvini e charme caucasico, è un’esponente di spicco dell’aristocrazia romana ed internazionale. Nel 1945 inizia la sua carriera nella moda, lavorando come indossatrice presso lo storico atelier delle sorelle Fontana, dove cura anche le public relations.

Dopo essere rimasta affascinata dalla moda pagina, nel 1947 apre la propria sartoria, in via Veneto. La principessa veste Balenciaga, Dior, Fath e per il suo atelier compra i modelli direttamente da Parigi.

La sua prima collezione è del 1958 ed è firmata a quattro mani, con il supporto del genio di Federico Forquet: mannequin d’eccezione è la contessa Consuelo Crespi, fashion editor di Vogue US. Inizia così il mito di Irene Galitzine. L’anno seguente sfila con la sua collezione di alta moda P/E negli Stati Uniti d’America e un suo abito nero da cocktail vince il primo di una lunga serie di riconoscimenti.

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L’attrice Ida Lupino con una creazione Galitzine
China Machado in Galiztine, foto di Richard Avedon 1965
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Un modello del celebre pigiama palazzo
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Sue Murray in Galiztine fotografata a Roma da David Bailey, Vogue UK Marzo 1965

Abito scultura Irene Galitzine, Harper's Bazaar, Ottobre 1966
Abito scultura Irene Galitzine, Harper’s Bazaar, Ottobre 1966


Ma è nel 1960 che Galitzine entra nella storia della moda, rivoluzionandone i canoni vigenti di eleganza, grazie all’invenzione del pigiama palazzo, che la rende famosa a livello mondiale. Il pigiama palazzo, così denominato da Diana Vreeland, celebre fashion editor di Harper’s Bazaar e Vogue US, è una rivoluzione assoluta: reinterpretando il tradizionale abito da sera, Galitzine abbina ad una blusa dei pantaloni ampi decorati con frange o perline. Il pantalone palazzo, fluido e comodo, segna la nascita di un’eleganza nuova, disinvolta e finalmente senza costrizioni. Il capo simbolo dello stile Irene Galitzine è subito amato dal jet-set internazionale e da Palazzo Pitti il nuovo trend si diffonde oltreoceano, grazie alla Vreeland e alle foto da lei volute, nella prestigiosa location di Palazzo Doria.

Simbolo di un’epoca, la couturière diventa ambasciatrice del Made in Italy con Emilio Pucci. Il suo stile innovativo e femminile, pregno della formazione cosmopolita della designer, miete consensi. La cura nella scelta dei tessuti, unita alle suggestioni etniche delle sue creazioni, rivelano la sua origine russa, mentre l’appeal sofisticato delle sue collezioni svela il suo gusto fortemente influenzato dalla moda francese.

Dopo aver vinto l’Oscar per la moda, Irene crea la linea “Boutique Galitzine- Roma”, in cui sperimenta l’uso di pellicce. Nel 1962 partecipa all’Italian Fashion Show organizzato a Tokyo da Alitalia, in occasione del primo volo della compagnia verso la capitale giapponese. L’anno seguente riceve una missiva da Jacqueline Kennedy, la quale si dice assolutamente entusiasta del suo stile e le chiede dei bozzetti. Invitata alla Casa Bianca, diviene amica sincera della First Lady e con le sue creazioni conquista la sorella di Jackie, Lee Radzwill.

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Irene Galitzine
Modella indossa pigiama palazzo  Galitzine, foto di Marisa Rastellini, Italia, 1962
Modella indossa pigiama palazzo Galitzine, foto di Marisa Rastellini, Italia, 1962
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Veruschka in Galitzine, foto di Richard Avedon per Vogue, Settembre 1972
Veruschka in Galitzine, foto di Richard Avedon per Vogue, Settembre 1972

Model Mirelli Pettini is wearing a dress by Irene Galitzine. She was Photographed by David Bailey in Italy.Vogue,April 1965
La modella Mirella Petteni in Irene Galitzine, foto di David Bailey, Vogue Aprile 1965


Protagonista della Dolce Vita romana, Galitzine vola poi alla conquista di Hollywood, dove firma i costumi per film come “La caduta dell’impero romano”, con Sophia Loren, e “La pantera rosa”, con Claudia Cardinale.

Tra le sue clienti più affezionate troviamo Marella Agnelli, Audrey Hepburn, Paola del Belgio, Guy de Rotschild, Soraya, la Duchessa di Windsor, Liz Taylor, Merle Oberon, Anna Maria di Grecia e Ira Fürstenberg.

