I jeans made in Italy sono i più ecologici: il segreto? I crostacei. Il gruppo italiano Canepa, assieme a Candiani Denim, ha sviluppato un nuovo composto innovativo derivato dai crostacei per ridurre le emissioni inquinanti nel processo di tessitura del denim. Il risultato è un jeans amico dell’ambiente-
«Il jeans invecchia integrando in sé il cambiamento dell’età, impregnandosi di avventura, della vita di chi li indossa, ogni lavaggio è una pagina girata», così diceva Daniel Friedman in «Una storia di blue jeans» (1987). Ma il procedimento tessile che porta ai jeans era caratterizzato da un alto livello di sostanze inquinanti. Il «denim», tela composta da cotone e lino, prevede una lavorazione che contempla un ampio uso di acqua ed energia nonché di un particolare composto chimico, denominato Alcool Polivinilico (Pva), che serve a compattare al meglio il filo durante la tessitura. Questa sostanza viene poi lavata dal tessuto e rilasciata nell’ambiente con conseguenze dannose.
Il Gruppo Canepa, leader mondiale per la tessitura e stampa di tessuti, insieme a Candiani Denim, il più importante produttore italiano di denim, ha firmato un accordo per l’utilizzo di un nuovo brevetto internazionale, denominato «SAVEtheWATER-Kitotex», che prevede l’utilizzo di una sostanza alternativa all’Alcool Polivinilico: il Chitosano, composto di origine naturale, atossico, biocompatibile e biodegradabile, ottenuto dalla chitina contenuta nello scheletro esterno dei crostacei.
L’Associazione Tessile e Salute, fondata in associazione con il Ministero della Salute e il Ministero dello sviluppo economico, ha confermato che l’innovativo procedimento che adopera invece il Chitosano consentirà di ridurre i consumi di acqua fino al 90% e di energia elettrica fino al 60%. Alberto Candiani, portavoce di Candiani Denim, ha presentato con orgoglio il nuovo brevetto: «L’applicazione del Chitosano si è dimostrata complementare ad alcune esclusive tecnologie di tintura e finissaggio che abbiamo sviluppato negli ultimi anni e grazie a queste combinazioni innovative possiamo creare un Denim 2.0, dove il rivoluzionario e necessario risparmio di acqua e di energia accompagna lo sviluppo di tessuti dall’aspetto sofisticato».
Da sempre trend indiscusso e capo passepartout per ogni stagione, il denim domina anche l’Autunno/Inverno 2016-2017. Declinato in tutte le vesti, impreziosisce capispalla, tute da lavoro e persino accessori. Back to Seventies nelle linee scampanate di molti jeans che hanno calcato le passerelle per la stagione invernale: richiami hippie-chic hanno caratterizzato la sfilata di Roberto Cavalli e Ralph Lauren.
Suggestioni working da Stella McCartney, che usa il denim per capispalla dai tagli arditi e scultorei e ripropone una tuta da lavoro in jeans. Mood sporty-chic anche nel capo must have di stagione, la salopette, che torna prepotentemente in auge dal passato.
Il denim viene sapientemente utilizzato non solo per capi ma anche per accessori, come visto da Miu Miu e da N°21, tra clutch irriverenti che uniscono suggestioni romantiche al jeans consunto e iconici tronchetti in simil jeans.
SFOGLIA LA GALLERY:
Miu Miu
Blumarine
Chanel
Desigual
Miu Miu
Miu Miu
Miu Miu
Ralph Lauren
Roberto Cavalli
Sonia Rykiel
Stella McCartney
Stella McCartney
Stella McCartney
Jeans Victoria Beckham
Vogue Italia, aprile 1983
Vogue Italia, dicembre 1995
Carré Otis, Vogue Italia maggio 1992
Denim all over anche per la collezione autunno/inverno 2016-2017 di Miu Miu, che vede un tripudio di tessuti jeans per inediti capispalla dai volumi quasi teatrali. Sportivo e al contempo sofisticato, il denim è perfetto per il giorno e per la sera, in quanto unisce a suggestioni urban la classicità senza tempo di un capo iconico amatissimo da donne e uomini.
Sissetta Sinclair è un progetto nato alla fine del 2015. L’alter ego della misteriosa designer (di cui non riveleremo il nome) è preso in prestito dal fumettista statunitense Matt Groening.
Nel DNA del brand si intrecciano il vintage ad un’immaginario esoterico a tratti surrealista. Alessandro Tedesco collabora con la designer come illustratore e traduce le sue visioni in stampe dipinte a mano su pregiate jackets in denim.
Dietro la scelta di intervenire su capi di seconda mano (ovviamente selezionati con cura) si trova, oltre alla precisa volontà di definire uno stile che identifichi il marchio, una scelta etica.
“Credo nel riuso – afferma la designer- e credo anche che possa aiutarci a riappropriarci di quella emotività che il consumismo sta spazzando via”.
