Dare il cognome materno ai propri figli? Da oggi è possibile anche in Italia, grazie a una storica sentenza della Corte Costituzionale. Ancora una volta, come in altre questioni legate alla famiglia e all’uguaglianza dei diritti , è la Magistratura ad aprire un varco per le richieste concrete della società mentre la politica arranca e si perde in ritardi di anni. La legge che affronterebbe il problema del cognome materno ai figli è sepolta da due anni al Senato, ma la recente sentenza della Corte Costituzionale sul caso di una coppia italo-brasiliana cambia le carte in tavola. I due, residenti a Genova, hanno visto finalmente accolta la richiesta di dare il doppio cognome al bambino in modo che i suoi dati anagrafici siano gli stessi in Brasile e in Italia. La coppia, assistita dal’avvocato Susanna Schivo, ha dovuto lottare contro quella norma implicita – e mai regolamentata da una legge – che prevede per i figli nati all’interno del matrimonio l’attribuzione automatica del cognome del padre.
Per secoli il cognome materno è andato perduto senza lasciare alcuna traccia all’anagrafe. Aggiungerlo a quello del padre era possibile, finora, solo facendo richiesta al Prefetto che aveva poi la facoltà di decidere caso per caso. La sentenza della Corte Costituzionale sul caso di Genova apre così a possibilità completamente nuove e fortemente volute anche dall’Europa, che ha più volte puntualizzato l’urgenza di risolvere la questione anche in Italia. Tuttavia, all’indomani della sentenza, sono pochissime le famiglie che sceglierebbero di dare ai figli il doppio cognome. Questione di tradizione, di un retaggio patriarcale troppo ben radicato, o più meramente di lunghezza della firma. In ogni caso si tratta di una svolta storica seppure non completa. «Finalmente si inizia a applicare il principio fondamentale della parità di uomo e donna davanti alla legge sulla questione dei cognomi – commenta in un’intervista Rosa Oliva, una donna che ha lottato strenuamente contro le discriminazioni di genere – Come sono state cancellate d’ufficio le leggi razziali, avrebbero dovuto essere eliminate anche le discriminazioni nei confronti delle donne. Invece nessuno ci ha mai pensato e sono rimasti ancora pienamente operativi alcuni retaggi della cultura patriarcale che dava ai padri ogni potere nei confronti dei figli».