Successivamente è la volta del lancio di una linea di cosmetici, la “Princess Galitzine”, distribuita a New York da Bergdorf Goodman e Saks, seguita dal profumo Irene. Il lancio delle collezioni prêt-à-porter a Roma vede la partecipazione dell’aristocrazia e del jet-set, con una mannequin d’eccezione come Claudia Ruspoli.

Nel 1974 Irene Galitzine viene mominata Cavaliere della Repubblica Italiana. Nel 1988 viene invitata da Raissa Gorbaciova a sfilare a Mosca. Nel 1990 il marchio viene acquistato, dopo due fallimenti, dalla societa Xines, ma Irene continua a disegnare le proprie collezioni.

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Défilé Irene Galitzine
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Due modelli Galitzine

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Claudia Cardinale veste Galitzine nel film “La pantera rosa”


La celebre designer si spegne a Roma nel 2006, all’età di novant’anni. Nello stesso anno una mostra ne celebra lo stile, mentre i suoi pigiama palazzo fanno parte della collezione permanente di musei come il Metropolitan Museum di New York, il Victoria and Albert Museum di Londra e il Museo del Costume di San Pietroburgo.

Nel gennaio 2013 il marchio è stato affidato a Sergio Zambon, che è riuscito a rilanciare il brand senza snaturarne la personalità, rendendo ancora onore al mitico pigiama palazzo.

“La bellezza di una donna non si esaurisce nei vestiti” è l’insegnamento che la grande couturière ci ha lasciato.


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Janice Wainwright: il vintage che non invecchia

Il nome di Janice Wainwright forse ai più dirà poco ma le sue creazioni rappresentano un tassello fondamentale nella storia della moda inglese degli anni Sessanta.

Ancora oggi tra i più venduti nelle boutique specializzate in vintage e tra i più ricercati dai collezionisti, i capi di Janice Wainwright sono estremamente suggestivi: stampe più che mai attuali, incredibilmente in linea con le tendenze di oggi, e dalle proporzioni perfette per qualsiasi tipo di fisico.

Nata a Chesterfield nel 1940, la formazione di Janice Wainwright è avvenuta nelle più prestigiose scuole di moda, dalla Wimbledon School of Art alla Kingston School of Art fino alla specializzazione al Royal College of Art di Londra. Dopo la laurea, grazie al supporto finanziario garantitole dalla compagnia di Simon Massey, la stilista poté iniziare a disegnare e produrre la propria linea di abbigliamento.

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Creazioni Janice Wainwright, foto del 1969
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Janice Wainwright è nata a Chesterfield nel 1940

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Jean Shrimpton in Janice Wainwright


Il suo stile si distingueva per essere giovane, elegante e femminile. La Wainwright era molto stimata dai suoi colleghi, in primis da Ossie Clark, che le diede il permesso di usare le splendide stampe della moglie Celia Birtwell per il suo lavoro. La Wainwright fu l’unica a godere di tale privilegio all’epoca.

Nel 1968 Janice iniziò a lavorare come freelance e in questo periodo collaborò con Sheridan Barnett. Maturata una notevole esperienza, insieme alla padronanza delle tecniche di marketing, la stilista due anni più tardi, nel 1970, fondò il proprio marchio. Fu così che aprì i battenti la “Janice Wainwright at Forty Seven Poland Street” nei pressi di Oxford Street.

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Janice Wainwright fu l’unica designer alla quale Ossie Clark permise di utilizzare le stampe della moglie Celia Birtwell

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Abito rosso in jersey, Nova Magazine, dicembre 1972


Creazioni in jersey, chiffon e crêpes di seta, vestiti dai tagli sartoriali e glamour. Nel 1974 il nome del marchio venne abbreviato in Janice Wainwright. Durante gli anni Settanta e Ottanta le sue creazioni iniziarono a mostrare dei ricami più intricati e particolari: si trattava perlopiù di abiti lunghi e fluidi, dalle stampe audaci.

Suggestioni etniche e romanticismo nelle trame dei ricami e nei modelli, in cui si respira un gusto retrò di grande impatto visivo. Celebri le foto che ritraggono la mitica Twiggy mentre indossa dei modelli Janice Wainwright. Quasi una visione eterea ed onirica, la modella sembra una ninfa silvestre immersa in un paesaggio fatato.