I capi sono pezzi unici (non è mai stata ripetuta una grafica uguale all’altra) e personalizzati all’interno con una dedica, spesso presa in prestito da testi musicali; infatti la musica è un’altra grande passione delle due menti creative del progetto.
Noi di D-Art abbiamo rivolto alcune domande alla designer.
1) Una musa che ti perseguita da sempre?
Siouxsie Sioux
2) Ti senti più pop o punk?
Beh, in linea con la mia musa risponderei punk, a costo di sembrare nostalgica.
3) Un posto che sogni di visitare?
Islanda
4) Una canzone che ti ricorda un bel momento… Nightcall nella versione dei London Grammar
5) Il tuo libro preferito e uno che non sei riuscita a finire di leggere. Foglie d’erba di Walt Whitman è il mio preferito, Lacrime e santi di Cioran mai finito.
6) Se fossi una super eroina (buona o malvagia), quale saresti?
La mia idea di eroina si avvicina a Marion di Happy days, look sempre impeccabile sorridente e gentile con tutti.
7) Fashion designer preferito?
Non ho un preferito, però in questo momento sono molto affascinata dal lavoro di Alessandro Michele.
8) L’attore del cuore?
Viggo Mortensen, ma anche Giovanni Ribisi.
È il più noto fotografo di street style e detiene la fama di essere tra i blogger più stimati del fashion system. Da oggi, Scott Schuman meglio conosciuto come The Sartorialist, è anche diventato uno stilista firmando una capsule collection per Roy Roger’s presentata in questi giorni durante Pitti Uomo edizione 89.
Cosa ha spinto il brand fiorentino a stringere un accordo biennale con Schuman? Lo spiega Guido Biondi, direttore creativo del brand: “Mi ha sempre affascinato la visione pioneristica di Scott Schuman sul concetto di moda che sottolinea il valore dell’interpretazione personale. The Sartorialist rappresenta, infatti, un osservatorio permanente sui cambiamenti che avvengono nel mondo, attraverso il suo vigile obiettivo che ci mostra ciò che indossa la gente comune nella vita quotidiana.”
Al centro della collezione, il denim, strutturato per essere indossato con capi essenziali per un look contemporaneo.
Volumi e silhouette, ci rimandano negli anni settanta con pantaloni a vita alta leggermente svasati sul fondo e maglioni e capospalla che si accorciano sui fianchi. L’unica eccezione è riservata al parka, il solo indumento ad avere una linea oversize.
“Ho realizzato questa capsule un po’ per egoismo perché volevo realizzare le cose che non trovavo per me sul mercato. Prima di tutto i jeans a vita alta, di denim premium quasi nero che mi fanno sentire più alto e le giacche blu di cachemire con gli spacchi molto alti. Sono i piccoli cambiamenti delle proporzioni che fanno la nuova moda“, racconta così la collezione, il neolaureato designer Schuman.
Tutti i capi, peraltro, hanno al loro interno una speciale etichetta realizzata in cotone 100% proveniente da vecchi telai a navetta.
La collezione potrà essere acquistata nelle boutique monomarca Roy Roger’s e negli shop del marchio sparsi per il mondo.
Ho acquistato il mio ventitreesimo paio di jeans. Non potevo non prenderlo. Direttamente dagli anni ’80, a vita alta, gamba a prosciutto, strettini sulla caviglia. E blu. Di un blu non troppo chiaro. Nemmeno tanto scuro. Sono completamente diversi dai penultimi jeans, quelli che ho comprato un mese fa, decade ’80, blu, di un blu non troppo chiaro ma nemmeno troppo scuro.
E va bene, d’accordo, lo ammetto: sono Chiara, ho 33 anni e ho una dipendenza da DENIM!
Ora, signori miei, è doveroso che io faccia una precisazione: con il termine “denim” si indica il tessuto (che non è necessariamente di colore blu); con la parola “jeans”, invece, si definisce il taglio (il cinque tasche, per intenderci), impiegato per il confezionamento di pantaloni dai tessuti più svariati e non necessariamente in tela. Il nostro amato denim non è altro che cotone, la cui trama è bianca o écru, tinta poi chimicamente (in passato veniva colorato con estratti di piante).
Per quanto concerne la sua origine, c’è ovviamente lo zampino di LEVI STRAUSS (americanizzazione del tedesco Löb Strauß), un giovanotto di belle speranze che nel 1853 decise di raggiungere la California per vendere i capi di abbigliamento dell’azienda di famiglia. Levi aveva con sé anche dei tendoni da carro, con cui pensò bene di realizzare un paio di pantaloni. Un gran colpo di genio|! Un minatore li indossò, li usò e si entusiasmò: il tessuto in questione era resistente e non esisteva miniera che lo avrebbe distrutto. Quel giorno nacquero i pantaloni Levi’s e in seguito, a San Francisco, venne da lui fondata la sede americana dell’azienda di famiglia, la Levi Strauss&Co. I pantaloni naturalmente vennero perfezionati, fu scelto un tessuto più confortevole, direttamente dalla città di Nimes, in Francia (da cui l’abbreviazione americana denim), dal caratteristico aspetto blu della tinta usata per la colorazione. Nel 1873, vennero aggiunti dei rivetti di rame per rinforzate le tasche (in modo che non cedessero con il peso degli attrezzi dei lavoratori) grazie ad un’idea di Jacob Davis, cliente di Strauss e proprietario di una sartoria a Reno, nel Nevada. E infine, nel 1886, arrivò il marchio di fabbrica, l’etichetta in pelle con i due cavalli che tirano un paio di pantaloni senza che riescano a romperli.