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Twiggy in Janice Wainwright, foto di Justin de Villeneuve, Vogue luglio 1969
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Tuta Janice Wainwright per Simon Massey

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Abito disegnato da Janice Wainwright per Simon Massey


Le creazioni della Wainwright all’epoca spopolarono e furono esposte al Fashion Museum di Bath e al prestigioso Victoria & Albert Museum di Londra. Capi che, collezione dopo collezione, diventavano più sontuosi e dal design estremamente interessante. Notevole anche la qualità dei materiali usati, che tradisce la ricercatezza e la cura estrema con cui la stilista selezionava le pregiate stoffe in Europa e fino all’Estremo Oriente.

La maison chiuse i battenti nel 1990, ma ancora oggi i capi di Janice Wainwright sono molto ricercati e caratterizzano una fascia importante nel mercato del vintage online. Tanti sono i modelli ancora in vendita nei siti specializzati, da Etsy a 1stdibs a Farfetch e Bonhams. Perché il vintage è evergreen.

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Suggestioni contemporanee e charme senza tempo in una creazione vintage Janice Wainwright in vendita su internet
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Abito Janice Wainwright esposto da Bergdorf Goodman, New York

Buon compleanno, Mademoiselle Coco!

Ci sono donne che con la propria forza sono riuscite a vincere anche contro le peggiori avversità che la vita può riservarti. Questa è la parabola della vita di Gabrielle Coco Chanel.

Un’infanzia difficile trascorsa a Courpière, la madre, cagionevole di salute, muore quando Gabrielle è solo una bambina, il padre assente, tra infedeltà coniugali e sperpero di denaro.

Gabrielle Bonheur Chanel nasce a Saumur il 19 agosto 1883. La piccola cresce in fretta perché la vita le impone di fare così e quel che resta della sua infanzia lo trascorre presso l’orfanotrofio di Aubazine tra le umiliazioni che le suore riservano agli orfani meno abbienti.

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Maglia nera e immancabile filo di perle: la classe di Gabrielle Coco Chanel in un ritratto di Boris Lipnitzki, 1936


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Ribelle nello scatto di Man Ray, 1935


“Se sei nato senza ali, non fare nulla per impedire loro di crescere”: un simile monito non può che venire da chi le difficoltà le ha vissute sulla propria pelle. Fino a quel primo impiego presso la sartoria di Madame Desboutins, a Moulins. Un impiego modesto, in un atelier del quale la giovane Gabrielle non condivide minimamente lo stile, da lei giudicato pacchiano e volgare; ma lì, dove quella ragazza bruna e dal gusto minimal viene additata come la peggiore delle provinciali, avviene la prima rivoluzione firmata Coco Chanel.

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Una giovanissima Gabrielle, foto di Alex Stewart Sasha 1929


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La stilista fotografata nel suo appartamento da Cecil Beaton, 1965


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Foto di Douglas Kirkland, 1962


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Ancora uno scatto di Douglas Kirkland: la sequenza si intitola “Three Weeks/1962”


Prima l’incontro con Étienne Balsan, ricco giocatore di polo dell’alta borghesia francese, poi l’addio a Madame Desboutins, la burbera titolare. Non un gesto di ubris ma una dichiarazione di stile e di assoluta coerenza con se stessa, per la giovane Gabrielle, che diviene in quel momento Coco. L’amore che Étienne prova per lei le porterà un solido aiuto materiale, ponendosi come deus ex machina per una donna geniale, che meritava per diritto divino di avere un posto nella storia.

Battagliera come nessuna, granitica, leonessa astrologicamente e non solo, Chanel è stata forse la sola designer ad avere attraversato due crisi fortissime ma ad essere riuscita a rialzarsi ambedue le volte.

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La classe di Chanel


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Parigi sullo sfondo


Il secondo amore è forse quello della vita e viene dalla grigia Inghilterra: scandaloso e proibito, perché spesso è così che iniziano le storie migliori. Anche Boy Capel aiuterà Coco, divenuta ormai forse troppo sicura di sé e troppo poco gestibile dal più insicuro Balsan, migliore amico di Capel. Quest’ultimo la aiuterà ad aprire il suo primo atelier a Parigi, al fatidico numero 31 di rue Cambon. Da lì è storia. Ma Coco restituirà all’amante l’intera somma ricevuta in prestito e offrirà per tutta la vita aiuto alla sorella Adrienne.

Durante l’occupazione tedesca Chanel fu la sola ad esser tollerata all’Hôtel Ritz, che restò la sua residenza anche in quegli anni. Generosa anche col nipote e con i suoi numerosi amanti più giovani, durante la vecchiaia, la sua vita ci insegna a non smettere mai di lottare e ad indossare sempre un girocollo di perle, of course.

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Coco Chanel nel suo atelier al 31 rue Cambon, Parigi 1937, foto di Boris Lipnitzki


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Storico ritratto della designer

Patricia Field e lo stile: da Sex & the City in poi

Il suo nome è associato a serie TV di enorme successo, in primis Sex & the City. Alzi la mano chi non ha invidiato il guardaroba di Carrie Bradshaw. L’artefice di tutto ciò è Patricia Field.

Folti capelli rosso fuoco e un sorriso di una simpatia travolgente, è in buona parte grazie al suo contributo come stylist che Sex & the City è diventato un cult. Le avventure delle quattro protagoniste in outfit semplicemente favolosi hanno fatto sognare il pubblico femminile di tutto il mondo.

Audace nel mixare capi classici ad elementi forti, la Field ha dichiarato più volte la sua predilezione per outfit altamente scenografici. In nomination per gli Academy Award e vincitrice del prestigioso Emmy Award per i costumi della celebre serie dell’HBO, la sua boutique a New York è stata per oltre 50 anni meta del turismo per veri gourmet della moda.

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Capelli rosso fuoco e stile da vendere
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Patricia Field è diventata un’icona della moda mondiale grazie a “Sex & the City”
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Proporzioni oversize tipiche degni anni Novanta, quando è stata lanciata la celebre serie

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Carrie in Oscar de la Renta


Nata a New York nel 1941 da genitori di origine greca e armena, Patricia Field ha vissuto a lungo nel Queens. Nel 1966 ha inaugurato il suo store al Greenwich Village, Manhattan. Nel 1970 la designer ha rivendicato l’invenzione dei leggings, capo evergreen della moda fino ai nostri giorni. Nel 1995 il primo incontro con Sarah Jessica Parker, sul set di Miami Rhapsody, fino al successivo Sex & the City, con cui la Field ottiene la consacrazione a guru della moda mondiale.

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Il tutù con una maglia sporty: il gusto nel mixare è tipico della Field
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Patricia Field ha curato i costumi di “Sex & the City”, “Ugly Betty” e “Il Diavolo veste Prada”
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Un celebre look di Sarah Jessica Parker nei panni di Carrie Bradshaw
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Origini greche e armene per Patricia Field

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Turbanti glitterati e un pieno di colore per le protagoniste del celebre telefilm della HBO


Celebri i tutù in tulle e le adorate Manolo Blahnik con cui Carrie saltella agilmente per le vie di New York. Altrettanto famosa l’ossessione per Oscar de la Renta e i suoi abiti da principessa. Dolce & Gabbana, Fendi e la sua celebre baguette, Chanel, Gucci e Ralph Lauren sono solo alcuni dei brand che figurano nella mitica serie tv. “All’inizio, quando chiedevamo di avere in prestito i capi, gli uffici stampa ci chiudevano il telefono in faccia”, ha dichiarato recentemente in un’intervista la Field. Incredibile ma vero, il successo arriva sempre così, in modo inaspettato.

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Patricia Field ha recentemente dichiarato che inizialmente i brand non erano disposti a prestare i loro capi per la serie
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Un fotogramma del film di Sex & the City
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La boutique di Patricia Field a Manhattan è da 50 anni meta privilegiata del turismo dei fashion addicted

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Un look bon ton di Charlotte York


Probabilmente nel nostro inconscio resteranno impresse per sempre le giacche di Miranda, i tailleur super sexy di Samantha, lo stile bon ton prediletto da Charlotte, e la scena in cui Carrie attraversa una New York notturna, immersa da una fitta coltre di neve, indossando una pelliccia sopra il pigiama e dei sandali gioiello sopra i calzettoni di lana: i look creati da Patricia Field sono dei capolavori di avanguardia stilistica.

La sua boutique nell’East Village è un crogiolo di capi colorati, vintage e stravaganti. Ciò che rende i suoi styling unici è il suo talento nel mixare artigianato e capi da passerella, accessori acquistati a poco prezzo ai mercatini e outfit haute couture. Non solo Sex & the City ma anche anche Ugly Betty e Il Diavolo veste Prada figurano nel curriculum di Patricia Field. Una guru della moda che ha regalato sogni a tante donne nel mondo.