Dunque, se oggi indossiamo giacche, pantaloni, camicie, scarpe in denim lo dobbiamo al signore crucco di cui vi ho parlato qui sopra. Ma concedetemi un momento di sano patriottismo: a Genova, qualche decennio prima che Strauss realizzasse i jeans, dei marinai crearono qualcosa di molto simile con un telo (in denim o forse di fustagno) usato per le vele delle navi. Da qui l’espressione “blues Jeans”, per il colore blu e per la derivazione genovese (jeans sta per Genes, ossia genovesi).
A questo punto, vi pongo una domanda: quanti jeans possedete voi? E in quale modello? Io non li porto sicuramente in stile fifties, con i grossi risvolti, come la giovane Liz qui sotto, dal momento che sembrerei con ogni probabilità una rosetta farcita!
Preferisco un modello dalla vita alta, dalla gamba regolare, magari indossato con una camicia bianca annodata in vita, come quella bellezza rara di Marilyn Monroe insegna.
Ma non disdegno neppure i 5 tasche anni ’70 (periodo molto gettonato per le sfilate di questa stagione), vita altissima, zampa, che nel mio caso associo a tacchi vertiginosi e non a gym-shoes, che invece Fara Fawcett prediligeva per ovvie ragioni di altezza e magrezza.
E li posseggo naturalmente anche in versione ’80, con due grossi buchi sulle ginocchia, chiarissimi, cattivissimi, che miss Ciccone avrebbe di certo apprezzato.
Momento iconico: Kate Moss nella campagna di Calvin Klein del 1990. Adoro quel decennio, le camicie erano larghe, i jeans stretti il giusto, la vita comoda. Il modello in questione è stato bistrattato per tanto tempo, prediligendo vite bassissime che non lasciavano nulla all’immaginazione (che volgarità!). Poi sono tornati, insieme al buongusto. Era ora.
E degli stessi anni è anche il film Thelma&Louise, in cui le coraggiose Susan Sarandon e Geena Davis fuggono dalla routine familiare e da mariti non proprio esemplari con addosso canottiere gagliarde, sexy jeans e stivali da cowgirl (potete ammirarle in copertina).
Concludo dicendo che io li ho tutti, ma questa non è una ragione sufficiente per frenare la mia voglia di averne sempre di più. O no?
Dai “camalli” (scaricatori di porto) agli abiti dei giorni nostri – il jeans è diventato manìa!
Il denim, tessuto utilizzato maggiormente per i pantaloni taglio jeans, per questa stagione si trasforma in abito: mini, lungo, chemisier, taglio vivo, sfrangiato, l’importante è averlo nel guardaroba perché è un vero must!
Perfetto con una cintura in corda o in tessuto naturale e abbinato a sandali color cuoio. Massimo Rebecchi per questa primavera-estate 2015 lo propone impreziosito da colori su collo e orli.
L’abito in jeans è talmente in voga che lo troverete di ogni taglio e di ogni fascia di prezzo. Qui vi proponiamo 10 abiti in denim:
Lo indossiamo come gioiello, lo assaggiamo nel risotto speciale del maestro Gualtiero Marchesi ed oggi, per la prima volta nella storia, lo ritroviamo su jeans e t-shirt: stiamo parlando dell’oro 24 kt.
Il creativo brand HORO, creato da Luca Micco, ha brevettato un metodo che fonde oro puro con altri metalli preziosi come il platino, l’oro rosa e l’oro viola su stampe e tessuti. Il risultato è un indumento-gioiello, un capo unico che indossiamo come una fede, promessa di un sogno che diventa realtà.
HORO è infatti l’unico brand al mondo che realizza capi con stampe in oro 24 kt., e che dall’atelier astigiano ha raggiunto le boutique di Parigi, Mosca, San Pietroburgo, Hong Kong, Tokyo, Londra.
In occasione della Milano Moda Donna 2015, HORO ha presentato la collezione “Gold Denim Collection”: otto modelli donna e sei modelli uomo in 3 diverse vestibilità skinny, regular e boyfriend, proposti in due lavaggi: carbon black e deep blue. Jeans “sporcati” d’oro, il massimo del lusso per un capo che possiamo indossare quotidianamente.