Auguri a Inès de la Fressange

Spegne 58 candeline Inès de la Fressange. Iconica musa di Karl Lagerfeld, volto storico di Chanel per tutti gli anni Ottanta, Inès Marie Laetitia Églantine Isabelle de Seignard de la Fressange nasce a Gassin l’11 agosto del 1957, figlia del marchese André de Seignard de la Fressange e della modella argentina Cecilia Sánchez Cirez. Aristocratica eleganza, Inès incarna la quintessenza dell’allure parigina.

Tra le più famose mannequin al mondo, adorata da Karl Lagerfeld, discendente di una famiglia dell’antica nobiltà francese imparentata con i celebri banchieri Lazard, Inès dal 1980 al 1989 lavora in esclusiva per Chanel, in un sodalizio storico con Lagerfeld. I rumours sostengono che l’armonia tra i due si sia rotta in seguito alla decisione della modella di accettare di prestare il proprio volto come Marianna della Repubblica Francese, decisione che sarebbe stata sgradita allo snob Lagerfeld, che riteneva questo un simbolo di provincialismo.

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Volto storico di Chanel e icona di stile
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La modella è stata il volto storico di Chanel dal 1980 al 1989

 

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Uno stile minimal-chic per la ex modella, ora designer di successo


Nel 1990 Inès sposa l’imprenditore italiano Luigi D’Urso, da cui ha due figlie. Rimasta vedova nel 2006, dopo ha lavorato come designer e consulente per Jean-Paul Gaultier e come ambasciatrice per Roger Vivier, mette su un suo atelier al numero 24 di rue de Grenelle, nella celebre Rive Gauche di Parigi: qui vende le sue creazioni come anche opere di amici o di persone conosciute durante i suoi viaggi. I suoi capi -biancheria da notte e costumi da bagno, in primis– rivelano una delicata eleganza di ispirazione provenzale.

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In passerella per Chanel A/I 1989-1990
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Musa di Lagerfeld, Inès de la Fressange è nata a Gassin l’11 agosto 1957
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Ancora in passerella per Chanel
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Impeccabile lo stile della storica maison fondata da Gabrielle Chanel
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Campagna vintage Chanel anni Ottanta
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Alta 1,80 m e dal fisico sottile e longilineo, Inès de la Fressange è stata una delle mannequin più famose al mondo
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Chanel Adv, 1987

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Inès de la Fressange in Chanel, Elle ottobre 1986


La modella, sottile e splendida anche in pantaloni a sigaretta e mocassini, si è dichiarata fortemente contraria alla chirurgia plastica. Emblema di un minimalismo chic dal gusto fortemente francese, è ancora oggi una donna bellissima e affascinante. Che dire, très chic.

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Inès de la Fressange posa come Coco Chanel nell’appartamento di quest’ultima, 1981. Foto di Jean-Claude Sauer
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Inès de la Fressange ha inaugurato il suo atelier suo atelier al numero 24 di rue de Grenelle, nella celebre Rive Gauche di Parigi

AltaRoma 2015: al via il progetto sperimentale “5+5” firmato da AltaRoma e Vogue Talent

AltaRoma e Vogue Talents firmano il progetto sperimentale “5+5”, 5 designer affermati per 5 designer emergenti

Sono 5 i designer emergenti  affiancati da 5 affermati che hanno pienamente sposato e sostenuto il progetto presentato in occasione di AltaRoma 2015.

L’obiettivo del progetto (sperimentale) è dare spazio al talento, una vetrina (nata in collaborazione tra AltaRoma e Vogue Talents) a metà tra mostra statica e atelier che vede protagonisti le nuove leve della moda internazionale: Carlo Volpi, Maria Sole Cecchi, Fernando Jorge, Martine Rose, Matteo Lamandini.

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I talentuosi sono stati affiancati da: Thomas Tait, Marco De Vincenzo, Nicholas Kirkwood, MSGM Massimo Giorgetti e Paul Andrew.
Marco De Vincenzo (vincitore nel 2009 del contest “Who Is On Next”?) sostiene la creatività di Carlo Volpi, MSGM (Massimo Giorgetti) sostiene Matteo Lamandini (vincitore dell’edizione 2014 del concorso Designer for Tomorrow) giovane designer talentuoso.

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Thomas Tait ha invece sostenuto lo stile underground e giovanile della londinese Martine Rose (designer già conosciuta all’estero).
L’esposizione è durata tre giorni e l’iniziativa ha avuto un notevole successo.

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